Capitolo Tre. Riunione di famiglia che non è famiglia

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CAPITOLO TRE. RIUNIONE DI FAMIGLIA CHE NON È FAMIGLIA

«Eccolo qua, il mio bel nipote fuggiasco. Ti sei fatto attendere.»

A prendere per primo la parola fu il signore di quella spettacolare tenuta collinare, Lord David Cairns di Oban, un uomo attempato, ma con una voce ancora vigorosa e due sottili occhi grigi in grado di inchiodare chiunque sul posto. Questo, almeno, era il ricordo che aveva Oneiron di lui.

Tutto d'un tratto, l'espressione cupa e le parole della sorella Irida acquistarono di significato e il ragazzo si sentì cedere le ginocchia. "No, oh no."

Lord David, infatti, era fiaccamente accasciato su una delle due poltrone da lettura, la figlia rigidamente appostata accanto allo schienale lievemente reclinato, una mano curata delicatamente posata sulla sua spalla. L'anziano nobile nuotava nei propri vestiti e, a confronto, persino il fisico provato dalle droghe di Oneiron pareva saturo di salute.

Dove solo poche settimane prima si trovava un uomo dalla corporatura slanciata ed elegante e il viso incorniciato da corti riccioli color ferro, vi era ora una creatura dalla carnagione color larva e lo sguardo offuscato dalla cataratta; l'occhio destro era quasi praticamente sigillato dalla membrana di un bianco viscido, tendente al giallo. Le labbra sottili, solitamente sempre atteggiate in una linea rilassata e benevola, erano tumide e tese sulla dentatura, così come la pelle delle nocche pareva sul punto di squarciarsi per la pressione delle ossa affilate, e il conte di Oban sembrava in generale sul punto di crollare in mille pezzi da un momento all'altro.

Oneiron lanciò un'occhiata di sfuggita a Ida, chiedendole in un grido silenzioso perché non gli avesse detto niente, perché non gli avesse lasciato almeno il tempo di prepararsi a quella visione orrenda.

David Cairns poteva non essere davvero suo nonno, ma in quei tre anni aveva fatto per lui così tanto, che Ron aveva iniziato a vederlo come una sorta di figura paterna. E ciò non faceva che accrescere il disgusto di sé e il senso di colpa.

Mosse un passo verso la poltrona, poi due tre quattro, fino a quando non sfiorò con la punta arrotondata delle scarpe le pantofole dell'altro e vi si inginocchiò davanti, afferrando la mano venosa e spaventosamente fragile dell'anziano e avvicinandosela alla bocca secca.

«Mi spiace essermene andato senza avvertire.» Ed era, almeno in parte, sincero. Se da un lato scalpitava per poter fuggire una seconda volta, ora sapeva anche di non poterlo davvero fare, non con il Lord in quelle condizioni. 

Sentiva gli occhi dei presenti su di sé, ma fece del suo meglio per ignorarli e si concentrò per trasmettere un poco di quella calma placida tipica del sonno profondo nella mente torturata dell'uomo. David Cairns si rilassò lievemente e chiuse un attimo le palpebre traslucide.

«Cosa vi è successo?» gli domandò il ragazzo, sistemando meglio la coperta di ciniglia sulle sue gambe scheletriche, prima di tornare in piedi e guardare brevemente le tre sorelle da sopra una spalla. 

Un uomo sano e forte, per quanto di età avanzata, non poteva ridursi in quello stato nel corso di poche settimane soltanto. Sapeva che Irida non avrebbe mai fatto del male al vecchio – dall'assassinio del padre, si era rifiutata di ferire persino una mosca –, ma non avrebbe messo la mano sul fuoco per le altre due. Hamartia aveva mostrato ogni dannato giorno di essere disposta a tutto pur di assicurar loro ricchezza e protezione e Ophelia, beh, non sembrava provare sentimenti particolari per nessuno di loro, quindi non si sarebbe fatta troppi scrupoli a levarselo di mezzo.

«Oh, Oneiron, sai che trovo ridicolo quando mi parli come se fossi un tuo superiore. Sei sangue del mio sangue, non un qualche schiavo di poco conto» sbottò l'anziano signore, la voce ridotta a un sussurro fischiante, un graffiar di unghie sui vetri.

