Prologo
***
Ciao a tutti i lettori che stanno leggendo queste poche e semplici righe.
Grazie mille per essere qui e mi scuso con tutti per questa breve introduzione che tengo a fare.
Molti di voi avranno già letto alcune delle mie opere, quindi troveranno strano che questa storia sia così diversa dalle altre.
Infatti vorrei entrare in un ambiente un po' più serio e un po' più vicino agli adolescenti, trattando tutti gli argomenti che spesso riscontrano in questa fase delicata.
Non voglio dire altro e lascerò che voi possiate giudicare da soli.
Sentitevi liberi di correggere, commentare e contestare tutto ciò che vorrete, io sarò pronta a rispondere e confrontarmi con voi!
Jen🍻
***
E' quasi come se le mie scarpe siano state fatte apposta per me. Le suole consumate marciano silenziosamente e il mio passo è muto e impercettibile. A malapena posso sentire il mio stesso respiro.
Probabilmente nessuno ha ancora udito la mia voce qui dentro, l'intero liceo penserà che io abbia qualche problema.
Effettivamente gli unici suoni che emetto occupano solo la prima parte della mattinata, giusto per rispondere alle domande di mio padre, e nei corridoi con Lauren.
Effettivamente le mie corde vocali possono ritenersi praticamente nuove.
L'enorme porta a vetri della mia scuola si chiude alle mie spalle e mi ritrovo a ripercorrere mentalmente il fruscio che le spazzole alla base fanno strisciando sul pavimento.
Qualcuno mi sfiora una spalla con lo zaino e io abbasso la testa, gli studenti sembrano uno sciame di api impazzite per i corridoi, c'è chi corre per arrivare in classe e chi per affrettarsi a finire i compiti prima della lezione.
Ma nessuno fa caso a me.
Mi accosto a una parete e percorro la mia solita strada andando a memoria, i capelli mi sono scivolati sul viso e mi sento confortata dal loro apparente riparo.
Per tutto il tempo non faccio altro che guardare le mattonelle chiare, stando scrupolosamente attenta a non incrociare lo sguardo di nessuno.
Poi mi fermo, sapendo esattamente che mi trovo davanti al mio armadietto, riesco a riconoscere le sfumature del pavimento e finalmente alzo lo sguardo.
L'odore che mi impregna le narici è nauseabondo, come tutti gli altri giorni, sembra quasi che in questa scuola l'igene non sia ancora di moda tra questi netturbini.
Provo a trattenere il respiro e prendo la chiave da inserire nel lucchetto del mio armadietto, preparandomi a intonare mentalmente il solito cigolio che fa l'anta quando la apro.
Iiiich!
Le mie dita fredde scorrono tra i libri che ho davanti, poi ne afferro due portandoli al petto e cerco anche una matita con lo sguardo.
So di averne lasciata una qui ieri.
Decido di lasciar perdere e chiudo l'armadietto, preparandomi ad immettermi nuovamente nel flusso di ragazzi.
Ma quasi mi metto ad urlare quando Lauren, la mia migliore amica 一 nonché l'unica in grado di sostenere una vera conversazione con me 一 fa la sua solita apparizione alle mie spalle.
Riuscirò ad abituarmi entro la fine dell'anno?
Aspetto che il mio cuore smetta di galoppare nel mio petto e poi faccio un profondo respiro, osservandola mentre i suoi occhi azzurri si chiudono leggermente e il suo sorriso le risplende sul volto. Mi accorgo della penna rasa che sta facendo volteggiare tra le dita affusolate, mi innervosisce.
«Il fantasma della scuola è finalmente tra di noi!» ridacchia poi. Faccio un sorriso esasperato e alzo gli occhi al cielo.
«Smettila Renna, lo sai che non lo faccio di proposito» sospiro, sentendo per la prima volta la mia voce comporre quella breve frase. Anche oggi è flebile, quasi come un sussurro appena udibile. Continuo a chiedermi se un giorno sparirà completamente.
Magari un giorno aprirò la bocca e rimarrò bloccata con le parole in gola, udendo solo il fiato venirne fuori come un fischio.
