23. "Io non sono una brava ragazza"
🌜Non aver paura di sognare🌛
“Is there a place where I can hide away?
Red lips, french kiss my worries all away”
-Selena Gomez
Nota per il futuro: semmai decidiate di invitare vostro fratello o qualcun altro a soggiornare a casa vostra (invitare è un parolone, dato che lui si è auto-invitato), ricordatevi di assicurarvi che non vi svegliate a colpi di martello sul muro e imprecazioni a raffica, come se avessi in soggiorno uno scaricatore di porto.
Nonostante io abbia problemi ad addormentarmi, verso le cinque del mattino riesco sempre a chiudere gli occhi per un paio di minuti, peccato che il mio riposino sia durato veramente poco, dato che mio fratello, a quanto pare, ha deciso di svegliare l'intera città.
Mi alzo dal letto, indosso la vestaglia, poi mi incammino verso il salotto, strascicando le ciabatte contro il pavimento.
Mi fermo sulla soglia della porta e guardo Jace, intento a sistemare meglio la mensola.
«Perché diavolo stai facendo casino a quest'ora?», gli chiedo, stropicciandomi gli occhi.
Jace posa il martello a terra e sorride. «Volevo rendermi utile. Quella mensola era storta, inoltre ho rimesso sul muro alcuni quadri che tenevi nascosti dietro la tenda, proprio lì dietro», mi indica con il dito e mi acciglio.
«Aspetta, intendi...», non finisco la frase perché lo sguardo scatta velocemente sul muro. Jace ha messo alcuni dei miei dipinti, che avevo ingenuamente incorniciato per abbellire il salotto e renderlo più "mio", ma a Jamie non piacciono molto, quindi li ho lasciati lì dietro, a prendere la polvere.
«Cosa? I tuoi dipinti? Sì, li ho messi tutti. La tua vecchia stanza era piena di quadri che hai fatto tu e roba che la rendeva parecchio caotica, ma immagino sia così anche la tua testa in questo momento», mi schernisce regalandomi uno dei suoi soliti sorrisi sfacciati.
«Jace, fermati un attimo», dico, alzando un dito e chiudendo gli occhi per mantenere la calma.
«Oh, no, eccoci di nuovo», borbotta lui.
Lo guardo e mi avvicino lentamente. «Il fatto è che non puoi venire qui e fare quello che vuoi tu. Va bene? Mi sei mancato tantissimo, ma questo non ti dà il diritto di fare-»
«Di fare cosa? Il fratello? Perché ti ricordo che sei mia sorella», dice lui, ruotando gli occhi al cielo. Ha sempre questa faccia da schiaffi, maledetto!
Le sue parole mi mettono a tacere.
«A Jamie non piacciono i miei quadri», dico con aria rassegnata.
«Paghi le spese in questa casa?», chiede all'improvviso.
«Be', sì?»
«Allora hai tutto il diritto di abbellirla come ti pare. Poi, quando andrai via, prendi pure la tua roba e basta. Non è una tragedia. Chi se ne frega di Jamie», sbotta, riprendendo il martello in mano.
«È il mio ragazzo, a me interessa», dico e Jace contrae la mascella e mi lancia un'occhiata fulminante.
«Ripeto: non me ne frega un cazzo. Odio quel cretino e odio ancora di più sua sorella. Quella vipera del cazzo», impreca a bassa voce e mette un altro chiodo sul muro.
«Oh, a proposito...», inizio a dire, schiarendomi la gola.
Jace si gira con aria svogliata e apre le braccia, dicendo: «Cosa? Non ti importa nulla di quello che è successo, Ariel. Sto cercando di metterci una pietra sopra, perché mamma darebbe di matto se io e te smettessimo di parlarci. Ma tu hai fatto la sorella di merda, lasciatelo dire», sputa con veleno.
«C'è una spiegazione a tutto», gli dico, ma non potrei dirgli la verità proprio adesso. Come faccio a dirgli che Jamie mi ha minacciato?
«Immagino», ride amaramente. «Vado a lavarmi le mani e poi facciamo colazione insieme». Esce dalla stanza e io mi dirigo verso la cucina.
Jamie non ha preso bene l'arrivo di mio fratello. Anzi, è rimasto così sconvolto che ha deciso proprio di eclissarsi per tutta la notte. Infatti, non so dove abbia dormito, ma a casa non è tornato. Probabilmente a quest'ora starebbe litigando con mio fratello, se ci degnasse con la sua presenza.
