1. Notti di Torino.
É la serata più brutta della mia vita.
No, la peggiore è stata quella in cui sono caduta davanti a tutti mentre uscivo dal un bar.
Diciamo che è la seconda più brutta della mia vita perché qui almeno non mi conosce nessuno.
Schiaccio di nuovo tutti i tasti del mio cellulare per tentare di risvegliarlo dal suo stato comatoso, ma niente, non vuole saperne il bastardo.
Di nuovo prendo nota mentale di prendere a calci mio fratello appena tornata a casa, mentre ho l'impulso di prendere subito a calci il caricabatteria portatile che penzola inerme dalla mia mano.
Poi lo rimetto in borsa.
Mi conosco fin troppo.
L'ultima volta che ho avuto uno scatto d'ira ho rimediato un bel livido, salviamo almeno questo oggetto inutile che mi è costato più di quello che merita.
La pioggia continua a scendere sottile e mi penetra fin dentro le ossa. Ho i jeans fradici, i piedi congelati dentro gli stivali e il cappuccio della giacca incollato ai capelli.
Mi guardo intorno, è abbastanza tardi da essere in pericolo?
Fuori da sola di notte in una grande città.
In una grande città che nemmeno conosco.
E diciamo pure PERSA in una grande città che nemmeno conosco.
Passa un uomo in bicicletta che fa slalom sulle strisce pedonali.
E poi uno con un grosso borsone a tracolla e lo sguardo perso mi taglia la strada urlando parole senza senso.
E questi due mi spaventano abbastanza da convincermi a chiedere finalmente aiuto.
Con il mio cappotto umido e i piedi freddi e doloranti mi infilo quindi nel primo locale che incontro, è un bar con musica e luci soffuse ma non sembra nulla di losco.
Passo davanti a un tavolino basso con le panche imbottite attorno diretta al bancone, quando mi sento chiamare.
Un ragazzo seduto lì da solo con un bicchiere vuoto e un cellulare tra le mani si sta rivolgendo a me.
Sono indecisa sé ignorarlo e passare oltre, ma qualcosa di familiare in lui mi convince ad ascoltare cosa vuole anche solo per un secondo. Che vuoi che sia attimo più attimo meno di una serata di merda?
-Dici a me? -Incrocio le braccia.
-Sì. Scusa se ti disturbo, ma mi è sorta spontanea una domanda e tu sei la prima persona che è passata.
-Mmh.-Lo guardo perplessa-Che domanda?
Fa un sorrisino -Voi ragazze perché siete stronze?
Resto leggermente sconvolta. Pensavo volesse fare una battuta brillante per rimorchiare, ma tutto ciò che fa è una domanda misogina?
-Non lo siamo proprio tutte. Però le cause sono varie. -Appoggio le mani alla spalliera del divanetto. -Certune ci sono diventate a causa vostra. Altre per colpa di altre stronze. E altre ancora lo sono per natura. Parli di qualcuna in particolare?
Alza un sopracciglio pensandoci su
-La mia ex "quasi " fidanzata. Una che pubblica 'ste cose due giorni dopo che l'ho lasciata che tipo di stronza è?
-Gira il cellulare mostrandomi una foto i cui soggetti sono una ragazza parecchio scosciata avvinghiata a un fighetto coi risvoltini.
-Dipende dal motivo per cui l'hai lasciata. E perché la chiami "quasi fidanzata"?
-Io la chiamavo fidanzata. Ero io per lei il quasi fidanzato. Nel senso che si è scopata altri due ragazzi mentre stava con me con la scusa che io ero in viaggio per lavoro.
-E tu come hai reagito?
-Ti dirò, sono tornato da lei chi corne calate pensando di aver qualcosa che non andasse, ma mi ha riso in faccia e voleva pubblicare una nostra foto su Instagram. E quindi l'ho lasciata. -La sua espressione in dialetto siciliano sommata al suo accento mi fa capire chiaramente che è un mio conterraneo.
-Allora lei è una stronza di quelle naturali. Le peggiori. Mi spiace per te che ci sei capitato.
