17. "Intrappolo il cielo negli occhi"
🌜 Non aver paura di sognare 🌛
“You promised the world and I fell for it
I put you first and you adored it
Set fires to my forest
And you let it burn”
-Selena Gomez
Mi sono sempre chiesta il motivo per cui i genitori ci mettono al mondo.
Alcune volte nasciamo soltanto perché deve essere così; i genitori devono fare un figlio, perché lo vogliono i nonni, perché lo vuole il fratello, perché lo dice la gente.
A volte, invece, siamo semplicemente il frutto di un amore vero, che si manifesta attraverso di noi, quando veniamo al mondo.
Altre volte siamo semplicemente un errore, come alcuni genitori affermano schiettamente: "Tu non eri in programma, ma eccoti qui" oppure "È successo per sbaglio, non volevo un figlio". E a quel punto penso... L'obiettivo per ogni genitore è davvero quello di vedere i propri figli felici o vedono loro come delle semplici bambole da creare a loro piacimento?
Da quando la professoressa McKinley ha tirato fuori ancora il tema della felicità, dicendo che veniamo al mondo per cercare di essere felici, non faccio altro che pensare alle persone che vengono al mondo e non riescono nemmeno a sorridere una volta cresciute. Ci sono attimi di felicità che quando ci vengono dati sembra che il tempo passi velocemente davanti ai nostri occhi. Sorridiamo, ringraziamo, ci rallegriamo e poi... Poi sparisce tutto; si spegne. Il mondo torna a fare rumore. I tuoi pensieri negativi si accendono nuovamente nella tua testa. La speranza si dissolve lentamente. Le persone intorno a te schiacciano quel briciolo di felicità che ti sei guadagnata. Lo calpestano con forza, ma dicono col sorriso sulle labbra "Sono così contenta per te" e "Te lo meriti".
Se penso a tutte le volte in cui da una parte mi dicevano che me lo meritavo e dall'altra parte sparlavano di me e dicevano che c'era chi lo meritava di più, penso a quanto la felicità sia irraggiungibile quando ci sono gli altri di mezzo.
Ci sarà sempre qualcuno che lo meriterà sempre più di te.
Ci sarà sempre qualcuno che sarà migliore di te.
Ci sarà sempre qualcuno più bello di te.
Ci sarà sempre qualcuno che ti invidierà, e qualcun'altro che ti amerà.
La vita è fatta così. Si può essere felici accettando il fatto che non sei superiore a nessuno e che vai bene così come sei; quando imparerai a non fare più paragoni tra te e altra gente, marcando ciò che ti manca e ignorando ciò che hai, forse sarai in pace con te stessa. È soltanto quello che sto cercando di fare io, e molte volte funziona.
«Pronto?», dice qualcuno scuotendomi per il braccio.
Mi giro verso il compagno del corso di letteratura e lo guardo. «Cosa?»
«Dobbiamo fare questo progetto insieme, quindi vengo da te o vieni tu da me per metterci d'accordo?»
Niall Watson, nientemeno che il ragazzo a cui non sto molto simpatica e che non perde mai tempo di sotterrare le mie idee e opinioni personali, facendo in modo che salga uno scalino sopra di me.
«Biblioteca?», chiedo, corrucciando la fronte.
«No, odio la gente. Casa tua o casa mia?», continua a dire. Mi sento in difficoltà. Sembra una scelta di vita o di morte.
«Ma se lo facessimo ognuno per conto proprio?», propongo, ma non appena vedo l'occhiata che mi lancia, vorrei rimangiarmi la domanda appena posta.
Niall è quel tipo di persona che sa di essere intelligente, te lo fa notare e ti fa sentire anche un esserino minuscolo inutile, che potrebbe benissimo schiacciare senza alcuna esitazione.
Quel tipo di persona da cui dovreste stare lontani, a meno che non amiate sentirvi ignoranti e stupidi e lasciarvi trattare male.
«Ti sei per caso bevuta il cervello? Dobbiamo unire i nostri pensieri, cosa non ti è chiaro? La McKinley se ne accorgerebbe in un batter d'occhio. Non sei furba per niente», il suo tono saccente mi dà sui nervi. Chi diavolo riuscirebbe a stare in sua compagnia, da soli?
«No. Ma la tua compagnia, senza offesa, è pressoché fastidiosa, irritante, spiacevole», sorrido.
«Menomale che ci hai tenuto a marcare il "Senza offesa", altrimenti adesso ti saresti messa a piangere», alza gli occhi al cielo.
«Perché mi avresti fatta fuori con il tuo linguaggio ottocentesco?», domando, alzando un sopracciglio.
«La smetti?», sbuffa.
Forse, e dico forse, si è comunque offeso.
«Scusa, non volevo essere così schietta.»
