Capitolo Due. Bentornato a casa, Oneiron Cairns

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CAPITOLO DUE. BENTORNATO A CASA, ONEIRON CAIRNS

INFREDDOLITO E CON LE GAMBE mezzo formicolanti per il lungo disuso – per settimane non aveva praticamente messo mai piede oltre l'uscio del bordello – Oneiron seguì il domestico e la cameriera verso l'impressionante gradinata scavata nella pietra, affiancato da una Irida tutto d'un tratto recalcitrante. Avrebbe voluto rassicurarla e chiederle il perché di quell'espressione cupa, spezzata, ma poi ripensò al fatto che, se ora si trovava lì, era solo per causa sua, e continuò a ignorarla.

La roccia liscia, color osso, degli scalini dell'ingresso principale era resa particolarmente scivolosa dalla pioggia scrosciante e i quattro furono costretti diverse volte ad aggrapparsi al corrimano altrettanto viscido per non finire gambe all'aria – rischiando così di spezzarsi il collo.

"Sarebbe davvero così brutto, poi?", pensò distrattamente il giovane, non facendo il minimo sforzo per scavalcare una pozzanghera creatasi al centro di uno scalino e schizzando così il bordo dei pantaloni in seta della sorella. La sentì sibilare per la sorpresa e il freddo improvviso sulle caviglie, ma, a parte un "ops" appena mimato, non le chiese scusa e proseguì dritto.

Giunti sotto alla tettoia marmorea della solenne entrata – la superficie granulosa delle spesse colonne portanti scolpita con grande abilità in modo da richiamare le ampie foglie di colocasia e i succosi frutti del sottobosco –, i due fratelli restituirono i propri ombrelli neri ai servitori e attesero che il fidato maggiordomo di famiglia aprisse loro la porta. Anche se, in quel caso, porta risultava essere a dir poco riduttivo; il doppio battente, circondato da un'alta arcata speculare a quella del pronao, era stato lavorato nel legno più scuro e ricco di riflessi che Oneiron avesse mai visto, con bassorilievi fini e tanto realistici da parere quasi di ritrovarsi in uno degli otto quadranti rappresentanti scene di caccia o di vita campestre.

Non fosse stato per due particolari essenziali e davvero impossibili da ignorare, Oneiron si sarebbe goduto fino allo stremo e senza ripensamenti l'estrema agiatezza dell'antica famiglia Cairns di Oban.

Il primo problema gli si presentò prima di quanto pensasse e sotto la forma bassa e tondeggiante della Lady Cairns in persona.

«Oh, Oneiron!» soffiò la donna in lacrime, travolgendolo con un abbraccio pieno d'amore non appena il maggiordomo li ebbe lasciati entrare nell'accogliente – ed elegante – vestibolo. 

Petra Cairns era piccola e pasciuta ed era sempre avvolta in una nuvola di tè verde e cetriolo, la sua acqua profumata di preferenza, e parve quasi scomparire tra le braccia magre di Oneiron, quando questi si decise a chinarsi su di lei e ricambiare il gesto d'affetto. Lady Petra lo strinse più forte a sé, una mano curata affondata tra i suoi ricci scompigliati e nodosi che ne costringeva la fronte madida di sudore e pioggia contro il velluto pregiato del proprio vestito, infischiandosi bellamente del suo puzzo pungente e stagnante.

«Madre» la salutò fiaccamente il ragazzo, serrando le palpebre per non crollare in lacrime davanti a tutti. Gioia, rabbia e vergogna gli montarono in petto in un'onda anomala che gli tolse il respiro e minacciò di fargli rigettare il vino scadente ingerito la sera precedente, ma riuscì a inghiottire tutto quanto e lasciò che la dolce donna lo abbracciasse un altro po'.

«Oh, Oneiron» ripeté alla fine in un bisbiglio appena udibile e commosso, afferrandolo per le spalle e allontanandolo un poco da sé. Il giovane si costrinse a riaprire gli occhi cangianti e a ricambiare lo sguardo intenso e penetrante della donna, desiderando solo divincolarsi e strillarle di smetterla di preoccuparsi tanto per lui, di amarlo.

«Madre – si intromise Irida, quasi percependo il malessere divorante del fratello, – dov'è il nonno?»

