29. "Io ti aspetterò"

🌜Non aver paura di sognare🌛

“I've done a lot of things wrong
Loving you being one
But I can't move on”
-Noah Cyrus

«Sii felice del sole nella tua vita», mi dissero una volta. Avrei tanto voluto rispondere che, del mio sole, non ci si può fidare molto: un giorno splende e mi riscalda e altri giorni mi lascia congelare al buio.

In un mondo dove di notte la gente tace e le stelle parlano, deambulo spesso sulle strade buie alla ricerca di quello che il giorno non mi può offrire: la tranquillità di cui ho bisogno.

Ho rinunciato a tante cose nella mia vita, a partire dalla mia famiglia. Ho rinunciato perfino a me stessa, con la speranza di ritrovarmi un giorno. Ci sono pezzi di noi che lasciamo in alcuni posti o in alcune mani, poi torniamo indietro a riprenderli. E io a volte lo faccio di proposito, soltanto per illudermi di avere un posto dove tornare, a costo di sbriciolarmi in giro.

Le persone si fermano sempre a parlare, a salutare, a sorridere, a discutere e ridere, e poi ci sono io che ogni volta che mi fermo mi sembra di non riuscire più a ripartire.

E adesso, dopo aver sentito le ultime parole di Aaron, ho chiamato forse l'ultima persona che avrei mai immaginato di poter chiamare.

«Tieni, bevi questa», Niall spinge la tazza verso di me e sorride. «Questa tisana me la faccio sempre quando sono un po' giù. Mi aiuta a rilassarmi e a restare lucido».

La stringo tra le mani e sospiro profondamente. «Ti ringrazio».

«Mi sento strano con te qui, a casa mia», si schiarisce la gola, imbarazzato.

«Non volevo disturbarti, ma non sapevo con chi altro parlare», ammetto con una punta di disagio.

«Oh, non è un problema. Anzi, sono contento che tu abbia chiamato me. Significa che non sono così male, dopotutto», mi fa l'occhiolino, gonfiando il petto con aria fiera.

Scuoto la testa, ridendo. «Nah, non sei per niente male».

«Dunque, cos'è successo?», mi chiede, sedendosi davanti a me.

«Ieri sera», inizio a dire. «Sono rimasta da Aaron».

«E?», alza un sopracciglio.

«Prima di andare a letto con lui, gli ho fatto una domanda e la sua risposta mi ha, in qualche modo, ferita», rido, grattandomi la nuca.

«Aspetta, ci sei rimasta male e sei andata lo stesso a letto con lui?», si acciglia.

«Sì», mi mordo il labbro. «Non lo fanno spesso gli umani, nascondere la tristezza per non disturbare gli altri?», faccio spallucce. «E poi, non mi è dispiaciuto. È strano fare l'amore quando sei triste».

«Fare l'amore», ripete lui, sorridendo. «Sei proprio persa, eh?».

«È la stessa cosa», alzo gli occhi al cielo. «Solo che c'è il sentimento di mezzo».

«E cosa gli hai detto? Perché ti ha fatto stare male?».

«Vedi, Niall. Non sempre nella vita facciamo cose belle e a volte non le confessiamo per paura di essere giudicati».

Niall prende la sua tazza e se la porta alle labbra, poi dice: «Non è quello che fa l'uomo? Giudicare, parlare, ficcare il naso negli affari degli altri».

«Già. Io ho fatto una cosa anni fa, che forse mi accompagnerà per sempre. Non è una cosa da dire in giro, capisci? E una volta che si sa... rimani da solo, loro hanno paura», deglutisco, pensando esattamente a quello che mi è già successo.

«Cosa hai fatto di così terribile?», si piega verso di me, con curiosità.

«Una cosa che agli occhi degli altri mi rende un mostro», sorrido tristemente. «E che potrebbe spaventare tutti».

«Se mi dici così, penso male», mi punta l'indice contro.

«Devi pensare male», lo guardo con timore e poi lo vedo balzare giù dalla sedia.

«Hai ucciso qualcuno?», ha gli occhi strabuzzati e il viso pallido.

«Non sono una serial killer, siediti e ascolta», gli faccio cenno di prendere posto, e non so se lo fa per paura o perché ha davvero voglia di sentire quello che ho da dire.