«Era di questo che volevate parlarmi?» il giovane si rivolse allora alla donna ancora irta accanto al poggiolo imbottito, la gioia provata solo un'ora prima al vederlo attraversare l'uscio di casa dopo settimane di silenzio, ora completamente prosciugata dal volto pasciuto, cinereo.

«Sì, ma non del tutto.»

«Il dottor Sten mi ha dato pochi mesi, cinque come uno soltanto – riprese il capofamiglia, quasi i due non avessero aperto bocca. – Tut tut, non ho bisogno del tuo dispiacere, Oneiron. Petra fa già abbastanza per tutti voi messi insieme.»

«Padre-» provò a dire la figlia in tono soffocato, quasi avesse avuto il naso chiuso. E, a giudicare dal velo di lacrime che le aveva offuscato le iridi nocciola nel giro di pochi istanti, poteva anche essere così.

«Tut tut – ripeté quest'ultimo, prima di tornare a rivolgersi all'altro unico uomo presente nella saletta. – Sai questo cosa significa, nipote?» lo interrogò, fissandolo con il solo occhio buono. Era serio, pronto a discutere di affari ed eredità nonostante il dolore lancinante al petto e la mente d'un tratto offuscata dalla sonnolenza.

"Oui, mais ne dis rien(1)."

Oneiron avrebbe voluto scuotere il capo e gridare con tutto il fiato che aveva in corpo, magari ridurre in pezzi qualcosa, ma non fece nulla di tutto ciò. 

Invece, si allontanò di un paio di passi dalla poltrona e fece passare lo sguardo cangiante da David a Petra Cairns e prese una decisione su due piedi. Sapeva che sarebbe stato tutto inutile e non avrebbe fatto altro che peggiorare i rapporti già fragili con la sorella maggiore, ma doveva fare lo stesso un tentativo. Non era la prima volta che ci provava, ma sperava, perlomeno, di instillare una sorta di dubbio a ogni fallimento; un colpo di vento, seppur lieve, che avrebbe fatto franare il castello di carte eretto con cura maniacale dalla più anziana dei Kairos. "Sono due brave persone e non meritano tutto questo, gli devo almeno questo. Glielo devo."

«Non posso avere il vostro titolo, mio lord.»

«Oneiron» lo mise in guardia qualcuno alle sue spalle, ma il sangue gli rombava con frenetica rapidità nelle orecchie, rendendo quella voce un semplice rumore di fondo, privo di identità. Proseguì.

«Non posso, perché non sono vostro erede.»

«Tesoro, di cosa stai parlando?» volle sapere Petra, scostandosi dalla poltrona dell'anziano padre e allungando una mano curata verso il viso sciupato di quello che credeva essere il proprio figlio. Oneiron si allontanò da lei.

«È la stanchezza, madre, non sa quel che dice. Probabilmente ha un principio di febbre.» Provò a rimediare Irida, affiancando il fratello e afferrandolo per una spalla in una muta preghiera. "Smettila", sembrava voler dire, "ti prego, smettila".

«Non sono vostro erede – rincarò invece il giovane, dimenandosi leggermente per levarsi di dosso la sua presa. - Non sono vostro nipote, non sono un Cairns! Il mio vero nome è Oneiron Kairos e sono nato in Provenza da una madre senza scrupoli che mi ha venduto a uno psicopatico, pur di comprarsi un'altra bottiglia di liquore.»

«Oneiron...»

«No, Lady Petra, no. Io non sono un Cairns e nemmeno loro tre! Verne Kairos ha eseguito degli esperimenti su di noi, donandoci delle capacità-»

«Hai detto abbastanza, Oneiron – lo interruppe Hamartia, sibilando quasi. – Ora basta.»

Ma non l'aveva concepito come un ordine, non contro il suo stesso fratello, quindi il ragazzo poté proseguire, imperterrito.

«Non siete mai stata sposata, Lady Petra, non avete mai avuto dei figli. Noi non siamo figli vostri, ma solo esperimenti di un bastardo senza scrupoli! Dovete pur averci pensato, qualche volta. Insomma, guardateci! Non somigliamo a nessuno di voi Cairns e non possedete nostri ritratti né culle o copertine come ricordo della nostra infanzia. E io ho l'accento francese!»

«Questo perché... perché la tua balia...» balbettò flebilmente Petra Cairns e Oneiron vide la base del castello farsi traballante. Il dubbio stava germogliando, il potere di Hamartia perdendo presa.

Ciò non fece che rinvigorirlo e alzò la voce. 