Ridacchia -Già. In realtà non l'ho mai amata e lo sapevo, ma non l'ho mai tradita. Credo che il mio orgoglio è quello che ne è uscito peggio.-Non gli faccio notare l'errore grammaticale che ha fatto.
Mi guarda stringendo un po' gli occhi e io vengo di nuovo colpita dalla sensazione di conoscerlo -E tu sei stronza, invece? -Chiede facendomi ridere.
-Più che stronza credo di essere cinica. Per colpa delle stronze.
Ride -Stai andando da qualche parte?
-Nessuna in particolare -Dico pentendomi.
E se tutto questo fosse stato un pretesto per provarci?
Però i suoi occhi sono gentili, e quasi si imbarazza mentre dice -Allora ti va di sederti? Non ti posso vedere lì in piedi. Non una conterranea.
Corrugo la fronte -Cosa?
-Sei siciliana, no?
-E da cosa lo avresti dedotto?
- Ho detto chi corne calate prima e non hai fatto una piega. I torinesi sono così raffinati che si scandalizzano anche se uno dice minchia. -Sussurra.
Rido di nuovo -Non mi dire...
-Giuro di non avere nessuna cattiva intenzione -Dice alzando le mani.
-Okay. -Decido, ancora non troppo sicura ma sedendomi. I miei piedi chiedono pietà.
-Posso offrirti qualcosa da bere?-Chiede.
-No, grazie. Sono a posto.-Va bene sedermi, ma mia madre mi ha sempre detto di non accettare le caramelle dagli sconosciuti. E penso che ciò valga anche per le bibite.
-Allora -Mi guarda -Stavi dicendo?
-Niente. Solo una ex amica stronza (per natura) e falsa che non si è comportata benissimo con me. Anzi diciamo che si è comportata di merda.
-Perché?
-Senza apparente motivo. Ha voluto in tutti i modi ferirmi.
-E ci è riuscita?
-Decisamente. Ma basta così. Non voglio che mi rovini questa serata. -Come se si potesse rovinare ancora di più.
-Perché sei a Torino? -Mi chiede -Vivi qui?
-No. Sono qui per la presentazione di un libro. Resto per pochi giorni. E tu?
-Per lavoro.
Lo guardo annuendo. Mi ricorda tanto un cantante che piace tanto a una mia compagna idiota.
-Vivi qui per lavoro o solo per poco?
-No, solo per poco. Viaggio parecchio per lavoro. -Vuoi vedere che..?
inizio a rilassarmi davvero, ma cerco di mantenere attivo il campanello d'allarme. Mi dimentico il vero motivo per cui ero entrata. Che poi se un ragazzo carino e simpatico vuole provarci che male c'è? Siamo pur sempre in un locale pieno di gente.
Sembra che sia passata una mezz'oretta, quando il cameriere si avvicina discretamente
-Scusatemi-Dice -Ma stiamo chiudendo.
Ci guardiamo intorno, non mi ero accorta che il locale si fosse svuotato e che le prime luci dell'alba stanno filtrando dalle vetrine all'ingresso.
Lui ride -Scusa, non ce n'eravamo davvero accorti. Ce ne andiamo subito.
Poi prende una banconota da venti e gliela porge suppongo per pagare il contenuto del bicchiere vuoto.
Il cameriere va a fare lo scontrino, lui si alza e di riflesso anche io.
Mi sta involontariamente coinvolgendo nei suoi modi sicuri.
Passa davanti la cassa dove il ragazzo smanetta per raccogliere velocemente il resto, ma lui saluta allegramente
-Arrivederci!
-Aspetti -Fa il cameriere -Lo scontrino e il resto.
-Ah giusto! - ritorna indietro.
Quello gli passa la ricevuta fiscale su cui è battuta solo una voce al prezzo 6€.
-Ed ecco il resto.-Conclude il ragazzo visibilmente stanco.
-Tienilo tu. Buona giornata. O meglio, buona dormita.
Quello ride -Grazie.
Usciamo fuori e il sole ancora non è alto in cielo ma già rischiara l'ambiente.
-Sta albeggiando -Dico.
-Meglio.-Dice -Così ho una scusa per offrirti la colazione senza doverti chiedere un appuntamento. - ridiamo entrambi.
