Noi siamo qui

Halloween, 1999

Filippo non si era mai sentito così elettrizzato, prima d'ora.
La notte di Halloween, gli anni precedenti, era trascorsa all'insegna delle solite feste organizzate nei casolari della campagna ferrarese... mai nulla di alternativo o di eccitante.
Quest'anno, però, sarebbe stato diverso.
Luca, il suo migliore amico, nonché fissato cronico di occulto e luoghi infestati, durante una delle sue mille ricerche in internet sul tema, aveva trovato un lugo decisamente fatiscente, scoprendo con sua enorme sorpresa che si trovava vicino al loro paesino.
Filippo non credeva a quelle stronzate, e di sicuro non era un tipo a cui riuscivi a incutere terrore facilmente, ma di una cosa era certo: i ragazzi e le ragazze della loro compagnia, sarebbero impazziti!

Erano ormai le otto di sera, la notte era già calata inesorabile, e la nebbia stava già iniziando a ricoprire le stradine del suo piccolo paese, in provincia di Ferrara.
Tra meno di mezz'ora, si sarebbe incontrato in piazza con il resto della compagnia, che era completamente all'oscuro sul programma della nottata.
D'altronde, Luca e Filippo erano i leader indiscussi del gruppo: erano sempre loro a decidere cosa fare, o dove andare durante i week-end, e mai nessuno era rimasto deluso o si era ribellato.

Stasera o la va, o la spacca; aveva pensato Filippo tra sé e sé, prima di uscire, infilando il giubbino nero e mettendosi il cappuccio per proteggere i capelli dall'umidità della notte.
Stasera, avrebbe tentato un approccio più diretto con Emma, la ragazza che gli piaceva da un po'.
La paura ha sempre aiutato in questi casi, e sperava che a Emma ne venisse parecchia, in modo da potersela lavorare per bene...

«Esco, mamma! Non aspettarmi alzata! Resto da Luca a dormire!»

Sì, questa serata sarà memorabile!

I ragazzi erano già tutti arrivati in piazzetta, non vedevano l'ora di scoprire cosa li attendesse.
Thomas, il fratello maggiore di Luca, stava parlando con altre due ragazze e un ragazzo, intenti a controllare attrezzature a Filippo sconosciute.
Emma, bella come sempre nonostante la tuta da ginnastica nera e le tennis bianche, era seduta su un muretto, intenta a parlottare con Paola e Ambra.
Quest'ultima, in barba a quanto detto da Luca e Filippo, si era infilata in un vestitino aderente che poco lasciava all'immaginazione, il tutto accompagnato da un tacco dodici che le avrebbe creato, a breve, non pochi problemi.

«Ambra, possibile che non capisci mai un cazzo di quello che ti diciamo! Avevamo detto di vestirci tutti comodi! Voglio proprio vedere come farai, dopo!» l'aveva ripresa Luca, mentre si era studiato per bene le cosce della rossa tinta.

«Oh, ma che palle! È Halloween! Al massimo mi aiuterai tu, portandomi in braccio!» aveva risposto lei, facendogli l'occhiolino.

Filippo aveva alzato gli occhi al cielo: Luca di sicuro se la sarebbe fatta, mentre lui era ancora in alto mare.

«Ok, ragazzi. Stasera, io e Luca vi porteremo in un posto da brividi. Salite nel furgone con Thomas, io e Luca saliamo con la Meli. Niente storie, le domande le farete appena saremo arrivati» aveva concluso Filippo, avviandosi con Luca, Stefano e la Meli verso la macchina di quest'ultima.

Una volta partiti, Filippo si era affrettato a ringraziarla per il passaggio.

Per una maggiorenne, non doveva essere il massimo passare Halloween con dei ragazzini; aveva pensato.

