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Il fuoco scoppiettava, creando archi e tunnel dall'aspetto artistico. Se avesse avuto ancora la mente da bambino, ci avrebbe immaginato una tigre del circo saltarli e passarci attraverso. O questo era quello che si sarebbe immaginato Eleazaro se fosse con lui.
Un nome che aveva dovuto imparare ad apprezzare avendolo scelto la moglie. Tommaso ne avrebbe preferito uno più comune, uno che non desse troppo l'attenzione, uno che avrebbe evitato confusione e la domanda «sei ebreo?». Non che ci trovasse qualcosa di maligno, aveva specificato alla compagna dopo mille paranoie, ma era così biblico che gli pareva anche forzato non essendo un credente.
Secondo lui gli eventi accadevano a causa delle proprie scelte. Nessuno ne aveva il controllo, eccetto chi commette l'atto. Nessun miracolo e alcuna fedele poteva smuoverlo dalle sue convinzioni. Era persino stato uno dei pochi tra i suoi coetanei che non aveva fatto la cresima per scelta; gli altri erano semplicemente di altre religioni o di famiglia atea. L'unico potere astratto in cui credeva era il Wi-Fi.
Inoltre, era il primo che faceva del sarcasmo, e non appena aveva udito quel nome gli erano venute in mente le peggiori battute; per come era di carattere, non si era preso la briga di contenersi.
«All'anagrafe erano stufi di sentire i soliti nomi e hai voluto dar loro sollievo?», «Certo, oggi se 'un sei originale ti guardano tutti strano. A 'sto punto potremmo chiamarlo Gismondo o Adalgiso, giusto per dare un'aria medievale durante le gite scolastiche, così mentre ripasseranno storia locale, ricorderanno certi nomi grazie al compagno di classe», «Ascoltati. 'Un ti ricorda tanto il rumore che si fa quando strofini due pezzi di polistirolo? Badaci».
Non aveva avuto filtri neppure con lei davanti, col sorriso sul viso appena aveva saputo di avere un maschio. Fino al sesto mese e mezzo erano convinti portasse in grembo una femmina, e anche quella avrebbe avuto un nome discutibile: Serafina, come la suocera. Fu quello a fargli rivalutare l'idea del maschio. Ma poi, perché proprio il secondo nome della madre? Ce ne erano di così belli, e invece fantasticava proprio su quello della megera; aveva persino un neo sul naso, così grosso che sembrava una verruca, ci sarebbe mancata soltanto la somiglianza sin dalla nascita. Non l'avrebbe digerito.
E come se non bastasse, si dovette arrendere anche per il secondo: João. Manco il trisavolo aveva origini portoghesi, da dove l'avesse tirato fuori era un mistero. 'Probabilmente la scopata in Brasile che all'epoca s'era fatta in Erasmus era stata così spettacolare da volerlo ricordare nel tempo', si disse.
Inoltre, aveva spinto per avere il secondo cognome. Che grandissima boiata. Si sarebbe perso in ogni caso andando avanti di generazioni, quindi non ne capiva la necessità. Poteva essere plausibile fossero di famiglia nobile, come quei de' Medici dell'Oltrarno, ma due famiglie modeste, di cui una possedeva un podere e delle bestie, non era propriamente il caso.
Le donne... aveva smesso d'intenderle da un tempo così remoto che se l'era già scordato.
«Qui sfregola la carbonella, ma ancora non si sente il profumo».
Perso tra i pensieri, per un secondo pensò fosse il solito cagacazzi. Invece, voltandosi, s'imbatté negli occhiali che ingrandivano di poco quelle iridi color castagno. Si schiarì la gola e quando si attivò per il responso, dovette imprecare a voce bassa per le labbra incollate tra loro. Ardevano più adesso che quando era sovrappensiero. «Mi raccomando, quando il formaggio toccherà la piastra voglio sentirti».
L'odio verso quel latticino lo portò a grugnire. Non aveva mai conosciuto persona che disprezzasse così tanto un alimento. Quando erano dei mimmi addirittura urlava dal disgusto soltanto nell'averlo accanto. Quando uno grattugiava il parmigiano, spostava il piatto. Se ne percepiva il minimo odore andava in altro luogo a mangiare, anche in un angolo, seduto a terra. Faceva una marea di storie, infatti, difficilmente veniva invitato a mangiare fuori casa oppure che accettasse un gentile invito. Unica nota positiva era che se avesse dato qualche rogna coi suoi modi di fare, sarebbe bastato minacciarlo con anche un tocchetto giallino, qualsiasi esso fosse, e bofonchiando se ne scappava altrove. Le sue reazioni facevano ridere gli altri di gusto; d'altro canto, era leggermente dispiaciuto nel non poterlo osservare ancora in azione in ricordo dei vecchi tempi.
