Capitolo 19. "2 mesi"
*Zee*
Manager di Saint: Fantastico!!! Sei stato magnifico, che sorpresa meravigliosa! Ci hai regalato tanti followers lo sai...
Non prestavo attenzione, non mi interessava, l'apatia, quello mi era rimasto.
Non lo lasciai finire di parlare.
Zee: Spero di non rivedervi più.
Presi la sua mano, ci misi la scatolina di velluto blu e andai via.
*Saint*
Ero da solo, con gli occhi aridi e arrossati, non avevano più lacrime.
Harry entrò senza bussare nel camerino dove mi ero rintanato.
Non prestò attenzione al mio stato, sembrava furioso.
Manager di Saint: Ma cosa gli salta in mente a quello lì, chi si crede di essere....
Mi mise davanti la scatola, non avevo attenzione per nient'altro.
Aprii la cosa che fino ad allora era stata nell'angolo a sinistra della giacca celeste, vicino al suo cuore, avevo in mano il suo cuore.
Mi tremarono le mani mentre lo prendevo.
Mi sentivo così indegno di portarlo, ma dentro di me lo volevo con tutte le mie forze.
Saint: lui dov'è adesso?
Manager di Saint: è andato via, ma non mi ascolti.......
Saint: no Harry, non ti ascolto, ora lasciami andare via.
Chiudendo la porta di casa, mi sentii come se stessi troncando ogni rapporto con Zee.
Perché non andavo da lui?
Sapevo che se ci fossi andato non ce l'avrei fatta più.
La prima cosa che feci fu aprire l'armadio, c'era un po' di lui lì dentro.
Presi la maglietta nera che aveva il suo odore, la mia salvezza, la mia via di uscita per non impazzire dalla mancanza.
"Sono così incazzato con te Zee"
Strinsi quel sottile tessuto, buttandolo lontano da me.
"Perché l'hai fatto? Sei un egoista"
Iniziai ad urlare, più a me stesso che alla cosa inanimata sul pavimento.
"Ti odio, ti odio davvero, non ti sopporto più, puoi uscire da me? Cazzo esci."
Mi pentii subito delle parole che dissi, come se le avessi dette a lui, come se lui fosse davanti ai miei occhi, in quella maglia.
Corsi a raccoglierla, ero in ginocchio e la portai contro il mio petto.
"Scusa Zee, mi dispiace, mi dispiace, mi dispiace.........."
*Zee*
Non avevo più le forze, né di piangere né di arrabbiarmi.
Avevo finito le emozioni.
Mi squillò il cellulare proprio quando avevo attivato la musica, l'unica cosa che assorbiva il mio dolore, almeno un po'.
Tommy: Zee..
Zee: hai visto che spettacolo?
Tommy: perché non vieni da me, ci divertiamo chiamo gli altri..
Tommy lo sapeva, lo sapeva dall'inizio, non si era mai esposto, perché io non gli avevo detto apertamente niente, evidentemente dovevo aver toccato il fondo ora.
Zee: sono risultato così patetico visto che mi stai dicendo queste cose?
Tommy: Zee, scusa, ho rispettato il tuo silenzio fino ad oggi, ma ora basta. Dovresti andare avanti amico, è un anno che ci stai sotto, io l'ho capito e lui no? Non ci credo. Ti sta rifiutando indirettamente e io mi sono stancato di vedere che butti il tuo tempo..
Lo lasciai parlare, mentre lacrime di consapevolezza scendevano fin sotto al mento.
*Saint*
Di amarci non ne saremmo mai stati capaci, ma quei baci, bugiardi, mi avevano impedito di vederlo, ero cieco, vedevo solo lui.
Non mi ero reso conto di quanto con quei baci rimanesse impresso in me, di quanto i suoi artigli si erano conficcati in profondità, ed ora che era lontano, li sentivo bruciare, pieni di veleno.
Ogni battito, una fitta.
Una fitta ad ogni battito.
Il dolore mi ricordava che c'eravamo stati, che era esistito un noi.
Una sera si e l'altra pure, andavo sotto casa sua, rimanevo ad osservare, sperando di scorgere un movimento e al tempo stesso speravo di non incontrarlo.
Andavo in quel maledetto bar, dove tutto era iniziato.
A volte bevevo, perché il ricordo era insopportabile.
Io non vivevo più, esistevo solo, senza di lui.
A volte non ricordavo neanche come ero riuscito a tornare a casa.
Cosi trascorsero 2 mesi.
*Zee*
Ero chiuso in me stesso, non davo sfogo al dolore, semplicemente lasciavo che si cibasse di me, dall'interno.
Una sera, una di quelle fredde ed umide lo vidi.
Lo vidi barcollare, con fatica si reggeva ancora in piedi.
Stringeva qualcosa tra le mani, e su un dito di una delle due aveva quella fascia nera.
Indossava l'anello.
Il mio cuore trasalì.
Non ragionai, c'era qualcosa di più forte che mi guidava.
Lo seguii a distanza, volevo solo che tornasse a casa.
A tratti sembrava triste, a tratti arrabbiato.
In mano aveva un pacchetto di sigarette, lo capii quando ne afferrò una e tentò di accenderla, gridando verso il cielo qualcosa che riuscii a sentire.
Saint: Cosi riuscirò a sentirlo più vicino? almeno un po', me lo concedi?
Cadde, cadde e io non ci pensai.
Non pensai da quanto tempo non ci vedevamo, a quanto stavo soffrendo, lui veniva sempre prima, sarei sempre tornato se mi lasciava uno spiraglio.
Raccolsi il pacchetto che fece cadere, erano la marca che fumavo.
Lo aiutai e finì con il guardarmi negli occhi immediatamente.
Saint: Zee, sei tu?
Era fatto, neanche ubriaco.
Non risposi, non ne avevo il coraggio.
Saint: non puoi essere tu, sei solo un'illusione.
Prese a sfiorarmi la guancia.
Saint: mi manchi.
Lo portai a casa, speravo non si ricordasse di niente, che non mi ricordasse.
Feci questo tutte le volte che non riusciva a tornare da solo dopo essersi distrutto, questo vizio non lo aveva ancora eliminato.
È così che trascorsero due mesi, anche per me.
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