Da una parte sono felice che non sia qui, perché la tensione che si crea tra loro due è soffocante, insopportabile. Jace si diverte a farlo arrabbiare, a stuzzicarlo, e Jamie ama ricambiare. Di conseguenza finirebbe con loro due che si prendono a cazzotti in salotto.
Jace viene in cucina e si siede davanti a me, appoggiando gli avambracci sul bancone e guardandomi intensamente.
«Sono davvero felice di vederti, Ariel, ma voglio essere totalmente onesto con te», inizia a dire. Sento l'ansia aumentare dentro di me. «Il tuo ragazzo non mi piace, non mi piacerà mai e non provare a farmelo piacere. E dato che non piace quasi a nessuno, trovo strano che ad una ragazza così intelligente come te piaccia una tale spazzatura», solleva un sopracciglio, come se stesse cercando di capire qualcosa. Abbasso di colpo lo sguardo perché non riesco a sostenere il suo.
«Ecco, esattamente», bofonchia mentre si alza per preparare la colazione. «Spero ti manchino i miei waffle, sorellina», mi guarda sbieco e sorrido timidamente, rammentando i bei momenti tra me e lui quando eravamo ancora felici a casa.
«Sempre», rispondo.
Segue un silenzio quasi imbarazzante. Nonostante sia mio fratello, non lo vedo da un po', e vederlo qui, con me, adesso è strano. Un po' mi sembra di tornare con la mente al passato, mi sembra di rivivere ancora dei momenti che mi hanno resa felice. La nostra complicità era la cosa più bella del nostro rapporto.
Quando la colazione è pronta, mi mette davanti un bicchiere di succo di frutta e un piatto con due waffle, con la Nutella di sopra, una spolverata di cocco, granella di nocciola e panna.
Forse, e dico forse, sarebbero un po' troppi zuccheri, ma non importa. È la nostra colazione speciale, quella che lui preparava soltanto il sabato mattina.
«Aspetta, aspetta!», fa una giravolta e mette un altro piatto davanti, con sopra un toast al bacon, lattuga e pomodoro.
Mi metto a ridere e lo guardo con aria malinconica.
«Buon appetito», dice lui raggiante, iniziando a consumare la colazione.
Mi alzo e vado da lui, abbracciandolo da dietro forte e dandogli un bacio sulla tempia. «Mi sei mancato tantissimo, Jace».
Lui solleva lo sguardo e mi sorride tristemente, ma nei suoi occhi leggo tutte le parole che avrebbe voluto dirmi in passato e che vorrebbe dirmi tuttora, ma non lo fa.
Ricambia velocemente l'abbraccio e torno a sedermi e a mangiare ciò che lui ha cucinato.
Mentre sto quasi per finire, sentiamo la serratura della porta e Jace ghigna, portandosi la tazza di caffè alle labbra per nascondere la soddisfazione di sapere Jamie di nuovo a casa. Probabilmente non vede l'ora di rendergli le giornate infernali.
«'Giorno», dice Jamie con voce roca entrando in cucina.
Mio fratello lo segue con lo sguardo e lo ignora bellamente. Nessuno dei due abbiamo risposto, quindi Jamie si schiarisce la gola per richiamare la nostra attenzione.
«Hai mai pensato che non siamo sordi, ma semplicemente siamo totalmente disinteressati alla tua presenza qui?», prende parola Jace, mettendo su il sorriso più subdolo del mondo.
«Ci tengo a ricordarti che la tua presenza non è per niente gradita in questa casa», ribatte Jamie acrimonioso.
«Non è gradita da te, lo so. Per mia sorella invece non è così», afferma Jace con aria trionfante.
Jamie mugugna qualcosa a bassa a voce e poi si siede accanto a me. «Dov'è la mia colazione?», chiede con aria scontrosa.
«Da Starbucks. Dove suppongo tu sia abituato a mangiare», lo prende in giro Jace, ridacchiando.
Jamie stringe i pugni e sorride sadicamente mentre tenta in tutti i modi di mantenere la calma.
«Ariel?», si gira verso di me.
«È stato lui a preparare la colazione», spiego, provando a mantenere sotto controllo le mie emozioni. Non voglio iniziare a tremare davanti a mio fratello.
