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«A sto giro ha preferito non smontarsi».
«Avrà capito che non si scherza coi più forti» Jacopo si sollevò dal terreno, con le mani si spazzolò i pantaloni e raggiunse l'omone che lo guardava con un sopracciglio alzato.
«Fa' poco i ganzo, che mi sembri un babbaleo di The Club».
Nella mente di ognuno si sbloccò un lontano ricordo come il livello di un videogioco, con tanto di Pop-Up. Definito il più grande raduno di scarti del genere umano da Nonciclopedia, negli anni novanta spopolava su MTV e le risate non mancarono, né al tempo, né in quel momento.
«Cos'hai tirato fuori, Broder?!» rise di petto. «Maremma ladra, ma i pomeriggi a vederli! Ve lo ricordate quello della donna ideale? "Come me: scazzata, non gliene deve fregà di niente e fa quello che gli capita la giornata". Ma proprio con quel tono convinto e scazzato».
Nel marasma delle risa, si sollevò una domanda. «Non dovrebbe essere "quello che le capita durante la giornata"?» Rachele volle correggere in femminile, ma ebbe da ribattere.
«Stiamo parlando di gente fuori di testa che si iscriveva a questa sorta di reality, in pratica era il pre Tinder dei casi umani».
A Oliviero stavano venendo le lacrime agli occhi dal forte ridere. Al tempo gli avevano persino consigliato di iscriversi al programma e fece bene a non prendere in considerazione la malsana idea, altrimenti sarebbe finito sbeffeggiato più di quanto non lo fosse già stato nei cenci. «"Ciao a tutti, se volete conoscermi, conoscetemi"».
«No, la migliore di tutte era: "Credi nell'amicizia tra uomo e donna?" "Sì, l'amicizia sì, però quando da cosa nasce cosa purtroppo anche dall'amicizia può nascere qualcosa"».
«Il ragionamento non fa una piega» anche a Noelani scappò un sorriso divertito, ammettendo di essere stranita dalle trasmissioni italiche quanto per quelle statunitensi.
Si persero nelle scenette più iconiche che ricordavano mentre rientravano, per successivamente prendere in mano il telefono e scrollare tra le ricerche di YouTube dei pezzi di filmati esilaranti. Non ce ne erano tantissimi, infatti ne rimasero delusi di non poter passare altro tempo dietro all'ilarità.
Qualcuno tornò a tavola per sgranocchiare dell'altro cibo, la pentola stranamente era ancora da finire e portarla a casa non era preventivato: Tommaso non aveva intenzione di rientrare a casa con degli avanzi, non avendo come compagnia dei divoratori incalliti. Altri invece preferirono mettersi davanti al camino, seduti sul divano coperto da un lenzuolo rappresentante l'albero della vita, a gustarsi le deliziose meringhe fatte da Rachele. Si scioglievano in bocca.
Daniele si ricordava quando aveva iniziato a fare da aiuto pasticcera a diciassette anni presso un locale gestito da un cliente abituale del babbo. Il proprietario andava a far controllare il furgone almeno due volte l'anno e, in una di queste visite, tra una chiacchiera e l'altra aveva espresso la sua necessità di un impiegato per il periodo estivo. La sorellina era entusiasta della proposta, smaniava di poter imparare le basi di pasticceria allo scopo di assimilare qualche trucchetto per realizzare la crema pasticcera e quella al pistacchio, una cioccolata non troppo dolce e glasse di tutti i tipi. Adorava cucinare, lo dimostravano persino le prime foto scattate nella sua infanzia, ritraendola con un mestolo in legno in mano e il visino sporco di farina. Imparò la ricetta segreta per fare le migliori meringhe di tutta Firenze, il pezzo forte dell'esercizio commerciale, impiegandoci tre mesi interi a imparare a farle, giorno dopo giorno. Quell'esperienza la segnò per sempre, le avevano fatto coltivare una passione che tutt'oggi custodiva e metteva in pratica. In parte gli ricordò sua madre con i macarons.
Sorrise nell'osservarla serena, in mezzo a quella vecchia compagnia di scalmanati cresciuti e incastrati nei ricordi di un'infanzia ormai finita. Era cresciuta così in fretta che non se ne accorse nemmeno, tuttavia era felice dei risultati che stava ottenendo; da qualche mese era stata assunta a tempo indeterminato presso un parrucchiere e da lì aveva iniziato a cercare un appartamento da condividere con la sua migliore amica. Il babbo era dispiaciuto all'idea di rimanere da solo, una casa vuota dopo tanto tempo era difficile da accettare, tuttavia era il primo a dichiarare che i traguardi importanti dovevano essere conquistati col sorriso. Entrambi la osservavano diventare sempre più grande e autonoma, e non potè fare a meno di pensare a Michele e Luisa, che se ci fossero ancora l'avrebbero accompagnata nel suo viaggio e sarebbero stati fieri di lei.
