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Il tragitto tra le note anni '80 e '90 era stato più che piacevole, gli rammentavano il periodo neozelandese, dove nelle radio pareva esser fermi con la musica a prima del nuovo secolo: Bryan Ferry, Kim Carnes, INXS, Level 42, Kenny Loggins. Poi però fu la volta delle canzoni italiane che scivolavano assieme alle gocce d'acqua cascanti dal cielo e spazzate via dai tergicristalli con le iconiche di Brusco, Litfiba e gli 883. Trascorrevano i minuti e con essi passavano accanto i campi di girasole. Non erano un bel vedere raggrinziti nella loro secchezza, morti per via della stagione; il freddo non aveva dato loro clemenza, pressandoli delle atmosfere rigide e dal sole debole incapace di largire il vigore necessario per mostrarsi alti e fieri. Il caldo canarino dei petali e il bruno dei semi erano vivi nelle rimembranze più remote. Li ammirava e li immaginava in quei due metri di stelo floridi e robusti tra i quali ci passavi in mezzo senza correre il rischio di essere trovato durante le scappatelle, come di ritrovare la via per il podere in caso di rifugio. Ci si confondeva parecchio in quel manto radioso, spesso ci si orientava a occhio col sole o andando sempre dritto finché una via sterrata li avrebbe ospitati tra l'arsura della terra e del giorno.

Avevano trascorso gran parte della giovinezza in quel luogo, specialmente finite le scuole. Era un punto di riferimento quella campagna, tra grigliate familiari e gli amici più stretti. Vi abitava suo nonno, Lapo Borghese, o Senior per i pischelli. Aveva insegnato loro a guidare a tredici anni, credendolo una bazzecola quando spesso si finiva in mezzo alla prateria; le risate tra le pittoresche bestemmie contadine erano un ventaglio di divertimento. Maso era l'unico che in tre volte riuscì a fare il giro designato senza far spegnere il motore in quella maledetta salita che dava le spalle al granaio, tanto ostico per le partenze con la Seicento avente un cambio duro e una frizione che puzzava di uova marce quando si infervorava troppo. Quella gioia a rivestire il cuore si scaldava alla rievocazione d'aver immortalato quell'avvenimento in una fotografia che lo ritraeva con una spiga tra i denti, lo sguardo fiero d'essere migliore dei suoi coetanei e il braccio a penzoloni dal finestrino, tentando d'imitare l'espressione di Clint Eastwood in uno dei suoi ritratti più celebri. Era curioso di scoprire se ci fosse appeso ancora lo scatto sulla bacheca di sughero che avevano nella cucina.

I sassolini scricchiolavano sotto le gomme, scoppiettavano quasi, rendendo l'attraversata ballottante. Noelani stringeva le dita attorno alla maniglia salvavita sussurrando di tanto in tanto un'imprecazione, mentre Jacopo se la ridacchiava raccontandole del mitico Piaggio ridotto a brandelli per quella volta che non vennero cambiati i freni.

Chissà se funzionava ancora.

D'improvviso, in lontananza, davanti al vecchio edificio in pietra e legno, notarono una Jeep. Non era un bel vedere, una miscela di fango e sporcizia ricopriva una verniciatura presumibilmente in verde militare e le ammaccature, di cui una abbastanza evidente sul paraurti posteriore, la descrivevano in malo modo. Con le fronti aggrottate si domandarono chi potesse essere già giunto lì non avendola mai vista, oltre a non credere d'essere veramente così in ritardo sulla tabella di marcia. Jacopo osservò l'ora sul cruscotto che segnava le undici e dodici.

Rallentò col pedale e acutizzò la vista. Riuscì a discernere l'ingresso disserrato per metà e una sensazione estranea s'impossessò del suo spirito. Avrebbe potuto scherzare sulla presenza di cinghiali curiosi alla ricerca di cibarie, eppure il pensiero che qualcuno conoscesse il posto dove venivano nascoste le chiavi lo infastidiva quasi più di uno scassinamento, specialmente per la fumata che il camino stava emettendo.

«Giuro che se sono i soliti extracomunitari li metto nel camino e ci faccio lo stufato».