Lauren, o Renna, è l'unica con cui io la usi, per il resto della giornata le mie corde vocali si raffreddano e io lascio che vadano a riposo. Almeno fino al giorno seguente.
Mi fa quasi strano sentire la lieve vibrazione in fondo alla gola e sono costretta a deglutire più volte prima di poter continuare.
«Oggi hai gli allenamenti come ieri?»
La mia amica sorride come solo lei sa fare, lasciando trapelare tutto l'affetto che prova nei miei confronti e poi si prende un attimo per salutare una delle cheerleaders che ci sta passando accanto. Il suo sguardo cristallino torna allegramente su di me.
«Sì, ma se non vuoi assistere posso accompagnarti a casa prima.»
Ascolto le sue parole in silenzio e l'immagine di mia madre che urla mi infila un sasso giù per la gola.
No, avrei preferito passare due ore al freddo piuttosto che rivedere i miei genitori.
Così scuoto energicamente la testa e i miei occhi incrociano di colpo quelli di un ragazzo con la camicia a quadri e gli occhiali.
Abbasso lo sguardo di scatto e torno a puntare le mie scarpe, poi quelle di Renna, mentre avanziamo di qualche passo lungo i corridoi troppo pieni per permettermi di respirare regolarmente.
Voglio solo andare in classe.
Un nuovo paio si unisce alle nostre e si inchioda davanti a noi, facendoci fermare.
Il cuore fa un balzo così alto che lo sento nelle orecchie. So già di chi si tratta perché riuscirei a riconoscere quelle scarpe in mezzo ad un milione, so anche che dovrei alzare lo sguardo e prestare attenzione al nuovo arrivato, ma se lo facessi arrossirei così tanto da sembrare una decorazione natalizia.
Ma prima che io possa accorgermene, la mia testa si è mossa di scatto e adesso le mie iridi stanno scivolando sui lineamenti perfetti del viso di Axel.
Il mio cuore diventa un budino schiacciato e le mie ginocchia minacciano di spezzarsi sotto il mio peso.
Le sue labbra rosee e morbide si sono piegate in uno splendido sorriso e delle fossette sono sbucate ai lati della bocca. Gli occhi scuri brillano di luce propria mentre si spostano sul viso pulito e ben truccato di Renna.
La guardo anche io, mentre il cuore viene risucchiato in un buco nero, anche lei sta sorridendo e credo che il resto del corridoio sia sparito in questo momento. Pareti, persone, pavimenti. Tutto andato, sono solo loro due.
All'improvviso Axel sembra essersi accorto anche di me e si volta di scatto, rivolgendomi lo sguardo più gentile che riesce a fare.
«Ciao Fantasmino, ti senti bene?» mi saluta prendendomi in giro.
D'un tratto ho come l'impressione che quel soprannome non sia affatto così brutto, le sue labbra intorno a quella parola sono così belle che potrei anche accettare che lui mi chiami così per il resto della mia vita.
Sto arrossendo, sento le guance andare a fuoco e le mani tremare intorno ai libri che tengo al petto.
Abbasso lo sguardo di scatto e annuisco guardando nuovamente le sue scarpe. Sono di troppo, devo lasciarli soli.
Faccio avvicinare una mano al braccio di Lauren e aspetto che lei torni con l'attenzione a me, poi dico «Io vado in classe, ti aspetto lì» e scappo velocemente, pregando che nessuno noti il mio tremore e i miei occhi pieni di lacrime.
So di essere il fantasma della scuola, tutti mi chiamano così, ma so anche di non passare inosservata, nonostante sia una cosa che vorrei tanto evitare, però almeno nessuno mi dà fastidio, nessuno prova a parlarmi e nessuno si sporge per attraversare con lo sguardo la coltre di capelli che mi fa da scudo perenne.
E non posso far altro che odiare questo soprannome. Non mi importa l'effetto che dovrebbe fare su di me, magari dovrebbe offendermi in qualche modo, in realtà l'unica cosa che posso notare è che mi mette al centro dell'attenzione. Le persone sono curiose, troppo curiose. I nuovi arrivati sentono il mio nomignolo e chiedono chi sia, poi la gente mi indica e quindi gli studenti piantano il loro sguardo su di me e io spero solo che la forza di quelle attenzioni possa bucarmi come un palloncino e farmi volare via. Lontano da tutti.