«Davvero non volevi?», chiede, guardandomi dritto in faccia.
Mentire o dire la verità?
«Va bene, volevo con tutto il cuore metterti a tacere, perché sei esageratamente arrogante. Esattamente il tipo di persona che a me non piace. Certo, magari sei bravo e io ancora non lo so, non ti voglio nemmeno giudicare anche se sembra che lo stia già facendo, ma l'immagine di te che susciti al primo impatto non è una tra le cose più belle del mondo. Non mi piace offendere le persone e-», Niall alza una mano facendomi cenno di stare zitta.
«Parli davvero tanto», borbotta.
«Solo quando sono agitata», metto in chiaro.
«E allora non esserlo. Odio le persone chiacchierone», mi scocca un'occhiata omicida. «Casa tua o casa mia?»
«Casa tua», rimango imbambolata a guardarlo senza battere ciglio.
«Perfetto, ci vediamo stasera alle otto. Se mi dici dove abiti, ti vengo a prendere.»
Continuo a guardarlo imbambolata, finché non mi si accende la lampadina.
«No, scusami, forse hai frainteso. Il progetto non è di scienze, non c'entra la riproduzione, di conseguenza niente appuntamento. Comprendi?»
Niall chiude gli occhi e fa un respiro profondo. «Dato che ti vedo sempre in giro con quella bici mezza sfasciata, e dato che siamo a novembre, fuori fa freddo e sarà di sera, ho pensato di essere gentile e venirti a prendere. Tu sei davvero strana. Sei mai stata almeno invitata ad un vero appuntamento?», chiede. Colpita e affondata. Vorrei dirgli che il mio ragazzo ha una concezione molto diversa di appuntamento, ma non importa.
«Ok, va bene», alzo le mani, evitando di fare altre figuracce e dandogli l'indirizzo.
«Bene. A stasera, McAvoy», si alza e se ne va.
Penso a mille modi per scamparla, perché se dovesse scoprirlo Jamie non so che tipo di reazione avrebbe. O forse sì.
Sono giorni che non ci rivolgiamo lo sguardo, e quindi sono stati i giorni migliori della mia vita. Forse sa di aver sbagliato, ma non ha osato dirmi nulla dopo la festa, nemmeno chiedermi dove sono stata e cosa ho fatto. E questa cosa è davvero strana e non è da lui.
Una parte di me pensa che lui si stia stancando di stare di me, e non so come sentirmi a riguardo. Forse libera?
Prendo lo zaino e vado via, ma il cellulare trilla e leggo il messaggio da parte di un numero anonimo.
“Ciao, sirenetta, sono io. Mi piacerebbe un sacco se decidessi di incontrarmi. Ho qualcosa da darti e forse ti piacerà un sacco”, dice il messaggio. Me ne arriva un altro dove mi lascia l'indirizzo.
Sorrido spontaneamente, perché penso soltanto a quello che Aaron vorrebbe darmi. Scuoto la testa, sorridendo tra me e me, e mi mordo il labbro, andando subito a prendere la mia bici.
Aaron mi ha promesso che almeno una volta a settimana mi aiuterà ad allenarmi. A quanto pare ci tiene proprio che io impari in fretta a tirare dei pugni decenti. Forse questa ricompensa è davvero importante per lui.
Dopo circa dieci minuti in bici, scendo e la prima cosa che faccio è soffiarmi il naso. Il vento gelido a quanto pare è arrivato e per me sarà sempre più difficile andare al college in bici. Non ho intenzione di chiedere a Jamie di darmi un passaggio. L'anno scorso l'ho fatto, ma lui si dimenticava spesso di portarmi con sé e ho continuato ad andare sempre in bici, testarda come un mulo, e in seguito sono rimasta a letto per una settimana con febbre a trentanove.
Per altre persone forse questa sarebbe stata una lezione di vita, ma non per me. L'unica cosa che ho fatto dopo, è stata vestirmi più pesante. Le persone mi guardano sempre un po' male quando mi vedono scendere dalla bici ogni mattina.
Cammino accanto alla bici e mi inoltro nel parco, ma non ci sono tante persone, a parte qualche coppia che passeggia e qualcun'altro che fa jogging.
Mi arriva un altro messaggio con scritto "Guarda a sinistra".
E con un movimento fulmineo mi giro verso sinistra e vedo soltanto le sue gambe fasciate da un jeans chiaro e indossa un cappotto nero lungo. Il viso è nascosto da un palloncino grande a forma di cuore.
Sorrido come un'idiota; una di quelle dei film d'amore, che sono pronte a fare i salti di gioia.
«Ehm...ciao?», dico imbarazzata.
Appena il ragazzo sposta il palloncino mi sorride e nell'altra mano scuote un orsetto bianco, dicendo: «Ciao, piccola.»
