Se Una Notte D'Autunno Contest |Prima Prova. Diara Hunter

Diara Hunter ha circa trent'anni e lavora per un'organizzazione criminale che si è ripromessa di ribaltare i governi del mondo e rifondarli a propria immagine e somiglianza. È considerato tra gli agenti migliori del gruppo ed è ora impegnato in una missione sotto copertura per recuperare quattro armi di distruzione di massa.

IL VOSTRO PERSONAGGIO si trova in un mercato e deve comprare un oggetto.
Che oggetto è? Perché lo sta cercando?  E poi che succede?
Max 3000 parole

*

Diara Hunter era un maestro nel passare inosservato.

Vestito elegantemente di nero, con un cilindro in velluto ordinatamente calato sui setosi capelli corvini, nessuno faceva troppo caso a lui, nel mercato del quartiere borghese di Inverness.

Navigava tra la folla di benestanti come se non avesse un singolo pensiero al mondo, ma i suoi turbolenti occhi grigi – accuratamente celati dietro a un paio di lenti tonde, fumé – rivelavano tutt'altro.

«Con permesso

Schivando con grazia innata un trio di facoltose comari raccolte accanto a una delle tante bancarelle di tessuti pregiati, fece scivolare una mano guantata nella tasca del panciotto color antracite e ne trasse un orologio a cipolla finemente inciso nel quarzo. 

La catenella argentea mollemente arrotolata attorno all'indice affusolato, lanciò un'occhiata al quadrante da sopra il bordo dei propri occhiali e si lasciò sfuggire un'imprecazione appena appena udibile.

Come per ogni singola altra decisione presa nell'arco della sua travagliata vita, Diara era mosso da un obiettivo preciso, in quel caso un compito che doveva assolutamente portare a termine entro la fine della mattinata.

Niente di troppo losco né letale, ma l'urgenza rimaneva e si faceva sentire a ogni colpo di lancetta.

E Diara Hunter aveva un rapporto molto particolare – quasi ossessivo – con la puntualità.

Il mercato borghese era una ragnatela di banchi e tendoni dai colori vibranti che si diramavano lungo le viuzze lastricate e i porticati marmorei e, inevitabilmente, uomini facoltosi e donne dalle ampie gonne di seta vi rimanevano intrappolati, attratti dai profumi esotici – dal mandarino alla cannella alla liquirizia –, le offerte impareggiabili e urlate a gran voce dei mercanti e la variegata ricchezza dei prodotti artigianali. 

Statuette intagliate nell'avorio più prezioso facevano bella mostra di sé accanto a maschere abbellite da piume variopinte e, ancora, libri dal cuoio tanto antico da essere crepato come la pelle di un anziano si pavoneggiavano a pochi metri di distanza da collane di perle grandi quanto il pugno di un neonato.

Vi erano poi, per i gusti più particolari e bisognosi, gazebo avvolti da spesse tende nere e porpora, attraverso le quali si potevano a malapena intravedere silhouettes impegnate in danze conturbanti ed esplicite. Le madri stavano bene attente a tenere i propri pargoli a debita distanza da quelle case del piacere mobili, superandole di gran carriera e con i visi contorti da espressioni infastidite e disgustate.

Ma niente di tutto ciò soddisfaceva o anche solo minimamente attirava il giovane Hunter.

Dopo aver inalato un'infinità di campioni di profumi floreali e tastato con grande attenzione e gravità strascichi di velluto italiano, lana scozzese e lino egiziano, svoltò nell'ennesima stradina affollata – una delle poche che ancora non aveva sottoposto alla sua cinica ricerca – e fu costretto a fermarsi con un sospiro frustrato, quasi slittando sulle suole lisce delle costose Derby.

Una bambina, un'orfana in cerca di elemosina a giudicare dalle condizioni degli abiti – una vestaglia sporca di terra e polvere e niente scarpe – gli si era infatti piazzata davanti e aveva preso a fissarlo con occhi enormi e inespressivi, in parte nascosti da una frangia scompigliata, unta.

Diara mosse un passo di lato per raggirarla, ma lei lo imitò, in modo da continuare a sbarrargli la strada. L'uomo rivolse un istante gli occhi glaciali verso l'alto come a dire "Perché ce l'hai con me?", dopodiché provò nuovamente a superare quella piccola impertinente, ma invano.

«Non ho tempo, ragazzina.» ringhiò allora con voce appena udibile, lanciandosi un'occhiata intorno per assicurarsi che nessuno li stesse guardando, ma tutti sembravano persi nelle proprie trattative, avvolti da nuvole di profumi e colori da sogno.

«Cristo, se mi vedessero gli altri...» brontolò tra sé l'uomo, prima di afferrare la ragazzina sotto le ascelle e spostarla letteralmente di peso. La mollò in malo modo sul marciapiede più vicino, a pochi passi da una bancarella di gingilli ricavati da conchiglie e legnetti rigettati dalla bassa marea, e fece per andarsene, un largo sorriso soddisfatto sulle labbra fini, ma l'altra non sembrava disposta a demordere e lo afferrò fermamente per un polso.

«Ma che diavolo-?» sbottò Diara, liberandosi con uno strappo stizzito dalla sua presa inaspettata e fulminandola da sopra il naso aquilino.

«Non so se te lo hanno mai detto, ma non è davvero gentile tormentare a questo modo un tuo superiore.» rivelò, studiando con un sospiro le mezzelune insanguinate lasciate dalle unghie sporche e terribilmente affilate dell'orfana. Sperava solo di non beccarsi qualche malattia, data la quantità di sporcizia che infestava il corpicino della mendicante. Lei lo fissò, per nulla mortificata, e si limitò a infilare una mano sotto alla gonna malconcia. 

Un vecchio armato di bastone da passeggio passò loro accanto proprio in quel momento e schioccò indignato la lingua spugnosa contro il palato. Diara si trattenne a stento dal dargli del viscido ipocrita, quando notò il segno rosso appena visibile sopra al colletto rigido della camicia inamidata, ma convenne che avrebbe attirato su di sé troppa attenzione indesiderata e lasciò correre.

La bambina, intanto, aveva sfilato un involucro color magenta e glielo stava porgendo non senza una certa urgenza.

«Ah.» si limitò a commentare il giovane uomo, strappandoglielo di mano senza troppi complimenti e con un'imprecazione incastrata tra i denti. Non gli serviva vedere il simbolo impresso nella ceralacca per sapere chi fosse il mittente della lettera.

La sua organizzazione non mancava certo di tempismo!

Ancora non aveva trovato il regalo adatto per la sua graziosa amata e il loro appuntamento si sarebbe tenuto di lì a poche ore. "Sempre che non mi stiano richiamando alla base", ragionò con malumore crescente, "in quel caso possiamo anche dire tanti saluti all'appuntamento".

«Dannazione!» soffiò, cacciandosi il messaggio carminio in una tasca del lungo cappotto nero e tornando stizzosamente sui propri passi.

Dell'orfanella non c'era più traccia, ma non sprecò un singolo istante a chiedersi che fine avesse fatto, mentre si faceva largo tra la folla ora a grandi passi e prendendo quasi a spallate chi non era troppo svelto a farsi da parte per lasciarlo passare.

(1100 parole)

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