«Sì, va bene, ma tuo fratello sa che non devi abbuffarti con questa merda? Spero non diventi un'abitudine», guarda con disgusto il mio piatto.
«Senti qui, figlio di puttana», inizia Jace, alzandosi e piegandosi verso Jamie da sopra il bancone. «Mia sorella non è la tua fottuta serva e non è nemmeno di tua proprietà. Bada a come parli, altrimenti batto quella testa vuota che ti ritrovi contro il bancone finché non te la fracasso. E non osare dire a mia sorella cosa deve mangiare e quanto deve mangiare. Ci siamo capiti?», lo minaccia poi alla fine sorride.
Jamie lo guarda a lungo, poi incrocia le braccia al petto e dice, mostrandosi incurante: «Prima o poi ti leverai dalle palle, lo sai? Una relazione è fatta per due. Tu non dovresti essere qui. Tua sorella mi ama», nel momento in cui lo dice il succo mi fa di traverso e inizio a tossire.
«Ti ama così tanto che preferirebbe strozzarsi da sola a quanto pare», scherza su Jace.
«Va bene, basta voi due», mi intrometto, pulendomi gli angoli della bocca, poi mi alzo e metto le stoviglie nel lavandino. «Siete infantili», esclamo.
Jamie stringe i denti così forte che ho paura gli saltino via dalla bocca. Un'immagine orribile che devo assolutamente levarmi dalla testa.
Jace si passa una mano tra i capelli e si mette uno stuzzicadenti tra le labbra, guardando con aria divertita Jamie.
«Smettila di guardarmi con quella faccia da drogato», dice Jamie, mordace.
«No», risponde Jace.
«Ci rinuncio», mormoro. Dopo aver lavato i piatti, ignoro entrambi e vado verso la mia stanza.
Qualcuno tocca la mia spalla e per poco non salto in aria.
«Jamie? Ti serve qualcosa?», gli chiedo, spaventata.
«Sì, che butti fuori di casa tuo fratello prima che lo faccia io», sorride malefico.
«E io ti sfido a farlo», dice in tono cantilenante Jace.
Sono a tanto così dal battere la testa contro la porta. Oppure scelgo l'opzione suggerita da Jace e mi strozzo da sola piuttosto che stare qui a sentirli litigare sempre.
«Allora spero che tu ti diverta a sentire le urla di tua sorella mentre me la sbatto, coglione», Jamie se la ride sotto i baffi poi fa per spingermi dentro la stanza, ma Jace per poco non gli si lancia addosso come un giocatore di rugby. Lo afferra per la collottola e lo sbatte contro il muro.
«Tu non me la racconti giusta, stronzo. E conosco bene mia sorella. Se scopro qualcosa che non dovrei per niente al mondo sapere, sei finito», ringhia incenerendolo con lo sguardo.
Jamie deglutisce e diventa di colpo serio, ma poi si ricompone e spinge via Jace. «Fottiti, bastardo».
Dopo essermi preparata per andare al college, saluto mio fratello, ma a quanto pare è uscito chissà dove, prima di me.
Sto per uscire fuori, ma vengo girata con la forza e sbattuta contro la porta dell'ingresso.
«Ascoltami bene, Ariel», dice Jamie, stringendo la mia gola. «Se non butti tuo fratello fuori, mi assicurerò di buttarlo fuori io stesso. E tu non vuoi che tuo fratello finisca nei guai, non è così? È appena uscito di prigione, sai che tristezza se venisse sbattuto dentro ancora...», mi accarezza lo zigomo con delicatezza. «E sai che posso fare in modo che lui finisca nei guai», sussurra al mio orecchio, poi mi lascia e va via.
Riprendo a respirare soltanto quando rimango da sola, tremolante, contro la porta. Stringo forte la cinghia dello zaino e poi mi faccio forza ed esco fuori. Inforco la mia bici e inizio a pedalare verso il college.
***
«Più veloci, signorine!», grida l'istruttore di nuoto.
Sono priva di forze e ho la testa altrove, tant'è che sento soltanto la metà delle cose che dice l'istruttore e in gran parte sono lamentele.
«Va bene, basta così! Oggi siete veramente scarse, soprattutto tu, McAvoy! Si può sapere cosa diavolo ti sta succedendo?»
