19. "Non ti rendi conto che sei tu stessa arte"

🌜Non aver paura di sognare 🌛

“I do what it takes to make this right
But we got to stop before the regret
After the war is won”
-Landon Austin

Giaccio sul letto con gli occhi che bruciano per lo scarso riposo e l'odore di frittura di pesce che ormai si è diffuso in tutta la stanza.

Guardo il soffitto e desidero soltanto restare a riposo per il resto della giornata, ma non è possibile. Devo alzarmi e farmi la doccia, fare colazione e prepararmi per andare al college.

Al lavoro è sempre la stessa storia, stessa monotonia, tranne le volte in cui il ristorante è più affollato e io non mi sento più le gambe.

Ho deciso io stessa di impegnare le mie giornate in diverse attività per restare sveglia, eppure sento di aver quasi sfiorato il limite ed è come se non riuscissi ad andare oltre. Ogni scelta che prendo, sembra mi guidi dritto verso il dirupo.
Sono stanca, ma non riesco a dormire. E sono triste; ho i sensi di colpa. Io convivo con essi da un po', ma so che questa volta avrei potuto evitare tutto questo. Ma lui mi faceva stare bene... E con lui potevo chiudere gli occhi senza avere paura.

E adesso mi ritrovo qui a pensare e sorridere da sola, incoraggiando me stessa nonostante sia pienamente consapevole del fatto che sono tornata al punto di partenza.

È come se la realtà mi avesse riportata con i piedi per terra, dopo avermi tirato un calcio nel sedere e aver gridato “Ti sei divertita, ti sei riposata, ora però la tua vera vita è questa".

E parlando di sederi, il mio mi fa ancora male. Penso mi sia venuto anche un livido. Ecco cosa succede quando vuoi scappare dalle responsabilità.

Sospiro e mi alzo dal letto, iniziando a spogliarmi lentamente. Spero soltanto che la doccia mi aiuti a stare meglio.

Dopo essermi preparata, metto in ordine la mia stanza e osservo il kit di pittura che mi ha regalato Jamie. Forse oggi dipingerò qualcosa.

Vado in cucina, con lo stomaco che brontola dalle cinque del mattino incessantemente. Tosto delle fette di pane e spalmo sopra di esse del burro di arachidi e poi mi faccio un altro toast con una foglia di lattuga e formaggio.

Mi riempio la tazza grande con del caffè e poco prima che io me la porti alle labbra, sento qualcuno sfiorarmi la spalla, cogliendomi di sorpresa.

«Buongiorno, piccola», sussurra Jamie al mio orecchio, dandomi un bacio sul collo. «Mmh, ti sei fatta la doccia, profumi di freschezza.»

Trattengo la voglia di sollevare gli occhi al cielo e mormoro un timido: «Buongiorno», però poi il panico prende il sopravvento, perché mi sono appena ricordata di non aver preparato la colazione anche per lui.

«Scusa», mi affretto a dire, alzandomi in fretta per rimediare al danno.

«Che ti prende?», chiede lui.

«Ho dimenticato la tua colazione», confesso.

Lui sorride dolcemente e mi fa cenno di avvicinarmi a lui. «Non preoccuparti, bevo soltanto del caffè e durante il tragitto mi fermerò a prendere qualcosa da mangiare», mi fa sapere. Mi sono tolta un peso dallo stomaco; ero quasi sul punto di rimettere.
Mi risiedo e continuo a consumare la mia colazione in un silenzio religioso.

«Hai dormito bene?», domanda, guardandomi con la fronte corrugata.

«Sì, tu?»

«Io sì, ma tu sembri stanca», constata, riducendo gli occhi a due fessure e indagando imperterritamente.
«Il lavoro è stancante», rispondo con un'alzata di spalle. E vorrei aggiungere anche "Tu lo sapresti, se soltanto lavorassi come me".

«Sì, immagino di sì. Dovresti rilassarti un po'», si alza e si mette dietro di me, poggiando dolcemente  le mani sulle mie spalle.

«Jamie, io-», non finisco la frase perché le sue mani stanno facendo dei stramaledetti miracoli alle mie spalle; sembrano magiche. Chiudo gli occhi e mi godo la sensazione paradisiaca che mi sta facendo provare in questo momento.

