10. "Siamo stelle cadenti"

🌜Non aver paura di sognare🌛

“You don't ever have to be
stronger than you really are”
-Lana Del Rey

La stanza è ancora immersa nel buio e ad illuminarla c'è soltanto lo schermo della tv. Aaron ha perfino spento la lampadina. Con le palpebre semichiuse lo fisso. Mi sento come se ci fosse un cielo nuvoloso che incombe sopra di noi e gli occhi di Aaron, adesso puntati su di me, sembrano due fari alimentati dal chiarore della luna.

«Ehi», dice lui, abbozzando un piccolo sorriso. Guardo la posizione in cui mi trovo e mi sento frastornata.

«Non dirmi che ho dormito ancora, ti prego», mi nascondo la faccia dietro i palmi delle mani.

Aaron ride e dice: «A quanto pare il film non ti è piaciuto tanto».

Tolgo le mani dal viso e lo guardo. «Non ci credo... E come ci sono finita in questa posizione?».
Lui è dall'altra estremità del divano e io sono sdraiata, con la testa appoggiata sulle sue gambe.
Ricordo che durante il film mi ero spostata più vicino a lui, ma non so come sono finita con la testa lì.

«Be', stavi scomoda, ti eri addormentata con la testa appoggiata alla mia spalla, quindi mi sono spostato e ti ho fatto sdraiare. Eri molto stanca, vero?», dice in tono gentile.

Mi alzo di colpo e prendo il cellulare, guardando subito l'ora. «Cazzo», impreco a bassa voce.

«Qualche problema?», chiede.

All'improvviso la luce si accende e vediamo Seth che ci guarda con un lampo di confusione negli occhi. «Avete scambiato questa stanza per una specie di drive in, ma senza la macchina?»

«E senza stare fuori», aggiunge Aaron.

«E senza persone», dico io.

«Wow», mormora Seth. «Avete presente quelle serate organizzate in modo perfetto dalle ragazze, con cena, film, sesso selvaggio ecc?»

«È quello che fai tu sempre?», chiede Aaron.

«No», risponde Seth con sguardo vuoto. «È quello che non avrò mai».

Mi scappa una risata. «E le serate con la tua ragazza in cosa consistono allora?»

Seth ci pensa su, poi inizia a dire: «Be', la mia ragazza è particolare. Ordina da mangiare, ma finisce per mangiare sempre anche metà della mia porzione. Se vediamo un film romantico, si addormenta all'inizio. Se vediamo un film d'azione, non fa altro che commentarlo fino alla fine. Se vediamo un film erotico, mi dice subito che vuole fare sesso.»

«E pensare che non ha niente a che fare con Jasmine della Disney. È tutto il contrario»,  scherza su Aaron. «A quanto pare anche Ariel si addormenta durante i film che sceglie lei stessa», gli fa sapere.

Sento le guance prendere fuoco.

«Wow, siete diventati per caso migliori amici?», domanda, guardando male Aaron.

«No, non so nemmeno se siamo amici», si difende lui, alzando le mani in alto.

Sorrido tra me e me tristemente e dico: «Io dovrei andare ora.»

«E dove? Non vuoi mangiare con noi?», domanda Aaron.

«Hai già scoperto a cosa equivale un pasto secondo Aaron?», ride Seth.

«Sì. Proprio oggi», sorrido, guardando Aaron con la coda dell'occhio. «Devo andare al lavoro».

«Ti diamo un passaggio se vuoi», propone Seth.

«Se insisti», rispondo, facendo spallucce. I ragazzi si scambiano un'occhiata complice, Seth prende le chiavi della macchina e ci fa cenno di uscire.
Prendo i fogli con le cose che ho scritto, li piego e li infilo nella tasca della felpa, poi usciamo fuori.

«Stasera andiamo da Dave?», chiede Seth al suo amico.

«Suona stasera?»

Seth si mette il cappellino al contrario e risponde: «Sì, a quanto pare. Ma Jasmine non può venire con noi perché deve studiare e Jay ha da fare, quindi saremmo solo noi due, dato che Ariel sta andando a lavorare.»