Quando entro in classe il professor Schiattarella alza appena lo sguardo e mi saluta come tutte le mattine. Mi limito ad abbozzare un sorriso e mi permetto un cenno educato con il capo.
Forse lui è l'unico professore in grado di capire il mio silenzio, è l'unico che non mi costringe a rispondere alle domande e lascia sempre che siano gli altri a correggere i compiti lasciati.
Forse lui è l'unico che, senza parlare, ha capito più di molti altri.
In poco tempo raggiungo il mio banco e mi siedo con cautela, badando a non fare troppo rumore con la sedia.
Quando suona la campanella anche Renna entra in classe, prendendo posto accanto a me.
E' rossa e accaldata e ha un tic al ginocchio sinistro.
E io voglio piangere.
~~~
Sono quasi le sei e il tempo sembra essersi fermato intorno a me. L'aria soffia costantemente sulla mia pelle gelata e credo che le mie articolazioni si siano bloccate per sempre. Ho le gambe che formicolano e le dita dei piedi non le sento quasi più.
E pensare che siamo solo a ottobre.
Se non mi muovo il prima possibile morirò su queste panchine vuote e anonime.
Mi correggo, non sono del tutto vuote, a qualche metro da me c'è un gruppetto di ragazze di un anno più piccole. Fanno così tanto baccano che vorrei alzarmi e andare via.
Le osservo mentre provano ad attirare l'attenzione dei giocatori sul campo.
Un giocatore a caso: Axel.
Sospiro sconsolata.
Da quando Renna ha iniziato a tenere gli allenamenti del suo gruppo nello stesso campo con quelli del football non sto più neanche seguendo le nuove piramidi che fanno.
La mia testa è costantemente girata verso l'altro capo del campo, i miei occhi sono perennemente puntati sugli atleti e la mia attenzione è indirizzata tutta sul quarterback.
Non potevo che ammirare il suo corpo asciutto, la linea della mascella che si induriva quando era concentrato, gli occhi di tempesta con attenzione il campo intorno a sé.
Axel giocava come se nient'altro fosse importante, la passione che lo avvolgeva e lo spingeva a fare punto vibrava intorno a lui e si diffondeva sugli spalti come un'onda anomala. Era palpabile e dava energia.
E mentre lui giocava da una parte, Renna si allenava dall'altra, compiendo salti magnifici e montando complicate figure degne di un campionato mondiale.
Da quando era riuscita ad entrare nella gruppo delle cheerleaders sembrava molto più felice e radiosa, aveva preso a cuore quell'impegno e le ragazze che ballavano con lei non le avevano dato alcun problema.
Entrambi sono davanti a me, uno da un lato uno dall'altro, entrambi così vicini e io così lontana.
Un enorme muro di vetro cala davanti ai miei occhi e ho quasi l'impressione che questo divisore non si sia mai veramente spostato, ma che sono proprio io ad aver fatto finta che non esistesse.
Axel si gira, la guarda e le fa l'occhiolino, Lauren gli lancia un'occhiata e sorride.
E intanto il buco nero che mi aveva risucchiato il cuore adesso sta risucchiando anche me, permettendo al freddo di questa giornata di infiltrarsi sotto la mia pelle e congelare ogni centimetro del mio corpo.
Qualcosa di bagnato mi colpisce il naso e io sbatto le ciglia per riprendermi dai miei pensieri. Solo adesso mi accorgo di avere i jeans bagnati e la felpa chiazzata in più punti. Sta piovendo da un po' e io non me n'ero neanche accorta.
Alzo il naso verso il cielo plumbeo e nebuloso e apro il palmo di una mano per raccogliere qualche altra goccia. Ho come l'impressione che il tempo abbia appena assunto la stessa forma del mio cuore.
Sta piangendo perché se lo facessi io attirerei troppo l'attenzione.
Abbasso lo sguardo su Renna e la trovo a parlare con le altre cheerleaders, le ragazze annuiscono, lei aggiunge qualcosa e tutte si mettono ad urlare all'unisono.