Forse è un sogno, un'illusione, una semplice allucinazione, perché questo non può essere Jamie, il mio ragazzo.
Mi stropiccio gli occhi e guardo di nuovo, ma è davvero lui. Mi sorride davvero senza alcun traccia di falsità o ipocrisia.
E in un attimo mi sembra di vedere il sorriso genuino con cui mi ha conquistato la prima volta che ci siamo visti.
«Ehi», dice, venendo verso di me. «Sono felice che tu sia venuta.»
Sono così scioccata che non so cosa dire.
«So che forse non ti importa, ma voglio chiederti scusa per come mi sono comportato con te alla festa e prima. Sono stato uno stronzo, Ariel. Ti prego, scusami», i suoi occhioni azzurri che sembrano pentiti davvero mi mettono in difficoltà. Perché dovrei fidarmi di lui? Non è la prima volta che mi regala qualcosa e poi me lo rinfaccia.
«Jamie, io...», provo a dire, ma lui si avvicina e prende le mie mani tra le sue, guardandomi in faccia. Dicono che quando le persone non hanno niente da nascondere ti guardano negli occhi. «Non pretendo che tu mi perdoni, sai? Non me lo merito, lo so. Però questo non mi impedirà di regalarti questo», allunga il palloncino verso di me. «Questo», mi dà anche l'orsetto. «E se vieni con me, le sorprese non finiranno qui.»
Non so esattamente per quale motivo mi viene da piangere, se per compassione per me stessa o perché sembra tutto così surreale che ho paura di fare la scelta sbagliata.
Ma il suo sguardo mi sta quasi supplicando e il suo sorriso sembra sincero. E ho anche paura di dire di no, perché chissà cosa penserebbe di me; sono la sua ragazza in fondo.
Prende la mia bici e camminiamo per un po', finché non mi indica una tovaglia stesa a terra e altre cose. Lascia la mia bici a terra e mi fa cenno di sedermi.
«Fa un po' freddo per fare un pic-nic, non pensi?», gli dico ridendo.
«Oh, ma non mangeremo qui. Devo darti una cosa», mi fa l'occhiolino e poi prende un pacco e lo allunga verso di me.
«Aprilo, dai», sembra più emozionato di me.
Di certo non può sbucare fuori un serpente o qualcosa di spaventoso.
Inizio a scartare il regalo e ora capisco il perché del suo entusiasmo, perché penso di avere gli occhi a cuoricino.
«Mi hai regalato un nuovo kit di pittura e il cavalletto?», è una tra le poche persone che sanno quanto io ami dipingere. E il fatto che mi abbia fatto un regalo collegato ad una mia passione, mi fa emozionare più del dovuto forse.
«Sì, ma dev'essere montato. Puoi metterlo nel salotto, vicino alla finestra oppure nella tua stanza, se non vuoi essere disturbata», suggerisce con premura.
«Grazie, Jamie», io forse non l'avrei comprato, perché se posso risparmiare soldi, lo faccio, ma non per me, bensì per le spese.
È imbarazzante il silenzio che segue, ma come ringraziamento lo abbraccio e lui ricambia.
«Non vorrei essere azzardato, ma dato che sicuramente non hai pranzato ancora, ti va se ti porto a mangiare?», domanda senza togliersi il sorriso dal viso.
Vorrei declinare l'invito, perché sicuramente avrà già speso un sacco di soldi per i regali, ma il mio stomaco sta facendo un casino.
«Deduco sia un sì?», si lecca le labbra e io faccio spallucce, trattenendo un sorriso.
«Bene, poso la bici in macchina e andiamo.»
«Ma non entra, e per farla entrare dovresti abbassare i sedili posteriori e sporcheresti la macchina», gli dico, man mano che raccogliamo il tutto e andiamo verso la sua auto.
«Non importa, è soltanto una macchina, si può lavare.»
Mi chiedo se stia tramando qualcosa o se semplicemente si sia svegliato all'improvviso.
Mentre ci allontaniamo, mi fermo e alzo lo sguardo verso l'alto, notando i primi fiocchi di neve scendere giù delicatamente e intrappolo il cielo negli occhi, per le volte in cui non potrò sollevare lo sguardo.
Jamie mette la bici e i regali dentro e mi dice di sedermi davanti.
«Ora ti porterò in un locale molto carino e accogliente.»
E soltanto ora mi viene in mente Niall. Cavolo, mi sono dimenticata di dirgli che di sera lavoro. Dovrei trovare del tempo di pomeriggio.
«Cosa c'è?», chiede Jamie, notando il mio cambio d'umore.
«Uhm... Non so come dirtelo, ma la professoressa McKinley mi ha messo in coppia con Niall Watson, dobbiamo svolgere un progetto insieme e stasera dovrebbe venire a prendermi», mi gratto la nuca. Qui arriva la parte orribile.