Aaron alza gli occhi al cielo. «Non dà anche una festa dopo? Possiamo raggiungerli direttamente lì.»

«Voi vivete solo di feste?», mi azzardo a chiedere.

Entrambi si girano lentamente verso di me.
«No, ma stanno capitando tutte questa settimana e noi non diciamo di no ai nostri amici», spiega Seth con un sorriso malandrino.

«Be', ovviamente...», bofonchio.

«Tu non sei un'amante delle feste, vero?», chiede Aaron. Se solo avessi avuto la possibilità di andare realmente ad una festa e divertirmi davvero, forse gli avrei saputo rispondere. E così appaio come la sfigata tutta casa e chiesa, più o meno.

Non odio le feste per quello che sono, ma le odio per come mi fanno sentire: a disagio.

Se solo Jamie si fosse preso la briga di lasciarmi introdurre da sola in questo mondo, divertirmi così come fa lui, farmi dei nuovi amici, non sarei sembrata un alieno a quest'ora.

«Non lo so», mi limito a dire.

«Fantastica risposta», commenta Seth.

Saliamo in macchina e restiamo in silenzio per tutto il tragitto. Guardo fuori dal finestrino e alzo lo sguardo verso il cielo. Stasera la luna è piena e sembra che ci stia seguendo da lassù, come se stessimo scappando da lei e dalle stelle, verso un universo nuovo.

Appoggio la fronte e le mani sul vetro, le luci della città illuminano il mio volto e colorano i miei pensieri.

La guancia scivola contro la superficie fredda del vetro e chiudo gli occhi, finché non sento la macchina fermarsi.

«Dov'è che lavori?», chiede Seth.

«Red Lobster», rispondo.

«Ah, siamo vicini», si gira e mi sorride.
Mi rimetto composta e aspetto che io arrivi a destinazione.

«A che ora stacchi?», chiede ancora.

«Mezzanotte di solito, a volte anche l'una.»

«Wow, che palle», commenta in tono annoiato.

Aaron si accende una sigaretta, apre il finestrino e fuma indisturbato. I nostri sguardi si incrociano non appena lui guarda nello specchietto. Prima di infilarsi nuovamente la sigaretta tra le labbra, fa un breve sorriso e distoglie lo sguardo.

La macchina si ferma, vedo l'insegna rossa del ristorante.

«Grazie», dico.

Seth mi afferra il braccio. «Mi dai il tuo numero? Non si sa mai».

«Certo». In altre circostanze probabilmente sarei stata più diffidente e mi sarei rifiutata, ma Seth sembra un tipo a posto ed è anche simpatico. Apro lo sportello e saluto entrambi, andando verso l'entrata. La macchina ancora non parte.

Mi giro verso di loro, Seth alza una mano per salutarmi e Aaron mi guarda, con la sigaretta che lentamente si consuma tra le sue labbra. Butta fuori il fumo, poi alza due dita in segno di saluto e la macchina parte non appena io entro dentro il ristorante. Corro immediatamente in cucina, dove trovo Lilith. Appena mi vede prende il mio grembiule e lo lancia verso di me.

«Stasera non ho voglia di lavorare. Non ho nemmeno voglia di vivere. Sembrerà infinita questa serata», si lamenta.
Io non mi sento come lei, ma sono un po' malinconica, anche se capisco che le giornate così possono capitare a tutti, a volte all'improvviso e senza un apparente motivo.

«Ascolta, Lilith», esordisco, schiarendomi la gola. «È possibile chiedere al capo un anticipo, secondo te?»

Lilith strabuzza gli occhi e scuote la testa. «Non penso, Ariel. L'hai già chiesto a inizio ottobre». Questa volta sono io a strabuzzare gli occhi, confusa.

«No, io non l'ho chiesto», protesto, sentendo i battiti del mio cuore accelerare.

«Sì, invece. È venuto il tuo ragazzo e ha detto che avevi urgentemente bisogno perché avevi dei debiti. Ha parlato lui con il capo, penso che una parte dei soldi l'abbia presa giorni fa», mi fa sapere e il mondo mi crolla addosso; mi schiaccia.