«Cavolo, avrei dovuto farlo prima. L'espressione che hai sul viso me lo fa venire duro», e la magia si spezza in un nanosecondo e io torno alla realtà, di nuovo. È da un po' che non vado a letto con lui e spero che non mi costringa a farlo adesso, perché non ce la farei.

Inizia a lasciarmi una scia di baci lungo il collo e provo a rilassarmi davvero senza che mi piombino davanti agli occhi delle scene che vorrei assolutamente cancellare dalla mia mente.

La sua mano scende verso il mio seno e poi risale piano verso il collo, finché non mi ritrovo la sua mano a circondarmi la gola e inizio a tremare.

«Non mi toccare!», grido, balzando giù dallo sgabello e allontanandomi da lui in fretta e furia. Il suo sguardo è puntato su di me; sembra preoccupato davvero e anche sconvolto.

«Ma che hai? Non intendevo farti del male», dice in tono sincero. Io non riesco a calmarmi.

«Ariel... Piccola, dico davvero», si avvicina cautamente, allungando una mano verso di me.

Le sue dita sfiorano il mio braccio e poi me lo ritrovo davanti e subito dopo mi sta stringendo in un abbraccio. «Andrà tutto bene», sussurra.

«Tu mi prendi in giro», dico, divincolandomi nervosamente. «Tu stai aspettando il momento giusto per farmela pagare.»

«No, Ariel. Sono cambiato, ci sto provando. Ti amo», mi bacia i capelli, ma non riesco ad accettare davvero le sue carezze e le sue parole quasi tenere.

«Non ti credo», dico.

«Te lo dimostrerò. Non alzerò più le mani e non griderò più. Non sei tu il problema», mi solleva il mento con due dita e mi guarda negli occhi, come se volesse che la sua sincerità mi arrivasse bene alle orecchie.

Un paio di minuti dopo, mi ritrovo fuori, davanti alla mia bici, con una tristezza addosso, che non potrei scrollare via nemmeno se volessi.

«La mia bici ha una ruota sgonfia», dico con voce flebile.

«Oh, cazzo, tesoro...», Jamie mi cinge le spalle con un braccio. «Le darò un'occhiata pomeriggio, ti accompagno io, dài, fa pure freddo», mi guida verso la sua macchina, ma a me sembra strano che mi ritrovi a rinunciare così alla mia bici. Eppure non ricordo di aver bucato. Cavolo, dovrei stare più attenta.

«Ehi, non essere triste, vedrai che l'aggiusteremo», mi tocca la punta del naso in modo giocoso e metto su un sorriso ingessato. È soltanto una ruota, sì. Non ci vorrà molto a farla tornare come prima.

Durante il tragitto Jamie ha preso anche una ciambella per me e una cioccolata calda. Dice che i dolci fungono da antidepressivi e quindi starò meglio; questo è per iniziare bene la giornata, secondo lui. Avrei da ridire, comunque. La giornata non è iniziata benissimo, ma spero migliori.

Dopo aver parcheggiato la macchina, fa il galantuomo e viene addirittura ad aprirmi lo sportello, offrendosi anche a portarmi lo zaino. Mi sembra di essere intrappolata in un'illusione e non riesco a uscirne fuori.

I suoi occhi azzurri, sorridenti e velati dal mistero, mi guardano intensamente. Le sue labbra si incurvano in un sorriso e mi sento costretta a ricambiare.

Sguardi furtivi, curiosi, confusi seguono le nostre figure ad ogni passo.

Jay e Jasmine parlano animatamente, ma smettono subito non appena mi vedono arrivare insieme a Jamie. Eppure non mi fermo, ma regalo loro un breve sorriso in cenno di saluto, e poi proseguo dritto. Dubito abbiano voglia di parlarmi davvero. Si scambiano uno sguardo complice e continuano a fissarmi increduli.

Jamie sfoggia un sorriso fiero, la postura meno rigida del solito e sprizza allegria da tutti i pori. Mi passa lo zaino e poi si piega per darmi un bacio sulla fronte, sussurrando un: «Buona giornata, piccola». Le sue parole e il suo sorriso fa sospirare un gruppo di ragazze, che lo guardano con aria trasognata.