«Vuoi scherzare? Più siamo e meglio è. Dicono che in quel posto c'è di tutto: tossici, senza tetto... addirittura gente che va a farci le messe sataniche! In tanti è più facile. Se c'è qualcuno, sentendoci entrare, spero che se ne vada» aveva risposto Melissa, con un'alzata di spalle.
La Meli era una della compagnia di Thomas, fratello di Luca, e tutti condividevano la passione per l'occulto.
Il loro gruppo, però, era decisamente a un livello superiore rispetto a quello del suo migliore amico: avevano strani aggeggi che si illuminavano per rilevare la presenza di fantasmi, e registratori e telecamere per documentare il tutto; nel loro tempo libero, se ne andavano spesso a spasso per luoghi infestati.
Erano perfino stati al Castello Estense, o nel cortile della Palazzina Marfisa d'Este.

«Stasera ho una sorpresa anche per te, caro il mio uomo d'acciaio! Voglio proprio vedere se riuscirai a non fartela sotto!» aveva detto Luca,  interrompendo il flusso di pensieri dell'amico.
Quello stecco riusciva a essere davvero fastidioso, nel suo metro e ottanta, magro come un chiodo, e con quei tratti mediterranei.

«Ma di che parli, spacca maroni?» aveva cercato di provocarlo Filippo, sistemandosi con la mano i capelli biondo cenere mentre fissava quel poco di asfalto che si poteva intravedere, a causa della nebbia fitta.

«Lo vedrai, amico mio... vedrai!»

Una volta arrivati, l'unica cosa che si riusciva a intravedere, era l'alto cancello in ferro battuto, scrostato dal tempo e mezzo chiuso da una pesante catena.

«Ma dove cazzo ci avete portato?» aveva esclamato Paola, stringendosi nel cappotto e sistemando la coda alta dei suoi lunghi capelli castani.

«Ed ecco a voi, signore e signori, l'ex Ospedale psichiatrico per bambini di Aguscello!» aveva esclamato Luca, con fare teatrale e con un inopportuno baciamano ad Ambra, dato mentre la aiutava a scendere dal furgone.

«Un vero gentleman!» aveva riso quest'ultima, con fare malizioso.

«Allora, mentre quel coglione di mio fratello e la sua truppa preparano l'attrezzatura, vi illustro un po' ciò che stiamo per vedere» aveva proseguito Luca, entusiasta di poter finalmente rivelare le sue ricerche sul luogo.
«Come già detto, questo era un ex Ospedale psichiatrico. Era della Croce rossa, gestito da medici e suore.
I pazienti, erano tutti bambini fino ai tredici anni, alcuni con problemi mentali, altri semplicemente indesiderati. A quanto si dice, non esistono documenti che attestino ufficialmente la presenza di questo posto... ma solo i racconti degli abitanti del luogo» aveva detto cercando di creare suspense.
«Sembrerebbe che fu usato dai primi anni '40, fino agli anni '70 circa, per poi essere misteriosamente abbandonato...
Le suore e i medici, a quanto pare, erano dei sadici di merda, che facevano esperimenti sui poveri bambini che, sfortunatamente, erano costretti a vivere tra queste quattro mura. Li hanno torturati con i metodi più strani, praticavano su di loro anche l'elettroshock! A riprova di questa cosa, in mezzo all'immensa campagna che lo circonda, sono stati ritrovati i macchinari che il personale che ci lavorava ha tentato di nascondere, dopo aver abbandonato l'istituto in fretta e furia.
Ci sono diverse teorie, poi, sul perché sia stato chiuso, ma solo due sembrano essere le più realistiche.
La prima, riguarda un ipotetico incendio, appiccato o da un bambino, o dal personale che ci lavorava per nascondere le tracce delle torture che avevano afflitto a quei poveri piccoli... Peccato, però, che non ci sia traccia di fuliggine o del fuoco ad avvalorare questa tesi!
La seconda, invece, parla di una misteriosa epidemia, non curata da parte del personale competente e che ha ucciso tutti i bimbi, costringendo chi ci lavorava a seppellirli in una fossa comune, che veniva usata anche per molti altri bambini morti durante gli esperimenti.»

