Gelatina o creme brulée?
Una volta arrivata a casa, mi infilai nelle coperte e con la testa nascosta sotto al cuscino, per evitare di farmi sentire da Alessandro che si era fermato a dormire nella stanza accanto. Piansi tutte le lacrime che erano rimaste bloccate nei miei occhi e quando mi addormentai sognai di essere una principessa, disperata per la perdita della corona e dell'amore.
Mi svegliai in preda all'agitazione e con gli occhi gonfi per il pianto della notte, feci scorrere lo sguardo sugli oggetti di camera mia, finché non la trovai. Era poggiata sulla mia scrivania, esattamente di fronte al letto, e la luce del sole che entrava dalla finestra si scontrava sulle pietre, creando dei bagliori colorati.
Corrugai le sopracciglia perplessa, non ricordavo di averla portata a casa. Scostai le coperte dal mio corpo e mi alzai, avvicinandomi alla corona. Quando fu alla mia portata allungai un braccio e la avvicinai al viso, studiandola con attenzione, e notando una piccola crepa proprio al centro, la stessa che si era formata nel mio cuore.
Subito dopo, la mia attenzione cadde su un pezzo di carta piegato, appoggiato lì vicino, ma che, ad una prima occhiata, non avevo notato. Lo presi e lo aprii curiosa. Riconobbi subito la grafia di Alessandro e leggendo quello che aveva scritto, un sorriso spuntò sul mio volto: "Beth, tu sei una principessa e come tutte le principesse, ti meriti un vero principe."
Aprii un cassetto della scrivania e rovistai tra i vari oggetti scombinanti al suo interno, finché non trovai quello che cercavo. Aprii ill tubetto di colla liquida e lo depositai sulla crepa della corona, aggiustando contemporaneamente anche il mio cuore.
Alessandro si sarebbe accorto, con il tempo, che era lui il mio principe. Io ero un fuoco d'artificio e non avrei mai smesso di provare a raggiungere il cielo.
Mi vestii velocemente, indossando un paio di leggings viola e una felpa arancione, poi scesi per la colazione, ma prima di entrare in cucina, sentii la voce di Alessandro: "Cami, questo caffè non è molto buono"
"Diciamo pure che fa schifo" rincarò la dose mio padre.
Mi appoggiai con la schiena al muro e chiusi gli occhi, respirando a piedi polmoni. Forza Beth, incassa il dolore e ritrova la tua sicurezza!
Varcai la soglia e subito attirai l'attenzione di tutti su di me. Forse la felpa arancione non era stata una grande idea!
"Ciao tesoro" mi salutò mia madre, afferrando la moca colma di caffè. Notai che, sia mio papà sia Alessandro, mi stavano facendo segno di no con la testa, così risposi: "Grazie mamma, ma credo che prenderò un po' di latte"
"Hai dormito male Beth? Hai gli occhi rossi" continuò lei, inconsapevole del disagio che stava creando.
"No, ho fatto solo un brutto sogno" mormorai, sedendomi dall'altro lato del tavolo rispetto alla fonte del mio mal d'amore.
"Forse è meglio che io vada" mormorò allora lui, facendo strisciare la sedia per alzarsi, ma mio madre lo bloccò dicendo: "Ma come non resti per pranzo?"
Lui sembrò titubante, ancora seduto sulla sedia e prima di rispondere, mi rivolse una lunga occhiata. Aspettava una mia decisone, ma io non volevo che le cose tra di noi diventassero strane, volevo continuare a vederlo, a passare del tempo con lui, per fargli capire quanto fossero sbagliate le sue convinzioni. Volevo continuare ad amarlo, anche a costo di farmi male.
Gli rivolsi un impercettibile cenno della testa e gli sorrisi, così lui tornò a rilassarsi e rispose a mia madre affermativamente.
La domenica, spesso, Alessandro passava da noi e restava per pranzo o per cena, e qualche volta si fermava pure la sera per guadare un film tutti insieme.
Quella sera, seduta sul divano tra Alessandro e Fabio, osservavo lo schermo, chiedendomi se mia madre avesse intuito qualcosa, vista la sua scelta per il film, oppure se la mia dose di sfiga fosse aumentata improvvisamente.
Le scene che mi scorrevano davanti agli occhi erano quelle della pellicola il matrimonio del mio migliore amico. Lo adoravo, ma non in quel momento, non dopo il colossale rifiuto di Alessandro.
Julia Robert cercava di conquistare il suo migliore amico che aveva occhi solo per la futura moglie, Cameron Diaz. Ecco, io mi sentivo esattamente come Julia, costantemente in cerca di attenzione da un ragazzo che non mi considerava nemmeno.
"Tu sei Michael" stava dicendo Jullienne, alias Julia Robert, alla televisione "sei in un famoso ristorante francese e ordini creme brûlée come dessert: è bella a vedersi, è dolce, è insopportabilmente perfetta. All'improvviso Michael si rende conto che non vuole la creme brûlée... no, vuole un'altra cosa"
"E che cosa vuole invece?" chiese Kim, alias Cameron Diaz.
"Gelatina..."
"Gelatina?! Perché la gelatina?"
"Perché è più di suo gusto la gelatina! La gelatina risponde di più ai suoi gusti, capisco che in confronto alla creme brûlée è solo gelatina, ma probabilmente è quella che ci vuole per lui."
"Posso diventare gelatina!" esclamò infervorata Kim.
"No, la creme brûlée non sarà mai gelatina, tu non potrai mai essere gelatina!" cercò di spiegarle Jullienne.
"Devo diventare gelatina"
"Tu non diventerai mai gelatina!"
Oh cavolo... Alessandro era il mio Michael... e io ero gelatina o creme brûlée?
Il dubbio mi occupò la mente e mi fece perdere tutte le scene seguenti. Afferrai il cellulare dalla tasca della felpa e digitai un messaggio a Michele: "Secondo te, sono gelatina o creme brûlée?"
Poco dopo la vibrazione mi annunciò che era arrivata una risposta: "Secondo me sei più simile ai macarons"
Un sorriso affarò sulle mie labbra, amavo quando Michele assecondava i miei deliri senza chiedere troppe spiegazioni. Mi faceva sentire meno pazza.
"Perché?" digitai veloce prima di premere invio.
"Sei complicata da capire, ripiena di energia, colorata come un arcobaleno e dolcissima"
Gli risposi con un cuore blu e poi tornai a guardare lo schermo in tempo per vedere Julienne baciare Michael ed essere apertamente rifiutata.
Accidenti, sembrava la storia della mia vita. Istintivamente mi voltai verso Alessandro, che sembrava a disagio quanto me, così cercai di alleggerire l'atmosfera. Allungai il collo verso di lui e gli sussurrai nell'orecchio: "Tranquillo Ale, io sono un macarons"
Lui si voltò leggermente verso di me e mi guardò con un'espressione confusa, ma notai le sue labbra sollevarsi e poi pronunciare delle parole che mi tolsero il fiato: "Adoro i macarons"
Sospirai sognante mentre mi ripetevo nella testa una battuta di Julienne: se lui provasse quello che provo io, capirebbe cosa provo!
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