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Non c'era richiesta più compiaciuta che potesse fargli.
Si precipitò nel magazzino a pochi passi dal caseggiato, il mozzicone lasciato acceso sul prato rinsecchito; fu Daniele a calpestarlo per sicurezza. Tirò fuori dal mazzo di chiavi della dimora quella per aprire il lucchettone del portone a doppia anta; era così vecchio che aveva paura che i cardini avessero potuto cedere tanto cigolavano al disserraggio. Lì dentro il Senior collocava tutti i suoi strumenti da giardino e attrezzature da lavoro. Era un magazzino abbastanza contenuto, dai mobili artigianali ormai usurati dal tempo e l'odore ammuffito a causa dell'umidità. La prima cosa che però notarono alla luce del giorno fu la Lancia Fulvia ormai scassata e arrugginita. Fortuna volle che non dovettero nemmeno spostarla per riesumare quel vecchio Piaggio Ciao. Lo riconobbero subito nonostante il telo a coprirlo, i tratti distintivi erano oramai impressi nelle rimembranze di pischelli alla ricerca di guai. La polvere si sollevò, era così tanta da farli tossire ripetutamente, scacciando con la mano l'invisibile come se fosse una mosca. Il telo infine toccò il suolo.
Sebbene ci fosse qualche graffio e un po' di ruggine, l'arancione pareva essere quasi lo stesso di una volta. Forse era la nostalgia a dare l'impressione che era cambiato tutto, ma che al tempo stesso non fosse cambiato nulla.
«Chissà se ci reggerà ancora, qualche chilo in più non manca».
Jacopo rise di sé. A sedici anni erano tutti magrolini eccetto Tommaso, infatti se fosse stato lì con loro ad ascoltare la conversazione avrebbe compreso l'allusione.
«Prima che si smonti sotto a'i culo?» Salva aveva fresco nella mente la capitombolata di Michele su quel dannato ciclomotore. Gli stava correndo a fianco per vedere quando veloce sapesse andare, sia per testare sia per ottenere la vittoria e dichiarare di essere più veloce d'un motore dall'accento scoppiettante. Quando Lele fu vicino all'Apecar del Senior, tentò di frenare, ma a vuoto; nonno Borghese non aveva riferito che si erano rotti. Per attutire l'impatto aveva usurato le suole delle scarpe, suonando come un disgraziato il clacson per invitare tutti a spostarsi di torno. Daniele gli corse incontro per aiutarlo, anche banalmente allungargli il braccio per farselo afferrare, tuttavia dovette preoccuparsi di altro. Il ronzio terminò quando il ragazzo prese il volo, sbattendo il gomito più volte mentre ruzzolava nel cassone aperto. Il Piaggio invece, traballante si schiantò contro il muro dell'abitazione, incrinando la ruota anteriore. Per fortuna aveva evitato di prendere in pieno Danny che era andato in soccorso.
Tutti andarono ad assistere l'amico dai talloni consumati, impossibilitato di muovere il braccio. Non sembrava avere ossa rotte e soltanto in seguito a una visita al pronto soccorso si scoprì si fosse spostato un osso; quasi tre mesi trascorsero tra l'ingessatura e la riabilitazione.
Mentre attesero l'arrivo del signor Salvadori, il Senior era uscito di senno, lamentandosi di quel rottame che gli aveva rovinato il muro, obbligando i ragazzi a ripararlo con lo stucco. Per spostare il Ciao lo prese dal manico con la rabbia a scalfire il volto, soltanto che gli si smontò tra le mani. Lo sconcerto durò per diversi secondi, parevano minuti; dopodiché, scoppiarono tutti a ridere. «Con la scusa lo può aggiustare il mi babbo» celiò Daniele, conscio che sarebbe arrivato per ben altro.
«Che ricordi, mi mancano... Intendo le stronzate che facevano, la spavalderia, l'essere senza pensieri».
«Mi sa che tu sei l'unico che vive ancora in quel mondo» gli fece notare l'informatico, dovendo confermare.
«Sì beh, manca Lele».
«Lo so».
Il silenzio li prese di petto. Un vuoto si espanse al livello del costato e i sorrisi s'incupirono.
Jacopo diede una scrollata di testa, riprendendosi in fretta. «Penso sia il momento per provarlo».
Suonò il clacson per attirare l'attenzione.
...
«Io non so se mi fido».
«Sei il più leggero di tutti, vuoi che ci vada Buzza?»
«Ah ah, sei divertente per essere un nano da giardino».
