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15 luglio 1914
Jennifer's pov
Mi svegliai di buon'ora con un sorriso enorme disegnato, uno di quei sorrisi che la spacca a metà la faccia, ma che non fa male perché la felicità è troppa da contenere dentro di te, devi farla uscire per forza in qualche modo. Fuori il sole risplendeva e il caldo iniziava a farsi sentire tanto. Mi alzai ed andai a fare colazione ancora in vestaglia e camicia da notte. In cucina incontrai Marabella:- come mai di ottimo umore di prima mattina?- chiese sorridendomi. Io mugugnai perché ormai avevo adocchiato i deliziosi croissant che le cameriere avevano preparato, emanavano un profumo delizioso, le stavo praticamente mangiando con gli occhi...era possibile sposarsi a vita con il cibo? E lasciare Jaime ad un'altra? Mi ricordò la mia coscienza...no grazie. -Allora?- chiese ancora Marabella, mi ero completamente dimenticata della domanda -Allora cosa?- - Perché sei così felice, è un bel pezzetto che non ti vedo con un sorriso così grande... Magari potrebbe essere una cotta per qualche ragazzo?- io continuavo ad annuire, non prestandole minimamente attenzione, ero troppo occupata a prendere uno di quei cornetti. -Si?- io annuii di nuovo, stavo per portarlo alla bocca e finalmente assaggiare quella delizia quando la ragazza affianco a me lanciò un urletto. Io la guardai confusa e lei chiese tutta eccitata -Chi è? Lo conosco? Dove vi siete conosciuti? E qu...- -Marabella, ma di che state parlando?- chiesi più confusa che mai. -Mi avete appena detto che la ragione della vostra felicità è un ragazzo...- disse con tono leggermente malizioso. -Davvero l'ho detto?- chiesi tranquilla. Avevo imparato a mie spese che con Marabella, più ci si agitava più lei sospettava e continuava ad interrogarti. -Si?- disse a mo' di domanda, come se non ne fosse sicura. -Be' allora, mi sono sbagliata, sono felice perché, non lo so nemmeno io, sarà il tempo, non so.- lei mi guardò sospettosa, ma acconsentì a farmi mangiare quel delizioso croissant che avevo nelle mani. Mugugnai di approvazione quando lo assaggiai, era deciso, avrei passato la mia vita a mangiare croissant con la cioccolata.
Mio padre non si fece vedere per tutta la mattina. Nel pomeriggio, fui letteralmente trascinata da due, tre inservienti tra trattamenti di bellezza e bagni. Volevano rendermi perfetta per quella sera. Il problema è che non sapevano che io avevo già scelto. E non avrei cambiato idea facilmente.
Stranamente, avevo una sensazione allo stomaco che non riuscivo a capire cos'era, non era fastidiosa, ma nemmeno piacevole.
Avevo insistito per poter scegliere io il vestito, ma nessuno ne voleva sapere, così io ero ancora ignara di tutto. In quel pomeriggio imparai a trattare con molto più rispetto le mie vecchie bambole, perché avevo capito perfettamente cosa voleva dire essere una di esse. Dopo infinite ore di caldo stressante, stavo veramente per scoppiare, loro erano in ansia, Marabella era in ansia e con tutta la loro ansia, stavano contagiando anche me, perché diciamocelo, non ero esattamente tranquilla all'idea di rivedere Lui, dopo quello che era successo fra di noi, non sapevo come comportarmi, cosa fare, cosa dire. No, non potevo andare avanti così, altrimenti il mio cervello, che stava lavorando freneticamente, sarebbe scoppiato. Presi un grande respiro, ma neanche il tempo di buttarlo fuori che la voce squillante della mia amica annunciò tutta felice:-E' ora di andare!- Oh, no. Mi fece girare verso lo specchio intero della mia camera per farmi vedere il lavoro che avevano fatto e quello che vidi, mi piacque molto: il mio corpo era fasciato da un lungo abito blu lucido, stretto sul seno e in vita, e poi ricadeva morbido sui fianchi in delle onde, le maniche erano di un tessuto più sottile, il collo era fasciato dal solito girocollo di mia madre, i capelli erano raccolti in uno chignon riccioloso, lasciati però morbidi, le scarpe erano blu, con uno leggero tacco. Ero io veramente? Dietro di me, spuntava impaziente la mia migliore amica con un sorriso da un orecchio all'altro -Allora?