«Mio Dio, ma è terribile» aveva sussurrato Paola, interrompendo il macabro racconto.

«Oh, e non è tutto! Il meglio ve lo racconterò una volta dentro!» aveva risposto lo stecco, voltandosi verso Filippo, con un ghigno inquietante dipinto in volto.
«Ci sono due diversi edifici, il primo è l'ospedale psichiatrico, il secondo la chiesetta sconsacrata, che si trova di fianco all'istituto. L'ospedale era di cinque piani, ma purtroppo il tetto è crollato, rendendo inagibili gli ultimi due... i più interessanti...» aveva affermato Luca, voltandosi nuovamente verso Filippo.
«La chiesetta, però, è altrettanto inquietante... dicono che ci svolgano delle messe nere!»

«No, raga, sentite... io lì non entro! Non esiste proprio!» aveva detto risoluta Paola, scuotendo con forza la testa in segno di negazione.

«Ah Pa', non iniziare a fare la cagasotto!» aveva esclamato Stefano, sbuffando infastidito per il comportamento dell'amica.

«Puoi dire quello che ti pare, ma io lì dentro non ci vengo! E se mi aveste detto da subito che il vostro piano era questo, vi avrei mandati a cagare prima! Non sarei proprio venuta, stronzi!»

Luca e Filippo erano divertiti dal battibecco tra i due, se fossero venuti alle mani sarebbe stato divertente!
La reazione isterica di Paola era tra le cose che comunque, conoscendola, avevano previsto.

«Paola, ti prometto che non succederà niente, sono solo storielle! Cosa vuoi mai che ci sia, di vero! Entriamo, ci facciamo due risate, e se hai paura usciamo subito, ok?» il discorso di Filippo era studiato, il tono era calmo.
Sentiva già la vittoria in pugno: sapeva che la ragazza aveva un debole per lui, un debole che non era ricambiato ma che Filippo avrebbe usato per convincere la più fifona del gruppo a entrare senza storie.

Emma, nel mentre, si era avvicinata all'amica, iniziando ad accarezzarle la schiena in modo rassicurante.
Ambra, come al solito, non aveva battuto ciglio alla storia di Luca, e con fare annoiato, si era accesa una sigaretta, cercando di intravedere qualcosa oltre i cancelli e la fitta nebbia, che li avvolgeva come a volerli proteggere dalla fatiscente visione del posto che li circondava.
Thomas, a una decina di metri di distanza, era vicino al furgone, intento a ripetere alla telecamera, tenuta dall'amica, la storia del posto per eventuali spettatori della sua ennesima caccia agli spettri.

Dopo poco, il gruppo di Thomas, si era avvicinato a quello di Filippo, iniziando a dare a ciascuno dei partecipanti al tour una torcia.

«Andiamo, ad Halloween il confine tra il mondo dei vivi, e quello dei morti, si assottiglia. Speriamo che questo ci aiuti a comunicare con le povere anime tormentate che infestano l'ex Ospedale psichiatrico di Aguscello» aveva recitato Thomas verso la telecamera, tenuta in mano da una tipa dall'aspetto molto dark e piena di piercing alle orecchie e al naso.

Il gruppo compatto, così, si era addentrato nel cortile che circondava l'edificio, ignari di cosa li attendesse.

Quando l'enorme palazzo si rivelò ai loro occhi, nessuno riuscì a trattenere un gridolino di spavento o di approvazione.
Luca, sembrava un bambino a Natale, pronto a scartare i regali.
Paola, era terrorizzata, lo si notava dalla postura rigida e dalle braccia sempre più strette in una sorta di auto abbraccio consolatorio; teneva gli occhi fissi verso l'alto, per scrutare l'altezza dell'edificio.
Stefano le si era avvicinato, cingendole le spalle per tranquillizzarla, mimando nel mentre gesti osceni con la bocca verso Filippo, che aveva riso della demenza dell'amico.
Thomas, la Meli e gli altri due loro amici, sembravano impassibili. Si vedeva che per loro era quasi una cosa di routine, erano professionali come un vero team di cacciatori di fantasmi.