«Grazie, buona giornata anche a te», mormoro a disagio.

«Lo sarà, soprattutto se mi penserai», mi strizza l'occhio e poi corre via dai suoi amici.

Rimango imbambolata e frastornata, ma proseguo verso l'aula di storia.
Vedo Niall già al suo posto. Sì, siamo capitati insieme anche qui, anche a filosofia e letteratura. Non so se dire "purtroppo" oppure non pensarci e basta.

Alza lo sguardo dal figlio su cui stava scarabocchiando qualcosa e non appena vede che ho cambiato zaino, strizza gli occhi e lo fissa come se volesse guardare attraverso esso e vedere cosa nascondo dentro.
Alzo una mano per salutarlo e lui corruga la fronte e con voce estremamente seria dice: «Prima che tu risponda e prima che io te lo chieda così, sappi che non è da me fare una simile domanda e me ne dispiaccio nel caso dovesse urtare la tua ipersensibilità, ma come sta il tuo sedere?»

Il modo in cui aveva iniziato la frase mi ha fatto pensare "Oh no, ora mi complicherà la vita con le sue domande", e invece ora ho la bocca spalancata e il compagno accanto ci sta guardando con un'espressione piuttosto confusa.

«Grazie per l'interessamento, Niall. Il mio sedere sta meglio di ieri», gli dico con un sorriso più finto della personalità di Jamie.

«Mi fa piacere sentirtelo dire, perché dopo la botta di ieri pensavo che saresti rimasta in quella posizione per il resto dei tuoi giorni», fa una breve risata ma torna subito in sé, schiarendosi la gola.

Il compagno accanto ora adesso ha gli occhi spalancati così tanto, che sembra abbia visto un fantasma. E io sto andando a fuoco.

«Niall, ti dispiacerebbe smettere di parlare del mio sedere, adesso?»

«Chiedo venia, ma è stato divertente e molto appagante, per certi versi», arrossisco ancora di più nell'udire la sua frase.

«Oh mio Zeus!», esclama il nostro compagno, coprendosi subito dopo la bocca.

«Cercherò di non cadere più col culo a terra», sbotto, alzando la voce in modo che quel tizio capisca che non è successo ciò che sta pensando lui.

Niall ruota gli occhi al cielo. «Va bene, non ti scaldare».

Mi siedo al mio posto e mi prendo il viso tra le mani.

«Senti un po', che ti sei portata appresso?», domanda curioso.

«Delle cose... Oggi voglio dipingere», dico, assottigliando le labbra.

«No, oggi dobbiamo continuare il progetto», ribatte Niall.

«No, possiamo rimandare a domani», rispondo, iniziando a scaldarmi.

«Possiamo fare entrambe le cose?», chiede lui, come se volesse accontentare entrambi.

«Ok», sospiro e lui alza il pollice in su.

Alla penultima ora, quando finisco l'ora di nuoto ed esco dalla piscina, mi tolgo la cuffia e gli occhialini e rimango per un po' seduta sul bordo della piscina, guardando l'acqua. Gli altri escono subito, dirigendosi verso lo spogliatoio. Dopo poco una voce femminile grida: «Ehi, tu!», mi giro e vedo Aurora, la ragazza a cui va dietro Jay, venire verso di me, con la cuffia stretta in una mano e gli occhiali sulla fronte.

«Ehi, ciao!», rispondo, felice che lei si ricordi di me e mi rivolga la parola volontariamente.

Peccato che mi rendo conto soltanto in seguito che il suo intento non è quello di parlare civilmente con me. «Non so chi diavolo pensi di essere e non mi interessa niente del tuo voler saltare da un letto all'altro, ma ascoltami bene», mi punta l'indice contro minacciosamente. «Non puoi mettere in giro quelle voci, hai capito? Sei penosa, Ariel. Pensavo fossi diversa, e invece sei soltanto una piccola puttanella. Spero che tu ti sia divertita a scoparti anche Jay», mi dà una spinta, facendomi cadere nell'acqua e non dandomi nemmeno il tempo di elaborare le sue parole e di difendermi. Rimango ferma, con lo sguardo puntato sulla sua figura mentre si allontana, e i pensieri confusi.