«Sì, contaci. Invece, per quel problema... ho paura che non ti convenga farlo».
A questo giro fu lui a grugnire.
Gli dava quasi soddisfazione sentire scoppiettare il carbone, come se ci fosse una manifestazione fisica del suo stato d'animo al solo pensiero. Era assai infastidito e se non fosse per l'aiuto che gli stava fornendo Cecca per risollevarlo da quel macello, sarebbe rimasto nell'armadio del silenzio nella quale di tanto in tanto si nascondeva.
«Perché?»
«Perché è brava a mettertelo nel culo, Buzza. Perdona il francesismo» si sincerò.
Aveva l'amaro in bocca. «Ed è una donna, pensa se fosse uomo. Sarei anche fisicamente col culo sfondato».
Gli si leggeva attraverso le lenti che approvava l'affermazione seppure rozza, senza spicciare dizione.
Era impressionante come riuscisse a tenere tutti sul suo filo di fibre proteiche da abile aracnide. Metteva chiunque desiderasse con le spalle al muro, a sua completa disposizione. Se soltanto avesse provato a fare un passo avanti per rigirare la frittata a suo favore, ecco che lei avrebbe tra le mani il potere di controllare i fuochi del gas e rovinarti il pasto.
«Senti, è l'unica che tiene in piedi i conti finanziari dell'agriturismo. Avete già provato con tuo fratello che è un fallimento fatto in carne e ossa, fammi essere onesto».
Gli venne da ridere nel sentirlo dire dalla bocca di uno esterno alla famiglia e all'agriturismo e che comprendesse la materia in questione; era completamente concorde, non a caso lo aveva da sempre soprannominato Babbalèo (1) ancor prima dei vani studi e della laurea comprata.
«Anche se mettessimo da parte il suo carattere che lascia molto a desiderare, sappiamo tutti come andrà a finire. Esattamente come l'ultima volta. Chiederesti il divorzio, lei astuta ti farebbe ricredere sulle scelte prese con le buone promettendoti che cambierà, o con le cattive minacciandoti di distruggere ciò a cui più tieni, vi tirereste nuovamente padelle per dodici mesi siccome non sarà consensuale la cosa e prima che scada il tempo ti arrenderesti, tornereste dall'ufficiale di stato civile e vi riconciliereste».
'Che situazione di merda', riflesse tra sé. O forse gli era persino sfuggito un flebile sussurro. Fatto sta che tale situazione lo faceva sentire impotente, incapace di prendere il timone della propria vita e navigare in acque tranquille. Era dentro a una perenne tempesta, con tuoni a squarciare il cielo, raffiche di vento a tagliare l'aria e onde che minacciavano di mandarlo alla deriva.
Si chiedeva se fare una vita diversa non lo avrebbe reso più soddisfatto. Magari gli sarebbe rimasto nel cuore quell'agriturismo, un piccolo sogno infranto, con però delle soddisfazioni maggiori nel cogliere quello che il momento regalava, un po' come se fosse la sfera trasparente contenente i numeri vincenti del SuperEnalotto. E si domandava ancora del perché quella donna fosse tanto ostinata a stargli accanto nonostante il malessere che si provocavano a vicenda. Non si rendeva neppure conto se si facessero più bene o più male talmente avevano frequenti alti e bassi.
Ne valeva davvero la pena? Questo scontento della propria esistenza avrebbe avuto una gaia fine o invece avrebbe dovuto patire all'infinito, inseguendo un'utopia girando in tondo?
Frugò nella tasca alla ricerca del pacchetto ed estrasse una sigaretta e l'accendino. Non gli importò lo sguardo accusatorio del compare, se fosse per via del problema salutare o se per la cenere che poteva andare sui fuochi, se la portò alle labbra in ogni caso e inspirando se l'accese. Sbuffò il fumo lontano da Francesco e dalla carne, non smettendo di ingarbugliarsi la mente tra le riflessioni.
«Onestamente... Tu che faresti?»
«Mi sparerei» disse con ironia, al che colse la palla al balzo.
