Capitolo Uno. Il ragazzo con le bende sui polsi

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CAPITOLO UNO. IL RAGAZZO CON LE BENDE SUI POLSI

A Els, madre adottiva del beneamato Ronnie

«Puzzi da fare schifo» proclamò una voce femminile da un angolo indefinito della stanza.

La prima cosa che Oneiron Kairos vide appena aperti gli occhi, però, non fu la proprietaria amareggiata della suddetta voce, bensì la manciata di cristalli iridescenti che ammiccavano dalla superficie sudicia del comodino, unico mobilio – oltre al letto, s'intende – presente in tutta la camera.

"Sarebbe uno spreco lasciarli lì a prender polvere", pensò il giovane con mente annebbiata, tirandosi a stento su un gomito ossuto e allungando una mano tremula verso la metanfetamina dai riflessi cangianti, seducenti.

«Oh, non credo proprio!» sbottò la voce irritante, poi una figura in carne si fece spazio a forza nel suo campo visivo e, con uno schiaffo ben assestato, spazzò i cristalli dal comò e li calpestò impietosamente con le suole rinforzate degli scarponcini da passeggio.

Oneiron brontolò qualche insulto nella sua lingua madre e si lasciò ricadere pesantemente sul materasso di lana, umido e caldo, una ciocca lercia di capelli castani a ricoprirgli parte dei tratti affilati.

«Quand'è stata l'ultima volta che hai visto anche solo da lontano una vasca da bagno?» insistette l'intrusa, incrociando le braccia al petto formoso e studiando il ragazzo mollemente stravaccato sul letto con un misto di preoccupazione e sdegno.

«Chiudi il becco, Ida» lamentò quest'ultimo in tono fragile, quasi infantile, nascondendo intanto il viso malaticcio tra le dita rinsecchite, dalle unghie mangiate fino alla carne.

«Torna a casa, Ron» replicò invece lei, facendolo svegliare del tutto. La nebbia nella sua mente si diradò all'istante e le parole della sorella gli penetrarono i pensieri, invadenti e affilate come cocci di vetro.

«Nei tuoi sogni!» sputò non senza una certa ironia, prima di mettersi a sedere tra grugniti e francesismi e gettare le lunghe gambe nude oltre il bordo del letto. Irida si scostò appena in tempo per non venir calciata dai suoi piedi e lo fulminò con le iridi color dell'ambra, ringraziando mentalmente il Cielo del kimono in seta che ne ricopriva il fisico spigoloso. Di certo non sarebbe stata la prima volta, ma se poteva evitare di vedere il fratello diciannovenne privo di veli, ne sarebbe stata lieta.

«Ci manchi» riferì senza tentennamenti, sempre guardandolo dall'alto in basso e sentendosi in un certo modo potente nel farlo, essendo sempre stata la più minuta tra i quattro Kairos.

«Tsk. Come no. A Ophelia non importa di nessuno se non delle sue stupide lettere d'amore e Hamartia semplicemente non è contenta se non può avere tutto, pardon, tutti sotto controllo.»

«Bene, mi manchi – corresse allora tra i denti, lasciando ricadere le braccia e stringendo i pugni ai fianchi. Un fulmine lampeggiò oltre le imposte sbilenche della finestrella al soffitto e la pioggia cominciò a scrosciare, improvvisa e violenta. Nessuno dei due vi badò.– Non ci pensi a me? Sei mio fratello-»

«Eccetto che non lo sono. Il bastardo ci ha comprati, o te ne sei dimenticata?»

«Sei comunque mio fratello» forzò la giovane, lasciando intravedere solo in parte quanto la sua affermazione l'avesse ferita e prendendo a tormentare la chiusura d'ottone della propria sacca a tracolla.

«Perché sei qui, Irida?» cambiò infatti argomento, pentendosi all'istante delle sue parole e addolcendo i toni.

La giovane aprì bocca per dargli la triste novella della malattia di Lord Cairns, ma il suo sguardo venne d'un tratto catturato da uno dei polsi del fratello, liberatosi della manica fluttuante della vestaglia quando il giovane si era passato una mano frustrata tra i capelli indomabili.

«Cos'hai lì?» volle sapere, aggrottando le sopracciglia ramate.

«Un bel niente. Vattene via – sbottò lui, tirandosi in piedi e ondeggiando lontano dai suoi occhi inquisitori. – Ma chi ti ha lasciato entrare, poi? Non si può avere un minimo di privacy nemmeno in un bordello, ora?»

Irida lo ignorò e gli si portò davanti – non senza un certo disgusto quando uno stivaletto in camoscio finì in una pozza essiccata di qualsiasi robaccia imbrattasse il pavimento – e gli porse la mano a palmo in su in un muto ordine.

«Fammi vedere» comandò vocalmente, quando il fratello fece finta di non aver colto.

«Mi spiace, ma non sei la nostra dolce sorellona.»