Poi abbasso lo sguardo sull'acqua e vedo una goccia schiantarsi contro di essa e mi affretto ad asciugarmi le lacrime. Sto cercando di capire cosa sia appena successo, ma non capisco niente. Non capisco cosa abbia fatto di male, proprio a lei. E io non sono andata a letto con Jay. Mi sento in colpa come se l'avessi fatto davvero. Non sono stata io a mettere in giro voci simili.
Mortificata, vado nello spogliatoio ignorando tutti gli altri, mi lavo e mi cambio.

Evito di guardare Aurora, prendo le mie cose e mando un messaggio a Jamie, informandolo del mio incontro con Niall.

Vado verso l'uscita, pronta a raggiungere il mio posto preferito a piedi, ma sento la voce di Niall dietro di me: «Ehi, aspettami!»

«Dovevamo incontrarci dopo», gli dico con aria affranta.

«Non intendo andare a casa e tornare di nuovo, quindi sto con te», fa spallucce.

«Io devo dipingere, Niall», gli ricordo.

«E io ti guarderò mentre... farai qualche scarabocchio che spacci per dipinto. Andiamo, dov'è la tua bici?», chiede, guardandosi intorno.

«Ho una ruota bucata», gli dico, mordendomi il labbro.

«Ah», sembra colpito, come se anche lui sapesse che è strano. «Allora prendiamo la mia macchina», non aspetta nemmeno una risposta, perché si dirige già verso la sua auto e io come un'idiota lo seguo.

Dopo avergli detto dove fermarsi, vicino ad una radura, lui non ha smesso nemmeno per un secondo di guardarmi come se stessi per ucciderlo.

Scendo dall'auto e prendo le mie cose; lui mi segue in silenzio.
«Scusa, mi spieghi cosa intendi fare là, tra gli alberi e la neve?», grida alle mie spalle.

«Dipingere?», rispondo con ovvietà.

«E dove ti siedi?»

«Per terra, Mr. Perfettino», ridacchio.

«Sei impazzita? Questa volta non ti sentirai davvero il culo.»

Mi giro verso di lui e sorrido. «Sei paranoico. Puoi aspettarmi in macchina», suggerisco.

«Bell'idea», dice e lo vedo tornare indietro. Scuoto la testa e mi siedo a terra, poi tiro fuori il necessario per dipingere.

Dopo un paio di minuti sento lo scricchiolio di alcuni rametti e Niall dice: «Senti, non posso saperti col culo sulla neve, ho un'idea», comunica.

Mi giro e lo guardo obliquamente.

«Stai sopra il tetto della macchina...», ha una faccia così speranzosa, che non riesco nemmeno a ribattere, ma mi aiuta a raccogliere le cose e faccio come ha detto lui.

Sul tettuccio si siede insieme a me e mi guarda mentre mi do da fare.

«Ti stai sporcando tutte le dita», nota.

«E quindi?»

Non risponde.

«Ma posso mettere almeno un po' di musica?», chiede quasi timoroso. Annuisco, scende e va ad accendere l'autoradio e poi torna da me.

«Che... che canzone è questa?», chiedo, accigliandomi.

«Una canzone. Si chiama Kids, dei MGMT», dice.

Sorrido e con la musica di sottofondo e il suo sguardo curioso che osserva ogni mio movimento, continuo a dipingere.

Mi viene da starnutire, quindi mi porto la mano davanti al viso, e Niall grida: «Ti sei sporcata!»

«Vuoi smetterla di comportarti come se mi fossi lanciata addosso della cacca di cane?», gli chiedo esasperata.

«Sì».

Quando sono ad un buon punto, mi giro verso di lui emozionata e dico: «Che ne dici se ci spostiamo a circa un chilometro più in là?  C'è un posticino ancora più bello d'inverno, sarebbe perfetto per completare il dipinto», lui annuisce distrattamente ma guarda quello che è venuto fuori.

