05. "Sono Ariel e tu mi metti paura"

🌜 Non aver paura di sognare 🌛

"I'm so sorry but it's fake love"
-BTS

«Amico, sono fatto come una pigna», dice un ragazzo dietro di me e, mentre mi passa accanto nella calca, urta la mia spalla accidentalmente.

Mi alzo sulla punta dei piedi e cerco il mio ragazzo con lo sguardo. Intorno a noi è scoppiato il finimondo, dato che la nostra squadra ha vinto. Mi fa schifo perfino pensare a tutto questo, come se fossi davvero la ragazza più felice del mondo. Secondo alcuni, dovrei davvero ritenermi fortunata, perché mi è capitato un ragazzo del genere.

Segretamente stavo tifando per la squadra di Seth. Avrei preferito mille volte che vincesse lui. Però so che, se fosse successo davvero, Jamie sarebbe stato molto più frustrato e di conseguenza mi avrebbe trattata ancora peggio rispetto al solito.

Poco prima della fine della partita Aaron si è alzato ed è sceso vicino al campo, aspettando il suo amico.

Ho paura che qualcuno degli amici di Jamie mi abbia visto insieme a lui, perché altrimenti sarei finita davvero. Jamie è molto geloso e la sua gelosia ovviamente la sfoga su di me, anche quando si tratta di cose banali. Non riesce proprio a controllarsi, nonostante gli abbia detto un milione di volte che non è normale il suo comportamento.

«Sapevo che avremmo vinto! I ragazzi hanno giocato benissimo!», esulta una ragazza accanto a me. Vengo spintonata a destra e sinistra, come se non riuscissi a trovare il mio posto. Tutti vanno a congratularsi, io vorrei fare un passo in avanti, ma qualcosa me lo impedisce.

Mi sento frenata. So che non dovrei andare da lui, ma sono costretta.
Poso la mano sul braccio di un ragazzo e gli faccio cenno di farmi passare. Mi sento addirittura minuta tra la gente, oltre a sentirmi a disagio.

Vedo Jamie passarsi le dita più volte tra i capelli biondi e sudati e sorride agli altri, si danno delle pacche sulla schiena, sembrano tutti contenti e lui ama quando vince. La sconfitta lo distrugge.

Rimango quasi nascosta dietro a due ragazzi che mi fanno da muro davanti a me. Sbircio da dietro la schiena di uno si loro e deglutisco non appena vedo Aaron abbracciare il suo amico e sorridergli, come se avesse vinto lui.

«Siete delle checche, la prossima volta impegnatevi di più», grida Jamie, sputando a terra senza smettere di sghignazzare.

Spalanco gli occhi e mi porto la mano davanti alla bocca. Come fa ad essere così vile?

Aaron si gira verso di lui e corruga la fronte. «Stavi dicendo a noi?»

Jamie lancia il casco ad un suo compagno e incrocia le braccia al petto, guardandolo con aria minacciosa. «Al tuo amichetto», risponde.

«Hai chiamato il mio amico checca?», chiede Aaron, sorridendo sotto i baffi. Seth scuote la testa e gli fa cenno di lasciare stare e andare via, ma Aaron non ha intenzione di andarsene così in fretta. Si fa avanti, contraendo la mascella e stringendo i pugni.

«Si muoveva come una femminuccia», continua a ridere Jamie.

Aaron lo imita per pochi secondi e poi vedo la sua testa colpire quella di Jamie in un lasso di tempo così breve che rimango spiazzata. Vedo soltanto Jamie che si porta immediatamente la mano sul naso e due due suoi compagni che lo afferrano per le spalle per impedirgli di cadere.

«Ripetilo un'altra volta», ghigna Aaron, e poi Seth lo fa definitivamente indietreggiare.

«Me la pagherai, figlio di puttana!», grida Jamie, dando una forte gomitata a Tyler per liberarsi.

Aaron non sembra lui abbia dei problemi a riguardo, anzi apre le braccia e sorride, come se lo stesse addirittura stuzzicando.

Nonostante il casino che succede quasi ad ogni partita - perché c'è sempre qualcuno che risponde male e Jamie, purtroppo, è quel genere di persona che stuzzica gli altri, credendosi superiore - io dentro di me in realtà sto sorridendo. Certamente mi dispiace che siano arrivati a questo e spero che non sfoci in una zuffa più aggressiva di quanto non lo sia già.

Aaron si abbassa il cappuccio della felpa e gli scocca un'ultima occhiata minacciosa, poi guarda nella folla, come se fosse alla ricerca di qualcuno, ma Seth gli mette un braccio sulle spalle e lo costringe ad allontanarsi.