Purtroppo era già successo in passato che avessero azzardato a vandalizzare la tenuta; la zona principalmente colpita era il granaio, dove la mattina dopo la paglia era ovunque tranne che nel mucchietto ben sistemato all'angolo; ciò nondimeno non mancavano di certo i temerari che, presupponendo non ci abitasse nessuno, avessero utilizzato un piede di porco per forzare la serratura, senza aspettarsi il Senior col diavolo per capello dietro al legno spesso col fucile da caccia a minacciarli con la canna dallo spioncino a sportello. Avrebbe potuto rischiare chissà cosa se i carabinieri, che aveva chiamato, non gli avessero risposto di lasciar perdere questo tentativo di violazione di proprietà privata e chiuso la telefonata senza venire a conoscenza in tempo di aver azionato il fuoco e ferito il braccio d'un malintenzionato.

Non riflesse in oltranza e tirò il freno a mano appena arrestato a dieci metri dall'ingresso. Non era sicuro che avessero o meno udito l'arrivo della macchina, ma si preparò mentalmente per qualche imboscata. Dovevano aspettarsi che arrivasse qualcuno prima o poi, che per quanto avesse l'aspetto di una casa abbandonata, dentro non era messa così male da farla sembrare tale, non dopo i sacrifici fatti.

In quel momento si sentì in dovere di chiedere a Noelani di rimanere nell'auto avendo il timore ancorato alla caviglia in una palla carceraria che non gli impedì di prendere coraggio e smontare dal veicolo.

Ragionò.

Aveva la mazza da baseball da prelevare dal baule, ma poi rammentò esser dietro alle borse preparate per la mangiata.

Imprecò in volgare.

Il tempo di agire era più veloce di quello per pensare; dunque, chiuse piano lo sportello e fece cenno alla compagna di mettere la sicura. Avanzò a passo felpato nell'augurio di scricchiolare il meno possibile i sassolini dello spiazzo, quando di striscio adocchiò un'asse di legno appoggiata su un pilastro della veranda in ulivo. Con tre falcate l'avrebbe potuta raggiungere e agguantare prima di fiondarsi all'interno.

Contò fino a tre, dopodiché nell'atto di balzare sulla destra, una figura mastodontica disserrò l'adito, facendogli arrivare il cuore in gola. Si portò una mano sullo sterno per placare gli animi nel riconoscere il profilo corrucciato e accogliente dell'invitato che la diceva lunga sulla sorpresa, con quella fronte spiegazzata quanto un mare agitato a causa del sopracciglio tirato. «Icché tu fai, gli agguati?»

Una risata per scaricare la tensione trapelò dalla cavità orale. Il respiro si faceva sempre più regolare e ringraziò di non aver disfunzioni cardiache. «Oh Broder, m'ha preso una 'antonata di nulla, pensavo tu fossi un forastiero».(1)

Le rughe d'espressione si dilatarono in un ampio sorriso, mentre il suo metro e novantasei s'appropinquava all'amico. Con la coda dell'occhio avvistò il mezzo di difesa e sopra al mento ispido si screziò l'ombra d'una smorfia. «È una vita che non ci vediamo e mi devo beccare un'asse in testa, a questo punto facevo un provino per i Looney Tunes e me la passavo meglio» celiò, abbracciandolo con quella calorosità che Jacopo non percepiva da diverso tempo. Il tabacco e l'odore di carne sui vestiti lo portò all'agriturismo di Bagno A Ripoli, altro luogo di grasse mangiate e conversazioni a non finire; vi ci lavorava l'intera famiglia Alderici da generazioni e mai nessuno si era lamentato del cibo, in special modo dei pici, peculiarità della casa in concorrenza con le pappardelle. Si perse nel rammento del ragù di cinghiale che preparavano, era la fine del mondo terreno e l'inizio di quello celeste.

Distinguendo da lontano la confidenza, Noelani decise di scendere dalla vettura e lasciarli per qualche secondo in solitaria mentre dal baule avrebbe cominciato a togliere le sacche. Si era spaventata ed era tentata a suonare il clacson se non avesse adocchiato meglio le reazioni dei due.

Tommaso batté le mani sulle spalle del viaggiatore e lo squadrò più del dovuto. «Dio, l'ultima volta che t'ho visto avevi la barba di David Beckham negli anni 2000. Come ti sei conciato, Neri?! Hai nostalgia dei vecchi tempi o ti sei scordato d'essere andato avanti con l'età?» la voce profonda graffiava l'aria anche quando si abbandonava in una risata.