«Sai», inizia a dire, «sei davvero portata per questo, anche se ami sporcarti».

Gli lancio un'occhiata omicida e lui recepisce il messaggio, aiutandomi a mettere le cose a posto e a scendere dal tettuccio.

«Oddio, mi sporcherai anche la macchina», piagnucola.

«Starò ferma, basta che mi apri lo sportello», dico e lui esegue l'ordine.

Accende il motore e ci allontaniamo. Fila tutto liscio come l'olio finché non vediamo la macchina sbandare e sentiamo un "boom", seguito dalla frase di Niall: «Forse abbiamo bucato?»

«Sai cambiare una ruota?», gli chiedo, ma come risposta ricevo soltanto il suo silenzio. E ci fissiamo entrambi come due idioti.

«Cambiare la ruota con le mani significherebbe sporcarmi come un meccanico?», domanda e questa volta non mi trattengo e gli do un ceffone.

«Ahi!», si lamenta.

«Chiamiamo qualcuno», dico io.

«Chi dobbiamo chiamare in situazioni del genere?»

Mi giro e lo guardo inespressiva. «Non lo so...?»

«E io dovrei saperlo invece?», chiede sorpreso.

«Una volta che prendi la patente non dovresti sapere anche cosa fare nel caso ti trovassi con una ruota fuori uso vicino ad una radura, al freddo e da solo?»

«Tecnicamente... Ma non me lo ricordo. Ho dato per scontato probabilmente che non sarei mai finito in situazioni del genere. Chi diavolo ci viene vicino alle radure?»

«Io e te?», alzo un sopracciglio.

«Giusto», afferma.

«Chiamo un amico, un attimo», gli dico e cerco il numero di Jay. È l'unica persona che potrebbe davvero darmi una mano senza sollevare un polverone o che ci dia degli stupidi incoscienti.

«Ehi, Jay», dico non appena risponde. «Ho un'emergenza. O meglio dire, abbiamo. Io e Niall. Siamo vicini ad una radura e-»

«Ti vuole stuprare?», grida.

«No, che non mi vuole stuprare», dico scioccata.

Niall è impallidito così tanto che adesso è quasi bianco come la neve.

«Senti, non morire ora», gli dico.

«Chi è che sta morendo?», chiede Jay.

«Sai cambiare una ruota? Se sì, ti aspettiamo con tanto entusiasmo», gli spiego dove siamo.

«Una ruota?», chiede. Segue un silenzio dubbioso. «Ovviamente, arrivo», e riattacca.

«Senti, ci sono gli orsi in inverno?», chiede Niall, guardandosi intorno impaurito.

«Cos'è, i luoghi silenziosi ti rendono all'improvviso tonto?» domando.

«Lo prendo per un no?», sorride come se se la stesse facendo addosso.

Non rispondo, ma aspettiamo in silenzio. A volte canticchiamo a bassa voce, soltanto per metterlo di più a suo agio dato che è più rigido di una pietra.

Dopo circa una ventina di minuti, vediamo una macchina fermarsi dietro di noi. Felici come una pasqua scendiamo, ma il sorriso si spegne sulle labbra quando davanti a noi troviamo Aaron, più confuso di noi.

«Qualcuno deve cambiare un ruota?», chiede il più gentilmente possibile, ma vedo che è leggermente irritato. Probabilmente Jay nemmeno gli ha detto chi è stato a chiamarlo.

Aaron fa cenno a Niall di dargli una mano, mentre io mi allontano e sto per i fatti miei. Guardo i ragazzi e l'attesa diventa sempre più insopportabile. Inizio a fare avanti e indietro, pensando e lanciando palle di neve contro gli alberi.

Non so quanto tempo sia passato, ma quando Niall grida: «Habemus ruota!», felice come un bambino, li raggiungo e Niall continua a dire: «Intendi ancora finire quel tuo dipinto? Secondo me è bello anche così, possiamo passare al nostro progetto?», faccio per aprire bocca, ma si gira verso Aaron. «Puoi farci di nuovo da cavia?»

Il povero Aaron non capisce nulla, ma si è ritrovato in questa situazione completamente a caso.