«Va bene. Starò muto», fa un bel respiro, come se volesse mantenere la calma, e così io inizio a raccontargli tutto.

Un paio di minuti dopo, Niall fa dei respiri profondi, cercando di assimilare quello che gli ho detto.
«Effettivamente non è una cosa molto piacevole da sapere», dice con aria pensierosa, poi sorride come se cercasse di farmi sentire a mio agio.

«Lo so».

«Ma è stato per autodifesa, quindi non è un problema. Sei libera, no?», chiede e annuisco. Legalmente sì, sono libera. Ma chissà se i miei stessi demoni mi lasceranno mai andare o rimarrò incatenata ad essi per sempre...

«Ma la gente questo non lo sa», cerca di essere convincente. «E Aaron potrebbe capire», mi rassicura.

«È strano, Niall. Sua sorella è morta e lui dovrebbe stare insieme ad un'assassina», apro le braccia, esasperata. Per quanto suoni male, è quello che sono. Un adolescente nemmeno nei suoi peggiori incubi si sognerebbe di uccidere uno dei suoi genitori.

«Perché ti stai incolpando? Perché non cerchi di vederla dal tuo punto di vista? Non devi sempre pensare agli altri, sai? Sei tu l'importante, Ariel», ora sembra mi stia rimproverando. «Non sei una che uccide perché vuole farlo; non sei un mostro. Hai dovuto farlo, perché in quel momento non avevi altra scelta, va bene? È un atto terribile, lo sappiamo bene, ma a quest'ora tu non saresti stata qui molto probabilmente. Tu hai salvato te stessa e tua madre, sei stata coraggiosa. Non molti avrebbero reagito così», si alza e viene verso di me, prendendomi le mani tra le sue.

Mi vengono le lacrime agli occhi, perché probabilmente è la prima persona, oltre alla mia famiglia, che la prende davvero bene senza avere paura di starmi intorno. «È difficile», mi scappa un singhiozzo. «È tutto quanto difficile per me».

«Niente è difficile se tu non vuoi che lo sia», si abbassa sulle ginocchia per guardarmi negli occhi e poi mi asciuga le lacrime.

«Serve pazienza con me, Niall. Serve comprensione, serve amore, servono tante cose per potermi stare accanto. Sono messa un po' male al momento. E mi manca un po', sai, vivere...», rido per sdrammatizzare, poi sposto una ciocca di capelli dietro l'orecchio, abbassando lo sguardo per sfuggire ai suoi occhi indagatori.

«Adesso lo capisco», sussurra. «Non sei strana, sei soltanto stanca».

Un triste sorriso s'insinua sul mio volto. «È così», dico.

«Sei venuta qui per iniziare una vita nuova, giusto? E l'hai iniziata?», domanda, alzandosi in piedi e infilando le dita nei passanti della cintura.

Scuoto la testa. «Mi sono portata un altro incubo qui con me».

Niall mette la mano sulla mia spalla e trattiene una risata, poi si piega verso di me. «Sei proprio terribile, sai? Come pretendi di poter andare avanti, se ti complichi la vita da sola? Hai fatto altre cose che potrebbero metterti davvero nei guai?»

«No, sono pulita, giuro», sorrido, alzando le braccia con aria innocente.

«Allora, qual è il problema, Ariel?», fa un passo indietro e spalanca le braccia.

«Il problema è che-», Dio, come faccio a dirgli che Jamie minaccia sempre di dire il mio segreto a tutti e rovinarmi l'esistenza? Ora che non stiamo più insieme, ho più paura di prima.

«Ariel, cazzo, la vita è soltanto una e tu non puoi passarla a piangere, o a vivere con la paura addosso o sentirti un mostro», sorvolerò sulla parolaccia, che detta da lui sembra quasi buffa, e mi concerto sulla sua espressione severa. «Vai a farti una passeggiata. Ammira la neve. Vai a mangiare da sola. Vai al cinema da sola. Vai a ballare. Anzi, vai ad ubriacarti. Vivi», alza la voce con uno strano entusiasmo e non posso fare a meno di ridere.

«Mi piacerebbe, ma devo andare a lavoro», mormoro con aria rassegnata.