«Filo?»
Emma, con la solita voce dolce e suadente, aveva richiamato l'attenzione del ragazzo, avvicinandosi a lui per parlargli all'orecchio.
Il profumo di vaniglia usato dalla ragazza, aveva sostituito l'odore della nebbia e dell'erba bagnata che li circondava.

«Sei sicuro che sia una buona idea? Non vorrei che ci facessimo male, da fuori sembra messo proprio da cani» aveva affermato, spostandosi una ciocca di capelli nero corvino dietro all'orecchio, e puntando i suoi splendidi occhi verdi su di lui.

«Staremo attenti, ma se mi resti vicino è meglio, sai, per la tua sicurezza» aveva risposto lui, sfoderando la sua espressione da rimorchio facile e guardandole le labbra carnose e perfettamente delineate dal lucidalabbra.

«Saprò cavarmela, sempre se non ci casca il soffitto addosso! E poi, io non ho mica paura, quella che rischia un'infarto è Paola, per me queste sono tutte stupidaggini!» aveva ribattuto Emma, facendo la dura.

«Aspetta a dirlo! Ho tenuto il meglio per dopo!» si era intromesso nella conversazione quel ficcanaso di Luca, mentre con la torcia illuminava i muri scrostati e ormai quasi interamente ricoperti dall'edera.

L'istituto era altissimo, semplicissimo nella forma rettangolare, senza fronzoli o abbellimenti particolari.
Era circondato da edera rampicante e da reti arancioni a chiudere e delimitare i confini più pericolanti. Alcuni cartelli triangolari riportanti la dicitura 'Pericolo di crollo', erano caduti e giacevano abbandonati in mezzo all'erba incolta.
Le finestre erano molte, e tutte chiuse da inferiate rimaste integre nonostante gli anni di abbandono.

«Questo edificio è abbandonato da soli trent'anni, eppure sembrano molti di più, osservando lo stato in cui riversa» aveva detto Thomas, sempre a favore della telecamera.

«È quasi mezzanotte, ormai. Da dove volete iniziare? Chiesetta, o istituto principale?» aveva domandato la Meli, rivolta in generale a tutti.

«Se non vi scoccia, io terrei la chiesetta per il gran finale!» aveva risposto Luca, mentre si avvicinava ad Ambra, facendole un agguato alle spalle.

«Stiamo per entrare nell'edificio principale, quello dove i bambini vivevano, dormivano, mangiavano e... venivano torturati dai loro aguzzini, con tecniche sperimentali usate per curare le malattie mentali dei poveri malcapitati» aveva detto Thomas, continuando a documentare la serata.
«Entrare è piuttosto semplice» aveva proseguito, camminando verso un punto specifico, «come potete vedere, questa era una delle finestre che conduceva ai sotterranei della struttura. Basta calarsi da questo buco completamente aperto, e il gioco è fatto» aveva concluso, iniziando a infilarsi nel pertugio per poter entrare.

«Come faceva a saperlo? Ci siete già stati?» aveva chiesto Ambra alla Meli, mentre osservavano la scena.

«No, ma non siamo i primi e in internet trovi i video di quelli che ci sono già venuti» le aveva risposto la nerd, iniziando a entrare subito dopo al suo compagno di avventure.