Una smorfia e tirò nuovamente. La nicotina lo stava rendendo più calmo, un balsamo per le frustrazioni. «Era tra le opzioni iniziali, ma poi mi sono detto: ehi, perché fucilarsi quando è decisamente meglio una ravanata? Ed eccomi qua».
Francesco scosse il capo e sospirò insieme a lui. A volte sosteneva che il sarcasmo misto al volgare era meglio tenerselo per sé, senza sentire il bisogno di divulgare a terze parti. Con il medio si sistemò gli occhiali e osservò il compare aizzare nuovamente il fuoco. Pareva come se volesse concedere loro un'atmosfera calda e intima, colma di riflessioni e confronto. Al contrario, Tommaso era stizzito con ciò; aveva il desiderio crescente di udire il suono della carne a contatto con la griglia. Con i suoi scoppiettii si immaginava già come sarebbe stata una volta addentata, lo sfilacciamento seguito dal succo e l'unto, sporcando labbra e mento, finendo l'opera succhiandosi le dita. La fame era in perpetua crescita.
Eppure in quel momento non poteva fare a meno dell'odore inebriante che emanava il tabacco bruciato, quasi copriva il borbottio della fame.
«Il rapporto con tua moglie sinceramente lo conosco poco, e persino quel poco non riesco a comprenderlo. Io davvero non so come fai».
«A volte me lo chiedo anch'io. Sogno di vincere un Turista per Sempre e finalmente fare un viaggio di sola andata per Tenerife, ma poi mi risveglio e sai che ti dico? So contento di sopravvivere tagliando le teste ai cinghiali, l'è più soddisfacente di stare a sentì mi moglie quando la si lamenta per tutto».
«Devi ancora spiegarmi come ci sei finito con un anello al dito».
Anelava sotterrare la testa sotto la sabbia, meglio di come potevano fare gli struzzi. Era una storia più da ridere che strappalacrime, un po' anche da vergognarsene. Non era un romanticone, come non era uno sprovveduto... fatto sta che forse quello fu l'inizio di una serie di inculate ricevute senza nemmeno accorgersene.
Prima di esporre fece un lungo tiro di sigaretta. «Sporchi trucchi di donna, amico mio. Me l'ha sventolata per bene e 'un ho resistito. Per scherzo le dissi che se 'un la sposavo 'un ero un uomo soddisfatto e mi prese alla lettera anziché ascoltare il tono di scherno. M'incastrao con due fedi in un cofanetto e maremma impestata a lei che l'aperto bocca co su sorella e tutta la famiglia stava già a festeggiare lo sposalizio».
Non si fece remore per irrompere con una grassa risata. Non se l'aspettava.
La cosa più strana, si ritrovò a pensare, fosse non aver mai posto tale quesito. Era quasi come un patto tra uomini non farsi certe domande, come se a parlarne si perdesse la virilità. Non che a Cecca ciò importasse. Era più l'atteggiamento che emanava Maso che l'aveva fatto sempre desistere, ma quel giorno gli erano uscite le parole senza riflettere e maggiormente sorpreso si rivelò nel cogliere responso.
Osservò come si toccava la fede col pollice, come se quel racconto gli avesse ricordato la sua di famiglia, a quanto fossero diverse in rapporti e legami, immaginò. Tuttavia, non avrebbe mai avuto un'immaginazione tale da vedere se stesso in un rapporto tranquillo come probabilmente era quello dell'amico. "Non fa per me," si diceva, "qualcosa doveva succedere in qualche modo, prima o dopo".
«Fammi essere sincero, mi aspettavo una storia simile raccontata dal Vieri, non di certo da te».
Con tutti i casi umani che quell'uomo si era ritrovato nel cammino, in effetti a quel giro gli aveva rubato il primato. Non se ne era reso conto prima d'ora, al che avrebbe voluto ottenere aggiornamenti per sentirsi leggermente meglio.
Fece un ultimo sospiro prima di gettare il mozzicone a terra e pestarlo. «Come diceva un vecchio saggio, C'est la vie, Jacques».
GLOSSARIO
1. Babbalèo = Babbeo, grullo, stupido.
NOTE AUTORE
Così è la vita, Giacomo.
Non potevo trattenermi dal fare un richiamo ad Aldo, Giovanni e Giacomo!
Altre realtà vengono fuori, vedrete nel prossimo capitolo quante altre novità sbucheranno!
Fatemi sapere cosa ne pensate ☺️
Vi aspetto,
Niki
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