«A che ora stacchi?», domanda.

«Probabilmente verso le undici», gli dico, guardandolo con un cipiglio.

«Ti posso venire a prendere?», alza le sopracciglia, in attesa di una risposta.

Sembro quasi riluttante, perché questa situazione è strana e non capisco davvero le sue intenzioni in questo momento.

«Perché?»

«Non sono un tipo da festa, va bene? Però so che qualcuno dà una festa stasera, quindi andiamoci, io e te», si morde il labbro, felice come un bambino.

«Wow», mormoro, sorridendo confusa. «Aspetta, fai sul serio? Dopo tutte le cose che ti ho detto di me, vuoi portarmi ad una festa?».

Lui annuisce e si appoggia al muro. «E perché no? Non riesco a divertirmi con chiunque, ma con te penso che sarebbe diverso. E poi meriti di essere felice».

«Niall», sbatto le palpebre piano, incredula. Se questo è un sogno, non penso di volermi svegliare.

«Sì?», insiste; i suoi occhi brillano. Allungo la mano verso la sua e gliela stringo: «Andata».
Gli dico dove venirmi a prendere e poi mi abbraccia forte.
Questo è strano.
La mia vita è strana.

***

La sera, come promesso, Niall mi aspetta fuori dal locale, appoggiato alla carrozzeria della sua auto. Ha un beanie sulla testa, che copre i suoi capelli  fulvi, e le mani incrociate al petto.
«Com'è andata?», chiede, accogliendomi con un sorriso caldo.

«Come al solito», mi stringo nelle spalle. Lui mi apre direttamente lo sportello e mi fa entrare.

Appena sale anche lui, dice: «Hai avvisato qualcuno che non tornerai presto?».

«No, ho la batteria morta. Ma mio fratello sa che sono abituata a stare fuori fino a tardi», mi giustifico. In realtà ho paura che non la prenda molto bene.

«Oh, va bene allora. Andiamo ad ubriacarci!», esclama, poi emette un grido di esultanza.

«Ma poi tu dovrai guidare», gli faccio presente.

«Chi se ne frega, torno a piedi se necessario», mi fa l'occhiolino.

Quando arriviamo alla festa, rimaniamo entrambi fermi all'entrata, un po' indecisi. Stiamo tutti e due congelando perché abbiamo lasciato i giubbotti in macchina, giusto per non disperderli qui dentro.

«Bene...», dice lui, poco convinto.

«Siamo qui», rispondo io, facendo una smorfia.

«Oh, al diavolo! Andiamo!», mi afferra la mano e poi apre la porta. Una nube di fumo di sigaretta ci colpisce in pieno. La musica pompa a tutto volume nelle casse e tutti quanti ballano ed emettono delle grida quasi animalesche.

«Vieni», ci facciamo spazio tra le persone e andiamo a prendere qualcosa da bere.

«A questa serata meravigliosamente disastrosa», alza il bicchiere rosso in aria mentre la canzone Trumpets di Sean Paul sembra abbia dato il via al delirio qui dentro. Mandiamo giù la birra, accartocciando il bicchiere una volta finito.

«Un altro ancora e si va a ballare», grida per farsi sentire. «Cin cin», dice e poi trangugiamo la birra, facendo quasi a gara a chi finisce prima. Lanciamo i bicchieri in aria e poi mi prende per il braccio e ci facciamo spazio tra gli altri.

Inizialmente balliamo uno di fronte all'altro, presi dalla musica e godendoci il momento. Sia lui e sia Aaron mi fanno sentire sulla luna quando balliamo e mi fanno sentire viva. Non ho amici con cui fare festa senza sentirmi preoccupata e costantemente osservata e giudicata, ma con Niall è diverso. Il suo invito è stato come un "Senti, la vita è già abbastanza nera al momento, andiamo a colorarla un po', perché ne ho bisogno anche io". E lui mi sembra come un leone appena scappato da una cella.

Quando parte Bumby ride, una canzone un po' vecchia, Niall mette le mani sui miei fianchi e iniziamo a muoverci insieme, ridendo ogni tanto. Poi, ad un certo punto della canzone, si sposta accanto a me e balliamo seguendo alcune ragazze davanti a noi; è come se stessero seguendo una coreografia vera e propria.