Li osservo mentre vanno via e poi sento qualcuno gridare alle mie spalle: «Sfigati! Quello lì non ha nemmeno giocato, chi cazzo è?»

Mi mordo il labbro e vedo i giocatori salire gli scalini, poi i ragazzi davanti a me si spostano di lato e Jamie mi passa davanti, ma appena mi nota con la coda dell'occhio si ferma.

Mette su un sorriso tirato e si avvicina, afferrandomi per i fianchi e dicendomi: «Abbiamo vinto, tesoro. Sei felice?», non attende nemmeno una risposta, perché stampa le sue labbra sulle mie e mi dà un sonoro bacio.

Si eleva un coro si fischi e acclamazioni, e io non posso fare a meno di sorridere imbarazzata. Ogni sorriso rivolto a Jamie non sarà mai vero. E sono stanca di questo finto amore.

«Figa la tua ragazza, Jam», grida un suo amico. Jamie sorride fiero e poi mi dà un buffetto sul naso come se fossi una bambina, e poi si incammina con gli altri verso gli spogliatoi.

«Stasera c'è una festa! Si deve festeggiare!», urla Jamie per farsi sentire dal resto delle persone e tutti si mettono ad applaudire.

Come sempre lui va a divertirsi, torna a casa verso il mattino tardi, sudato, ubriaco, sfinito, e io sono quella a cui tocca lavorare. Poche volte mi ha portato con lui a qualche festa, per poi lasciarmi da sola tra le persone. Prima fa vedere il suo giocattolo agli altri, si annoia e va a cercarne di nuovi. Sono così abituata che nemmeno mi sorprende più.

Intravedo i folti ricci di Jay e poi lo vedo girarsi verso di me e mettersi il cappellino al contrario. Mi regala un sorriso enorme non appena mi vede e alza una mano per salutarmi. Ricambio con lo stesso entusiasmo.

Jay ruba i pompon ad una delle cheerleader e li sventola in aria, facendo lo scemo.
Rido scuotendo la testa, poi mi avvicino a lui.

«Ciao, Ariel!», esclama, senza smettere di fare mosse strane. «Ti piace il mio numero speciale?»

Rimango a guardarlo incerta, poi lo sento cantare: «Datemi una F, datemi una O, datemi una doppia T, datemi una I e adesso un'altra T e un'altra I, e infine FOTTITI, Jamie!», alza il dito medio e mi fa l'occhiolino. Mi copro il viso con le mani senza smettere di ridere. È totalmente pazzo!

«Jay-Kay, piantala!», dice una delle cheerleaders, riprendendosi i pompon.

«Scusa, mi diverto con poco», si giustifica Jay, alzando le mani in segno di resa.

«No, lo sai che passi per scemo», ribatte la ragazza, stizzita.

«Tranquilla, fare felici le persone è un hobby per me», le fa l'occhiolino e lei scuote la testa, ma non riesce a trattenere a lungo il sorriso.

La ragazza va via, Jay la segue con lo sguardo e mi sembra quasi di sentirlo sospirare con aria affranta mentre, ne sono sicura al cento per cento, la guarda con aria sognante.

Oh, no. Mi sa che è cotto a puntino!

«Da quanto tempo le vai dietro?», gli chiedo, dandogli una gomitata scherzosa.

Lui mi scocca un'occhiata obliqua e si stringe nelle spalle. «Da un po', ma penso l'abbiano capito tutti tranne lei», sorride.

«Oh...», mormoro. «Mi dispiace.»

Lui si acciglia. «Per cosa? Non è una cosa brutta. Io sto bene così», e so che dice la verità perché vedo i suoi occhi brillare.

«Ma deve fare almeno un po' male amare una persona che nemmeno lo sa», gli dico a bassa voce.

«Penso faccia più male stare con una persona che dice di amarti ma non è così», mi guarda e abbasso lo sguardo, perché so che mi ha lanciato una frecciatina.

«L'amore non dovrebbe fare male, lo so, però è così e non puoi farci niente. Certo, puoi impedirlo, ma non tutti ne hanno la forza e il coraggio», aggiunge.

«Già», rispondo, poi mette un braccio sulle mie spalle e andiamo via, passando davanti alle cheerleaders. La ragazza di prima ci lancia una lunga occhiata, poi si gira verso le sue amiche e continua a parlare. Cerco di scrollarmi di dosso il suo braccio senza sembrare una cafona, ma Jay lo capisce subito e lo toglie volontariamente.

«Sì, ho capito. Hai paura che ci veda insieme e io sono lo sfigato che prende di solito per il culo bla, bla, bla», alza gli occhi al cielo.