«Nella sala da lettura assieme a Ophelia e Hamartia. Vi stavamo aspettando con tale ansia...» sorrise la contessa, volgendo il viso arrossato verso la figlia minore, rimasta rispettosamente in disparte assieme ai tre servitori fino a quel momento.

«Prima preferirei concedermi un bagno.» riferì il giovane uomo, muovendo un passo indietro e passandosi dita tremanti tra i capelli unti. "E il maggior tempo possibile da solo."

«Certamente, tesoro, certamente – annuì Petra, la veloce parlata scozzese resa quasi incomprensibile dalla commozione, indicando intanto alla cameriera di raggiungerli. – Ti farò subito preparare una vasca con dell'acqua bollente. Oh, è così bello riaverti finalmente a casa, figlio mio!»

Oneiron si scoprì incapace di darle una qualsiasi risposta e, dopo un sorriso tanto forzato da indolenzirgli le guance scavate, seguì Nicolina, la domestica, oltre il sontuoso uscio dell'atrio, lungo la galleria dei ritratti degli antenati e poi su per la doppia scala che univa i diversi piani, fino al terzo, dove le sue vecchie stanze lo attendevano.


Rimase a mollo nell'acqua ai sali profumati e fiori di sambuco per quelle che gli parvero ore, ma non aveva alcuna fretta di rivedere la sua famiglia – la sorella maggiore in particolare. Quel primo incontro con Petra lo aveva prosciugato delle ultime forze rimastegli e non era certo di riuscire a sopportare altro, per quel giorno.

Inveì, non per la prima volta, contro Irida e, preso un grosso respiro, si lasciò scivolare sul fondo della capiente tinozza, tagliando così fuori l'afosa sala da bagno e il chiacchiericcio concitato delle due cameriere, nella stanza accanto; aveva già troppi pensieri per poter badare anche ai loro pettegolezzi bisbigliati, ora meri borbottii distanti, simili a eco surreali.

Gli occhi fissi sulla luce ondeggiante e lontana sopra di sé, pensò sul da farsi, ma senza arrivare a una soluzione concreta. C'era sempre il tarlo del darsela a gambe una seconda volta, ma sapeva bene che, nelle sue condizioni, non avrebbe nemmeno raggiunto una delle terrazze del secondo piano. 

Mesi prima era riuscito ad andarsene grazie all'effetto sorpresa e solo dopo essersi organizzato per far perdere le proprie tracce – anche se, come aveva scoperto poche ore prima, erano stati solo sforzi vani –, ma ora era affaticato, con un principio pericoloso di crisi d'astinenza e, beh, nudo. E, se anche fosse riuscito a recuperare dei vestiti e a convincere le due donne nella sua camera da letto di lasciarlo solo, sapeva che lo stavano tenendo d'occhio e che qualcuno – forse uno dei domestici, forse nuovamente Mythos – gli sarebbe apparso davanti non appena messo naso fuori, insistendo perché rientrasse. 

"No, ora come ora non avrei la minima possibilité di fuggire. Devo aspettare, formulare un nuovo piano e, questa volta, non limitarmi a cambiare nome, ma abbandonarlo proprio, questo paese di merde."

Si trattenne sott'acqua fino a quando i polmoni non minacciarono di esplodergli in petto, dopodiché riemerse tra schizzi e sospiri fischianti, con rivoli ancora tiepidi che gli scorrevano lungo il viso incavato e tra le fosse della pelle tesa sulle ossa. 

Lasciò poi ricadere la nuca contro il poggiatesta fradicio, gli occhi ciecamente puntati sulla carne livida dei polsi, senza vederne davvero le ferite grottesche e non del tutto cicatrizzate, ma quasi sentendo il dolore lancinante, tagliente, provato quel giorno. "Sarei dovuto andare più a fondo", rimuginò, senza particolare emozione.

Poi chiuse gli occhi e si appisolò.


«Signorino? Siete pronto?» una voce di donna, per la seconda volta nel giro di poco tempo, lo ridestò.

Il naso a pelo d'acqua, Oneiron si lasciò sfuggire un grugnito infastidito, dopodiché si mise a sedere relativamente composto e la invitò a entrare.