«Oddio, sto morendo», si lamenta Niall, facendosi aria con una mano. Mi aggrappo alle sue spalle e lui inizia a muoversi a destra e sinistra a ritmo di musica, ma in realtà è come se volesse sbarazzarsi di me. Scoppio a ridere e balliamo ancora un po', poi andiamo a prendere di nuovo da bere.

Ad un certo punto della serata, non so come, ci ritroviamo in piedi su un tavolo a ballare e cantare a squarciagola Sweet dreams insieme ad altri due ragazzi, seguito da Ma chérie, a momenti più vecchia del cane di mia nonna. Niall, in un momento di estrema euforia, cerca di fare una mossa di breakdance sul tavolo e casca a terra, scoppiando a ridere e noi altri seguendolo a ruota.

«Ciao, come ti chiami?», chiede una ragazza.

«Ariel», grido, cercando di sovrastare il volume della musica.

«Io sono Marie», si presenta e poi continuiamo a ballare, non dopo aver aiutato Niall a risalire sul tavolo. Mentre il mio sguardo vaga per la stanza, tra le braccia alzate e i sorrisi sulle labbra, intravedo una figura, che se ne sta lì, in disparte, con un'espressione cupa sul viso e le braccia incrociate al petto. No, non può essere Jamie. Ho bevuto troppo. Sì, deve essere così.

Mi stropiccio gli occhi, cercando di fare finta di niente, ma sento l'ansia farsi spazio nuovamente dentro di me.
«È bellissimo», grida Niall, poi si abbassa e mi solleva dal tavolo. Io urlo, perché ho paura di volare a terra, ma lui stranamente riesce a tenermi saldamente.

«Grazie», continua a dire, mettendomi giù e dandomi un bacio sulla guancia. Non ci riesco. Non provo più la felicità che ho provato fino a poco fa. Con la coda dell'occhio guardo verso il punto dove ho visto Jamie, ma non c'è più. Dio, magari ho le allucinazioni!

Niall mi prende per mano e mi fa cenno di seguirlo fuori. Appena chiudiamo la porta alle nostre spalle, grida così forte verso il cielo che mi fa spaventare e poi prende la rincorsa e si butta dritto sulla neve.

«Oddio, Niall sei impazzito?», impanicata, inizio a correre verso di lui.

«Se questo non è essere vivi, allora non so più niente della vita», inizia a fare l'angelo sulla neve, ma gli afferro il braccio e cerco di farlo alzare.

«Sì, hai ragione, ma sei sudato e ti sei buttato sulla neve, sei impazzito? Ti verrà un malanno!», lo rimprovero. Mi dà ascolto e si alza in piedi, leggermente barcollante.

«Va bene, Miss saputella», mi scimmiotta, poi afferra una palla di neve e me la lancia in faccia.

«Niall!», grido, cercando di fermarlo, ma mi ritrovo a lanciargli una palla contro anche io. Scappo verso la porta, ma lui me ne tira un'altra in testa.

«Sei speciale, Ariel!», dice ad alta voce, sorridendo e seguendomi piano. Mi fermo sul pianerottolo e lo guardo salire lentamente i gradini. Guardiamo il cielo, spalla contro spalla, e poi mi arruffa i capelli.
«Nessuno merita di vederti soffrire. A volte doniamo troppo agli altri, incluso un sentimento intimo e personale come la tristezza. Se la gente non riesce a capire l'amore, secondo te capisce questo?», poggia il dito sul mio broncio, facendomi ridere.

«Se i miei neuroni non sono ancora congelati, è un buon segno, vero?», domanda diventando serio all'improvviso.

«Penso di sì, Niall», sussurro. Mi avvicino piano a lui e gli do un forte abbraccio. «Grazie».

«Potremmo morire oggi stesso, perché la vita è imprevedibile e questa cosa mi spaventa. Noi siamo troppo concentrati sulle cose brutte che accadono nel mondo e non facciamo mai qualcosa di carino, non strappiamo mai un sorriso agli altri, quindi io-», si schiarisce la gola. «La vita mi sembra troppo breve e voglio dirti che sento che già mi sono affezionato a te e che ti voglio bene. E ho paura che, stando lì a soffermarmi troppo sul pensiero "Merita il mio bene o no?", un giorno possa essere troppo tardi. Dovremmo dire tutti Ti voglio bene a qualcuno. Ogni giorno potrebbe essere l'ultimo», sorride tristemente, poi mi afferra la mano e torniamo dentro.