Sento la terra mancarmi sotto i piedi. Non è possibile. Non può averlo fatto davvero. Mi prendo la testa tra le mani e trattengo le lacrime, alzando lo sguardo verso l'alto.

«Stai bene?», chiede e annuisco. Fa per dirmi un'altra cosa, ma non le do nemmeno il tempo di aprire bocca perché schizzo via e mi metto al lavoro.

Non me l'aspettavo. Jamie sa quanto è importante questo stipendio per me. È grazie ad esso se riesco a mantenermi e proseguire gli studi. La rabbia mi assale così tanto, ma devo stare quieta e fare il mio lavoro.

A fine serata mi ritrovo di nuovo in cucina a fissare il vuoto, finché Lilith non mi scuote per la spalla e mi dice che è ora di andare via. Mi sento come se stessi trasportando tutto il peso del mondo sulle mie spalle e il mio ragazzo restasse a guardare.

Mi tolgo il grembiule e faccio per andare via, ma Lilith mi ferma.
«Sicura di stare bene?», domanda e annuisco ancora. Non ho voglia di dire i miei problemi agli altri. Non voglio nemmeno la loro pietà. Odio chiedere aiuto.

Infilo le mani nelle tasche della felpa, dopo essermi messa il cappuccio, ed esco fuori. Cammino a testa bassa, finché non sento il clacson di una macchina e Seth che grida: «Ma allora, piccolo pesciolino! Vieni con noi?»

Sto per dire di no, ma il finestrino dietro si abbassa e Jasmine dice: «Salta su, sirenetta!»

Rimango ferma sotto la luce di un lampione a fissarli interdetta. Seth suona ancora e apre le braccia come se volesse dire "Che aspetti?".

Sospiro profondamente e salgo accanto a Jasmine, che non perde tempo ad abbracciarmi.

«La mia macchina puzza di pollo perché la mia ragazza ha cucinato il pollo prima di uscire, e ora puzza di pollo e pesce, meraviglioso. Il prossimo profumo sarà di cadavere e sarà il mio. Perché sicuramente tra poco muoio», dice Seth e Jasmine gli dà un ceffone, spronandolo a stare attento alla guida.

«Com'è andata?», chiede Jasmine.

«Bene», rispondo in tono secco.

Non sono molto felice di fare conversazione né tantomeno di andare ad una festa, con ancora questi vestiti addosso. Infatti puzzo di pesce, ed è orribile.

La mia voglia di prendere parte ad una festa è pari a zero. Ma a volte non so dire di no... E poi loro sicuramente sono venuti apposta ad aspettarmi fuori dal ristorante. Sarebbe brutto da parte mia rifiutare.

Jasmine non fa altro che cantare ogni canzone che passano alla radio. E dico davvero, le conosce tutte. Come diavolo fa?

Seth, d'altro canto, a volte alza il volume facendo finta di niente, solo perché odia sentire Jasmine cantare. E non ha tutti i torti, è davvero stonata, ma è divertente.

«Risparmiami questa sofferenza per dopo, ti prego! Sembri un maiale che fa le prove per XFactor», dice lui ormai al limite della sopportazione.

«Ho la faccia da maiale?», chiede lei, offesa.

«No, piccola. Solo a letto sei-»

«Taci!», grida lei.

«Taccio», dice lui, consapevole che se continuasse a parlare finirebbe male per lui.

Quando arriviamo a destinazione, apro lo sportello ed esco subito fuori, respirando l'aria fresca. Prima di addentrarci nell'abitazione davanti, Jasmine mi afferra la spalla e poi si para davanti a me, guardandomi negli occhi.
«Okay, tieni a mente queste semplici regole».

«Oh, Gesù! No...», piagnucola Seth.

«Se Dave ti vuole rimorchiare, tu lasciati rimorchiare. Lui è un angioletto ma è un po' scemo, quindi approfittane, potresti ricevere tutto quello che vuoi da lui», sfrega le mani l'una contro l'altra.

