IO, RICCARDO E GABRIEL

«Dai ragazzi svegliatevi, non vorrete arrivare a scuola in ritardo vero?» si sente la voce vellutata di mia madre, che come una carezza sul viso mi sveglia.

Mi stiracchio le braccia alzandole verso l'alto soffitto della nostra camera, e incrocio gli occhi con quelli di Gabriel.

Sul viso di mio fratello si increspa un sorriso da monello, ma devo ammettere, che anche sul mio volto c'è. Solo uno sguardo, che sommato ad un sorriso forma un piano formidabile.

P.O.V. GABRIEL
Ci stiamo avvicinando al letto centrale di quella stanza, dove si trova il nostro obbiettivo.
Guardo il mio compagno per l'ultima volta prima dell'attacco al nostro bersaglio che, per i miei gusti, stava dormendo troppo tranquillamente sul suo letto, così si sveglia di soprassalto.

«Ragazzi... sme-tte... smettetela... » dice, cercando di trattenere le risate.

E vi svelo un segreto, il suo tentativo è fallito disperatamente.
Poi nuovamente io e il mio compagno, nonché mio fratello, interrompiamo la tortura per alzare le nostre teste per scambiarci un altro sguardo.

«Dovremmo smettere? Dovremmo lasciarlo stare fratello?» mi chiede Jason.

«No soldato. — dico risoluto — Annettiamolo.» così ci rilanciamo sul povero corpo di Riccardo, che ci implora di lasciarlo in pace. Cerca di dirlo con voce autoritaria, e ve lo svelo di nuovo il segreto, come prima non ce la fa neanche lontanamente.

«Ragazzi!» cerca di sgridarci nostra madre con una voce dolce.
Lei non ce la fa mai ad alzare la voce, rimane sempre così, dolce come il miele e vellutata come la pelle di un bambino.
«Lasciate in pace Riccardo, andatevi a preparare. Vero, Lucas la tua corriera è già passata, oggi dovrai prendere quella di Riccardo e Gabriel.»

«OK mamma, ma mi potresti chiamare Jason, per favore?» chiede mio fratello. Combatterà a vita con questa questione, perché a lui non piace essere chiamato con il nome Lucas, non so il perché, non gli da' fastidio e basta, infatti alcuni neanche sanno che ha due nomi.
Ma io non ho il suo stesso problema, mi chiamo Gabriel e basta. Perciò... è meglio che mi sbrighi, dato che gli altri hanno già fatto.

Scendo in fretta le scale saltando gli ultimi tre gradini e mi avvicino alla penisola della cucina in cui i miei cari fratelloni stanno già mangiando.

«Ehi, sei arrivato finalmente.» dice Jason con la bocca piena, infatti Riccardo lo riprende: «Maleducato.» e gli tira una sberla sulla nuca.
Ahia, non deve aver fatto molto piacere, però mi piace molto questo clima, così tranquillo e... normale.

Infatti noi non siamo tanto normali, dato che siamo dei 'semidei', neanche so come riusciamo ad andare in una scuola normale e rimanere lontani dal campo per così tanto tempo.

"Wow, non ho fatto un pensiero così intenso da quando sono nato" penso.

«Forza ragazzi, prendete lo zaino, dovete avviarvi alla fermata, oppure perderete anche questa di corriera. Dai.» ci incita nostra madre mentre ci da' un abbraccio per salutarci.

Così chiudiamo la porta di casa alle nostre spalle e partiamo verso un'altra barbosa giornata a scuola.

P.O.V. RICCARDO

Appena siamo usciti di casa, Gabriel inizia a saltellare come un piccolo satiro, come ogni altra mattina.
Ma oggi è diverso. Oggi c'è anche Lucas, cosa che non è da tutti i giorni, visto che lui solitamente prende un'altra corriera, per non so quale divino motivo.

Alla fermata non siamo soli, infatti ci sono gli altri soliti ragazzi del paese, e mentre attendiamo la corriera intossicandosi con il fumo di quelle sigarette elettroniche, finalmente questa si decide ad arrivare.
Io e Gabriel ci sediamo sul terzo posto come sempre, mentre Lucas si mette davanti a noi.

Una volta che tutti sono saliti, la corriera riparte per arrivare alla prossima fermata.
Gabriel mi tira la manica come solo un cucciolo sa fare, mentre aggiunge alla sua espressione facciale gli occhietti e il labbruccio, penso che mancherebbero solo le orecchie ed ecco un cane in corriera, tutto questo solo perché vuole che giochi con lui una partita a rush royal.
E come dirgli di no.
In realtà, non trovo senso in quel gioco, io me ne starei tranquillo a leggere piuttosto che stare attaccato al telefono.
Però a Gabriel piace e so che se non ha da fare, gli prende un attacco di panico, quindi... non mi resta che giocare.

Mentre sto spudoratamente vincendo una partita, alzo lo sguardo e vedo Lucas in preda ad un attacco di rossore, seguo il raggio dei suoi occhi e vedo la solita ragazzina con i capelli ricci che cerca sempre un posto in cui non c'è nessuno, ma che in questa corriera è come cercare ora, infatti alla fine è costretta a chiederlo proprio a Lucas, che con un certo un po' tremolante risponde.
Rivolgo nuovamente il mio sguardo a Lucas e gli chiedo con gli occhi che cosa c'è che non va, lo vedo girarsi e prendere il telefono.
Questione di minuti e mi arriva un messaggio da parte sua che dice solamente che è una questiona troppa lunga da scrivere, quindi me l'avrebbe detta oggi a casa.
Lo guardo e annuisco con la testa, per poi rivolgere la mia attenzione al gioco.

P.O.V. JASON LUCAS

Non ci posso credere.
Lei. è. Qui.
Sarebbe una buona occasione per cominciarle a parlarle — cioè continuare a parlare, anche se non considero un 'Ehi, stai bene? Scusa' come un conversazione — per conoscerla un po' meglio ma, penso mentalmente che forse è meglio se oggi lascio questo giorno come osservazione; anche perché si è seduta vicino a me e subito si è messa le cuffie nelle orecchie per ascoltare la musica.

Intanto Riccardo ha notato in che stato ero alla vista di Chiara, così presi il telefono e su whatsapp gli scrivo che non ho voglia di parlarne adesso, anche perché è una lunga storia, perciò avrei preferito raccontargliela a voce, una volta finita la mattinata.
Mi volto per vedere solamente lui annuisce con testa mentre ripone nuovamente la sua concentrazione sul telefono.

Il viaggio prosegue tranquillo, Chiara che ascolta la musica e io che la guardo di sfuggita.

Qualche metro prima della fermata per la nostra scuola lei si alza e si accoda per uscire, così mi infilo dietro alla ragazzina che non si è resa conto vicino a chi si era messa seduta.

Una volta uscito dalla corriera, finalmente aggiungerei dato le spinte che ho dovuto dare e quelle che ho ricevuto, saluto quella faccia da piantagrane che è mio fratello e anche Riccardo, ma senza perdere troppo tempo, dato che devo seguire qualcuno, che ho già perso tra quella dannata folla di ragazzini.

Per tutti gli Dei dell'Olimpo.

Mi faccio largo tra i miei coetanei e poi la rivedo.

Testa bassa, schiena curva per il peso dello zaino e passo veloce. Cammina sulla pista ciclabile, così da superare tutti coloro sono più lenti di lei.

Ancora con le cuffie sulle orecchie raggiunge la scuola ed entra nella sua classe pedinata da me, che le sono stato dietro come un cane per tutto il tragitto.

Prima di entrare nella mia classe faccio un respiro e così inizia questa schifosa giornata di martedì.

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