«Fammi vedere!» alzò allora la voce, afferrandogli poi il polso incriminato senza troppi complimenti e trascinandoselo davanti al viso, colpendosi quasi il naso per l'urgenza del gesto. Inspirò con un sibilo tra i denti quando, scostata nuovamente la manica, vide la benda attorcigliata come una serpe attorno al suo braccio scavato. 

La giovane donna avrebbe voluto mollare all'istante il suo braccio e mettersi a strillare, ma inghiottì il groppo fetido che le si era formato in gola e sollevò con estrema cautela un lembo ingiallito della fasciatura, già sapendo, per esperienza, cosa vi avrebbe trovato sotto. I tagli, come c'era da aspettarsi, non si erano ancora del tutto cicatrizzati e la pelle attorno a essi era tumida e infetta.

«Cristo, Oneiron. Quando?» soffiò, la voce fiacca, incrociando lo sguardo esausto del ragazzo con occhi luccicanti di lacrime.

«Una settimana fa – fu la sua risposta monotona e per poco non scrollò persino le spalle. Questo era quanto gli importava d'aver tentato il suicidio un'ennesima volta. – Non ho inciso troppo a fondo e sono riusciti a salvarmi, i bastardi.»

Irida imprecò una seconda volta e si allontanò di scatto, non riuscendo a sostenere oltre la vista dello spettro che era diventato l'adorato fratello. 

Fuori di sé, iniziò a muoversi in cerchio per la piccola e fetida mansarda del bordello, calpestando furiosamente il parquet scricchiolante dalla testata in ferro battuto del letto a una parete spoglia e dalla parete spoglia a un'altra parete spoglia e così dicendo. Nel frattempo, gocce di pioggia gelata avevano iniziato a precipitare da un'asse del soffitto, raccogliendosi in una macchia sempre più vasta su uno dei guanciali del letto.

«Questo è troppo, torni a casa» riferì infine la ragazza, ma solo dopo essersi accertata di poter celare completamente il tremolio nella voce. Sapeva di doversi mostrare ferma, inamovibile, nel pieno controllo della situazione, o il fratello avrebbe sfruttato la sua debolezza a proprio piacimento.

«No. Come mi hai trovato?»

«Perché lo vuoi sapere?»

«Così la prossima volta saprò come nascondermi meglio» rivelò in tutta sincerità, tirandosi le maniche del kimono al punto da celarsi le dita fino alle falangi intermedie.

«Mettiti questi – ordinò invece lei, lanciandogli un fagotto di vestiti sfilati dall'ampia borsa a tracolla. – E, se proprio lo vuoi sapere, ho seguito l'uomo che ti segue.»

«È proprio una cazzo di maniaca del controllo» brontolò Oneiron, indossando di malumore i pantaloni gurkha, senza nemmeno preoccuparsi di mettere prima i boxer freschi di bucato.

«Lo fa perché ci ama» la difese d'istinto la sorella, offrendogli silenziosamente sostegno quando lo vide barcollare per infilarsi le scarpe.

«Continua a raccontartela, ma chère soeur(1)» sghignazzò lui, aggrappandosi un istante alla sua spalla e inspirando il suo profumo di cannella e sapone e... acqua di colonia? Corrugò la fronte a quella fragranza tipicamente maschile e appena appena accennata, ma si tenne le dovute domande per sé.

«Ci sta tenendo al sicuro. Dove saremmo ora se non fosse per lei? Probabilmente ridotti peggio di te in questo momento.»

«Non lo metto in dubbio. Ma, sai cosa? Almeno io non mi ritrovo imprigionato nell'ennesima gabbia dorata» rinfacciò calmamente, quasi con noia. Ormai avevano entrambi perso il conto di quante volte ne avessero parlato, senza mai trovare un terreno comune.

«Non siamo in gabbia.»

«Ah, davvero?» pressò, inclinando con fare felino il capo da un lato. I suoi occhi parevano disumanamente penetranti e fissi sul volto divorato dalle droghe.

«Cristo, Ron, vogliamo davvero discuterne ora? Ora? Ho appena visto il tuo ennesimo tentativo di ammazzarti e sono costretta a vederti vivere nella tua stessa merde e tu vuoi metterti a parlare di Hamartia?»

«Abbassa la voce, qui hanno fatto le ore piccole» le fece notare, freddamente ironico.

«Dio, sei incredibile!» sibilò, allontanandosi nuovamente da lui per non rischiare di tirargli uno schiaffo.

«Faccio del mio meglio» ammiccò, godendosi con sadico dispiacere la momentanea irritazione della sorella nei suoi confronti.

«Beh – riprese dopo un istante di completo silenzio, interrotto unicamente dai rombi temporaleschi sopra le loro teste, – ti ringrazio di vero cuore per i vestiti puliti. Vorrei poter dire che è stato un piacere rivederti, ma me ne sono andato per un motivo, quindi...» accennò alla porta in maniera plateale.