«Se qualcuno vuole scoparti, gli dici che hai il ciclo. I maschi hanno paura del ciclo, come se ci fosse tipo il mostro di Loch ness nelle nostre mutande.» Questa volta rido.

«Se qualcuno ti chiede chi sei, gli dici che sei mia sorella e sei venuta qui a farti una passeggiata», detto ciò mi prende a braccetto e andiamo dentro.

Non è la musica che si sente a tutto volume, bensì le loro voci. Cavolo, sono così chiassosi che mi viene voglia di tapparmi le orecchie.

Perché la gente quando parla deve necessariamente gridare?

Appena ci vedono arrivare, i ragazzi smettono di parlare e ci fissiamo tutti, senza dire niente.

«Vi ho intossicato di già con la mia puzza di pesce?», rompo il silenzio nel modo peggiore del mondo.

Jasmine scoppia a ridere così forte e poi mi tira una gomitata nelle costole. «Lei si chiama Ariel, ha fatto una battuta sulla sua coda, non è simpatica?». E così Jasmine mi ha salvato da una figura di merda. Tutti ridono e io resto ferma, con un sorriso imbarazzato in faccia.

«Sbattimi la tua coda in faccia, sirenetta!», grida un tizio che non ho mai visto in vita mia.

«Okay», dico, avvicinandomi a lui. Mi abbasso e mi siedo, poi giro di colpo la testa e gli sbatto letteralmente la coda dei miei capelli in faccia.

Mi alzo, schiarendomi la gola, e sento Jasmine gridare: «Bitch better have my money!»

Ma un altro ragazzo grida: «Ti prego non cantare!»

«Stupidi umani. Siete sempre così noiosi», sbuffa lei, facendo finta di guardarsi le unghie.

«Seth, la tua ragazza si è mangiata i funghetti?»

«Si è mangiata il bosco, altroché», risponde lui, ma si becca subito un'occhiata fulminea da parte di Jasmine.

«Sono ancora il tuo tappeto, mia dolce Jasmine», cerca un modo per scusarsi.

«Ehi, Ariel, vuoi giocare a beer pong?», chiede il ragazzo della coda in faccia.

«Mi spiace, non bevo», dico con finto dispiacere.

In questi giorni mi sono data un po' alla pazza gioia e in realtà potrei davvero divertirmi dato che non c'è Jamie, ma ho lezione domani domattina, non intendo sembrare più zombie di quanto io non lo sia già.

«Allora vieni lo stesso con noi», mi dice Jasmine, prendendomi la mano.

Con lo sguardo cerco Aaron, ma non c'è.

«Sei un'amica di Jasmine?» mi sento dire alle spalle. Mi giro e vedo ancora quel ragazzo. «Io sono Dave».

Ah. Quel Dave.

«Io sono...», guardo Jasmine. «Sua sorella.»

«Non sapevo avesse una sorella. Non sei di queste parti, no?», continua a chiedere.

«Oh...no, io sono venuta a farmi una passeggiata», inizio a ridere. «Da San Diego».

Il ragazzo mi guarda confuso. «Un po' lunga questa passeggiata, no?»

«Lunghissima! A lei piace camminare. Anzi, lei corre, molto, lontana dai coglioni», si intromette Jasmine.

«Ci rinuncio», borbotta Seth accanto a noi.

Dopo circa mezz'oretta arriva finalmente anche Aaron con una busta di cartone tra le mani.
«Avevo fame», dice. Va a sedersi sul divano, poi mi guarda e mi fa cenno di avvicinarmi. Non mi tiro indietro, perché sempre meglio guardare lui mentre mangia anziché guardare gli altri giocare.

«Vuoi mangiare con me?», chiede, ma io ho già l'acquolina in bocca.

Non attende la mia risposta, perché allunga un cheeseburger verso di me e lo afferro tra le mani, sentendo già il formaggio colare sulle dita.
Aaron mi passa un fazzoletto e poi iniziamo a mangiare in silenzio.

Dopo pochi minuti sento il mio cellulare vibrare nella tasca della felpa e mi affretto a vedere chi è.

“Sei a casa, amore?”

È Jamie.

“Sì. Sono tornata poco fa dal lavoro." Rispondo.