Non riesco nemmeno a rispondere, perché sento tutti gli occhi puntati su di me e mi sento avvolta dalla vergogna. Per non parlare del fatto che la cheerleader continua a guardarmi male. A quanto pare pensa ancora che io me la sia fatta con Jay.
Esco dall'acqua e mi sdraio a pancia in su e fisso il soffitto.
«Ti conviene andare a cambiarti», suggerisce Aurora, guardandomi dall'alto.
«Lo farò», dico distrattamente.
«E cosa aspetti? Non puoi stare qui a fissare il nulla con soltanto il costume addosso», mi rimbrotta come se fosse mia madre.
Mi alzo svogliatamente e inizio a camminare verso lo spogliatoio.
Mi faccio una doccia calda e indosso i miei vestiti, sprofondando nel loro calore.
Vado via, con le mani nelle tasche della felpa e il cappuccio in testa. Cammino tranquillamente verso la caffetteria, mi siedo e prendo il solito caffè doppio.
Intravedo ad un altro tavolino Aurora, che continua a sbirciare verso di me, con curiosità. Ho l'impressione che voglia dirmi qualcosa ma non ha il coraggio. O magari sono io che mi faccio troppe paranoie.
Scuoto la testa, finisco il mio caffè e mi alzo per andare via, ma non appena esco fuori mi appoggio subito alla balaustra per non perdere l'equilibrio.
Le orecchie iniziano a fischiarmi, la vista inizia ad appannarsi, non mi sento più le gambe.
«Ehi, tutto a posto?», sento la voce di Aurora alle mie spalle. Le mani iniziano a tremarmi incontrollabili e il caffè mi sta risalendo su.
«Ariel?», continua a gridare Aurora. «Dannazione, rimani con me, ora chiamo qualcuno», ma qualche secondo dopo non vedo più niente e tutte le mie energie mi abbandonano del tutto.
Quando riapro gli occhi mi trovo nell'infermeria del college. Accanto a me ci sono Jay e Jasmine, che mi guardano con aria stordita.
«Ehilà», dico, muovendo piano una mano.
«Hai fatto prendere un colpo a tutti», dice Jay, guardandomi male.
Entra l'infermiera e mi sorride non appena vede che sono sveglia.
«Ti senti meglio, adesso?», chiede con premura. Annuisco e viene verso di me.
«Puoi dirmi cos'è successo prima che ti sentissi male?», domanda e i miei amici si fanno da parte.
«Ho bevuto un caffè doppio», dico, accigliandomi.
«Lo bevi regolarmente? Quanto ne bevi al giorno?», scrive qualcosa su un taccuino e io chiudo gli occhi, perché so cosa mi aspetta.
«Ti è venuta la tachicardia? La tua amica ha detto che stavi tremando», mi informa.
«Penso di sì», mormoro, distogliendo lo sguardo.
«Pensi?»
«Va bene, si», sospiro.
«Non sembri sconvolta», dice l'infermiera, alzando un sopracciglio.
Silenzio.
«Quanta caffeina assumi al giorno?»
«Senta, mi sento bene adesso», faccio per alzarmi.
«Ariel, io penso che tu debba farti controllare. Non hai un bell'aspetto, tesoro. Sei pallida, hai delle borse spaventose. Quante ore dormi giornalmente?», continua con il suo interrogatorio.
«Ho detto che sto bene», sto iniziando a perdere la pazienza.
«Mi sento in dovere di avvisarti che, assumere una dose di caffeina superiore a quella che dovrebbe essere normale potrebbe comportare dei problemi di salute, tra cui tachicardia, aritmie, insonnia-», inizia a farmi l'elenco e mi alzo di colpo dal lettino e la guardo male.
«So prendermi cura di me», dico, deglutendo.
«Ariel, penso che tu debba seguire il suo consiglio, sai-», si intromette Jay.
«Cazzo, sto bene!», grido, come se avessi trattenuto l'aria nei polmoni per troppo tempo.
Prendo le mie cose e vado verso la porta.
«McAvoy, devi-», mi grida l'infermiera dietro, ma io sbatto la porta e vado via.
Dio, sto impazzendo.
Esco fuori in tutta fretta, spintonando alcuni ragazzi nel corridoio per farmi spazio, e corro fuori a prendere una boccata d'aria fresca.
Mi guardo intorno e vedo soltanto volti anonimi. Mi sento come se tutti i loro occhi fossero puntati su di me, ma so che non è così. Mi allontano sempre di più, fino a raggiungere il cancello. Sembro ubriaca.