-Chi ti dice che accetterei? Non so nemmeno il tuo nome.
-Hai ragione -Dice corrugando la fronte. -Ti giuro che non è colpa di mia madre. Lei l'educazione me l'ha insegnata.-Mi porge la mano.-Ignazio.
Ed ecco che tutto torna. Mi rinviene un articolo col suo nome.
Però rido come se nulla fosse -Più siciliano di così non si può. Hai anche il nome siculo oltre ai baffi e l'accento. Io mi chiamo Amelia.
-Il tuo invece non è siciliano per niente. Neanche tu lo sembri. Pelle chiara, occhi azzurri, nessun accento.
-Eppure mi hai smascherata subito.
ride -Che c'entra! io ho il radar.
-Aah adesso si spiega tutto.
ride -Posso chiederti una cosa?
-Si.
Mi guarda -Tu lo sai chi sono?
Ricambio il suo sguardo sereno
-Immagino di si. Mi ricordavi qualcuno. E adesso che hai detto il tuo nome mi è tornato in mente il gruppo per cui la mia compagna stronze è fissata. Mi sbaglio?
Scuote leggermente la testa con mezzo sorriso -No. Perché non me lo hai chiesto se avevi il dubbio?
-Perché avrei dovuto essere invadente? Due chiacchiere tra sconosciuti non sono un pretesto per indagare su chi sei o non sei, no? E obbiettivamente non sono il tipo che chiede foto alla gente solo per pubblicarle. E poi non offenderti, ma non sono esattamente una vostra seguace.
Ride-Fammi indovinare, sei una fissata col metal?
-No per carità. Quanto odio le persone che si fanno grosse sparando minchiate e poi neanche sanno che cosa voglia dire metal. In realtà ascolto anche un paio di vostra canzoni. Ma non per questo vi sbavo dietro. Altrimenti dovrei andare a sbavare anche sulla tomba di Bach, non credi?
sorride -Dovrebbero pensarla tutte così.
-Nessuno cercherebbe di farvi le foto mentre siete in mutande.
-Come farebbe il mondo a rinunciare al mio lato b?
-Immagino che se ne farebbe una ragione.
Ride -Forse si. Sbaglio o c'è un personaggio che si chiama Amelia da Topolino?
-Da Paperino. È una strega.
Ignazio diventa rosso- Oddio. Scusa, non me lo ricordavo.
Io scoppio a ridere -Figurati. E poi è una strega simpatica.
-Che figura. Se vuoi puoi picchiarmi.
-Nah. Non c'è bisogno.
-E tra l'altro stavo cercando di dire che è un bel nome. Volevo chiederti...
-Perché mi hanno chiamata così?
Annuisce e mi sorride, ancora in imbarazzo.
-In onore di Amelia Earhart, la prima donna a sorvolare l'Atlantico.
Mi guarda -Direi che ti si addice.
-È un complimento?
-Decisamente. E dimentica le streghe.
Rido -Ti ringrazio.
-Allora Che facciamo, posso offrirtela questa colazione?
Non gli potrebbe fregare nulla di me, lo so. Ma è gentile, e non ho nulla da perdere ad accettare.
-Facciamo di si.
Mi conduce a una caffetteria poco distante, dove ci sediamo in fondo. Quando un cameriere si avvicina per prendere le ordinazioni ci sorride -Cosa vi porto?
Guardo il menu di dolci -La torta al cocco e cioccolato bianco sembra invitante.
-È la più buona che abbiamo -Sussurra lui ammiccante.
-Mi hai convinta-Rido
Ignazio gli porge anche il suo menu -Anche per me.-Dice.
Quando il cameriere si allontana, Ignazio mi guarda -Alloggi in hotel?
-No. Avrei dovuto alloggiarci stanotte in realtà, per il resto starò da
Un’amica di mia madre che ha insistito a ospitarmi. Se non fosse stato per una serie di imprevisti a quest'ora mi starei godendo una doccia calda in hotel prima di fare il check out e non ci saremmo mai visti.
-Imprevisti?
-Già. Di quelli da telefilm che accadono davvero a quanto ho scoperto.