- chiese. L'unica cosa che riuscii a dire fu:-Wow- e piano piano anche il mio sorriso cominciava ad allargarsi. Mi sentivo una principessa che corona il suo sogno. Feci nuovamente un grande respiro ed iniziai ad incamminarmi di sotto. La sala era gremita di gente, soprattutto uomini, anche di una certa importanza, con affianco i propri baldi giovani. Scrutai la folla, e come se i miei occhi fossero attirati dal magnetismo dei suoi, incrociai il suo sguardo, attento e fisso su di me. Aveva la bocca leggermente schiusa, gli occhi riflettevano la luce della sala, era vestito elegante, ma mentre tutti gli altri sembravano uguali nei loro abiti, lui riusciva ad indossarli con un proprio stile, senza passare per uguale a qualcun'altro. Dopo quella che sembrò un tempo e pochi attimi insieme ci riscuotemmo dai nostri pensieri e ci sorridemmo contemporaneamente, come una sola persona. Questo mi fece sorridere ancora di più, perché sentivo un legame sempre più che ci univa. Continuai la mia discesa, guardando solo lui, rinchiudendomi nella nostra piccola torre, quella più alta del castello, in cui nessuno ti può disturbare. Piano piano, tutti si stavano accorgendo di me, ma io avevo occhi solo per lui, lui che mi aveva rubato il cuore. Arrivai alla fine della scalinata e stavo cominciando ad avanzare verso di lui, mentre lui stava avanzando verso di me, ma mio padre, mi prese sottobraccio, rovinando la nostra piccola bolla e mi condusse da tutt'altra parte, così lanciai un ultimo sguardo rammaricato dalla sua parte e mi diedi la mia attenzione all'uomo di fianco a me:-Un signore vorrebbe conoscerti mia cara, vieni te lo presento- disse. Come se avessi scelta...
Arrivati davanti a questo signore, notai subito al suo fianco, un giovane, ben piazzato, alto, biondo, occhi scuri come la notte, e il viso esprimeva tutto tranne che cordialità, di sicuro era una persona a cui piaceva il comando, ed era abituato ad essere ascoltato. D'altronde il padre non era da meno, alto anche lui, ma robusto al contrario del figlio. Questa situazione non prometteva niente di buono e non mi piaceva neanche un pochino. Comunque salutai cordialmente tutti e due facendo un piccolo inchino con il capo. -Buona sera- dissi. Loro ricambiarono stringendomi la mano. Già mi stavano simpatici come un calcio sugli stinchi! -Jennifer, cara, loro sono il Signor Tristan Laurence e suo figlio Jeremia- -Piacere- dissi cercando di impostare le mie labbra a fare un sorriso almeno lontanamente decente, ma non erano molto collaborative, non so perché in quel momento avevo voglia di fare loro la linguaccia come una bambina piccola. -Piacere nostro- rispose il figlio, aveva una voce roca e gracchiante, fastidiosa. Alla faccia della voce limpida e musicale di Jaime. -Con vostro padre, stavamo parlando della vostra bellezza signorina Jennifer, devo ammetterlo, siete proprio un incanto con questo abito- -Grazie mille signor Laurence- risposi gentile, poi i miei occhi passarono oltre i loro visi ed incontrarono i suoi, che vedendo molto probabilmente la mia evidente difficoltà, erano molto divertiti, intanto però si stava avvicinando sempre di più a noi. -Posso chiedervi il permesso di portare vostra figlia a fare due passi al chiaro di luna?- queste parole però, non venivano dal ragazzo che si stava avvicinando, ma da quello di fronte a me. Datemi la forza di non parlare al posto di mio padre, implorai non so chi, piuttosto infastidita da quella richiesta, comunque ero sicura che non mi ci avrebbe mandato. -Certo, perché no?- chiese tranquillamente mio padre. Cheee???!!!!! Ma, ha bevuto prima di venire qui? Mi girai di colpo, guardandolo con occhi supplicanti per fargli rimangiare immediatamente quello che aveva detto, ma lui fece un piccolo cenno di diniego con il capo, poi senza darmi altro tempo, mi sentii trascinata fuori da una mano fredda e inaffidabile. Provai una sensazione di freddo, di inadeguatezza, di pericolo. Per questo lanciai lo sguardo alle mie spalle, allacciando lo sguardo supplicante al suo molto confuso e mimando con le labbra "fai presto". lui sembrò capire e si diresse verso mio padre, che era appena sparito dietro la porta del suo ufficio. Poi non riuscii a scorgere più il mio salvatore e sconfitta mi lasciai andare. Dovevo assolutamente imparare ad avere più resistenza.