Prima d'iniziare a scatenarci di nuovo, gli dico: «Ti voglio bene anche io», e quando vedo il sorriso che mi regala, capisco esattamente cosa intendeva.

Qualcuno appoggia la mano sulla mia spalla e mi giro, trovandomi davanti il ghigno di Jamie.

«Ma chi si rivede», dice, guardando con la coda dell'occhio Niall. «Te ne sei trovata un altro, adesso?».

Niall stringe la mia mano e si avvicina di più a me. «Non penso lei abbia voglia di parlare con te», si intromette.

«E invece ne avrà», risponde Jamie, brusco. Mi attira a sé e poi mi spinge verso la porta. Niall non mi lascia da sola, quindi per fortuna mi accompagna.

«Allora? Avevo ragione, eh? Ti diverti a fare la sgualdrina in giro?», chiede Jamie, scoppiando a ridere.

«Ma stai zitto!», grida Niall.

«Vattene, secchione», gli fa cenno con la mano di sparire. «Dai, devo fare quattro chiacchiere con Ariel».

«Neanche per sogno. Me ne starò in disparte, ma non andrò via», dice Niall, iniziando a indietreggiare. Si allontana da noi e inizia ad armeggiare col cellulare, ma ogni tanto dà un'occhiata a noi.

«Te la fai con Reynolds, esci con quest'altro sfigato, in giro dicono che tu te la sia fatta con Jay. Chi sarà il prossimo? Qualche mio amico? Ho sentito dire che vai molto d'accordo anche con Tyler», inizia a ridere, mentre il suo sguardo mi trafigge.

«Smettila, sono soltanto amici», mi scanso bruscamente da lui, ma mi afferra nuovamente il braccio e me lo stringe.

«Non dire cazzate, sappiamo tutti che l'amicizia tra maschio e femmina non esiste», sibila, i suoi occhi sono furiosi.

«Non è così», cerco di mantenere le distanze da lui.

Lui mi fa avvicinare ancora di più. «Sì, è come dico io. Ma tu, come al solito, non impari mai. Non dai ascolto a quello che ti dico e sai cosa? Prima o poi imparerai dai tuoi sbagli», mi accarezza la guancia.

«Mi stai minacciando?», gli chiedo, alzando la voce. Niall guarda verso di noi, preoccupato, e si avvicina un po' di più.

«Tu prendi tutto come una minaccia, Ariel. Le mie erano soltanto avvertenze», fa spallucce, con aria innocente.

«Hai abusato di me, più di una volta», gli ricordo, iniziando a contare sulle dita. «Mi hai minacciata ogni singolo giorno della mia vita. Continui a farlo ancora oggi. Ho subito violenza fisica e psicologica per colpa tua», gli do uno spintone. «Io non tornerò mai ad essere me stessa, lo sai?», grido, scoppiando a piangere.

«Non ho abusato di te, mi sono preso ciò mi apparteneva. Eri la mia ragazza».

«È stato contro la mia volontà».

«Oh, e piangi solo ora?», fa il finto broncio.

«Tu non sai quante notti ho trascorso a piangere. Ma un giorno toccherà anche a te, Jamie», affermo, sicura di me. Mi piace pensare che la giustizia farà il suo dovere anche lui.

«Sì, sicuramente crederanno a una come te», scoppia a ridere.

«Ariel», dice Niall, posando il cellulare dentro la tasca. «Andiamo dentro».

Faccio per andare via, ma Jamie mi si para davanti. «No, lei non va da nessuna parte. La discussione non è finita», asserisce Jamie.

«Non m'importa niente, lei viene con me e ti conviene starle lontano, malato», Niall mi afferra il braccio, ma Jamie gli dà una testata in faccia e poi lo spinge a terra.

«Succede questo, quando non ti fai i cazzi tuoi», sghignazza, poi mi trascina con lui nel cortile, ma oppongo resistenza.