In quel momento arrivano le nostre fette di torta, il mio stomaco brontola e mi rendo conto di essere affamata.
Ignazio mi guarda divertito esortandomi a continuare Il racconto assurdo che gli prospettato.
-In pratica sapevo che sarei arrivata tardi e quindi ho prenotato un albergo a Torino per evitare di scomodare l'amica di mia madre. Ho detto a mia madre che ero arrivata sana e salva, sono andata in hotel in taxi e ho fatto il check-In depositando i bagagli e poi sono uscita per mangiare un boccone. Avevo la batteria scarica ma avevo con me il caricabatterie portatile. Se non fosse che mio fratello lo ha utilizzato ieri ed evidentemente non lo ha messo in carica. Il mio telefono era morto, io mi sono persa, cominciava a piovere e a fare buio e io ero sola in una città sconosciuta, un drogato e un ubriaco o forse due ubriachi o due drogati mi hanno spaventata, così sono entrata nel locale per elemosinare una telefonata quando un siciliano mi ha chiesto un consiglio sulle stronze.
Scoppia a ridere-Che ti hanno fatto i due forse ubriachi o forse drogati?
-Niente. Ma mi sono resa conto di essere in una strada deserta. E che se quello con la bici mi avesse investita mentre l'altro mi colpiva con il suo borsone continuando a urlare parole a caso, non ne sarei uscita viva.
Lui ride ancora di più -Basta. Non ti farò più domande.
-Sarei potuta morire al grido di "Il coniglio rosso é caduto nel pozzo mangiando un cazzo".
Lui ride talmente tanto che gli scendono le lacrime.-Ma che dici? -Chiede senza fiato.
-Diceva cose così!
-Quale dei due?
-Quello col borsone.
Quando si calma e si asciuga le lacrime mi guarda-Quando eri al sicuro da un morte orrenda potevi chiedere a me il telefono. Ti avrei chiamato il taxi.
-A dire il vero mi hai distratta dalla mia ansia.
-Non sembravi ansiosa.
-Sono brava a dissimulare. Ero molto impaurita.
-Perché ti sei seduta al mio tavolo?-Chiede ridendo -Non hai pensato che potessi avere brutte intenzioni?
-Forse, ma cosa avresti potuto fare in un locale pieno di gente?
-Non so...avrei potuto metterti qualcosa nel bicchiere.
Sorrido io questa volta -Non hai notato che non ho preso nulla da bere?
Ride-Sei più furba di me. E se fossi andato a chiamare i tizi con la bici e il borsone?
-Avrei chiesto aiuto al prode barista e insieme a lui vi avrei tempestato di bottiglie di bourbon in testa.
Scuote la testa-Cosa fai, studi?
-Sì.
-Università?
-No, in realtà sto facendo l'ultimo anno di liceo.
-Ah! Quindi quanti sono, diciannove?
-Diciotto.
-E hai la maturità, allora!
-Per favore, non farmici pensare. È ancora settembre.
-Ma dai, ce n'è tempo. E poi cosa vorresti fare?
Alzo le spalle -Forse legge. Non lo so ancora.
-Bello. -Sorride.
-Il pensiero si. La paura no.
-Ah guarda non mi parlare di paura per il futuro che purtroppo non ho avuto la possibilità di provarla.
-E non è positivo?
-Certo, e mi reputo più che fortunato per questo. Ma a volte mi manca non aver vissuto le varie tappe. Sai...la casa in affitto per l'università, ritornare per il weekend...tutte cose talmente banali che ti mancano perché non hai avuto il tempo di farle.
-A me fanno paura e basta.
Ride -Non so perché ma non sembri una che si spaventa facilmente.
-Non lo sono. -Dico mentre taglio con la forchetta un pezzetto della mia torta buonissima. -Ma il futuro mi spaventa.
-Non sei l'unica al mondo. E sei abbastanza sveglia da poter lasciare la paura a qualcun altro.
Gli sorrido -Grazie per l'incoraggiamento.
Mi sorride di rimando -Di dove sei?
-Un piccolo paese vicino Enna. Tu?
-Marsala. Ma ho vissuto un po’ ovunque da bambino. Ho casa anche a Bologna.
