Ardore e Dolore

Lettera scritta (fuori gara, in quanto giudice d'eccezione) per la diciannovesima prova del Cappellaio Matto.
Massimo 1000 parole ed evitare la lettera "M". L'amore è il tema principale.

Adorata Regina di questo vecchio cuore inaridito,
perdonate se, talvolta, Vi disturbo con queste lettere deliranti e (spero non) noiose!
È che... volevo, soltanto, ricordarVi che sono ancora qui, a perir d'ardor e d'agonia per Voi...

Conduco — in totale solitudine, tristezza e desolazione — questa deplorevole e insulsa esistenza, agognando, ancora e ancora, la Vostra perenne presenza e il Vostro ineguagliabile calore accanto al sottoscritto.

E così, con queste sensazioni e in questo status di assoluto sconforto, ho deciso di farVi dono di un personale e autentico Diario (una confidenza dopo l'altra, ecco).
Vi annoterò, al suo interno, qui e ora, le più sciocche riflessioni, i più oscuri desideri e i più nostalgici e struggenti ricordi di una vita che fu e che non si ripeterà più.

Ricordate, cara?
Vi ho osservata e corteggiata, così a lungo e con incessante e sfrontata venerazione, che paventavo di vederVi fuggire via — lontano — e, invece, così non è stato.
E, ora, i pensieri che tornano a quegli istanti, a quel periodo dell'allora gioventù — così piena, gloriosa e gioiosa — sono intensi e lasciano solchi profondi...

Oh! Perdonate l'ardire, Ve ne prego!
Desidero, tuttavia, renderVi partecipe di quanto segue, in queste poche righe... abbiate ancora un po' di pazienza, Vi supplico!
Suppongo (anzi, sono consapevole) che siano alquanto disdicevoli e bizzarri una tale condotta e un tale gesto, per nulla convenevoli all'alto rango a cui appartengo, in effetti, eppur non posso più lottare contro una tale passione e frenesia, oserei dir — quasi — follia, che nutro nei Vostri confronti, dacché ho ricordo!
Non posso più ignorare queste forti pulsioni che sento dentro!

Il Vostro viso, splendente quanto il sole allo Zenit, è apparso accecante alla vista di colui che Vi scrive;
le Vostre labbra, ovvero quelle ciliegie rosse, piene e succose, sono la raffigurazione della casta voluttà e un perenne invito a baciarle, insaziabile;
i Vostri boccoli dorati e infuocati, soffici e setosi al tatto, sono paragonabili all'oro fuso che attrae e che incanta;
la Vostra voce, più dolce e soave del canto di un usignolo, è un toccasana per le orecchie e un'eco che risuona in questo capo spento e vuoto;
e quegli occhi! Oh, quegli splendidi occhi! Sono due zaffiri brillanti e puri, che hanno stregato questo Vostro adulatore nel cuore e nello spirito. E, se anche non dovessi possedere né l'uno né l'altro, Vi assicuro che il solo pensarVi e adorarVi con così tanta devozione e sincerità, basterebbe a render vive e vere le due parti!

Vi desidero, dolce donzella... e con grande ardore!

Ogni giorno che trascorro lontano da Voi è un vero inferno, un supplizio a cui non riesco più a far fronte e che sta conducendo lo spettro che son diventato alla propria tragica e sofferente distruzione.

Abbiate cura e pietà di questo povero disgraziato, desideroso di rivederVi e di restarVi accanto... per l'eternità o, persino, per pochi istanti! Qualunque cosa sarebbe più gradita di quest'angoscia, di quest'intollerabile peso sul cuore e di questo nostro distacco...

Può questo trasporto così viscerale — per quanto puro, autentico e inquantificabile — esser causa di tanta sofferenza e della prigionia nella pazzia?

Avverto, anno dopo anno, giorno dopo giorno, ora dopo ora... ogni singolo secondo, ecco, la Vostra assenza.

Dove siete, candido fiore?
Dove siete?
Perché non posso più stringerVi tra le braccia? Perché il destino è stato (ed è ancora) così ingiusto e infausto con noi? Perché è toccato a Voi perir? È per la natura di cui son colpevole di esser nato? O la punizione di esserci legati l'uno all'altra, oltre ogni logica e regola, ignari delle tragiche e nefaste conseguenze? È, forse, l'espiazione verso la libertà di quest'orrida creatura che sono?

Sono questi i quesiti che continuano ad albergare in questa tenebrosa esistenza da cui son avvolto, dentro e fuori, e lo faranno per l'eternità. Ciò è un esito irreversibile, purtroppo!

Eppure, anche il solo ricordarVi, è un lieve sollievo, per quanto fugace... ecco perché continuo a scriverVi!
Voi, adorata, siete ancora fonte di gioia e calore, seppur nostalgico ed evanescente...
Se solo potessi, Vi raggiungerei alla velocità della luce. Percorrerei, intrepido, privo di alcuna esitazione e sulle nuvole della passione più travolgente, il tragitto che ci separa.

Se, solo, potessi...

Riposate in pace, caro e prezioso tesoro.
Tornerò a scriverVi, presto, nei giorni seguenti...

Il Vostro devoto cavaliere del cuore,
nonché Vlad di Valacchia, ancor più noto nelle consuete vesti di
Conte Dracula

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