Jacopo infranse la chioma con le dita, mostrando il suo sorriso smagliante e spavaldo che negli anni non era mutato; la sua sicurezza era il suo tratto distintivo e si mostrava spesso nelle espressioni che gli acquarellavano il volto. «Né troppo corta e né troppo lunga. Si sta al passo con la moda, Buzza!» Come rafforzativo diede qualche pacca sull'addome rotondo e mai stato scolpito, soggetto di battute seppure al tempo stesso elargiva quell'aria dominante che faceva mettere la coda tra le gambe. Era solito mettere soggezione per la robustezza, eppure il suo sarcasmo e la sua aria misteriosa sapeva attirare pischelli e cittine.(2)

«Stavi meglio rasato, ora la mia stempiatura non passerà inosservata se come il Salva porti il ciuffo. Siete passati entrambi dal pascolo con quella leccata di vacca o avete lo stesso parrucchiere dalle mani ingellate?»

Il latrato che scoppiò dalla bocca di Jacopo era così forte d'aver fatto voltare la sua fidanzata in un'espressione da cerbiatto, incuriosita dalla conversazione. Gli mancavano certe inforcate, erano la caratteristica che più gli garbava del suo carattere. «Vince Vaughn ha comunque il suo fascino, man».

«Fatto sta che sembri un lord inglese sotto a quella giacca, che ti sei messo?» Lo squadrò da capo a piedi, nel maglione bordeaux della Jack & Jones che s'intravvedeva dalla zip slacciata e i pantaloni grigio scuro. Era strano ritrovarsi in campagna in quelle vesti, ma quel giorno era speciale e fare il contadino come lo era suo nonno era l'ultimo dei desideri.

«E tu sembri uscito da Hazzard, con quella buzza la camicia dentro ai pantaloni attillati alla Daisy Duke ti faranno partire i bottoni. Fortuna che li hai lunghi, se fossero stati corti ti sarebbe uscita una palla».

Con il gesto volgare dalla patta in giù a rafforzare le parole, le frecciatine arrivarono così nette che fecero scuotere il cranio dell'amico e indurlo a far dietro-front per raggiungere la Jeep Wrangler malconcia; nell'osservarla ancora gli veniva difficile credere che potesse essere il mezzo d'un suo sodale, interpellandosi cosa fosse successo. «Hai due opzioni: o ritiri quello che hai detto oppure niente grigliata per mister simpatia. A te la scelta, bischero».

Col manico rivolto dall'altro verso, si dovette ricredere. «Ho detto Daisy Duke? Volevo dire Tom Selleck, stai divinamente» unì pollice e indice nel mostrare un ok a cui non vennero date le giuste attenzioni. Non avrebbe messo in discussione la fame con l'orgoglio, non quel dì dal meteo incerto.

«Dopo questa ti meriti una sega, ma non da me».

Di responso sghignazzò alla Muttley e dando un'ultima occhiata all'amico, raggiunse la bionda che gli sorrise con armonia, inducendolo a largirle un bacio a fior di labbra. Come uno sguardo potesse far dissipare ogni intendimento vocale lo disarmava ogni volta. Riusciva a sentirsi a casa con lei al suo fianco, mostrandogli una facciata a lui sconosciuta d'un sentimento alla quale non aveva dato mai la giusta importanza. Non se ne capacitava di come potesse essere sereno ovunque se con lei, e al contempo tranquillizzava la partner dove non aveva mai messo piede; era più unico che raro varcare il portone del passato d'una persona.

Assieme a una folata gelida, l'attenzione venne reclamata. Maso s'era falsamente indispettito, domandando se le presentazioni dovessero aspettare il giorno seguente oppure dovesse prendere un ticket. Il sarcasmo colse Jacopo di petto, portando la fidanzata a porgli la mano e stringerla con vigore. Appena il nome hawaiano accarezzò le orecchie del sodale, uno stupore rigò le labbra, tuttavia per la prima volta rimasero mute a causa della cadenza straniera; si trovava spesso in difficoltà dinanzi a chi non fosse di origine italica.