-Immagino quanto tempo ci starai...
-Già. Un'altra delle cose che mi mancano. La famiglia è la cosa che mi manca di più.
-Sei figlio unico?
-No, ho una sorella più grande. E tu?
-Un fratello più grande.
-Allora siamo tutti e due i piccoli di casa.
-Sì. -Sorrido -Ma ti assicuro che è come se fossi io la maggiore. Mio fratello è un bambino.
-Ah io anche. Mia mamma ogni volta che vado a trovarla mi si spupazza come se avessi ancora due anni. E quasi quasi piange perché dice che mi vede deperito.-Mi guarda di sottecchi mentre rido -Mi hai mai visto in TV da piccolo?
Lo guardo pensando a quella miniatura rotondetta del ragazzo alto e in forma seduto di fronte a me -Si. Vedevo sempre Ti lascio una canzone. Specialmente a Natale. Quanto mi piacevano i medley natalizi!
Ride -Si, anche a me. È un peccato che non lo facciano più. Ma mi riferivo a quando ancora non avevo perso quei 35 chili circa.
-A me piacevi. Eri coccoloso.
Ride -Oh grazie! Questo si che è un complimento, quasi quasi li riprendo. Ti dicevo che per mia madre ero deperito anche all'epoca, figurati adesso.
-Direi che anche se eri coccoloso adesso stai meglio. Ma il pizzetto me lo taglierei.
Spalanca gli occhi portandosi le mani sul pizzetto scuro -Giù le mani dal pizzetto, signorina! Con quello che c'è voluto per farlo crescere...E poi ricordati che sono siciliano.
-E allora? Mio fratello mica porta il pizzetto eppure è siciliano anche lui. E neanche la maggior parte dei siciliani se è per questo.
-Io in Sicilia ci sto poco e quindi l'aspetto da siciliano me lo porto in giro.
Scoppio a ridere -Detta così non fa proprio una piega.
-Lo so. È il genere di ragionamenti senza senso che faccio di solito.
Lo guardo -Sai che sei simpatico? Mi aspettavo un marpione super montato.
-Ahi ahi, questa si che è una delle cose che purtroppo le persone pensano. Mi giudicano per qualsiasi cosa io faccia, per quello che dico, per le cose che scrivo sui social. Non si rendono conto che sono una persona come loro e possono anche ferirmi.
-Scusa...-Arrossisco -Non intendevo offenderti, stavo solo scherzando.
Corruga la fronte -Lo so, infatti non mi riferivo a te. Intendo dire che so che tu scherzi, ma c'è gente che queste cose le pubblica anche senza conoscermi.
-E tu cosa fai?
-Niente. Non posso fare niente purtroppo.
-Io credo solo che non dovrebbe importarti più di tanto. Conta solo ciò che sei, e ciò che le persone che ami pensano. Per il resto chi se ne frega?
-Hai ragione, è solo che ci si sente da schifo a essere giudicati senza motivo.
-Già. Figuriamoci davanti a tutto il mondo...
-Infatti.
-Beh, adesso che ti conosco e so che sei simpatico, ogni volta che qualcuno dirà il contrario gli spaccherò una sedia sulla testa.
-E poi se ti arrestano? No, per carità, ti avrei sulla coscienza. Lasciamoli parlare. L'importante è che tu lo sai.
-Che palle, io volevo spaccare le sedie.
Scoppia a ridere -Non so perché ma ti ci vedo.
-Perché sono proprio il tipo in effetti.
-A me sembra che tu sia una persona dolce e ferita rinchiusa dentro una corazza.
-Dolce non lo so, ferita non più. Direi che la corazza me la sono fatta con le esperienze. Hai presente tutte quelle frasi che pubblicano sulla resilienza pur senza sapere cosa sia?
-Non è tipo "mi piego ma non mi spezzo"?
-In parole povere. É la capacità di un corpo di assorbire un urto senza rompersi.
-Quindi non sono riusciti a spezzarti?
-Direi che ci sono andati molto vicino. Non lo so. Forse un po' spezzata lo sono dopotutto. -do' un'occhiata all'orologio -Cavolo, è tardissimo. Dovrei andare a fare il check-Out in hotel e poi dovrei incontrare l'amica di mamma.