A mano a mano che si calavano dentro l'edificio, una strana sensazione iniziava ad aleggiare tra di loro... una sorta di inquietudine, di angoscia.
Filippo, sceso per ultimo e dopo Emma, appena si guardò intorno, si sentì osservato, ma nessuno dei suoi amici sembrava fare caso a lui.
Il luogo era decisamente sinistro, per terra c'erano pietre, pezzi di vetro, assi di legno... di tutto.
I muri erano tappezzati da scritte di vari colori: alcuni erano semplici disegni di falli e similari; altre erano scritte con nomi, date, numeri senza significato apparente e frasi sconnesse.
Altre, invece, erano più inquietanti...

«All'epoca, qui, c'erano le cucine, come potete vedere da queste isole dove una volta erano posti i fornelli. Su questo, credo che abbiano cercato di fare un rito di qualche tipo, visti i resti di candele bianche usate» aveva affermato Thomas, lasciando che la sua amica riprendesse la stanza e quanto da lui affermato.
«Le piccole camere attigue erano usate come ripostigli, e come potete vedere là, c'è la scala che porta al piano superiore, ancora agibile.
Ora, inizieremo ad accendere il registratore Evp, questo ci consentirà di registrare voci che non sarebbero udibili da orecchie umane. Inoltre, con noi, abbiamo anche il rilevatore di campi magnetici: serve a segnalare la presenza dei fantasmi. In caso affermativo, invece di avere la sola luce verde accesa, come in questo momento, vedrete illuminarsi anche quelle di fianco. Se arriva fino alla luce rossa, la presenza è molto forte.
Anna, inoltre, ha anche una telecamera in grado di riprendere e rilevare eventuali presenze grazie agli infrarossi.»

Filippo, non sapeva se ridere o piangere: trovava tutte quelle attrezzature assolutamente stupide.
Si domandava, inoltre, se sarebbe riuscito ad arrivare a fine serata senza ridere di gusto in faccia a Thomas, che nel mentre, aveva affidato al suo compagno di team dal nome sconosciuto il registratore vocale, alla tipa dark di nome Anna la telecamera a infrarossi, alla Meli la telecamera per continuare le riprese, e a se stesso quella specie di telecomando con le lucine alla mo' albero di Natale.

Emma, iniziava a essere tesa: aveva avuto la sensazione che qualcuno la tirasse per un braccio, ma quando voltandosi, non aveva visto nessuno, si era guardata bene dal dirlo agli altri, per non sembrare pazza.
Inconsciamente, però, aveva deciso di avvicinarsi a Filippo, che accorgendosi della cosa, aveva a stento trattenuto un sorrisino soddisfatto per l'evolversi del suo piano.

Paola, invece, iniziava ad avere un attacco di panico: ogni angolo buio, ogni ragnatela, ogni scricchiolio... la faceva sobbalzare.
Stefano, era più che grato di queste distrazioni della ragazza, che non si era accorta di quanto la mano di lui, fosse a sud del suo girovita.

Ambra, invece, eccitata dalla situazione di pericolo, non aveva perso tempo, e complice il buio, aveva provveduto a limonarsi per bene Luca, che era ben felice di questa iniziativa della ragazza.

«Ora, saliremo le scale e proveremo a fare qualche domanda, per vedere se qualche bambino è ancora qui» aveva detto Thomas, spezzando il pesante silenzio e iniziando a salire le scale.

Filippo, aveva preso la mano di Emma, e dicendole di fare attenzione, aveva iniziato a salire i gradini a sua volta, seguendo il team di ragazzi al piano superiore.
Alla fine della scala, sul muro di fronte a loro, spiccava una scritta rosso sangue riportante la dicitura 'Per l'inferno, da questa parte', con tanto di freccia verso sinistra.
Per un istante, Filippo, sentì la presa di Emma farsi più salda, ma voltandosi per guardarla, vide solo un accenno di sorriso sul suo volto.

«Fate attenzione, qui il pavimento è crollato, costeggiate il muro» li aveva avvisati Thomas, piazzandosi poi al  centro della stanza, dove il pavimento non era crollato o ricoperto dalle macerie del tetto

«Fermi... lo sentite?» aveva chiesto la Meli, bloccandosi di colpo prima di raggiungere Thomas.