«Non sono così basso».
«E io non così grasso».
«Se lo dici tu».
«Ti faccio cotto alla brace se continui, simpaticone».
I battibecchi tra Neri e Maso distolsero l'attenzione su Cecca, in sella al ciclomotore con la fifa stampata in volto. Era chiaro che gli avessero inculcato qualcosa di non volontario e che si sentisse obbligato. Aveva assistito all'incidente di Michele e non desiderava ritrovarsi in situazioni simili o peggiori.
«Sentite, ragazzi, io non me la sento. Ho moglie e figli» decise di impuntarsi.
«Dai, cosa vuoi che sia? Devi solo provarlo».
«La fai troppo facile tu! E se si smontasse come anni fa? Ci hai pensato?»
«L'ha aggiustata il signor Salvadori, cosa vuoi che vada storto?» era troppo testardo per comprendere altre volontà oltre alla sua e troppo cieco per accorgersi che stavano tutti fuori al freddo ad aspettare soltanto chi avesse avuto il coraggio di fare la prima mossa.
«Ehm... l'età del mezzo?» mise il dubbio con ovvietà nella pronuncia, gli sembrava una cosa elementare. «Sentite, io non ce la faccio, fate andare qualcun altro».
Jacopo la prese come una sfida. Intrecciò le braccia al petto e sogghignò. «Scegli tu chi dovrà andare al tuo posto».
Divenne paonazzo, pareva più lui il fratello di Rachele con queste uscite, facendo ridacchiare i presenti. «Ma sei impazzito? No, non ci penso proprio» scrollò il capo con decisione, smontando dal mezzo.
«Allora vai tu. Cos'è, hai paura che ci si offenda? Mi sa che sei l'unico a non volerci andare».
Gli mollò in mano il manubrio, deciso. «Allora accomodati pure, Jacopo».
Lo videro deglutire e in quel frangente intesero tutti che stava soltanto facendo lo spaccone.
Maso sghignazzò alla Muttley per la rivincita servita s'un piatto d'argento. «Te la sei cercata, Jappy-do».
Lo guardò storto per quel nomignolo, era solito di sua sorella Diandra. «Ne sono consapevole».
Prese in mano il manubrio e montò sul sellino. Tornò a deglutire. Fissò il terreno e Daniele si chiese assieme agli altri se dopo così tanto tempo fermo avrebbe retto il peso, adesso era un uomo col giaccone. Inoltre, per completare l'opera, avevano messo la benzina trovata in un angolo del magazzino, agguantando un vecchio colino per eventuali depositi e sedimenti createsi nel tempo; non avevano la minima idea di quanto tempo la tanica potesse essere lì. Ciò che sapeva perfettamente è che questi avrebbero potuto ostruire i filtri del carburante e le linee di alimentazione.
Fece un segno della croce.
Quando era pischello aveva chiesto a suo padre cosa avrebbe potuto generare il carburante vecchio. La risposta gli si palesò nel cerebro come un calcolo facile. «I depositi in genere possono danneggiare gli iniettori e ridurre la quantità di carburante che raggiunge il motore. Ciò causerebbe una perdita di potenza e avere prestazioni inferiori».
Riflesse che a loro non interessava assolutamente farsi un giretto, volevano soltanto collaudare il Piaggio in memoria dei vecchi tempi. Era come se la compagnia dipendesse in quel momento dalla funzione di quel vecchio ciclomotore.
Mise le mani in tasca e osservò la scena.
Jacopo fece un respiro profondo e cominciò a pedalare senza pensare in oltranza. Uno scoppio generò scalpitazione e fece sobbalzare il pilota. Tuttavia non demorse. Pedalò ancora e ancora, fino a quando il motore non si decise a partire.
Esultarono all'unisono per la vittoria, una sorta di 2006 con Grosso al rigore decisivo a segnare il goal dei mondiali contro la Germania.
Una felicità innata si irradiò su ciascun viso. Riscaldò i toraci e li legò dopo tanto tempo. Quasi tutti si erano dimenticati come fosse essere un gruppo.
«Questo è per te, Gaga!» Il Neri urlò a pieni polmoni, ciò nonostante fu quasi come una liberazione.
Provarono la sensazione di avere Michele lì con loro.
NOTE AUTORE
Le settimane di ferie sono finite e con essere vi regalo un capitolo!
Spero che vi stia piacendo Daniele e che in una seconda rivisitazione possiate apprezzarlo maggiormente.
Un abbraccio,
Niki
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