Paesi miei

Sei terra che tace,
Sotto la luna che arde
In selvagge sottane
Di velluto nero e cocente
Il suo nefasto chiarore,
Pieno, e rovente sei tu, terra,
Tra atavici rituali di grilli
E mosche, nelle loro bisbigliate liturgie,
Il notturno latrare insonne dei cani
Violento presagio di primordiali soprusi

Tu d'acqua dolce t'imbeveri,
Te ne impregni la gola ripida
Sui pendii, dorati d'estate
E imperlati di sudore:
Dissennate e dannate le terre dell'uomo,
Piegato a spaccarsi la schiena
Per assistere scellerate sciagure
D'un perverso Caino,
E Tu in seno tuo trangugiti
-Madre e muta osservatrice
di morbose ossessioni-
Un catino rovesciato di
Acqua sporca con sangue.
Si sparge in valle come voce
Di stanche fronde, languide nel caldo
Nella calura di una cieca follia,

E gorgogli Tu terra nel piacere
O nell'agonia di rosso prorompente
Tremebondi o nell'indifferenza,
Le carni in agonia
Scoscese e imperlate del vermiglio frutto,
Un morso del gelo mortale
Ed ella sprofonda nel tellurico giaciglio,
La febbrile ira ossessiva
Assieme al sangue, da Te imbevuto.

Ctonia mela vermiglia,
Pura e brusca essenza
Come il bianco di una camicetta sbottonata
E gli affannosi, ultimi respiri,
La candida pelle s'apre fatale,
Un'imprecazione immacolata
Prima del fiutto d'opaco, fangoso
Cremisi violento
E piegata in mistica liturgia sororicida.
Il catino rovesciato tra il sangue
Si fa rovente morte
Come incendio nella notte, su, alla collina
E a bruciare non è sola luna
Quando la notte si tinge d'acceso al falò
E marcisce lo scheletro nero della cascina
E nere son ora le sue belle,
Giovani labbra.

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