«Dicevo sul serio, Oneiron. Tu torni a casa con me, in questo preciso istante.»

«Ti voglio proprio vedere» soffiò in una risata grondante sarcasmo e sfida, incrociando le braccia al petto magro e piegandosi verso di lei per potersi ritrovare alla sua stessa altezza.

«Non ti lascerò in questo schifo!» mise bene in chiaro Irida, storcendo il naso all'olezzo pungente – vino rancido e qualcos'altro – del suo respiro umido.

«Ma perché devi sempre fare l'eroina, mh? Pensi che salvando me o qualche altra stupida personcina, potrai cancellare quello che hai fatto? Ho una bella notizia per te, sorella, non si può fuggire dal passato, non importa quanto in fretta o quanto lontano corri. Siamo dei fottuti mostri, tutti e quattro. Te compresa, miss altruismo!»

«Pensi che non lo sappia? Non lo faccio perché spero di salvarmi l'anima o qualche stronzata simile, pezzo di idiota! Lo faccio perché ti amo e non posso sopportare l'idea del tuo corpo che viene mangiato dalle carogne in una qualche fossa comune. Non posso e tu non hai il diritto di sottopormi a una simile tortura, razza di ingrato egoista!»

«Sfogata?» bisbigliò tra i suoi capelli, dopo averla presa tra le braccia. Ida si dimenò un poco, tanto presa dal suo scoppio emotivo da non essersi nemmeno accorta di essere finita nell'abbraccio del fratello, ma si arrese quasi immediatamente. Il puzzo che emanava il suo corpo trascurato era insopportabile e le si attaccava in gola, ma nascose comunque il viso nell'incavo del suo collo e si abbandonò al suo tiepido calore.

«Vorrei poterti odiare, Oneiron – ammise contro la sua pelle febbricitante. – Vorrei tanto poterlo fare.»

«Credimi, non potresti mai odiarmi più di quanto non lo faccia già io» rispose il giovane, stringendola di più a sé, le urla di pochi attimi prima già completamente messe da parte. Ma le tempeste tra i due fratelli erano sempre brevi e volatili e non duravano mai oltre i minuti.

«Torna a casa.»

«Resta con me.»

«Come?» soffiò, colta alla sprovvista, scostandosi dal suo petto e piegandosi un poco all'indietro per poterlo guardare negli occhi cangianti.

«Solo tu e io, mh? Prometto che non fumerò in tua presenza e non vedrai una singola putt

Irida gli coprì la bocca con una mano prima che potesse concludere quell'oscenità.

«Non possiamo abbandonare le nostre sorelle. Dobbiamo restare uniti, come ci siamo sempre giurati.»

«Questo era prima di farlo fuori» le ricordò, lasciandole un bacio secco, veloce, sul palmo fresco.

«Non puoi chiedermi una cosa simile, Oneiron.»

«Perché no, di grazia? Tu puoi farlo e io no?»

«Non è la stessa cosa.»

«Ah, no?»

«Non ti sto chiedendo di abbandonare le persone che ami» lo fece ragionare, sciogliendosi completamente dall'abbraccio. Poteva percepire la conclusione di quella conversazione farsi sempre più vicina e non voleva intralciare Mythos.

«Chi ti dice che non abbia trovato l'amore mentre ero qui?»

«I due uomini che ho cacciato dal tuo letto prima che ti degnassi di svegliarti, probabilmente» fece sapere con labbra tirate.

«Ah, mi chiedevo che fine avessero fatto. Magari mi sono innamorato di entrambi, sono una persona dalle ampie vedute.»

«A volte troppo ampie. Rischierai di beccarti qualcosa, se vai avanti così.»

«Ma chère(2), non tutti abbiamo la stessa forza d'animo per accontentarci di un solo compagno di scopate.»

«Cristo, sei così disgustoso a volte. Dico sul serio, Ron. Hai idea di quante persone siano morte di sifilide solo questo mese?»

«Ero troppo impegnato con "i due uomini che hai cacciato dal mio letto" per potermi dedicare alla lettura del giornale. Ti prego, illuminami

La ragazza scosse il capo e distolse lo sguardo con un gran sospiro. Era inutile continuare a discutere di amore e fedeltà con una persona che non credeva in nessuna delle due cose; sarebbe stata solo un'ennesima perdita di tempo.

«Quindi non verrai con me volontariamente?» si assicurò, tornando all'argomento per cui si era spinta fino a quel posto disgustoso in primis.

«Pensavo d'essere stato piuttosto chiaro.»

A Oneiron di certo non sfuggì la complicata movenza che fece con la mano destra e non poté impedirsi di lanciarle uno sguardo impressionato, prima che l'albino in nero – rimasto celato fino a quel momento dalla capacità della sorella – facesse un passo avanti e lo colpisse in testa con un pugno ben assestato.

*

(1) Mia cara sorella

(2) Mia cara

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