«Andiamo», insiste, dandomi uno strattone.

Nel momento in cui cerca di incamminarsi verso la sua macchina con la sua mano che stringe la mia, un'auto si ferma in mezzo alla strada e scendono mio fratello e Aaron, per niente contenti.

«Ariel!», grida Jace, correndo verso di me. «Cosa cazzo fai insieme a questo cretino? Pensavo l'avessi mollato», mi aggredisce, guardandomi male.

«L'amore non muore da un giorno all'altro, come puoi ben vedere», Jamie si sposta dietro di me e mi abbraccia. Aaron raggiunge mio fratello e mi guarda con un'espressione confusa. «Che stai facendo?», mi domanda.

«Aaron, non è come pensi», cerco di dire, ma lui scuote la testa e fa per andare via, finché non sentiamo Niall gridare alle nostre spalle: «L'ha minacciata!».

Lo sguardo di Jace scatta su Jamie come un fulmine. «Come, scusa?».

«Cazzate», Jamie scoppia a ridere.

«L'ha ammesso! Io c'ero», continua a gridare Niall mentre arranca verso di noi.

«È così?», chiede Aaron, guardando me.

«E ha usato la violenza su di lei». Oddio, Niall, cosa stai facendo?

Jamie mi stringe più forte a sé, poi sento Aaron scoppiare a ridere, gettare la testa all'indietro, e poi tornare in sé, dando subito dopo un pugno in faccia a Jamie e facendomi balzare all'indietro dallo spavento.

Seth, dopo aver parcheggiato la macchina, corre  verso di noi, preoccupato.
«Che sta succedendo?», chiede, ma non riceve risposta, perché mio fratello si è già lanciato come una bestia su Jamie e gli sta tirando un pugno dopo l'altro. Jamie ricambia, tirandogli un calcio nello stomaco e strisciando all'indietro, provando ad alzarsi.

«No, figlio di puttana, non andrai da nessuna parte finché non confessi», gli dice Aaron, tirandogli un forte calcio nello stinco e facendolo sdraiare di nuovo.

«Seth, non permettere che facciano danno, finiranno nei guai», lo supplico, prendendogli le mani tra le mani.

«Ci sarà un motivo serio, se Aaron dà di matto. Lui ha sempre cercato di stare lontano dalle risse e di avere pazienza, dopo la morte di sua sorella. Mi sembra di essere tornato nel passato», mormora, guardando il suo amico.

Jace tira un altro pugno in faccia a Jamie e mi copro gli occhi, soprattutto quando è Aaron a colpirlo.

«Fermateli!», grido.

Jamie riesce ad alzarsi e poi spinge Aaron a terra e si mette sopra di lui, ricambiando i pugni. Jace lo afferra per le spalle e gli sferra nuovamente un destro, facendolo barcollare.

«Sì, me la sono scopata quella puttana e ho goduto un sacco», grida Jamie, con la bocca sporca di sangue.

«Stronzo», ringhia Aaron, dandogli una testata in faccia, facendogli quasi perdere coscienza.

Jamie ride con gli occhi semichiusi e osservo le macchie rosse sulla neve.

«Aaron, fermati», Seth si frappone tra Aaron e Jamie e cerca di farlo ragionare. «Basta così. Se vai oltre, rischi di finire nei guai».

Niall viene da me e mi abbraccia forte. «Potrai denunciarlo», mi dice.

«Non ho le prove», scuoto la testa. «Ne uscirebbe pulito. Lo fa sempre».

«Non se qualcuno ha fatto casualmente una registrazione mentre parlavate», mi sorride, prendendo il suo cellulare dalla tasca.

«Cosa?», chiedo, sconvolta.

«Già. Sono stato io a chiamare i ragazzi. Cioè, ho scritto ad un  ragazzo che ha il numero di Aaron e gli ho detto di dirgli di venire subito qui. Da come ti stava parlando, sapevo che le cose avrebbero preso una brutta piega. Non te la prendere con me», mi prega, stringendo le mie mani tra le sue.

«No, non potrei mai», sorrido tristemente. Mio fratello viene come un pazzo verso di me, con una mano sporca di sangue, e mi afferra per le spalle, gridando: «Cosa cazzo c'è che non va in te, Ariel? Perché non l'hai detto a nessuno?».

