Capitolo 22. "(:("

*Zee*
Appena chiuse quella porta aprii gli occhi.
Ero già sveglio da parecchio, da così tanto che lo guardai dormire.
I capelli ricadevano sparsi sulla sua fronte, la pelle sembrava riflettere al buoio per quanto era bianca, la sua mano minuta stringeva la mia.
Avevo il cuore colmo.
Forse per paura di cosa sarebbe stato il giorno che arrivava, quando lo vidi muoversi, stiracchiarsi, contorcere quel delicato naso, chiusi gli occhi facendo finta di dormire.
E no, non me l'aspettavo, non mi aspettavo niente di quello che fece.
Il suo ti amo fu una bugia per me, come poteva amarmi ma lasciare andate così la presa dalla mia mano?

Appena chiuse quella porta aprii gli occhi.
Non piansi, non mi arrabbiai, non provai apatia, non provai niente di quello che avevo vissuto già, fui semplicemente deluso.
Deluso da lui, dai suoi gesti, dai suoi pensieri, perché era troppo codardo da accettare i nostri sentimenti, troppo codardo per combattere ed avere la meglio sulle sue paure.
Valevo troppo poco, il mio amore non ne valeva la pena per lui.

Appena chiuse quella porta aprii gli occhi e lo fece anche il mio cuore.
Per un momento lo sentì restringersi sotto il peso di quelle sensazioni.
Mi portai le mani in volto e mi pentii.
Pensai che non avrei mai voluto amare Saint, arrivai a negare anche la notte precedente, volevo eliminare ogni cosa che c'era stata di noi, tra noi, tutte le orme che aveva lasciato sul mio corpo, tutti i segni, indelebili, sul mio cuore.

La prima cosa che feci, ancor prima di vestirmi e ritornare ad avere sembianze umane fu quella di chiamare il mio manager, anche se era da poco passata l'alba.
Erano le 6.27 di una giornata quasi autunnale quando presi la decisione più difficile di tutta la mia vita.
Parole senza emozioni sgorgarono dalla mia bocca come un fiume in piena.

Zee: metti in vendita l'appartamento, ci vorranno mesi se andrà in porto il progetto per la nuova serie di cui mi hai parlato, non chiamarmi fino ad allora, vado via.

Manager di Zee: ma sei pazzo? A quest'ora del mattino mi chiami? Sei sbronzo o cosa...

Zee: Non non risponderò, non lo ripeterò più, occupati di tutto e telefona solo se necessario.

Riattacai distaccatamente come se non fosse la mia vita, come se tutto non stesse cadendo a pezzi.
Buttai tutti i miei vestiti dentro un borsone della palestra insieme a qualsiasi cosa che mi capitava a tipo e che poteva servirmi.
Evitai come la peste quella zona in cui c'era il suo cambio, il suo odore, il mio cuore.
Ed era lì che doveva rimanere, chiuso in quell'armadio.

Presi il primo treno e mi diressi in una località che conoscevo bene, dove passavo le vacanze estive. Non era il posto ideale in quel momento dell'anno ma sentivo che sarebbe stato quello giusto per guarire.
Non mi voltai indietro neanche una volta, mi rifiutafo di farlo.
Non mi sentivo neanche trattato come un cane ma come un oggetto per il suo appagamento sessuale e personale.
Mentre la mia testa vagava tra pensieri infelici mi scontrai con un ragazzo.
Quando alzai la visiera del mio cappello nero, specchio del mio umore, lo vidi.

Zee: che ci fai qui?

Lo fermai stringendo le mie mani intorno alle sue spalle.

Zee: come hai fatto a sapere dov'ero?

Ero furente di rabbia, perché veniva a riprendermi quando era stato lui a lasciarmi?
La persona che tenevo stretta mi spinse, questo perché non era Saint.
La mia mente, il mio corpo volevano allontanarsi da lui, eliminarlo, ma il mio cuore ancora palpitava e non era rimasto chiuso nell'armadio, anzi continuava a perseguitarmi.
Fu lui a giocarmi questo brutto scherzo.
Incominciai a sudare, avevo paura di quello che potessi immaginare. Tentai di scusarmi con quel ragazzo, ma scappò prima che potessi farlo, terrorizzato.
Il treno partì, correva veloce.
Avrei voluto che con la stessa rapidità, come un treno in corsa, imbrunissero anche i miei sentimenti.
Chiamai Tommy in un momento di disperazione in cui desiderai scendere dal treno e tornare indietro, mi sentii estremamente solo e ad affrontare qualcosa di molto più grande di me.

Zee: Tommy, dimmi che sto facendo la cosa giusta.

Tommy: Zee non è neanche mezzogiorno amico è l'alba per me, che stai combinando?

Zee: ho bisogno che tu, mi dica che andrà tutto bene.

In quel momento mostrai la mia fragilità a Tommy come non avevo mai fatto, nonostante anni di amicizia.

Tommy: Zee che succede mi fai spaventare, dove sei? Vengo da te.

Le prime lacrime da quando tutto era successo iniziarono a scendere ed erano amare, amare come la consapevolezza di un uomo che cerca Dio e non lo trova, perché non esiste.

Zee: sto andando via per un po' ti chiamo tra qualche giorno.

Tommy: Zee aspetta, non riattaccare.
Stai facendo la cosa giusta.
Andrà tutto bene.

Attaccai.
Le mie mani tremavano, ma non volevo.
Piangevo ma non volevo.
Ero così incazzato con me stesso.
Ero ancora lì, ad aspettare un segno, una sua chiamata, una sua parole per tornare indietro, quando sarebbe finito?

Arrivai che ormai era pomeriggio inoltrato, posai il mio bagaglio nella stanza del B&B che possedeva tutti i ricordi della mia infanzia con la mia famiglia.
Andai verso la spiaggia, faceva freddo ma non più freddo che dentro di me, lì c'era una tempesta di neve.
Camminai per un po' di tempo, scrutando il muretto che contornava la spiaggia e cercando le scale per scendere verso il mare, fino a quando non intravidi una figura esile che guardava nella mia direzione.
Continuai a muovermi in quella direzione e mi fermai a pochi passi, poiché si trovava vicino alla mia meta.
Guardai il tramonto, mentre il sole veniva mangiato dall'orizzonte sentii una voce parlare.

?: a quest'ora viene qui solo chi ha il cuore spezzato.

Mi girai verso la provenienza di quelle parole, alzai gli occhi dalla vista del panorama per incrociare lo sguardo di un ragazzo dai folti capelli blu.

Questo capitolo è dedicato solo alle emozioni di Zee, spero vi arrivino tutte.
Aja un nuovo personaggio

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