«Perché ti dà dello sfigato? Non mi sembri per niente così», sorrido, alzando le sopracciglia.

Lui si schiarisce la gola. «Grazie, Ariel. Non so che problemi abbia il tuo ragazzo, ma chiaramente non gli piacciono le persone allegre ed educate, rispetto a lui, insomma...», in tutto questo mi soffermo sulla parola ragazzo e sento una fitta al cuore. Non vorrei essere associata a questo essere. Mi vergogno ogni volta che me lo dicono. Ed è ancora più umiliante quando è Jamie stesso a presentarmi agli altri come la sua ragazza.

«Andiamo a prenderci qualcosa?», mi chiede premurosamente.

Vorrei dirgli di sì, ma come sempre la paura prevale su tutte le altre cose. Deglutisco rumorosamente e poi lo sento dire di nuovo: «Riformulo: andiamo a prenderci qualcosa in caffetteria e poi sgattaioliamo via?». Ora suona decisamente meglio.

Annuisco, nonostante sia consapevole dei rischi a cui sto andando incontro. Andiamo verso la caffetteria del college e Jay va ad ordinare qualcosa per entrambi.
Dopo poco torna con due Pumpkin spice latte e due cinnamon rolls. Sento già il mio stomaco brontolare e il profumo dolciastro stuzzica le mie narici. Usciamo dal campus e ci allontaniamo, camminando per strada e stringendomi leggermente nella giacca. Fa freddo, ma ottobre mi piace. Alzo lo sguardo e faccio una smorfia. Sembra stia per piovere.

Andiamo a sederci su una panchina e sento ancora il tepore del cinnamon roll penetrare nella mia pelle e l'odore di cannella mi fa letteralmente impazzire.
Iniziamo a consumare la nostra colazione in silenzio, con lui che mugugna a volte e fa versi strani.

«Dio, questa è la mia colazione preferita», dice Jay, chiudendo gli occhi, con un'espressione piacevole sul volto.

«Adesso, anche la mia», affermo mentre sorseggio la mia bevanda.

«Che fai ad Halloween?», mi chiede di punto in bianco e faccio spallucce.

«Probabilmente lavoro», dico, arricciando il naso.

«Lavori? Dove?», sembra sorpreso.

«Al Red Lobster

«Oh, cavolo! Vivi tra i pesci», prorompe in una fragorosa risata.

«Be'...»

Smette di ridere e si schiarisce la gola. «C'è anche qualcosa a base di carne?»

«Sì», dico, finendo di mangiare il mio cinnamon roll.

«Dev'essere brutto, no? Lavorare anche di sabato», mi guarda di sottecchi. «Non hai una serata libera?»

Scuoto la testa. «Mi serve questo lavoro, però sì, a volte è sfinente.»

«Potresti chiedere di avere una serata libera, sai? Tutti ne hanno il diritto.»

«Di lunedì e venerdì lavoro in un altro posto e chiude verso le otto e mezza o nove, quindi ho il resto della serata libero», gli faccio sapere.

Prende il cellulare dalla tasca e apre il blocco note, poi vedo che digita qualcosa velocemente.

«Okay, mi sono segnato quando sei libera, non si sa mai», sorride sornione.

Mi sento davvero... felice e considerata. Abbasso lo sguardo e finisco di bere la mia bevanda. Quindi è così che ci si sente ad avere degli amici... È così che si sentono le persone intorno a me?

«Ora devo tornare di là», faccio cenno verso il campus. «Ho lasciato la mia bici lì», ed è ancora molto più frustrante sapere che di sabato avrei dovuto averlo libero per me, e invece mi è toccato andare a questa stupida partita, oltre ad aver saltato la lezione che soltanto una volta al mese ho di sabato.

«Ah, sei venuta in bici? Quel cretino non poteva darti un passaggio con la sua confortevole macchina? Fa freddo per andare in bici», mi dice diventando serio.

«A me piace. Mi fa stare bene», rispondo con voce flebile e distolgo lo sguardo.

«Va bene... Spero che anche Ariel un giorno diventi Ariel-Kay», mi sorride comprensivo e mi mordo il labbro, perché non so per quale stupido motivo mi sto per commuovere.

Alzo la mano per salutarlo e lui continua a guardarmi con il dispiacere negli occhi, ma non dice più niente. Ricambia il saluto e mi allontano a grande falcate verso il campus.

Prendo la mia bici e monto sopra, poi inizio a pedalare velocemente, con i capelli che svolazzano nell'aria. Ho un po' di tempo per farmi un giro per la città prima che vada al lavoro. Quando ho detto a Jamie che di solito giro per la città in bici, non stavo di certo mentendo.

