Favolosa!
QUATTRO ANNI DOPO
"Sei maggiorenne?" chiese in buttafuori squadrandomi dalla testa ai piedi con uno sguardo sospettoso.
"Certo" risposi sicura fissandolo negli occhi "è scritto anche sul documento" e così dicendo gli mostrai la mia carta d'identità falsa. Va bene, stavo mentendo, ma dai, avevo già diciassette anni, quasi diciotto, quindi non era davvero una bugia. Più o meno.
"Puoi andare" concluse l'uomo, lasciandomi entrare nella discoteca e spostando la sua attenzione sulla ragazza in fila dietro di me.
Saltellai soddisfatta verso il guardaroba, dove lasciai la mia giacca di paillettes rosa e poi scrissi un messaggio veloce a Sofia, una delle mie più care amiche a scuola. Quando mi rispose, la raggiunsi vicino al bancone, a lato della pista da ballo.
"Beth! Finalmente!" esclamò lei quando mi vide arrivare, staccando la bocca dalla cannuccia immersa nel suo drink. Io e Sofia ci eravamo conosciute in prima liceo, avevamo fatto tutti gli anni sedute vicine ed era la prima dalla quale andavo quando avevo un problema. Oltre Elda, era l'unica persona della quale mi fidavo davvero.
In realtà, invidiavo l'aspetto fisico sia di Elda che di Sofia, o almeno i loro tratti genetici. Elda aveva preso la massa di capelli ricci scuri della madre, mentre Sofia aveva dei fantastici capelli biondi lunghi fino a metà schiena. Io continuavo a lamentarmi dei miei insignificanti capelli castani, lunghi e lisci. Non mi bastavano, dovevano essere più appariscenti! Perciò, avevo fatto quasi svenire mio nonno Pietro, quando, all'ultima cena in famiglia, mi ero presentata con le punte tinte di rosa.
"Scusa Sofi, non sapevo cosa indossare" mi giustificai mentre cercavo di attirare l'attenzione del barista, che mi notò subito tra la folla.
Sofia, accorgendosi della scena, sollevò un sopracciglio e constatò ironicamente: "Anche stasera, non passi inosservata"
Ordinai un drink al ragazzo addetto alle bevande e poi mi girai verso la mia amica, mostrandole un sorriso soddisfatto: "Esattamente come volevo"
Stasera ci eravamo dati appuntamento in questo locale per festeggiavamo l'inizio delle vacanze invernali, dal momento che il natale si stava avvicinando e la scelta del mio outfit per la serata era stata ardua, ma alla fine avevo ottenuto l'effetto desiderato. Indossavo delle parigine azzurro acceso che arrivano sopra al ginocchio, un paio di stivali alti rosa e un vestitino bianco aderente, che metteva in risalto la mia figura magra, ma con le giuste curve. Finalmente, all'età di quindici anni, avevano deciso di iniziare a formarsi e ora erano motivo di vanto per me.
L'abito che indossavo era molto scollato sulla schiena e il suo colore, per quanto semplice e poco visibile normalmente, con le luci stroboscopiche della discoteca era come un faro nella notte. I capelli erano legati in una coda alta, per evitare di doverli spostare dagli occhi durante i miei balli sfrenati, mentre le labbra erano di un rosa acceso e gli occhi ricoperti di ombretto azzurro. Insomma, il giusto livello di sobrietà.
Il barista tornò da me con il mio ordine e un gran sorriso sul viso, dedicato proprio a me. Mi poggiò il bicchiere pieno di alcol davanti e si chinò un po' con il busto, sporgendosi oltre il bancone e gridando per sovrastare la musica: "Immagino sia il tuo compleanno" mentre lo diceva, spostò lo sguardo sulla mia testa "il drink lo offro io"
"Grazie" risposi aprendo le mie labbra in un sorriso riconoscere, ma anche disonesto. Non era assolutamente il mio compleanno, ma capivo perché il ragazzo l'aveva pensato. Sulla mia testa campeggiava una corona con delle pietre brillanti, rosa, azzurre e bianche. Forse questa alzava leggermente il livello di sobrietà...
"C'è qualche spiegazione logica per la corona?" chiese Sofia, attirando nuovamente la mia attenzione.
"Mi andava di metterla" dichiarai tranquillamente, sorseggiando l'alcolico e passando lo sguardo su tutta la pista da ballo. Riconobbi diversi compagni di scuola e alcuni ragazzi più grandi dell'università, ma nessuno di loro mi interessava. Stavo cercando qualcun altro.
