Capitolo 10. Brividi.

*Saint*
Sentivo freddo.
Ero perduto nel vuoto, il dolore mi aveva lacerato e procurato una ferita che pensavo non sarebbe guarita mai più.
Da quell'episodio iniziai a soffrire di insonnia, guardavo il cielo di notte, al posto di dormire, non c'era neanche una stella, il nulla, come quello che era rimasto a me.
Ero stronzo tutto il giorno, con tutti, indistintamente ma quando ero solo, nel buoio della mie quattro mura tornavo ad essere il ragazzino ferito e umiliato, tutte le mie difese crollavano appena varcavo il confine.
Non c'era un solo singolo giorno in cui le mie guance non venivano rigate dalle lacrime calde, come lava.
Non c'era un solo singolo giorno in cui dormissi nel mio letto da sobrio.
Riuscivo ad arrivare al pavimento della cucina, quello era il mio giaciglio da mesi ormai.
Non c'era un modo giusto o sbagliato per affrontare una rottura, una delusione, la fine di un qualcosa che ti aveva cambiato, non sempre si reagisce, e io avevo fatto tutto tranne quello, reagire.
Subivo passivamente il dolore che mi autoinfliggevo.

La mia storia con Perth era nata così come era iniziata quella con Zee.
Casting, drama, fanmeeting insieme, scherzare, mangiare, condividere la vita, insieme.
Dire che lui mi era piaciuto era un eufemismo, l'avevo amato, dio e se l'avevo fatto.
Dire che credevo che niente potesse separarci, dire che mi aspettavo di rimanere insieme "per sempre" è scontato, ma quanto può essere la verità quando sei innamorato?
È sbagliato desiderare un'amore che superi tutte le difficoltà?

Mi sono sempre affidato alle mie emozioni, erano infallibili, ma quella volta mi tradirono.
Dentro di me avevo la sensazione che lui provasse la stessa cosa, e che si fosse fidato di me, quanto avevo fatto io, non ci fu pensierio più sbagliato.

Mi ritrovai nella situazione in cui i gesti valevano di più delle parole.
Tenersi per mano, baciarsi, fare l'amore, queste cose non contavano nulla?
Venne a letto con me solo per curiosità, per prendermi in giro, o forse tutto quello che fece aveva uno scopo bel preciso.

Dopo la fine della nostra serie insieme Perth senza informare nessuno, fece una conferenza stampa in cui dichiarava che non avrebbe mai più lavorato a dei progetti con me.
Io, come tutti i mie collaboratori, lo venni a sapere dai social, cosa non andava?

Quando mi avventai a casa sua per parlare di quello che era successo e per avere spiegazione, non mi fece neanche entrare.

Perth: non voglio che entri in casa mia, ne adesso ne mai più, i nostri manager ieri hanno discusso, e non mi è piaciuto per niente come vi siete comportati.
Ma non me ne frega assolutamente niente, ho raggiunto il mio obiettivo comunque, diventare famoso.
Non mi è importato che per farlo dovessi venire a letto con te e continuare a recitare la parte del fidanzatino per il pubblico, ora è finita.
Svegliati, pensavi volessi stare con te e avere quel tipo di vita?
Levati dai piedi, frocio.

Ricordo che sbattè la porta così forte che sembrava volesse venirsene dai cardini stessi in cui era impiantata.
Gridai con tutto me stesso ciò che pensavo e che avevo da dire, anche se gli altri avrebbero potuto sentire.

Saint: non ne so niente di quello che hanno concordato i nostri manager, perché non ne parli con me al posto di fare queste scenate da solo?

In realtà non riuscii ad andare avanti, non sapevo come rispondere al resto, anche se lui era arrivato alle conclusioni senza consultarmi, per quale motivo dire tutto il resto se non perchè lo pensava?
Non ebbi il coraggio di continuare a parlare, anche se le mie mani, chiuse a pugni continuarono a battere su quella porta bianca.

Saint: bastardo apri, degnati di guardarmi negli occhi, ripetilo guardandomi in faccia, sporco bastardo!

Continuai a picchiare e calciare la porta fino a quando le mie nocche non incominciarono a sanguinare copiosamente come le lacrime amare, che non avrei voluto mai versare.