«Per portarti dove?», ecco, sapevo che l'avrebbe chiesto.
«A casa sua. È soltanto un progetto, lui mi sta antipatico», bofonchio.
Jamie ride e dice: «Lo so, quel ragazzo non sta simpatico a molti. Gliel'hai detto che lavori?»
«No, mi sono dimenticata e non ho nemmeno il suo numero. Dovremmo incontrarci di pomeriggio. Penso sia meglio così», sospiro e sbircio verso di lui.
«Sì, lo penso anche io. Non importa, farò in modo di avvisarlo io. Ho tanti amici, magari qualcuno ha il suo numero», allunga la mano verso di me e passa le dita tra i miei capelli.
Mette un po' di musica e proseguiamo senza dire più una parola.
Quando arriviamo al locale, ci sediamo e sfoglio subito il menù, cercando di non essere precipitosa, anche se è difficile dato che sto morendo di fame.
«Prendi quello che vuoi», mi dice.
«Vorrei la pizza, ma penso la facciano di sera», metto il broncio e cerco qualcos'altro, quando all'improvviso sento Jamie chiamare il cameriere e gli chiede se è possibile farmi la pizza adesso.
«Vedi? Problema risolto», dice, aprendo le braccia.
Continuo a pensare che questo cambio di comportamento sia esagerato e dubbioso, ma non voglio essere paranoica.
Quando le nostre ordinazioni arrivano, inizio subito a mangiare, ancora prima che lui afferri la forchetta tra le dita.
«Oh, scusa, è che sto morendo di fame», mi fermo, mortificata.
«Ariel», dice in tono severo. Sento il mio cuore iniziare a galoppare. «Ti ho portata qui a mangiare, quindi mangia. Se hai fame non devi aspettare me», addolcisce il tono di voce e io mi tranquillizzo.
«Ti ricordi la prima volta che ci siamo incontrati? Eri così dannatamente buffa». Non ha tutti i torti, dato che la prima volta che bussò alla mia porta non stava cercando me, ma mio fratello. Sono stata io ad aprire ed ero conciata in modo ridicolo, dato che ero nel pieno della mia sessione di bellezza. Avevo la maschera nera sul viso, i codini e una vestaglia rosa barbie addosso.
«Non ricordarmelo», dico, coprendomi gli occhi.
«A volte è bello ricodare», sussurra, guardandomi da sotto le ciglia. Gli sorrido e mangiamo, scambiandoci ogni tanto una battuta.
Quando finiamo, paga il conto e usciamo fuori, poi appoggia di colpo le mani sulle mie spalle e mi guarda negli occhi. «Ti vorrei baciare, adesso. Per concludere in bellezza», ridacchia. Si avvicina lentamente, ma io non mi tiro indietro. Ha già fatto abbastanza per me. Un bacio è nulla in confronto a tutto il resto.
Posa la sua bocca sulla mia; è calda, morbida e sa di spezie. Chiudo gli occhi e intensifica il bacio, mentre con una mano mi accarezza il collo. Quando si stacca sorride e mi fa cenno di andare via, ma avrei preferito di gran lunga scoppiare come una bomba piuttosto che girarmi.
Poco più in là vedo Aaron appoggiato ad una macchina rossa, insieme ad alcuni ragazzi, e lo sguardo è puntato su di me. Non saprei bene come descrivere la sua espressione, ma non è di certo felice. Sembra arrabbiato, triste, frustrato.
Deglutisco e guardo Jamie, ma lui non capisce.
«Tutto bene? Sei diventata pallida», mi prende il viso tra le mani e annuisco, con un groppo in gola. «Bene, allora andiamo», mi afferra la mano, ma con gli occhi cerco un'ultima volta prima di andare via lo sguardo di Aaron, che mi segue attentamente. Lancia la lattina di birra vuota nel cestino e poi mi dà le spalle e va verso la sua macchina; i suoi amici fanno il suo nome, ma lui prosegue con i pugni serrati senza girarsi. Jamie segue il mio sguardo, guarda lui e poi me. Mi sorride e andiamo verso la sua macchina.
Ehilà bellezze💞 ecco il nuovo capitolo.
Secondo voi perché Jamie ora tratta Ariel in questo modo? 👀 Il motivo è abbastanza evidente, soprattutto perché è una cosa che, ahimè, accade quasi in ogni relazione dove c'è violenza. Spero vi sia piaciuto:) stellinate e commentate💖
P.s. avete fatto già l'albero?
Voi siete credenti, atei o siete di un'altra religione? :) In quest'ultimo caso, vi siete adeguati alla tradizione cristiana? Quando festeggiate il Natale voi? Vi sentite a disagio o siete fieri della religione che professate e Ve ne fregate dei pregiudizi altrui?
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