Girare e sapermi lontana da lui, mi fa stare bene. a volte mi stanca, altre volte mi carica. A volte giro per troppo tempo finché sento i muscoli delle gambe bruciare, forse è anche per questo che sono abbastanza toniche.

Dopo aver finito il mio giro per la città, torno a casa e mi fiondo dritto nella mia stanza. Prendo dei vestiti puliti e vado a farmi la doccia.
Di solito la mia doccia dura più o meno cinque o sette minuti, cerco di risparmiare acqua, perché è inutile stare mezz'ora sotto la doccia a meditare o cantare, come fanno alcuni. Ma questa volta rimango per almeno quindici minuti perché sento il bisogno di rilassarmi.

«Ariel, sei a casa?», sento la voce di Jamie nel corridoio e impallidisco. Merda, non l'ho sentito arrivare.

Esco dalla doccia e faccio in tempo ad afferrare il primo telo che trovo e nascondere il mio corpo prima che lui apra la porta in uno scatto brusco e mi guardi dalla testa ai piedi.

Mi sta venendo la tachicardia. Le mani iniziano a tremare.

«Oh...», mormora, senza staccare gli occhi dalle mie gambe. Non pensavo fosse possibile sudare così in fretta dopo essere uscita dalla doccia, ma a quanto pare Jamie mi fa questo effetto, e non è perché sono eccitata, anzi, tutto il contrario.

«Se avessi saputo che ti stavi facendo la doccia, sarei venuto a darti una mano», dice con un sorriso, avvicinandosi a me. Allunga le dita e mi sfiora il braccio nudo. «Magari ti avrei lavato la schiena», il suo corpo è sempre più vicino e la sua mano scivola sulla mia schiena, fino a posarsi sul mio sedere. Ho un groppo in gola.

«Cazzo, mi fai arrapare un sacco», cerca di sciogliere il nodo del telo e farlo cadere a terra, ma lo tengo stretto con le mani.

«Non voglio», dico, distogliendo lo sguardo. Jamie sfrega il naso contro il mio collo ancora bagnato e sospira profondamente.

«Sì che vuoi, piccola. Voglio sentirti godere», inutile dire che le budella mi si attorcigliano, le gambe stanno per cedere, il cuore pulsa nelle tempie e le mie forze mi stanno quasi per abbandonare, mentre il suo dito scivola sotto il telo e mi accarezza la gamba lentamente.

«Ti ho detto che non voglio!», asserisco in tono aggressivo, ma lui non gradisce la mia risposta e mi spinge violentemente contro il muro e mi divarica le gambe con un ginocchio. Poi le sue dita salgono sempre di più e lo sento sussurrare al mio orecchio: «E invece ti conviene fare la brava, piccola Ariel. Non vorrai mica che il tuo segreto venga portato alla luce, vero?», chiudo gli occhi e trattengo le lacrime, mentre mi penetra con poca delicatezza con le dita. Sporca, mi sento sporca.

Quando finisce si lecca le dita e poi le labbra ed esce dal bagno, gridando: «Stasera vengo a prenderti io, andiamo ad una festa!»

Cado a terra, con l'asciugamano stretto addosso a me e scoppio a piangere.



La sera, come detto, si presenta al ristorante prima del previsto. Lilith mi guarda con una faccia quasi cadaverica.
«Il tuo ragazzo è di là. A quanto pare non gli frega un cazzo delle regole. Ti farà perdere il lavoro così, sappilo.»

Guardo l'ora: mezzanotte in punto.

«Ariel, hai seriamente bevuto tre red bull in mezza serata? Sei per caso impazzita?», guarda le lattine sul tavolo e mi fulmina con lo sguardo.

Non dico niente. Lei ci passa sopra e dice: «Vai, altrimenti quel cretino del tuo ragazzo creerà problemi.»

Poso il grembiule, prendo il mio zainetto e vado via. Jamie mi aspetta davanti alla porta con un sorriso compiaciuto sul viso. «Cazzo, se non puzzassi così tanto di pesce, ti bacerei.»

«Quanto mi dispiace», borbotto tra me e me.

So che mi ha sentito, perché lo sento ridere alle mie spalle. Una volta in macchina, mi lancia una busta e dice: «Vai dietro e cambiati, e non so, mettiti un po' del mio profumo addosso, così sapranno che sei già di qualcuno.»

«Non puoi semplicemente portarmi a casa? Sono stanca», gli dico in tono quasi supplichevole.

«Neanche per sogno. Nel caso te lo fossi scordata, oggi ho vinto una partita, cazzo!», colpisce il volante.