«No, io devo finire il dipinto prima», m'impunto.

«Ok», rispondono entrambi e in seguito si guardano confusi. E ci credo, nemmeno io ci capisco più niente.

Niall mi dà un passaggio e Aaron ci segue. Mi rimetto nella posizione di prima, sopra il tetto della macchina.

Niall rompe il silenzio: «Vuoi che ti parli di filosofia?», chiede ad Aaron. Ma quando mi giro verso di loro, ridendo, trovo il suo sguardo puntato su di me; sembra ammaliato.

Metto il pennello dietro l'orecchio, e con le dita sporche prendo il dipinto e lo giro verso di loro, dicendo: «Sta venendo bene, no?»

«Wow, bellissimo», esulta Niall. «Vero, amico?»

«Sì, è bellissima», dice lui, guardandomi intensamente. «Cioè, bellissimo. Il disegno. È bellissimo», si corregge, ma io mi sento già arrossire.

«No, anche lei è bella conciata così», ride Niall. «Cioè questa roba non fa assolutamente per me, ma penso che ad un altro farebbe impazzire vederla così, con i capelli spettinati e qualche ciocca sporca, con le guance macchiate di verde e una con strisce marrone, ed è... Buffa, non pensi?», Niall si gira verso Aaron, ma appena nota la sua espressione fa una faccia strana e poi dice: «Ah, ma sei tu, quello».

Aaron torna con i piedi per terra e dice mordace: «La smetti di sparare stronzate? E parlami di filosofia, per una buona volta».

Cerco di non sorridere, ma non ce la faccio.

«Nutro una sorta di amore per Lucrezio e alcuni dei suoi pensieri, che mi hanno colpito parecchio. Penso che facciano riflettere l'uomo abbastanza, ma spesso egli denota così tanta ignoranza che non si sofferma nemmeno per un secondo a riflettere sulla vita», gli dice Niall.

«Mmh-mh», mormora Aaron con finto interesse.

«Concordo», dico, senza smettere di dipingere. Sento il suo sguardo puntato su di me. «Ce l'ha con la religione, lui. E per certi versi ha ragione. L'uomo si lascia quasi condizionare da essa, la interpreta in modo sbagliato, finché ciò che dovrebbe essere una salvezza, diventa una distruzione per l'uomo stesso».

«Ci invita, a modo suo, di non preoccuparci così tanto della nostra fine e della paura che essa semina dentro di noi, ma di concentrarci sulla vita e sul tempo che ci rimane da vivere», aggiunge Niall.

Aaron sembra catturato, pronto a dire qualcosa, ma decide di ascoltare e basta.

«E pure da sveglio dormi e non smetti di vedere sogni, e hai l'animo tormentato da vane angosce, né riesci a scoprire qual sia cosí spesso il tuo male...», pronuncio le sue parole con passione, pensando alla mia situazione attuale, ai sogni e al sonno tormentato.

«...mentre ebbro e infelice ti incalzano da ogni parte gli affanni e vaghi oscillando nell'incerto errare della mente», conclude Niall.

«Come diavolo...», borbotta Aaron. «Come fate a ricordarvi questa roba?»

«Passione e studio?», suggerisco.

«Giusto», bofonchia.

«Ah, fammi indovinare, tu sei uno che studia roba tipo... giurisprudenza?», tenta di indovinare Niall.

«Si nota così tanto?», chiede Aaron.

«Ho un certo fiuto per questa gente», afferma Niall, alzando alza le spalle.

«Io dovrei andare, adesso. Jay e Jasmine mi aspettano», ci fa sapere Aaron.

«E io devo andare pure. Puoi dare un passaggio a questa qui, che si finge un'artista incompresa?», dice scherzando Niall.

Aaron sembra restio, ma sa che non posso restare da sola qui, a piedi. Sospira profondamente e mormora a bassa voce: «Va bene, andiamo».

«Ciao, è stato un piacere! Ci vediamo domani per il nostro progetto», mi dice Niall, facendomi l'occhiolino. Cosa...

Vado verso la macchina di Aaron e non so come entrare senza sporcare tutto quanto.
Lui mi vede in difficoltà e dall'interno mi apre lo sportello.

