24.
È mattina, e la ragazza resta nel letto avendo deciso di non andare a scuola. Mentre le coperte la stringono, ripensa a tutto quello che è successo ieri. Inevitabilmente pensa a Riccardo, alle sue labbra delicate, l'accenno di barba, il pomo d'Adamo che scendeva e saliva ogni volta che deglutiva, la sua mano sulla propria guancia. Sente qualcosa muoversi nello stomaco, un formicolio piacevole, di quelli che ti fanno alzare dal letto con il sorriso. Nota che la cucina è in penombra. Va vicino la camera del fratello, bussa. Non sente alcun rumore, apro un po' la porta e lo vede dormire mentre le lenzuola lo coprono in modo scomposto.
Si reca al parco mentre vede i bambini piccoli che giocano tra loro. Chi si diverte sullo scivolo, chi prova a fare la ruota aiutato dalla mamma... Lei la ruota non la sa fare. Al parco-giochi ci andava da sola, quando aveva circa otto anni, oppure l'accompagnava il fratello. Una volta ricorda che la madre voleva che imparasse a stirare. Beh, si scottò con il ferro. Ginevra però non si preoccupò della mano infantile; anzi, la sgridò per aver rovinato la camicia del marito. Ovviamente per il dolore Martina aveva lasciato il ferro sopra il panno, non pensando alle conseguenze. Poi ricorda Alessio che si avvicinava, la prendeva in braccio e la portava in camera sua. Trovava sempre il modo per farla sorridere mentre la medicava. Ricorda che una volta gli disse «Sarai un bravo dottore», ed ora davvero sta studiando medicina. Eppure Martina sente che il loro rapporto si sta un po' freddando. Non sa se è per l'età, per gli amori o per le situazioni. Lei sta perdendo la sua ancora, e si sta ritrovando a quasi diciassette anni senza un punto di riferimento, con la consapevolezza che sta per annaspare.
Vede dei genitori molto giovani sorridersi, pensa per la seconda volta in questa mattina a Riccardo. Chissà se sarà lui a prendersi cura di lei. Perché nessuno di noi può curarsi da solo, almeno lei non può, non ne è in grado. Guarda ancora una volta i bambini e rimpiange l'infanzia che è già passata. Un profondo senso di ingratitudine si impossessa di lei. Il fratello ha fatto tanto, le ha insegnato ad andare da sola sull'altalena, a tenersi durante i suoi alti e bassi, e lei non gli è accanto ora che ne ha bisogno.
Tornata a casa, vede Ale steso sul divano: sta fumando una sigaretta. In silenzio Martina apre una finestra, non si cura dell'aria fredda che entra. «Ti preparo qualcosa da mangiare?» Chiede accovacciandosi accanto al sofà.
«No, grazie» sibila aspirando. «Come stai?»
«Bene, mi sto solo rilassando un po'» annuncia, «Va bene». Finge di crederci. Invia un messaggio a Daniele «Alessio non sta bene, con me non ne vuole parlare. Sta anche fumando». Dopo una manciata di minuti, arriva la sua risposta «Oggi pomeriggio vai a casa di Riccardo, penso che alzeremo un po' la voce, ma andrà tutto bene, okay?» Fa strano leggere un messaggio simile, tuttavia sospira ed accondiscende alla sua proposta.
«Ricky?» Sussurra al telefono, «Si, chi è? Martina?» Chiede, lei arrossisce quando si accorge che l'ha chiamato con il nome abbreviato, «Lo so che non ci si autoinvita a casa delle persone, ma credo che Dany ed Ale discuteranno e...»
«Ti aspetto a casa, anzi ci vediamo nel bar nella piazza principale, va bene?»
«Si, grazie» sorride mordendo un'unghia.
Lo scorge seduto ad un tavolino. Quando lo raggiunge ordinano una bevanda calda. «Perché fuggi quando le persone litigano?» Chiede a bruciapelo, «Mi mandano in confusione le urla» risponde. Chiacchierano un po' di tutto, ma in realtà di niente.
Quando vanno a casa sua vedono Andrea intento a trovare un film horror.
«Io non lo guardo» espone subito la ragazza, «Sei fifona?» Sghignazza Andrea, «Si, lo ammetto»,
«Ci sono io» le sorride Riccardo. Gli occhioni di quest'ultimo convincono la giovane. Però non trascorre molto tempo quando se ne pente. Sobbalza continuamente a colpi di scena, o meglio dire apparizioni di spruzzi di sangue ed espressioni sataniche. «Mio Dio!» Esclama portandosi una mano al petto all'ennesimo spavento. Sente delle dita calde intrecciare le sue. Guarda Riccardo che le sorride e muove il pollice sul dorso. «Piccioncini, rovinate l'atmosfera. Ho pure chiuso tutte le veneziane per stare nell'oscurità più assoluta» borbotta l'altro ragazzo.
Stavolta è un tuono a farla sobbalzare, sta piovendo a dirotto, e lo scroscio della pioggia non è abbastanza forte da attutire completamente il rimbombo del tuono.
Appena torna a casa si fionda nella lettura del diario...
La verità è che ho paura. Temo che qualcuno possa colpirmi alle spalle. Ho timore che se qualcuno mi si avvicini, io mi possa affezionare e quella persona poi possa andarsene facendomi del male. Per questo motivo mi vesto di nero, è un dato di fatto: se risulti tenebrosa e restia a socializzare è più difficile che qualcuno tenti di approcciare con te. Ho paura che se dimostrassi le mie emozioni diventerei più vulnerabile. Temo non essere la "dura" della situazione, perché ci sarebbe qualcun altro che potrebbe attaccarmi. Con tutte queste parole ancora però non ho specificato che collegamento hanno con la paura dei suoni. Un esempio è il tuono, fa rumore ma non si vede, ed io lo temo maledettamente perché come faccio a difendermi da un qualcosa o un qualcuno che non vedo?
Martina accarezza quella pagina, ricorda perfettamente le emozioni che provava quando la scrisse. Era avvolta dalla paura pura, questo perché stava scoprendo la vera lei, quella che ora è. Detesta rileggere il suo passato, d'altra parte è inevitabile. Cosciente di non dormire un sonno tranquillo, si avvolge nelle coperte lasciando la lampada accesa. Il telefono si illumina sul comodino, lo prende. Vede che Riccardo le ha appena scritto «Avrai incubi?» Però lo ha eliminato. È indecisa se rispondergli o meno. «Credo di sì» digita.
«Sembri così indifesa... Fino a quando non apri la bocca» legge il messaggio di Ricky, «Rispondo male alle persone che non mi garbano», «Ed io sono tra quelle?» Caro Riccardo, se solo sapessi.
«Non penso». Preferisce non sbilanciarsi troppo, anche se si sono baciati preferisce aspettare un po'. Potrebbe anche averlo fatto per consolarla. «Non sai quanto mi allieta la cosa»,
«Non credo più di tanto» il tutto perfezionato con un emoticon con la linguaccia. «Ti sbagli, tu sei una nana che tra felpe, sguardi di sottecchi e sorrisi trattenuti con le labbra fra i denti, ti entra nel cuore. Buona notte nana, credo che non dormirai per un altro motivo ora».
«E quale sarebbe?» Gli scrive per non fargli capire che ci ha preso in pieno. Abbraccia Prosciutto e cerca di non illudersi sognando ad occhi aperti.
Holaaaaa
Come state? Che ne pensate?
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