-Ah d'accordo. -Dice alzandosi.-Pago e ti accompagno.
-Non c'è n'è bisogno, davvero.
Sembra deluso -Ah. Allora posso chiamarti un taxi?
Lo guardo confusa -No, dicevo per la colazione. Mi farebbe piacere se mi accompagnassi.
Mi guarda un attimo -Ma va! Te l'ho detto che te la offrivo io la colazione. Figurati se ti faccio pagare.
-Altro gesto da siciliano.
-Ecco, appunto.
-Allora ti ringrazio.
-Non c'è di che.
Quando usciamo mi guardo intorno -Proprio non mi ricordo da dove sono venuta. Eppure era vicino...
-Come si chiama l'hotel?
-Sette soli.
Sì illumina -È dove sto io!
-Davvero? Credo che tu sia il mio angelo custode.
-Forse si -Sorride -Dista si e no un quarto d'ora. Però in effetti la strada è difficile da ricordare. Bisogna salire di li e poi girare al primo vicolo.
-Non riuscivo a trovare il vicolo perché continuavo a scendere piuttosto che salire di li.
-Problema risolto. Posso accompagnarti o pensi che me ne approfitto?
-A dire il vero penso di essere io ad approfittare della tua gentilezza.
-Ma tu sei sempre così?
-In che senso?
-Ma se uno ti offre qualche attenzione ti pare che ne stai approfittando santa figghia? Dovresti preoccuparti che si approfittino di te che sei così bella.
-Ma dai!
-Ma dai cosa? Vuoi negare che la maggior parte degli uomini approfitterebbe più che volentieri di un po’ di tempo in tua compagnia?
-Direi di si.
Corruga la fronte-E perché, scusa?
-Per vari motivi più che ovvi. Sono troppo seria. E troppo poco disponibile per ciò che la maggior parte dei ragazzi cerca.
-Io dico che questi sono punti in più.
-Si, se stai cercando una nonna da adottare.
Corruga un attimo la fronte, poi ridacchia-Ma può darsi anche che uno sta cercando una ragazza seria con cui avere una relazione seria.
-Può essere, ma credo che avvenga una volta su mille.
-E come fai a stabilire quando capita quella volta su mille?
-Immagino che se capita lo capisci da sola, no?
-Può darsi. Ma penso che per farlo sia necessario essere aperti alla possibilità. Provare a conoscere chi ti sta accanto.
Si riferisce a se stesso?
-In che modo?
-Per esempio accettando di uscire. O passando del tempo insieme.
-E dici che in questo modo si può capire se le persone che hai attorno sono candidate per quella volta su mille?
-Penso di si.
-Allora accetterò di uscire con e conoscere tutti coloro che presenteranno candidatura formale.
-Fai bene. Posso chiederti una cosa?
-Certo. Ormai sei stato eletto a mio psicologo.
Sorride -Vuoi uscire con me?
Che cosa?
-Quando? -È tutto ciò che mi esce. Che stupida.
Sorride -Non lo so, quando hai tempo.
Corrugo la fronte-Perché vuoi uscire con me?
-Perché si.-Sorride, mi sfida con lo sguardo.
-Mmmh. E perché io dovrei accettare?
-Perché il tuo psicologo ti ha consigliato di aprirti ai possibili candidati.
-E quindi tu perché vuoi uscire con me?-Ripeto.
-Perché potrei essere un candidato.
Mi ha spiazzato completamente. -Ma non ci conosciamo.
-Se non mi sbaglio conoscersi era il secondo consiglio del tuo psicologo.
Rido -Quindi tutto quel discorso mirava a questo?
Alza le spalle -E chi lo sa?
Fa sul serio? A Torino non conosce proprio nessuno evidentemente.
Sorride -Senti, se ti va mentre sei a Torino usciamo insieme qualche volta. Solo per divertirci, nulla di più. Non ho nessun secondo fine. Non conosco nessuno qui a parte le persone con cui sono venuto e con cui lavoro. E in genere la gente tende a essere un po'...opportunista con me. Si vede che a te non frega niente, e questo mi piace.