“E cosa fai?”

A letto"

“Foto?”

Merda.

«Vado in bagno», dico e balzo giù dal divano, andando via come un fulmine.

Apro un paio di porte a caso finché non trovo un stanza da letto che non sia un disastro. Chiudo la porta e corro verso il letto, mettendomi subito sotto le coperte. Alzo il cellulare e scatto un paio di foto, finché non trovo quella giusta da mandare.

Peccato che nel momento stesso in cui la foto si manda, la porta si apre e Dave spunta sulla soglia, guardandomi con un'espressione confusa.

«Dovevi soltanto chiedere...», mormora sbattendo piano le palpebre.

«Cosa?», chiedo allibita.

Nemmeno risponde che lo vedo togliersi la maglietta, prendere la rincorsa e buttarsi sul letto sopra di me.

Mi sorride in un modo talmente strano che mi metto a urlare.

«Ahi, ma perché cazzo gridi?», dice lui, tappandosi le orecchie.

«Un ragno», mento.

«Dove?», chiede e approfitto del suo momento di confusione per buttarlo giù dal letto e correre via.

Mi chiudo in un'altra stanza e tiro un sospiro di sollievo.

Guardo davanti a me e vedo Aaron con un foglio tra le mani e gli occhi confusi puntati su di me.

«Hai visto Satana, per caso?»

«No, suo figlio», mi metto a ridere. «Cosa leggi?»

Siamo in cucina. Aaron si appoggia al muro, dove c'è la finestra, e sorride. «Davvero vuoi saperlo?».
Annuisco impercettibilmente.

«Okay», sussurra e poi inizia a leggere, scandendo bene le parole.

«Disegni sempre con le dita costellazioni,
sogni sempre di viaggiare attraverso nazioni.
Vivi soffrendo, muori sorridendo,
continui a buttare giù le emozioni scrivendo.
Tu sei così fragile e forte allo stesso tempo,
nessuno sa che leggi e ti viene da piangere nel frattempo.
Dipingi la realtà come piace a te,
mentre stai alla finestra con tra le mani una tazza di tè.
E lasci che il dolore voli via,
perché da una vita non ha fatto altro che mostrarti la via.
Quella via che hai continuato silenziosamente a percorrere,
senza aver mai avuto il coraggio di metterti a correre.
Ti guardi allo specchio e vorresti abbracciarti
e pensi che non arriverà mai il giorno in cui qualcuno vorrà davvero baciarti.
Leggi queste parole, pensi a te, sorridi,
Poi c'è una piccola vocina nella tua mente che dice: “Dài, su, vivi!”.
Siamo stelle cadenti,
a volte persone un po' deludenti,
A farci male siamo sempre capaci,
Afferriamo la preda come i rapaci,
Ma a chiedere scusa non siamo mai capaci.»

Aaron solleva lentamente lo sguardo e mi fissa intensamente. Io vorrei soltanto mettermi a correre e allontanarmi subito da lui.

«Ti è caduto prima, quando eri sul divano. È...», si ferma, non riuscendo a trovare le parole.

«È stupida, te l'ho detto», mi avvicino e faccio per strapparglielo via dalle mani, ma il suo braccio destro mi circonda la vita e mi ritrovo con il corpo quasi appiccicato al suo.

«E se siamo stelle cadenti, quando cadiamo ci spegniamo per sempre? O restiamo in stand by?», domanda.

«Alcune restano in stand by. Si accendono soltanto quando ritengono che sia arrivata l'ora di brillare», sussurro.

«E tu lo sei? Sei in stand by adesso?», domanda, osservando le mie labbra.

Ecco il nuovo capitolo!:) Spero vi sia piaciuto.

In quanti si sono ritrovati nelle parole di Ariel?

Spero vi sia piaciuto anche quello che ha scritto lei, ci ho provato ahaha 🙈❤️

Secondo voi cosa ha percepito Aaron? Perché le ha fatto quella domanda? 👀

Ariel sta recuperando tutto il sonno perso grazie ad Aaron mi sa 😂

Votate e commentate, alla prossima 🌛💞

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