Non dovrei, ma lo faccio. Salgo sulla mia bici e mi allontano velocemente dal college.
***
Sono stata tutto il giorno in giro. È notte fonda e io sono ancora in sella alla mia bici, a lasciare che i miei pensieri si disperdano per la città.
Sto morendo di freddo e ho le mani talmente rosse che mi brucia la pelle. Ho dimenticato i guanti.
Vedo l'insegna di Starbucks, ma decido di proseguire, perché se mi fermassi so che prenderei il solito.
Con le cuffiette nelle orecchie, ascolto Falling skies di Yungblud e penso a ciò che sta succedendo nella mia vita. Mi fermo a prendere due bagel dog e poi mi siedo su una panchina, a mangiare e ad ascoltare musica.
Guardo il bagel e provo una stretta allo stomaco.
«Ragazzi, ho portato i bagel dog, scendete!», grida mia madre. Io e mio fratello usciamo nello stesso momento dalla stanza e ci affacciamo nel corridoio.
«Due sono miei!», grida Jace, iniziando a correre giù per le scale.
«Lo dirò a papà, se li mangi tutti!», piagnucolo, rincorrendolo.
Mia madre posa i bagel dog ancora caldi sul tavolo e io Jace ne prendiamo uno a testa. Tutto fila liscio, finché mio fratello non ne prende altri due e scappa nella sua stanza.
«Mamma, hai visto cosa ha fatto? Me li ha rubati ancora», grido, imbronciata. Papà spunta dalla sua stanza, mezzo assonnato e guarda la mamma.
«Teresa, quante volte ti ho detto di non portare più questa merda a casa? La bambina, guardala com'è! Vuoi che diventi obesa? Rideranno di lei a scuola», iniziano a litigare e poso metà bagel sul tavolo e non lo tocco più.
«Sono settimane che non li mangiano. Uno non le farà male-», ma la frase di mia madre viene interrotta dal suo grido non appena papà le dà uno strattone e la spinge verso l'ingresso.
«Papà», dico, guardando la scena davanti a me.
«Vai nella tua stanza, Ariel», ordina. Ma mentre mi allontano, rimango nascosta sulle scale e sbircio verso di loro. Nel momento in cui iniziano a litigare sempre di più e lo vedo alzare le mani, corro nella stanza di mio fratello.
«Stanno litigando di nuovo, vero?», mi fa cenno di sedermi sul suo letto e mi abbraccia. «Tieni, prendi il mio bagel. Sappi che non sei grassa».
Torno alla realtà e di colpo vomito tutto, sentendomi lo stomaco sottosopra. Prendo l'altro bagel intatto e lo do ad un senzatetto, poi mentre mi giro per tornare sulla panchina sento una macchina suonare alle mie spalle.
Mi giro e vedo Aaron fermare l'auto e la sua testa sbuca fuori, gridando: «Ehi, tu! Che ci fai in giro a quest'ora?»
«Giro», rispondo facendo spallucce. Lui scende dalla macchina e viene a sedersi sulla panchina con me. Guarda il vomito ai miei piedi e fa una smorfia.
«Ti senti bene?», mi chiede dolcemente. «Jasmine ha detto a Seth che oggi ti sei sentita male. Deduco che non ti sia passato».
«No, fisicamente sto bene», bisbiglio.
«Non sembra», insiste.
«Senti, hai ragione. Non mi sento molto bene e sono stressata. Mi sento stanca e triste. Molto triste. E ho davvero bisogno di dormire perché non ne posso più, ma non ci riesco perché ho paura e-», scoppio a piangere.
«Ehi, va tutto bene», mi abbraccia forte. «Puoi sfogarti con me, sirenetta».
Mi stacco da lui e guardo un punto indefinito davanti a me. «Forse ho qualcosa che non va», ammetto.
«In che senso?», domanda lui, preoccupato.
«Secondo te sono davvero pazza?», gli chiedo mentre continuo a piangere.
Mi guarda a lungo senza capire ciò che intendo e mi riabbraccia senza rispondere. Rimaniamo abbracciati per un bel po', poi dice: «Non so chi ti ha ridotta così, ma sono abbastanza sicuro che ce la farai».
«Qui dentro», indico la mia testa, «c'è il caos».