«Cosa?» aveva domandato quest'ultimo.

«Questo respiro pesante... lo senti?!» aveva risposto lei, in tono concitato.

Il silenzio, a quel punto, aveva prevalso sui loro piccoli chiacchiericci.
D'un tratto, risuonò chiaro, tra le mura abbandonate di quell'edificio sinistro, un respiro pesante.
Sembrava venire dappertutto, pareva di averlo di fianco al proprio orecchio, o sopra la propria testa.
Un respiro che incuteva angoscia, che sembrava avvisare il gruppo di amici che lì, in quel posto dimenticato da Dio, loro, non erano i benvenuti.

«C'è qualcuno?» aveva urlato la Meli, indecisa se sperare di ricevere una risposta da qualcuno di vivo e umano, o nel silenzio dei morti.

In quel preciso momento, lo strano aggeggio tra le mani di Thomas iniziò a illuminarsi, come se fosse impazzito.
Il respiro continuava a riecheggiare pesantemente tra di loro.

«Meli, stai riprendendo?!» aveva chiesto Thomas, l'unico che sembrava davvero eccitato, in mezzo a loro.

«Sì, cazzo!» aveva detto lei, colta da una sorta di euforia.

Un grido aveva spezzato il momento, facendoli girare tutti verso Paola.

«C'è qualcuno laggiù! Qualcuno è passato correndo davanti alla finestra! Voglio andare via! Andiamo via!» aveva iniziato a dire velocemente la fifona, mugugnando le ultime frasi con un nodo in gola, e indicando un punto in una stanza di fronte al gruppo.

«Calmati, ora! Sarà stata solo un'ombra!» aveva cercato di rassicurarla Stefano, che iniziava a sentirsi a disagio.

«Sto cazzo! L'ho ripreso con la telecamera a infrarossi!» aveva detto Anna, la tipa dark.

«Fammi vedere!» le aveva ordinato Thomas, in tono perentorio.

Anna, a quel punto, riavvolgendo il girato, aveva fatto vedere una specie di ombra, una sagoma nera somigliante a una persona, fare capolino da dietro il muro indicato da Paola poco prima.

«Se fosse stata una persona, il calore avrebbe fatto vedere la sagoma di colore rosso, invece l'ombra è scura, fredda» aveva spiegato Thomas, rivolto verso il fratello che aveva ipotizzato che potesse trattarsi di un barbone in fuga.
«In più, quella è una stanza chiusa, con una sola finestra con le inferiate...» aveva affermato per sottolineare come non ci fossero uscite, in quella camera, a eccezione della porta che dava sulla stanza dove loro si trovavano in quel preciso momento.

«Andiamo via, non ci vogliono qui!» aveva insistito Paola, che nel mentre, si era messa a piangere e singhiozzare.

«Ma sei scema! Le apparecchiature stanno impazzendo! Potremmo registrare di tutto, qui! È un'occasione unica!» aveva cercato di insistere Thomas, ma il gruppo era spaventato ormai, e la maggioranza voleva andarsene da quel luogo intriso di dolore.

Una volta usciti, e dopo una buona mezz'ora, gli animi si erano calmati;  tutti, tranne uno... quello della povera Paola.

«Ragazzi, dobbiamo andare a visitare la chiesetta! Dai, ho tenuto il meglio alla fine!» aveva detto Luca, notando come tutti si fossero tranquillizzati.

«Tu sei fuori! Io non ne voglio più sapere!» aveva ribattuto Paola, seduta sull'erba e raggomitolata su se stessa, mentre Stefano le cingeva le spalle.

«Sono le due di notte, ora o mai più» li aveva incitati Thomas, sempre più convinto di volere indagare ancora.