Si trattava ancora di Nicolina, seguita a ruota da una ragazza poco più che quindicenne, dal volto macchiato di efelidi e gli occhi guizzanti. Uscì dalla vasca e accettò il grosso telo assorbente che gli stava offrendo, imbarazzata, senza mancare di rivolgerle un occhiolino malizioso.

«Abbiamo accesso il camino, quindi ora potrete rivestirvi al caldo. Gli abiti sono sul letto.» istruì la servitrice più anziana, lo sguardo non una singola volta attratto dal suo corpo disadorno e in bella mostra – che ben conosceva dai loro trascorsi, in ogni caso –, a differenza della giovane collega.

«Très bien(1)» replicò Oneiron, superandole senza aggiungere altro e gocciolando fino alla camera quasi insopportabilmente riscaldata dal fuoco scoppiettante. 

Nicolina restò indietro per ripulire la sala da bagno e fu proprio la ragazzina a seguirlo per prestargli aiuto, ma decise di non tormentarla oltre, per quanto le gote arrossate e i continui balbettii lo deliziassero non poco.

«Hai un nome?» chiese comunque, tanto per fare conversazione, mentre la giovane cameriera lo aiutava a infilarsi una blusa tanto bianca da avere riflessi perlacei da sopra la testa, sistemandogli poi il colletto inamidato con mani tremanti, ma esperte. Era adorabile quanto si sentisse turbata dalla sua vicinanza e prese a scrutarla con occhi divertiti.

«Mads» fu la sua risposta stringata, timida.

«Mads?»

«Sì.»

«Io sono Oneiron, lieto di conoscerti.»

«Lo so» borbottò lei tra sé e a voce tanto ridotta che il giovane probabilmente non l'avrebbe nemmeno sentita, non fosse stato per il suo udito potenziato.

«Sai che sono lieto di conoscerti?» rinfacciò con un sopracciglio inarcato. Va bene, forse un po' la stava tormentando, ma non poteva davvero farne a meno.

«Come-? No... io...»

«Rilassati, Maddie, ti stavo solo prendendo in giro. I pantaloni posso mettermeli da solo, comunque.»

«Va bene, signorino – acconsentì lei, dandogli immediatamente le spalle e dirigendosi verso la toeletta rococò posta contro la parete a destra del letto. – Allora io... mh... prendo una spazzola per i vostri capelli. Preferite lasciarli giù o ve li lego con un nastro?»

«Niente nastro. Nel giro di un quarto d'ora saranno nuovamente dotati di volontà propria, quindi perché perdere tempo?» chiese retorico, saltellando sul posto per potersi infilare le brache a coste, nere e senza particolari fronzoli, tranne che per un delicato ricamo d'argento lungo i bordi. Nel corso delle settimane era dimagrito tanto che, sebbene i calzoni fossero stati cuciti su misura per lui, ora gli andavano estremamente larghi in vita e fu costretto a indossare la cintura al volo per non perderli all'istante.

«Come preferite, signorino.»


Lindo e profumato, con vestiti sobri ed eleganti a slanciargli il fisico smagrito e i capelli ordinatamente pettinati lontano dal viso smunto, il giovane era tornato in tutto e per tutto a essere il nobile Oneiron Cairns, il bel nipote – e unico erede maschio – di Lord David Cairns di Oban.

Oneiron si sistemò con una smorfia malcelata la spilla con lo stemma di famiglia sui revers a lancia in seta della giacca doppiopetto, il bronzo dell'emblema che gli faceva risaltare sia i riflessi del medesimo colore dei riccioli che le iridi eterocromatiche. 

A vederlo ora, non si sarebbe mai detto che avesse passato le ultime settimane in uno scadente bordello di sobborgo, tra oppio e alcol, e in compagnia di uomini e donne, indifferentemente.

«Abbiamo direttiva di accompagnarvi fino alla sala da lettura, signorino» rivelò Nicolina, ferma impettita assieme a Mads contro una parete della camera, quando lo vide avviarsi a passo spedito verso la porta. Alle sue parole rallentò, ma non incespicò, ben aspettandoselo.

"Naturellement(2)."

«Fate strada, allora» disse loro, lasciando che lo raggiungessero e affiancassero come due guardie carcerarie. 

Ed ecco il secondo particolare impossibile da ignorare: quella maestosa villa altro non era che una prigione.

*

(1) Ottimo/Va bene

(2) Naturalmente

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