Vado sui sedili posteriori e inizio a spogliarmi, ma appena vedo il vestito che ha portato spalanco gli occhi.

«È troppo corto ed è troppo leggero», dico.

«Taci e vestiti, è già tardi», me la pagherai un giorno, figlio di puttana.

Il vestito è davvero troppo appariscente, dato che è pieno di paillettes viola e rosa, con una larga scollatura sul davanti e mi arriva appena sotto il sedere. Almeno posso tenere i miei stivaletti neri.

Non ho intenzione di mettermi il suo cazzo di profumo, quindi rovisto nel mio zainetto alla ricerca di qualcosa che profumi di buono. Di solito porto sempre con me qualche fiala di vetro con del profumo dentro, sono quelle che mi regalano come campioncini nei negozi.

Me lo metto sul collo, sulla scollatura, ne metto un po' tra le mani e poi le passo tra i capelli.

«Meglio, ora?», chiedo in tono seccato.

«Sì, ma non mi piace questo profumo.»

Quando arriviamo alla festa, mi apre lo sportello come un bravo ragazzo e allunga la mano verso di me. Mi guarda dalla testa ai piedi ed esclama: «Sei un sogno, porca troia!»

Non mi sento molto a mio agio con questo vestito addosso. Forse se me lo avesse regalato un'altra persona, l'avrei indossato con piacere. Così mi sento soltanto la sua troia personale.

Ci facciamo spazio tra la gente, gli altri lo salutano subito e si congratulano ancora per oggi. E pensare che non è nemmeno il capitano, ma a quanto pare ha segnato l'ultimo punto e io sto per vomitare.
La musica è altissima, le luci di diversi colori illuminano la stanza piena di persone. Alcuni ballano e si scatenano, altri giocano e altri ancora si stanno baciando in disparte. Non so nemmeno chi diavolo ha organizzato questa festa.

Mezz'ora dopo, come previsto, Jamie si è eclissato e mi ha lasciato da sola. Che novità!
Resto seduta sul divanetto finché non sento una voce alle mie spalle dire: «Cosa ci fa una ragazza così bella da sola?». Mi giro e Seth mi sorride, alzando poi il bicchiere in segno di saluto.

«Oh, ciao! Congratulazioni per oggi, hai giocato molto bene!», gli dico, lui ridacchia.

«Be', grazie, anche se non abbiamo vinto», sì, e cosa ci fa lui qui, allora? Vuole per caso morire?

«Ho fatto il tifo per te, sappilo», gli dico e lui mi sorride.

«Apprezzo», ride ancora. «Ti ha detto Aaron di venire?»

Lo guardo con un'espressione interdetta.
«In che senso, scusami? Non è la festa per i vincitori?»

«Cosa? No! L'ha organizzata Aaron, anche se non abitiamo qui», alza gli occhi al cielo.

«Oh...», dico e deglutisco. Merda, sono fottuta. Devo andare via da qui.

«Ehi, idiota! Mi hai lasciato di nuovo da sola», grida una ragazza, dandogli uno scappellotto.

La guardo e lei mi regala un sorriso tirato, poi torna a guardare Seth, con le braccia incrociate al petto.

«Oh no, Jasmine», si lamenta. «Non l'ho fatto apposta, lo sai che faccio schifo come ragazzo a volte», oh, è la sua ragazza?

Jasmine alza un sopracciglio e gli dice: «Stasera userai la tua mano, perché col cazzo che vado a letto con te», poi si gira verso di me e mi sorride di nuovo, dicendo: «Ciao, tu sei?»

«Sono Ariel e tu mi metti paura», ammetto.

Seth e Jasmine mi guardano senza battere ciglio, poi scoppiano a ridere.

«Fai bene ad averne, mi sono beccata la ragazza più tosta del mondo», si battono il pugno e li guardo quasi incantata. Questa sì che la chiamo complicità. Anche se inizia a farmi un po' schifo vedere tutti intorno a me innamorati.

Tra le persone scorgo con la coda dell'occhio Aaron, che tiene un bicchiere rosso tra le mani e sorride ad una ragazza, mentre lei gli parla animatamente.

Ed è così bello che mi sembra che le altre persone intorno a lui non siano minimamente alla sua altezza. Il suo sguardo si posa accidentalmente su di me, smette di sorridere di colpo e mi fissa a lungo; potrei dire che il suo sguardo sia malizioso, ma vorrei sbagliarmi.

Ehilà, ecco il nuovo capitolo! ❤️ Come sempre spero vi sia piaciuto:) commentate e votate 🌺❤️

Come state? Come sta andando la scuola?

Come va la vita? E l'ammmmore?

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