Da quella vicenda ne uscì solo una brutta storia, i giornali ci galopparono sopra, facendomi passare per qualcuno che non ero, per uno che aveva costretto una persona, contro la sua volontà.
Io ero il carnefice per loro e da un lato avevano ragione, ero il carnefice della mia distruzione mentale in quei momenti.

Non seppi mai la verità, e non riuscì ad andare avanti fino a quando non arrivò Zee.

In un momento così oscuro, in cui mi spinsi addirittura a bere tutte le sere, a farmi del male con le lance di ricordi che erano solo miei, fino a cadere a terra in due, spezzato dal dolore, è in quel momento che arrivò Zee.

Zee è stato il mio raggio di sole, nel vero senso della parola, i suoi sorrisi i suoi incoraggiamenti, le sue battute mi hanno aiutato a stare meno male, e mi hanno portato a provare cose che non credevo più possibili.

Zee mi aveva porto una mano quando nessuno si sarebbe avvicinato a me.
Lui non aveva aiutato a ricostruirmi, mi aveva passato tutti i pezzi con pazienza e amore, lasciando che lo facessi da solo.

Lui arrivò quando avevo oltrepassato anche il fondo, preferiva rinunciare al suo ossigeno pur di farmi sopravvivere.

Mi aveva, e continuava a farmi tutti i giorni il miglior regalo che potessi mai ricevere, mi aveva restituito la vita.

*******
Mamma di saint: ti piace?
(Saintpensieri: per questo, mamma, non posso permettermi di perderlo. non posso far soffrire questa persona, lo proteggerò a tutti i costi, anche da me se servirà.)
*******

Zee continuò a venire, cercando di evitare i paparazzi, senza farsi vedere dal mio manager, tentava di sgattaiolare dentro e fuori dall'ospedale sembrava un topolino.
Volevo davvero averlo al mio fianco, in quel momento sembrava si fosse cancellato il nostro problema, ma non volevo evitarlo, ero pronto a dirgli tutto.

Presentai zee a mia madre poco prima che lei tornasse alla nostra residenza fuori città, dove l'aspettavamo i miei nipoti, non volevo che si preoccupasse e trattenesse oltre, inoltre sapeva che avevo lui.

Mamma di Saint *sottovoce mentre abbracciava il figlio*: non lasciartelo scappare.
Zee è stato un piacere conoscerti, sei davvero un bravo ragazzo!

Zee: grazie signora, il piacere è stato mio.

Non avevo mai visto Zee così in tensione neanche il nostro primo giorno di set.

Fu lui ad accompagnarmi a casa, e per fortuna l'incidente era avvenuto in un momento in cui non dovevamo lavorare, visto che a breve avremmo girato delle esterne fuori da Bangkok ed eravamo in pausa.

Tornati a casa, lo presi e lo portai in una stanza che non aveva mai avuto modo di vedere.

*Zee*
La stanza nella quale mi portò era scura, piena di libri di musica, e con un enorme pianoforte.
Mi fece cenno di sedermi accanto a lui, mentre posizionava le sue dita sottili sui tasti.
Suonò Clere de lune di Debussy.
Nella sua musica sentii infinita tristezza avrei voluto fermarlo, ma volevo andare oltre per carpire quello che mi stava dicendo con la musica, stava comunicando con me e volevo ascoltare.
Mentre la melodia si impadroniva della stanza mi raccontò tutta la storia che lo aveva afflitto, fino ad allora con Perth.

Saint: capirò se non vorrei ascoltare oltre, capirò se non vorrai perdonami, so che il mio comportamento non è stato dei migliori, ma non posso nè voglio capire di stare lontano da te.

Si fermò di botto, lasciando sospese le note, mi guardò con una serietà che non avevo mai visto.

Saint: tu sei importante per me.

Non avevo esattamente una reazione precisa a ciò che mi era stato detto.
Avrei voluto pestare a sangue la faccia di Perth fino a quando non sarebbe stata più riconoscibile, prendere a schiaffi Saint per essere stato con uno così e abbracciarlo per tutto il dolore che aveva dovuto sopportare da solo e infine volevo uccidermi per aver avuto quella reazione la notte di qualche tempo fa con lui, e questo contemporaneamente.
Ma c'era una cosa che più di tutte volevo sapere.

Zee: mh... sei ancora innamorato ?

Le parole che ho scelto sono volutamente forti, spero che nessuno si offenda. La sensazione che voglio trasmettere è di schifo e freddezza, spero vi arrivi.

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