Un clacson precedette l'arrivo di una Stilo. Andava piano sui ciottoli del viale, bagnata dalle strane intemperie di quell'oggi. Daniele era ancora fuori con Neri e Maso a fumare, ma riconoscendo il veicolo fecero l'eccezione di buttare a terra le cicche nonostante fossero a metà.
«Mi devo ricordare di tirarle su dopo... che seccatura».
«Almeno non hai il Senior col bastone appresso» gracchiò l'omone.
Jacopo fece una smorfia quasi terrorizzata al pensiero di suo nonno. Quella volta che aveva beccato un mozzicone a terra lo inseguì con un bastone lungo mezzo metro per tutto il perimetro esterno del caseggiato, con Duccio a fissarli disteso all'ombra e con aria incuriosita, indeciso se unirsi al gioco o rimanere nel suo angolino preferito.
«Da quant'è che non li vedi, Dan?»
Ci rifletté inscenando un cruccio: era passato troppo tempo per ricordare. «Penso due anni ormai, stando a Roma poi...» era riluttante quando usciva di bocca il suo periodo romano. Era un macigno che gli legava le caviglie e sebbene avesse chiuso quella porta per sempre, aveva il costante timore che tornasse qualcosa o qualcuno che lo avrebbe riportato in quel tunnel infinito. Una vita troppo frenetica di cui si era stufato. Una vita da nascondere e celare dentro a una cassaforte.
Voleva finalmente godersi le belle cose, voleva togliersi da certe responsabilità e tenersi stretto soltanto quelle giornaliere. La vita gli aveva tolto molto, ma nel tempo gli aveva donato tanto altro. Rincorrere il tempo sentiva che non era più per lui. A breve avrebbe compiuto trentatré anni e iniziava a percepire di non essere più quel giovane adulto alla ricerca del brivido alla Ethan Hunt.
Il motore venne spento e dal veicolo, con calma, scesero due signori. Il sorriso sorse spontaneo.
«Chi si rivede! Come state, ragazzi?» l'entusiasmo che provava trasmetteva tranquillità e scaldò il cuore come sempre. Vederli sereni era un ottimo segno.
«Chi la dura la vince, signor Galgani. L'è sempre la solita solfa» Tommaso gli andò incontro per stringergli la mano. Si percepì l'affetto soltanto nell'osservarli.
«In pratica chi muore giace, chi vive si da' pace» come il figlio, dava corda alla sua ironia.
Daniele preferì andare incontro alla moglie, che stava cercando di non rovesciare il portadolci posizionato sul sedile posteriore. «Posso darti una mano, Agnese?»
Quando gli volse lo sguardo, fu come guardare Michele negli occhi: un verde smeraldo misto all'oro del grano. Gli parevano i colori delle colline toscane baciate dal sole. «Daniele, ciao! Non serve, ce la faccio. Grazie per l'aiuto».
Le mostrò un sorriso dolce avendo in mente delle sue condizioni fisiche. «Come sta andando con l'artrosi?»
«Non c'è male, dai» chiuse lo sportello e invitò il marito a chiudere la macchina. «Riusciamo ad andare avanti... per il compleanno mi hanno regalato una macchinetta apposta, sai? In pratica metti le dita dentro e ti massaggia tutta la mano, è fantastica!»
«Agnese, sei sempre bella come il sole!» Jacopo le andò incontro e l'abbracciò calorosamente. Danny dovette andare in soccorso per la povera torta che rischiava di cadere dalla mano traballante.
«Sei tu quello baldo e giovane, io ormai ho la mia età come ben sai».
«Non si direbbe nemmeno, sembri ancora una trentenne. Ti avrei invitata a uscire se non fosse per la fede al dito».
«Attento che ne ho solo una, giovane» lo redarguì Massimo, dopodiché agguantò il telefono e fece finta di prendere appunti. «Ti metto in lista, però sta attento che all'asta ci sono compratori molto seri, quindi senza lilleri 'un si lallera».
I capelli brizzolati vennero mossi dal soffio che si accentuò all'improvviso. Quel biondo cenere ormai era scomparso da tempo. Agnese si tenne stretta il berretto con la paura che gli volasse via, facendosi accompagnare all'interno. Danny invece rimase fuori col padre del suo storico amico.
Si guardarono negli occhi e immancabilmente si sentì in giudizio nonostante nessuno lo stesse mettendo sotto a una lente d'ingrandimento. Continuava a crearsi condizioni basate su un passato ormai polveroso.
«Ancora non sei a posto?» domandò.
«No. Sempre sotto tormento».
«Come dice il detto: acqua passata la 'un macina più. Pare brutto dire non farne un dramma, ma è così, Daniele. Noi non ti abbiamo dato e mai ti daremo la colpa. Eravate lì per vostra scelta, giusta o sbagliata che fosse, e lui aveva preso la decisione di seguirti. Sapeva i rischi. E penso tu abbia bisogno di un supporto e non di una condanna».