Io e la mia famiglia vivevamo vicino alla zona giovanile della città, c'erano tutti i locali, il liceo e l'università, per questo le persone che si incontravano in giro erano più o meno le stesse. Quando ero piccola, avevamo vissuto in un appartamento, che in precedenza mio padre aveva diviso con lo zio Samu, ma poi quando era nato Fabio, ci eravamo trasferiti in una casa progettata da papà, comunque non molto lontano dalla zona dove eravamo prima.
La differenza era il centro, leggermente più distante, perché eravamo in un quartiere più residenziale, ma andavo a scuola sempre a piedi o in bici, e il lato positivo era che eravamo più vicino alla casa dove Alessandro viveva con i suoi. Ma ora lui aveva ventidue anni e faceva l'università e mio padre (lui e le sue idee brillanti...) gli aveva proposto di andare a vivere nel nostro vecchio appartamento, perché secondo lui "non è vera vita universitaria se vivi con i genitori", testuali parole.
Per questo motivo, ogni volta che andavo a ballare, e fortunatamente capitava spesso, all'insaputa dei miei che credevano fossi sotto le coperte a dormire, cercavo di scoprire come viveva la sua vita universitaria Alessandro. Dai racconti di mia madre, speravo non la passasse come papà.
"Beth" sentii una voce maschile chiamarmi dalla folla e subito dopo apparve Michele, l'unico che capiva le mie stravaganze in fatto di vestiti e che non mancava mai di elogiare i miei accessori bizzarri. Subito notò la mia corona e il suo voltò si illuminò estasiato.
"Favolosa!" dichiarò non appena fu abbastanza vicino. Michele era uno degli amici migliori che avevo a scuola. Io, lui e Sofia eravamo sempre insieme durante l'orario scolastico e spesso anche dopo. Condividevamo tutto, anche le chiacchiere in fatto di ragazzi, perché Michele era omosessuale, dichiarato e fiero. Non si nascondeva e , come me, voleva sempre apparire. Grazie alla sua sicurezza, non veniva mai deriso da nessuno, anche perché dovevano solo provarci a sfottere il mio amico!
"Non credo ci sia stasera" dissi più a me stessa che a loro. Non vedevo né Alessandro, né i suoi compari. Forse erano andati a ballare in qualche altra discoteca. Maledizione!
"Dai, smettila di struggerti per amore, andiamo a ballare" cercò di distrarmi Sofia, prendendomi per un braccio e trascinandomi in pista, seguita da Michele che già ancheggiava a ritmo con la canzone.
Finii velocemente il mio drink e poi mi lasciai andare seguendo la musica, tra le risate e gli abbracci dei miei amici.
Proprio mentre stavo scuotendo la testa, facendo volare i miei capelli da una parte dall'altra, nel mio campo visivo entrò il suo viso. Mi bloccai di colpo, spalancando gli occhi e allargando le labbra in un sorriso.
Era in fondo alla pista, lontano, ma l'avrei riconosciuto anche a metri di distanza. Era seduto su un divanetto, con un braccio appoggiato al bracciolo, che reggeva un drink e l'altro intorno alle spalle di una ragazza. Di fianco a lui, in piedi, rivolti dalla nostra parte, i suoi inseparabili amici, Mattia e Alberto, che cercavano di abbordare due ballerine sul cubo.
Era il momento di agire, volevo farmi notare, più di quanto già stavo facendo, così mi avvicinai ad uno dei cubi al centro della pista e ci salii sopra, aiutata da una ragazza che mi lasciò il suo posto, facendomi tanti auguri di buon compleanno.
Iniziai a sculettare, accentuando il movimento dei fianchi e facendo scorrere le mani lungo il mio corpo. Subito suscitai le grida di incitamento di Sofia e Michele, ma anche tante occhiate maliziose da parte di ragazzi vicino a me, che mi osservavano dal basso verso l'alto.
In questi anni avevo sempre pensato ad Alessandro, covando nel mio cuore un sogno d'amore, ma non ero rimasta ad aspettarlo innocentemente. Una ragazza ha pure sempre le sue curiosità, no?
Diciamo che non ero una ragazzina inesperta ed era arrivato il momento che anche Alessandro lo capisse e mi guardasse finalmente in un modo diverso. Non ero più piccola.
Buttai la testa all'indietro, inarcando la schiena e quando tornai con lo sguardo dritto davanti a me, i miei occhi si incastrarono subito in quelli gelidi di Alessandro. Mi stava fissando, ancora seduto sul divanetto, e sul suo viso c'era un'espressione stupita.
Mi morsi maliziosamente il labbro inferiore e gli feci segno con il dito di avvicinarsi a me, ma quando lo vidi alzarsi e procedere con passo sicuro nella mia direzione, la sua espressione mi fece sussultare.
Non sembrava contento.
Bạn đang đọc truyện trên: AzTruyen.Top