-Di cosa non mi frega niente?
-Di me come personaggio piuttosto che come persona. Del gruppo.
-Come fai a dirlo? Possibilmente sono una psicopatica.
-Non credo. In genere i pazzi non sanno di esserlo. E poi si capisce dal tuo atteggiamento. Ho parlato anche del gruppo e del fatto che siamo qui insieme. Ma non hai fatto una piega, e credo che tu non abbia mai sentito una nostra canzone.
-Qui ti sbagli. Ho visto Sanremo quando avete vinto.
-D'accordo. Allora hai sentito una canzone per sbaglio.
-Okay, okay. Non vi ascolto. L'ho detto per gentilezza. Ma neanche vi disprezzo. Non vi ho...prestato attenzione, ecco.
Scoppia a ridere-E secondo te mi offendo perché non sei una fan?
-No...ma è brutto dire "non ti ho considerato", no?
-Non mi importa poi tanto, davvero. Anzi mi fa capire che se non ti avessi fatto quella domanda idiota non mi avresti guardato, e se lo avessi fatto non avresti capito chi ero. E se anche mi avessi riconosciuto saresti passata oltre. Giusto?
-Si. Ma probabilmente ti avrei sorriso.
-Perché?
-Perché sono gentile.
-Mi aspettavo che dicessi "perché sei un bel ragazzo "
-Non dico cose così a nessuno. Non sono il tipo che fa complimenti inopportuni.
-Inopportuni? -Ridacchia. -Credimi, me ne hanno fatti di complimenti inopportuni. "Bel ragazzo" non fa parte della categoria.
-No, intendo senza motivo. Non sono molto espansiva, ecco.
-Ahh. Adesso ho capito. -dice ma ride ancora sotto i baffi.
-Menomale.
Svoltiamo in una stradina ed eccoci davanti all'hotel.
Passiamo dalla reception a recuperare la chiave delle nostre stanze e poi andiamo all'ascensore.
-A che piano sei?-Chiede.
-Terzo. Tu?
-Io al quarto.
Schiaccia il pulsante del mio piano e incominciamo a salire.
-Non mi hai risposto prima.-Dice tranquillamente.
-Per cosa?
-Per uscire. Ti propongo un patto: usciamo una volta. Se poi capisci che non mi sopporti ti lascio in pace. Ci stai?-Mi porge la mano.
Che ho da perdere, a parte una serata a casa di amici di mia madre?
Gli stringo la mano-Okay.
Sorride, porgendomi il cellulare -Componi il tuo numero e fai uno squillo così ti resta il mio?
-Certo.
Prendo il suo telefono e faccio come ha detto. Quando ha fatto tre squilli stacco la chiamata e glielo restituisco.
-Grazie. -Fa uno sguardo sospettoso. -Visto che il tuo telefono è spento non si può sentire squillare. Non è che mi hai dato il numero di tua nonna?-Dice.
Rido -Mia nonna ti manderebbe a quel paese senza troppi problemi. Ma no. Se non avessi voluto dartelo non lo avrei fatto e basta.
Io già penso che non chiamerà mai. Invece continua -Bene. Allora quando? Domani? Hai qualcosa in programma?
Sono sorpresa-Io no. Non so se ne hanno gli amici di mia madre. Però credo che stasera vorranno fare qualcosa e domani sarò libera. Quindi posso dire di si. Se poi dovessero avere qualcosa in mente possiamo rimandare a dopodomani, ho il tuo numero. Per quanto resti qui?
-Due settimane.
-Perfetto.-Sorrido.
L'ascensore si ferma e si apre al mio piano.
Mi sorride.
-Grazie per avermi salvata e per la colazione e il passaggio.
-Credo che sia stata tu a salvarmi la serata. Grazie a te.
-A presto.
-A domani.
Raggiungo la mia porta, mentre l'ascensore si richiude e io mi giro a guardare Il suo volto sorridente.
Sorrido tra me, mentre rigiro la chiave nella toppa.
Chi avrebbe detto una cosa del genere? Probabilmente un milione di ragazzine in questo momento mi ucciderebbero per essere al mio posto, eppure a me sembra più surreale la situazione che la persona.