«Una bugia, come tutto il resto! Non avete vissuto che una pura bugia per tre anni! Ma ecco la verità: eravate entrambi nel sud della Francia per un viaggio d'affari, quando vi siete imbattuti in quattro ragazzini dall'aria persa e affamata. Mossi a pietà, avete offerto loro un pasto caldo alla locanda dove stavate riposando e un letto per la notte. E come è stata ripagata questa gentilezza? Mh? La cara Hamartia ha tessuto menzogne su menzogne nelle vostre menti, manipolandovi come burattini e convincendovi a prenderci con voi e a trasferirci tutti quanti sull'altra costa come una bella famiglia felice! Voi avete mostrato pietà e noi vi abbiamo ripagati rubandovi di ben tre anni della vostra vita.»

«La mia testa» soffiò allora Petra in un lamento di agonizzante dolore, afferrandosi il cranio tra le mani umide di sudore.

Oneiron sorrise. Irida lo guardò, incredula, con la bocca socchiusa e gli occhi sgranati.

Hamartia si frappose tra i due Kairos e i Cairns, iraconda, il volto chiazzato di sdegno, e spinse il fratello con un grido ferale.

«Che cosa hai fatto? – Un'altra spinta. – Che cosa hai fatto?» Un'altra spinta ancora.

«Hamartia, è vero?» stava intanto bisbigliando la donna con ancora il viso stretto tra le dita. Martia ruotò su se stessa e li guardò entrambi, fuori di sé. Respirava a stento e gli occhi color ambra brillavano di una luce che fece accapponare loro la pelle.

«Sì, ora ricordo – prese ad annuire furiosamente Lord David, guardandola con occhio sottile e provando a raddrizzarsi contro lo schienale della poltrona. – Voi... voi...»

«No. NO. Zitto!» gli sbraitò contro lei e l'effetto fu immediato. La bocca dell'anziano si serrò di scatto, con tanta urgenza che i denti scricchiolarono gli uni sugli altri. L'aria prese a ronzare per il potere rilasciato dalla giovane donna e, quando Oneiron fece per lanciarsi su di lei, Irida lo afferrò stretto per le braccia, trattenendolo sul posto.

«Ophelia, aiutami!» strillò, mentre il ragazzo prendeva a dimenarsi tra le sue braccia. Se fosse stato nel pieno delle sue forze, avrebbe potuto liberarsi con un niente, ma si trovava sull'orlo di una crisi d'astinenza e aveva perso davvero troppo peso, durante la sua permanenza al bordello. Ophelia si decise a raggiungerli, ma si limitò a fermarsi loro accanto e a scrutare la sorella maggiore e i due nobili con espressione indifferente. Non era una persona senza cuore, ma, semplicemente, aveva di meglio da fare e quella non era la prima volta che il fratello combinava un simile – inutilissimo – pasticcio.

«Non lo fare, Hamartia! Lasciali andare. Lasciali andare!» aveva intanto preso a gridare Oneiron, lasciandosi cadere di peso sulle ginocchia e trascinando Ida a terra con sé. Quando la giovane mollò la presa per rallentare l'impatto con il suolo, Ron balzò in piedi per potersi frapporre. Ma era ormai troppo tardi.

«Dimenticate quello che Oneiron vi ha appena raccontato. Noi siamo Cairns, sangue del vostro sangue. Nonno, abbiamo parlato di come, essendo unico erede maschio della famiglia Cairns, alla tua morte, Oneiron erediterà i tuoi titoli nobiliari e questa magione, ma ora ti senti affaticato e vorresti andare a coricarti. Mamma, accompagnalo.»

"No." pensò Oneiron con disperazione, ma ormai le forze lo avevano completamente abbandonato e non poté che restarsene a guardare mentre le parole della sorella serpeggiavano nelle teste di quelle povere persone, aggrovigliandosi attorno alle loro menti e soffocando la loro volontà tra le proprie spire. Le loro pupille si offuscarono un istante, morte, prima di tornare lucide e liberate di ogni dubbio e paura.

«Bene – disse Lord David, massaggiandosi il petto dove le fitte non avevano ancora cessato di tormentarlo. – Bene. Sono lieto d'essere finalmente riuscito a discutere del futuro di questa casata con te, figliolo, ma ora mi sento affaticato e desidero ritirarmi nelle mie stanze.»

«Ti accompagno, padre.»

*

(1)Sì, ma non dirlo.

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