«A volte anche nel caso si può trovare la via che porta alla tranquillità. Devi soltanto cercare un po', farti coraggio e superare tutto il casino, ma alla fine riuscirai a trovarla, vedrai».
«A meno che io non decida di convivere con il caos dentro di me», sorrido, asciugandomi le lacrime.
«Ma non lo farai, Ariel. Su, vieni», mi dà un bacio sulla testa e mi fa alzare.
«Tu che ci fai in giro a quest'ora?», gli chiedo.
«Serata a casa di Kylie. Mi hanno mandato a comprare da bere, ma poi ho visto te», sorride.
Abbasso lo sguardo, un po' dispiaciuta, finché non aggiunge: «Comunque, voglio farti vedere una cosa. L'ho fatto pensando a te. Te l'avrei fatto vedere in questi giorni, ma ora mi sembra il momento perfetto», prende la mia bici e la mette nel portabagagli assicurandosi che non cada e poi mi fa cenno di salire in macchina.
Non so cosa voglia farmi vedere, ma sono curiosa.
Quando arriviamo a casa sua, mi apre la porta e mi fa cenno di seguirlo nella sua stanza. Non accende la luce, ma rimaniamo fermi sulla soglia della porta a fissare il soffitto.
«Ti piacciono? Hai detto che ami le stelle, so che le hai anche a casa tua, ma semmai volessi venire a dormire ancora da me, potrai sentirti più al sicuro anche qui», ride, stringendomi le spalle.
Mi giro verso di lui, gli prendo il viso tra le mani e lo bacio forte e a lungo.
«Grazie, Aaron. Lo apprezzo davvero tanto».
«Sono felice che ti piaccia», accende la luce e mi fa entrare. Sorrido non appena vedo il mio dipinto appeso al muro.
«Non ti scordar di me», sussurra lui, guardando i fiorellini del dipinto. «A volte ci penso prima di andare a dormire e mi sento strano, sai? È come se volessi comunicarmi qualcosa, ma non so cosa. Mi piacerebbe un sacco, però, scoprire cosa ti passa per la testa. Dicono che gli artisti siano tutti un po' folli», ride, accarezzandomi la guancia.
«Aaron, io non sono una brava ragazza», confesso, deglutendo.
«In che senso?», domanda lui, aggrottando le sopracciglia.
«Non sono chi tu pensi che io sia. Non sono una che cerca di apparire come un'artista incompresa, anche se lo sono. Io non voglio che tu stia male per colpa mia», lo guardo negli occhi.
«Nessuno è davvero buono, Ariel. Tutti abbiamo un cattivo dentro di noi che facciamo uscire nel momento del bisogno. Ma tu sei fantastica così, credimi», mi bacia la punta del naso, facendomi sorridere. Vorrei che fosse davvero come dice lui.
«Dormi con me? C'è un bellissimo cielo stellato che ci sta aspettando», ride, i suoi bellissimi occhi azzurri brillano di felicità.
E lui è davvero un ragazzo meraviglioso. Non potrei dire la stessa cosa di me. Abbasso lo sguardo sulle mie mani, ma prima che io possa immaginarle come lo sono state qualche anno fa, Aaron me le afferra entrambe e mi attira verso di lui, dandomi un bacio sulla fronte.
«Quindi, per quanto tempo devo portare l'etichetta di "amico" addosso?», chiede al mio orecchio.
«Non per molto», dico, appoggiando la guancia sul suo petto. Rimaniamo in mezzo alla stanza abbracciati, mentre i miei occhi guardano fuori dalla finestra. Il cuore mi batte forte, ma le braccia di Aaron mi calmano. «Sei tu la via in mezzo al caos che porta alla tranquillità», dico, poi chiudo gli occhi e lui mi stringe ancora più forte.
Eccomi, finalmente ho aggiornato 👀 in questo capitolo si capisce una cosa molto importante. Non è una storia piena di mistero, non ci sono indovinelli eh ahahah però sì, c'è qualcosa che tra non molto verrà rivelato.
Avete qualche idea di cosa sia successo? Sono sicura che qualcuno lo azzeccherà:)
Comunque scusate l'attesa, ma durante le vacanze una persona a me cara è scesa da me e abbiamo trascorso le vacanze insieme, e poi ho dovuto rileggere per l'ultima volta la bozza di Il mio vicino è uno stronzo e mi ha portato via del tempo
Bạn đang đọc truyện trên: AzTruyen.Top