Gli venne da sorridere. Parlavano proprio uguali.
Massimo si avvicinò e gli battè una mano sulla spalla. «Andiamo dentro, figliolo, che fuori si gela».
Inspiegabile e al contempo familiare era il sapore di casa avendoli accanto. Rachele era emozionata, come se non fosse stata informata del loro imminente arrivo. A malincuore avevano rinunciato alla grigliata per una visita medica importante, tuttavia erano ben contenti dell'invito e di partecipare almeno per il dolce.
Era un'atmosfera di gioia e pace. Stranamente risultava come essere tornati indietro di anni, mancando soltanto lui, colui che non arrivava mai. Lo rincorrevano nelle fantasie e lo aspettavano nel presente dietro a un gesto inspiegabile; che fosse Samuele Bersani alla radio, nei messaggi dei biscotti della fortuna, o addirittura una chiamata. A Daniele era capitata. Aveva ancora salvato il suo numero nonostante fossero passati due anni e nel giorno dell'anniversario era comparso Gaga sullo schermo. A rispondere nessuno ad attenderlo dall'altra parte della cornetta, solo silenzio.
Agnese scartò il portadolci di carta, era stata così carina da essere andata persino in pasticceria a ordinarla. Lo strato di glassa alla nocciola si adagiava con eleganza su ogni lato, lucida e invitante da far venire l'acquolina in bocca, specialmente essendo stata ricoperta di nocciole tostate, briciole di pan di Spagna e ciuffetti di crema. Un profumo avvolgente si diffuse nell'aria, assieme a Rachele che leggeva ad alta voce la scritta: Buon Compleanno Michele.
Noelani era andata a recuperare il coltello per la torta e tutti attendevano con i morsi nello stomaco il fatidico momento in cui la punta si incuneava negli strati dorati e soffici, stagliandosi con grazia contro le ondulazioni della crema nocciolata. Avrebbero scoperto presto la maestria con la quale si integravano gli strati, in un effetto visivo che avrebbe incitato a perdersi nei dettagli colorati.
Ma anziché procedere con il taglio e l'assaggio, vennero fermati dalle foto e dal coro entusiasta di rivolgere gli auguri a quell'amico unico che li rendeva tutt'oggi uniti. Si misero tutti in linea, abbracciandosi calorosamente come in una fotografia.
E le fecero.
Immortalarono quegli istanti e nel mentre cantarono la canzone che più li faceva sentire vicini a Lele, quella che più lo ricordava.
«Auguri, amico mio».
Senza ritorno se non in volo
Senza fermate ne confini
Solo orizzonti, neanche troppo lontani
In questo girotondo d'anime
Chi si volta è perso e resta qua
Lo so per certo amico
Mi son voltato anch'io
E per raggiungerti ho dovuto correre
Ma più mi guardo in giro e vedo che
C'è un mondo che va avanti anche se
Se tu non ci sei più
Se tu non ci sei più
E dimmi perché
In questo girotondo d'anime non c'è
Un posto per scrollarsi via di dosso
Quello che c'è stato detto e
Quello che oramai si sa
E allora sai che c'è
C'è, che c'è
C'è che prendo un treno che va
A paradiso città
E vi saluto a tutti e salto su
Prendo il treno e non ci penso più
Un viaggio ha senso solo
Senza ritorno se non in volo
Senza fermate nè confini
Solo orizzonti neanche troppo lontani
Io mi prenderò il mio posto
E tu seduta lì al mio fianco
Mi dirai destinazione paradiso
Un viaggio a senso solo
Senza ritorno se non in volo
Senza fermate ne confini
Solo orizzonti, neanche troppo lontani
Io mi prenderò il mio posto
E tu seduta lì al mio fianco
Mi dirai destinazione paradiso
C'è, che c'è
C'è che prendo un treno che va
A paradiso città
Io mi prenderò il mio posto
E tu seduta lì al mio fianco
Mi dirai destinazione paradiso
Paradiso città
GLOSSARIO
1. babbalei = Babbeo, stupido
2. senza lilleri 'un si lallera = Senza soldi non si fa niente.
3. acqua passata la 'un macina più. = Indica l'inutilità di rimpiangere ciò che è stato e non può ritornare.
NOTE AUTORE
Questo è l'ultimo capitolo di NOI NON CI FACCIAMO COMPAGNIA.
Spero vi abbia emozionati e fatto capire la nostalgia che provano oltre all'unione che li mantiene in qualche modo inseparabili.
Vi ringrazio qui, ma non andatevene così in fretta! Di seguito ci sono i ringraziamenti!
Ancora, grazie infinite per essere giunto fin qui. ❤️
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