«Jace, non penso sia il modo più adatto per parlare con lei», interviene Seth.

«Fatti i cazzi tuoi!», sbraita mio fratello, poi torna a guardare me. «Te ne vai in giro senza avvisare, con il cellulare scarico, e quello lì avrebbe potuto farti del male! Avrai il nome di una sirena, ma la vita non è un film della Disney, Ariel!».

Niall mi prende per il braccio e mi fa allontanare da Jace. «Non le parlare così», mi difende.

Aaron scoppia a ridere, poi si passa le mani tra i capelli in un gesto frustrato. «È per questo che non l'hai mai voluto lasciare? Ti stava minacciando e tu sei rimasta zitta? E se ti avesse fatto del male?».

Non so nemmeno cosa dire. Non volevo di certo essere accusata dalle persone a cui ci tengo.
«Ma che diavolo vi prende?», sbotta Niall, guardandoli male. «Mettetevi nei suoi panni».

Mai mi sarei immaginata che sarebbe stato lui a prendere le mie parti fra tutti.
«Io non ci credo», dice Aaron, aprendo le braccia. «Era questo il tuo segreto?».

«Aaron», lo riprende Seth.

«Cosa?», grida l'amico a sua volta. «Non posso essere incazzato? La ragazza che amo se l'è tenuto per sé per tutto questo tempo! Non sono arrabbiato con lei, sono arrabbiato con quel bastardo figlio di puttana, sono arrabbiato con il fottuto mondo, perché ogni cazzo di persona a cui ci tengo o fa una brutta fine, o soffre in silenzio, o mi pugnala alle spalle».

«Forse è meglio che vada via», dico a bassa voce, facendo un passo indietro.

«E dove? Ariel, se vuoi essere la mia ragazza come minimo devi avvisare quando decidi di non tornare a casa, perché non possiamo stare tutti con l'ansia perché tu sei abituata a stare fuori, a girare per la città fino all'alba!», continua a dirmi Aaron, coprendosi il viso con le mani. Viene verso di me a grandi falcate e poi mi attira tra le sue braccia, dandomi un bacio sulla fronte.
Ma io...non riesco a fare finta di niente. Anzi, non riesco a provare nulla. «Mi dispiace», dico.

«Scusa, sono furioso», mi stringe ancora più forte.

«No, Aaron... Mi dispiace per tutto», mi stacco dal suo abbraccio. «Mi dispiace, voglio stare da sola», mi giro e guardo Niall, che annuisce e mi fa cenno di andare verso la sua macchina.

Mentre mi allontano, abbracciandomi da sola, lo sento dire agli altri: «È solo scossa, datele un po' di tempo», poi mi raggiunge.

«Ariel», Aaron grida alle mie spalle. «Io ti aspetterò, sappilo».

«Mi aspetterà, ma non riuscirà ad accettarmi davvero», dico, scuotendo la testa. «Nemmeno sa tutta la verità. Non ha senso nemmeno provarci», dico salendo in macchina. Niall accende il motore e parte, ma subito dopo scoppio a piangere.

«So che le persone rotte hanno bisogno d'amore, ma tu forse hai bisogno di stare un po' da sola. Tu sei a pezzi, Ariel. Non lasciare che tutto questo ti riduca in polvere», mi dice Niall. «Andrà tutto bene».

Accenno un sorriso e abbasso lo sguardo. Mi piace pensare che sia così, ma dentro di me so la verità. E la verità è che io non penso di essere pronta per avere una relazione sana adesso.

Non sono pronta a rinunciare ad andare in giro fino all'alba, senza dire niente a nessuno. Non sono pronta a smettere di sparire e tornare solo quando sto meglio.

Non sono pronta a condividere davvero il letto con qualcuno senza sentirmi minacciata. Non sono pronta e mi dispiace da morire.

Ecco qui, siamo quasi alla fine. Secondo voi cosa succederà adesso?

La reazione di Aaron è stata sbagliata? E di Jace?

Che fine farà Jamie?

Facciamo una statua a Niall, perché se la merita.

Secondo voi come finirà questa storia?

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