Arrivati di fuori, come a voler sottolineare la mia inquietudine, un venticello freddo, mi sferzò la pelle, anche se eravamo in pieno Luglio. -Allora Jennifer, ditemi, quali sono i vostri interessi- chiese con voce ancora più fredda di prima. Lo guardai con aria di sfida, lui era abituato a dare ordini, io odiavo prendere ordini e chi provava a darmeli, se continuavamo così, saremmo stati sul punto di guerra per i prossimi e, speravo davvero pochi, incontri. -Sapete, esiste il per favore.- esordii cordialmente. Lui fece u sorrisetto con aria strafottente -Davvero? Di solito, sono le ragazze che mi chiedono per favore, non di sicuro io.- La mia mano stava per partire. Ero anche doppiamente schifata per il doppiosenso che la frase avrebbe potuto avere. Arricciai il naso e dissi fredda:-Allora, se vi aspettate che io vi preghi, quella è la porta, non vedo il perché dobbiate restare.- Rimase un attimo interdetto, evidentemente non si aspettava che una ragazza potesse rispondere in modo così diretto e sfacciato. Feci un sorrisetto davanti al suo silenzio, poi cominciai ad andarmene. All'improvviso mi sentii tirare violentemente indietro ed iniziai ad essere trascinata nel retro della veranda, luogo praticamente invisibile da dove erano gli ospiti. Mi fece sbattere contro una colonna e mi intrappolò con il suo corpo, impedendomi di muovermi. -Voi siete indomata, ma con il tempo, imparerete a rispettarmi, ve lo assicuro, adesso che siete mia- la paura stava prendendo il sopravvento su di me, ma queste parole mi fecero scattare un campanello di allarme ancora più grande, e di solito quando avevo paura, mi arrabbiavo. Così gli sputai negli occhi, con sguardo di sfida,e cogliendolo di sorpresa il che, lo fece arretrare, staccandosi da me. Riuscii ad allontanarmi e chiesi con voce irremovibile:-Che vuoi dire?- Lo so, avrei dovuto fuggire, ma la rabbia mi impediva di vedere le cose nel verso giusto. -Davvero non lo sai?- chiese lui con scherno pulendosi gli occhi con la manica. Non mi degnai nemmeno di rispondere, continuai solamente con il mio sguardo disgustato verso quel ragazzo di fronte a me, che scoppiò a ridere. -Non sai che tuo padre ti ha dato i sposa a me?- chiese ridendo di gusto. -Che?- chiesi con un filo di voce, mi ero improvvisamente raggelata a quella notizia. Mio padre non era un uomo del genere, non l'avrebbe mai fatto. Vero? -Non è possibile- dissi sempre con un filo di voce, rotta dal panico. La sua bocca si schiuse in un sorriso cattivo -Oh si, mia cara, e non vedo l'ora di darti una bella addomesticata.- E detto questo se ne andò.
My spaceee!!!!!😍😘✌✌
Hola people!!!! NON so come possa essere venuto fuori questo capitolo, non so se ho reso bene l'idea della scena...che ne dite di dirmelo, così posso capire dove ho sbagliato? Sta cominciando a prendere forma ora la storia, che ne dite? Comunque mi dispiace di averlo fatto più lungo degli altri questo capitolo, ma odio quando qualcuno interrompe un capitolo a metà! Ti fa rimanere lì, incollata allo schermo sclerando perchè non sai come va a finire e ti mette l'ansia a palla e ok, ok lo so, sto diventando noiosa! Cercherò di aggiornare al più presto!!! Commentate e se vi piace votate!!!
Notte!!!! Occhi_diversi!!!!
Kisses & hugs!!!
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