«Sali o intendi restare qui?»

«Sono un po' sporca...», gli faccio vedere le mani e come sono conciata.

«Lo so», dice. «Ma Niall aveva ragione», deglutisce.

«Su cosa?»

«Allora, sali o no?», chiede con poca gentilezza questa volta. Salgo e stringo il dipinto tra le braccia.

«È bellissimo davvero», si morde il labbro. «Ma perché i fiorellini azzurri? Non ce ne sono, qui», il fatto che abbia notato un dettaglio così, mi fa sorridere tantissimo.

«Il fiore si chiama Nontiscordardime», dico. «I tuoi occhi sono quasi della stessa tonalità», mi lascio sfuggire, lui per poco non sbanda. Mi lancia un'occhiata sorpresa e poi riporta l'attenzione sulla strada.

«È... Interessante. E ha anche un nome, be', curioso, questo fiore...», ci manca poco che si metta a balbettare.

«Sì», sorrido. «La leggenda narra che due giovani innamorati passeggiavano lungo il Danubio, lui cadde nel fiume mentre raccoglieva i fiori e gridò alla sua amata "Non ti scordar di me"», gli spiego. Ha un sorriso genuino sul volto. Sembra davvero felice che gliel'abbia detto.
Vedo il modo in cui guarda il mio disegno, e non posso dirgli a voce alta "Ti ho pensato, sai, mentre dipingevo. Vedevo i tuoi occhi dappertutto", quindi gli dico: «Se vuoi...puoi tenerlo tu. È anche un modo per sdebitarmi».

«Certo», risponde subito. «Cioè, è un originale modo per sdebitarsi», sorride imbarazzato.

Dentro di me sorrido come una bambina, perché sono contenta che abbia qualcosa di mio, magari lo appenderà nella sua stanza mentre lo osserverà prima di andare a dormire.
O forse sto correndo troppo...

«Quanto parlo con te mi sembra di perdermi tra i corridoi di un museo senza trovare la via; come un labirinto intriso d'arte. Sei... Tu sei», non trova le parole adatte, ma dopo un po' aggiunge: «Certe volte quando spieghi le cose, quando fai arte, non ti rendi conto che sei tu stessa arte.»

E ora mi sarei lanciata su di lui e l'avrei abbracciato, perché è la cosa più bella che mi abbiano mai detto. Forse non sa quanto questo significhi per me, quindi trattengo l'emozione e mando giù il groppo che ho in gola.

«Grazie», dico quasi con voce strozzata.

Quando ferma la macchina, non osa girarsi verso di me, ma lo sento mormorare: «Perché lui, sirenetta?»

«Come?», faccio finta di non aver sentito.

«Niente, siamo arrivati. I ragazzi mi aspettano da Starbucks. Jay ha detto di portare anche te», scende e sono costretta a fare la stessa cosa.

«Guarda come sono conciata, Aaron...», faccio pena, in effetti.

«E da quando gli artisti si vergognano della loro passione?», chiede, evitando il mio sguardo.

«Ho un aspetto terribile. La gente giudica», gli ricordo da che genere di persone siamo circondati.

«Se passi la vita a pensare a chi ti giudicherà, non sarai mai felice. Smettila di voler essere perfetta, nemmeno l'arte lo è, dovresti saperlo», detto ciò, mi dà le spalle e si incammina verso l'entrata. Poco dopo mi metto a correre dietro di lui per raggiungerlo.

Dannazione, Aaron Reynolds. Se io sono un labirinto pieno d'arte per te, tu non sai che c'è una parte dedicata soltanto a te nella mia mente.

Ecco il nuovo capitolo, bello lungo :) mi sono impegnata, volevo farvi avere il secondo aggiornamento della settimana, perché si avvicinano le feste e spero lo stesso di essere dell'umore giusto per scrivere 🙈 al momento mi deprime l'idea che io passi il Natale da sola, ma spero di svagarmi in qualche modo.

Sospetti sulla bici?

Chi ha messo in giro quelle voci?

Pensate che Jamie sia cambiato davvero?

Che ne pensate della squadra Ariel-Niall? 😂😂😂

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