Il Neri, come spesso veniva definito dalla compagnia, s'incamminò all'interno dell'abitazione, percependo una punta di calore sempre in crescendo. Si voltò e notò nel camino un fuoco vivido. Scoppiettavano le braci, incandescenti e dai colori infernali. I tocchi di legno erano antracite in alcuni punti e rosso vivo sempre più verso il centro. Si mescolavano all'arancione e all'ocra. Delle sfere ardenti zampillavano verso l'alto, riportando in memoria l'eruzione vulcanica che da ragazzino aveva visto in Sicilia. L'Etna era un gigante che fumava, instaurava terrore e al contempo affascinava. I lapilli scagliati in aria in una danza esplosiva, i pennacchi di fumo risalenti in cielo e le colate che dal pendio discendevano come serpenti sulla sabbia bollente. Uno spettacolo che avrebbe fatto invidia ai bagliori dei fuochi d'artificio e alle cascate presenti negli stagni giapponesi.

«Ho aperto il villino per fare arieggiare e ho acceso il fuoco» lo interruppe Maso porgendogli le chiavi.

Era un'abitazione vecchia, priva delle più disparate comodità moderne. Per riscaldarsi c'erano spesse coperte di lana che creavano prurito e una sola in cashmere, morbida e grande abbastanza per due persone, letti in paglia e cuscini in piuma d'oca. L'acqua per averla calda bisognava riscaldarla sul fuoco e solo negli ultimi anni si era costruito un bagno a fianco dello stabile; prima era necessario inoltrarsi nella campagna con carta igienica sottobraccio e tanta voglia di stare con le chiappe al venticello gelido.

Dei brividi gli pizzicarono il braccio nel rimembrare tali sacrifici da mimmo. (3)

«Dal fetore ho pensato ci fosse ancora tu nonno dentro».

Non resistette dall'impeto che gli scoppiò nei polmoni e a fatica ripresero il respiro. Il legno della casa era così vecchio che sembrava avesse negli anni assorbito gli odori delle bestie che vi entravano, e Lapo non era famoso per le docce profumate, ma più per il suo amore per i maiali e i cinghiali, gli stessi che assieme agli altri animali diedero alla famiglia Alderici. Erano gli unici che si sentirono di prendersi carico delle bestie, tra vacche, oche, galline e il povero Duccio, il Bracco ungherese color caramello che non resistette più di due settimane senza il suo padrone, abbandonandoli di vecchiaia secondo il veterinario; in verità tutti pensarono fosse così tanto affezionato al Senior da morire di crepacuore.

Noelani ispezionò l'interno in pietra e legno con una curiosità sconfinata; non era la prima volta che ci accedeva, con Jacopo aveva fatto un'ispezione di due giornate di recente per rendere la catapecchia quanto più di ospitale si poteva permettere, con le stoviglie linde e le tovaglie pulite, i mobili con un tappeto di polvere in meno, la cabina elettrica e i condotti dell'acqua attivi, certificando che tutto il necessario fosse presente e non mancasse nulla all'appello. Certi complessi in pietra in stile medievale non erano per lei cose di tutti i giorni, seppure le ricordasse in maniera assai grezza e distorta Fort Frederick. Si ritrovò ad aggrottare la fronte per la perplessità dei suoi pensamenti.





GLOSSARIO

1.  M'ha preso una 'antonata di nulla = Ho preso un tremendo abbaglio.

2. Pischelli e cittine =  Ragazzi e ragazze

3. Mimmo = Bambino

NOTE AUTORE

Buon San Valentino! ❤️
Spero che questi primi capitoli stiano piacendo 😊.

Necessiterei di un fiorentino doc che mi corregga il volgare... per quanto mi possa affidare a un libro del vernacolo fiorentino, avere una sorta di Wiki Pedro sarebbe fantastico 😂.

Non so se avete instagram, ma qualche giorno fa ho parlato dei girasoli, come vengono visti e come vengono percepiti. Sono dei fiori che a volte li si dedicherebbero a una persona speciale e in questo romanzo capirete, con l'andare del tempo, chi per questi personaggi è la loro persona speciale 🌻.
Voi ne avete una? 😊
Questa sarà una storia d'amore, piuttosto qui si parla di amicizia, eppure anche questa è una sorta di amore, non trovi?

Ci vediamo al prossimo aggiornamento!

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