Voglio dire...il modo in cui l'ho incontrato, il modo in cui è stato galante con me. Non ho mai ricevuto delle attenzioni così eleganti da un ragazzo.
Entro in camera e recupero le poche cose che avevo tirato fuori ieri, poi chiamo mia madre dopo aver messo in carica il cellulare. Le dico che ieri sera ero così stanca che sono crollata.
Richiudo la stanza intatta e scendo di sotto a pagare il conto e fare il check-out.
L'amica di mia madre, Delia, arriva mentre sono seduta su una poltroncina nella hall a sfogliare una rivista. Quando mi vede il suo volto si allarga in un sorriso.
É vestita nel suo solito stile, sportiva ma raffinata, si toglie gli occhiali da sole griffati.
-Bellissima! -Esclama mentre mi abbraccia. -Hai dormito? Passata bene la notte?
-Come un sasso. Molto bene -Mento solo sulla prima parte, vista la conclusione interessante.
Mi sorride, mentre mi scruta a poca distanza, non ha ancora sciolto del tutto l'abbraccio. -Come stai bene!-Esclama scostandosi il ciuffetto scuro dagli occhi.
-Grazie -Rispondo -Anche tu.
-Il viaggio come è stato?
-Liscio come l'olio. Nessun intoppo.
-Sono contenta. E vedrai che ci divertiremo da morire. Faremo pentire tua madre di non essere venuta -Dice facendomi l'occhiolino.
Io rido-Così impara ad avere un lavoro.
-Ecco! Su, andiamo. Ho la macchina qui fuori e temo che mi faranno una multa. In Sicilia i vigili urbani venivano sempre a chiedere di spostarla. Qui invece scrivono immediatamente.
-Nostalgia delle origini?
-Del clima, forse.
-Ancora non lo ammetti, eh?
-Eh no. Il paesello non lo rimpiango.-Ride -Ti aiuto con la valigia?
-No, ti ringrazio. É leggera. Ho portato poca roba.
-Stasera sei libera, vero?
-Certo.
-Bene, ti porto in uno dei ristoranti più eleganti di Torino.
-Io e te come due amiche single? E Luigi? Mi ha promesso una partita a Scarabeo come ai vecchi tempi.
Ride -No, viene anche mio marito, non preoccuparti. Ma dubito che al ristorante abbiano un tabellone da Scarabeo. Ci giocherete un altro giorno. E se ti va oggi possiamo fare un giro di shopping, che dici?
-Certo, perché no. Ho solo bisogno di fare un pisolino dopo pranzo. Mi scombussola sempre viaggiare.-Mento ancora. Non dormo molto di solito, ma tutta la notte in bianco vuol dire un paio d'ore di riposo.
-Ovvio, ci avevo già pensato. Andiamo a pranzare e poi puoi riposarti quanto vuoi. Se preferisci dormire possiamo andare domani a fare un giro.
-Non ce n'è bisogno, mi fa piacere. Mi bastano due ore e sono come nuova.
-Perfetto -Sorride.
Ci avviamo alla sua macchina e in poco tempo arriviamo a casa sua. Non è esattamente in centro, dista qualche minuto dalla città vera e propria, ma è tutto a favore suo: una villetta a schiera immersa nel verde. Nessun rumore della città.
Entriamo in casa e il profumo di cioccolato mi attira in cucina, Delia ride, mentre tira fuori dal forno un vassoio ancora caldo di muffins.
Non resisto alla tentazione di mangiarne uno, ma sono così stanca che presto mi ritiro nella camera che mi ha preparato e vado a fare una doccia calda che lava via anche la stanchezza dai muscoli.
Poi mi butto a letto con una tuta calda e i capelli ancora umidi.
Il sonno arriva, e mentre il mio cervello scivola via accompagnato da dolci pensieri, penso che questa vacanza me la ricorderò.
Nel bene o nel male.
Ciao! Eccomi tornata con una cosetta nuova nuova! Spero vi piaccia, fatemi sapere cosa ne pensate nei commenti o anche in chat, mi fa sempre piacere!
Non so se continuare o meno, dipende da voi e dal vostro parere.
Un bacio e a presto!
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