Con un po' di riluttanza, il gruppo aveva deciso di finire il tour, a eccezione di Paola e Stefano, che avrebbero aspettato il loro ritorno nel furgone di Thomas.
Stefano aveva in mente già diverse idee, per riuscire a far rilassare quella fifona...

Entrare nella chiesetta non era difficilissimo, bastava passare sotto a una sbarra che divideva a metà l'apertura d'ingresso.

«Filo, dammi una mano per piacere» aveva chiesto Emma, facendo fatica a rialzarsi dopo essere caduta a causa del suo goffo tentativo di entrare nel rudere.

Filippo era teso, gli avvertimenti di Luca sul pezzo forte della serata, a quanto pareva a lui dedicato, iniziavano a innervosirlo.

Una volta percorso un piccolo corridoio tappezzato dalle solite scritte ai muri, arrivarono in una specie di spazio rettangolare.
Sparsi per la stanza, si trovavano dei piccoli banchi di scuola a misura di bambino, con relative sedie. Nell'angolo, c'era lo scheletro di un lettino, probabilmente uno di quelli usati per trasportare e legare i poveri piccoli.
Dall'altra parte della stanza, un altare vuoto, con sopra di esso una scritta in latino.
Sul pavimento, resti di candele di vario tipo, e simboli satanici.
Sulla parete, la scritta nera '666, Satana', spiccava in mezzo alle altre.

Il silenzio che li circondava era inquietante.

«Come potete vedere, qui i bambini giocavano e studiavano, oltre a pregare insieme alle suore che avrebbero dovuto prendersi cura di loro. Ci sono ancora i banchi a riprova della presenza dei piccoli pazienti» ricominciò a spiegare Thomas, rivolto alla telecamera.

«Qui entro in gioco io! Sempre se non ti dispiace, fratellone!»
Luca non vedeva l'ora di avere il suo momento: Filippo si sarebbe cagato addosso, non poteva rimanere impassibile, stavolta!
«Signore e signori... prego, sedetevi in cerchio intorno a questa candela che sto per accendere... il punto forte della serata, sta per arrivare!» aveva recitato con fare teatrale, mentre tutti obbedivano ai suoi comandi.

«Le leggende su questo posto sono tante, come avrete già capito, ma una spicca su tutte. Parla di un bel bambino biondo, di dodici anni, affetto da schizofrenia. Il suo nome, era Filippo Erni» affermò Luca deciso, mentre con un ghigno si rivolgeva verso l'altro Filippo Erni, il suo migliore amico.

«Stronzate» rispose quest'ultimo, mentre Emma, seduta di fianco a lui, si spostava per sedersi tra le sue gambe, prendendogli le mani e avvolgendosi in un abbraccio rassicurante.

«Ti giuro che il bimbo in questione si chiamava come te! Stesso nome e cognome! Documentati, se non mi credi!» aveva concluso l'amico, alzando le braccia in segno di resa.
«Il nostro omonimo, piccolo, Filippo... esercitava uno strano carisma sugli altri bambini: era il loro leader, se così possiamo definirlo. Lui aveva capito bene cosa li attendeva, e così, un giorno, decise di parlare con i suoi quattro amichetti più intimi, promettendo loro la libertà.
Per mantenere la promessa fatta, decise di portarli tutti al quinto e ultimo piano dell'edificio, dove si dice ci siano ancora le impronte delle loro manine affisse sui muri, e ad uno ad uno, li fece affacciare a una piccola finestra senza sbarre, per far vedere loro il cielo...»
Luca si stava pregustando il gran finale, mentre a passo lento continuava a girare intorno al cerchio di amici, i cui volti tesi erano illuminati dalla debole luce della candela.

«Così, una volta saliti sulla finestra, uno alla volta, li spinse giù, fino a farli sfracellare al suolo... un volo di cinque piani.
Le urla dei piccoli, richiamarono l'attenzione di una delle suore, che una volta raggiunto il quinto piano, si ritrovò di fronte soltanto il piccolo Filippo, che con un ghigno malefico e una risatina agghiacciante, rivolse uno sguardo di follia alla vecchia suora, prima di buttarsi di sotto a sua volta. A terra, furono ritrovati soltanto quattro corpi... di quello di Filippo, non si è mai trovata traccia.
La leggenda dice, che di notte, si possa ancora sentire la risata inquietante del piccolo, e che chi la senta non possa mai più dimenticarla.
In più, chi abita nelle case qui vicino, è certo che il suo fantasma si aggiri ancora tra queste mura, e che faccia girare la giostrina presente proprio qui, in questa cappella...»

Appena terminata la storia, un cigolio sinistro e agghiacciante iniziò a riecheggiare nella stanza.
Le luci del rilevatore di fantasmi ricominciarono a impazzire, mentre Thomas lo fissava esterrefatto.

«Che cazzo è questo rumore?» aveva domandato la Meli, continuando a riprendere le espressioni terrorizzate dei compagni seduti in cerchio intorno a lei.

«Sembra venire dalla stanza laggiù» aveva sussurrato Emma, mentre cercava di alzarsi in piedi, tremante.

Con una lentezza disarmante, e con quello strano cigolio metallico come unico sottofondo, i ragazzi iniziarono ad alzarsi, avviandosi con fare circospetto verso la stanza dove sembrava provenire quel rumore misterioso.

Uno alla volta, entrarono in una piccola stanzetta, dove al centro, giaceva una strana giostrina metallica, di quelle con cui i bambini usavano giocare all'epoca in cui l'istituto era in uso.

Nel silenzio generale, d'un tratto, una strana nenia iniziò a riecheggiare tra di loro, una canzoncina pronunciata dalla voce di un bambino.
Tutti erano come paralizzati, finché, di fronte a loro, la giostrina iniziò a girare da sola, senza che nessuno l'avesse nemmeno sfiorata.

Tra le urla generali, e il precipitarsi fuori dalla stanza di tutti, solo uno di loro rimase impassibile, ipnotizzato da una scritta sul muro.
Filippo, inflessibile nella sua immobilità apparente, puntando la torcia contro il muro, lesse una scritta in rosso sangue, per metà cancellata e rovinata dal tempo e dagli agenti atmosferici: 'NOI SIAMO QUI'.

Ciao a tutti e grazie per aver letto la mia one-shot!
Questa storia è stata scritta in circa tre giorni, accettando la sfida di Cla_Lig dell'Angolo delle Sfide per "Quattro settimane da paura" con la famiglia Addams, preferendo la lista di Mano.
Ringrazio inoltre GiulsYes per aver ideato l'angolo delle sfide e per questa opportunità!

Per chi se lo stesse chiedendo, l'Ospedale psichiatrico in questione esiste davvero, così come tutte le leggende che vi ho raccontato.
Nel corso degli anni, sono stati in molti ad addentrarsi all'interno dello stabile per cercare di documentare i fenomeni paranormali raccontati dagli abitanti della zona: in internet ci sono moltissimi video a riguardo, per chi fosse interessato!
Mistero, nota trasmissione televisiva, ha fatto uno speciale a riguardo, trattandosi di uno degli edifici più infestati del nord Italia.

Ecco a voi alcune foto, così potete farvi un'idea dei luoghi da me raccontati:

La famosa giostrina, che secondo la leggenda Filippo faceva girare di notte, in una delle stanze della chiesetta sconsacrata, è stata portata via nel 2016, finendo in Svezia.
Si dice che sia stata una scelta fatta anche per disincentivare i vari gost hunters che si addentravano in un luogo pericoloso e pericolante.

E niente... per ora è tutto!
Spero che la mia storia vi sia piaciuta e non vedo l'ora di leggere i vostri commenti in merito!
Se vi è piaciuta, le stelline sono sempre ben accette!
Grazie di cuore ❤ e vi auguro una dolce notte terrificante...

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