E' il loro motto, ma non riesco a sentirlo da qui.
Le atlete si dirigono verso gli spogliatoi e io non posso far altro se non tirare un sospiro di sollievo nel sapere che presto Lauren mi porterà via.
La squadra di football, invece, sta ancora ascoltando delle direttive impartite dal coach, il professor Brown, poi tutti iniziano a correre lungo il perimetro del campo senza fiatare.
Il cuore inizia a battermi quando il quarterback segue i ragazzi e viene verso di me. Continuo a guardarlo e vorrei solo urlare di gioia, ma lui alza lo sguardo senza che io possa prevederlo e mi guarda, mi sorride e continua il suo allenamento, lasciandomi di sasso e con la bocca semi aperta.
Non riesco a ricambiare in tempo, quindi mi rannicchio ancora di più sul sedile e inizio a chiedermi dove diavolo sia finita Renna. Maledizione.
Sta tardando e le ragazze poco distanti da me hanno visto tutta la scena e stanno fissando me adesso.
Axel non avrebbe dovuto fare una cosa del genere.
La mia testa mi implora di alzarmi e correre via, correre e nascondermi dietro qualche auto. Aspettare Renna e tornare a casa il prima possibile.
Ma la paura di dare troppo nell'occhio mi attanaglia al sedile e i muscoli non si muovono più.
Quindi abbasso la testa e inizio a torturarmi le mani come se fossero il mio unico vero passatempo.
Voglio sparire. Voglio sparire. Voglio sparire.
Qualcuno mi tocca la spalla e io sussulto, pronta a vedere in faccia una delle ragazze di prima, ma quando alzo lo sguardo incontro gli occhi rassicuranti di Lauren che mi guardano preoccupati.
«Tutto bene?» chiede poi, muovendo la testa a destra e a sinista, alla ricerca di un colpevole.
Mi accorgo che ha aperto l'ombrello e che lo sta tenendo sulle nostre teste per coprirci dalla pioggia, sento le gocce picchiettare lievemente sulla tela violacea e mi rilasso un po'.
Annuisco e Renna mi porge una mano.
«Andiamo a casa» dice poi, tornando ad assumere la sua solita espressione allegra.
Vorrei essere come lei. Vorrei essere lei.
Ci dirigiamo verso l'uscita e io noto che le ragazze di prima se ne sono andate, probabilmente troppo contrariate dalla pioggia che ha deciso di rovinar loro il pomeriggio.
Tengo la mano stretta a quella di Lauren fino all'uscita del campo, poi lei la sfila dalla mia, lasciando che il gelo si infili tra le pieghe della mia pelle e si volta verso di me con una faccia strana.
«Scusa, ho dimenticato una cosa, aspetta qui.» Poi schizza via sotto il mio sguardo confuso e inizia a correre attraverso il campo, lasciando che la pioggia le bagni i vestiti.
Le sue scarpe colpiscono qualche pozzanghera e vedo chiaramente i suoi pantaloni bagnarsi, ma lei continua e non se ne accorge nemmeno.
Rimango a fissarla e capisco già cosa stia per fare.
Devo distogliere lo sguardo, mi dico.
Distogli lo sguardo.
Ma i miei occhi rimangono piantati su di lei e aspetto che una nuova bruciatura si aggiunga all'altezza dello stomaco. L'ennesimo taglio.
I ragazzi della squadra di football l'accolgono con un sorriso e le dicono qualcosa, tutti la guardano come se lei fosse una di loro e poi le fanno spazio per farla passare.
Renna raggiunge Axel e io ho gli occhi che mi bruciano così tanto che vorrei strapparmeli.
Tranquilla, mi dico, è la pioggia che ti bagna la faccia, non sono le lacrime.
Vedo la mia amica immergersi nuovamente in quel mondo che è solo il loro e lui l'attira a sè con un braccio e con un tenero sorriso.
E di nuovo sono dietro una finestra spessa un chilometro, li osservo e una patina di tristezza mi offusca la visuale.
Magari, però, sono solo delle stupidissime lacrime.
Axel si china e la bacia. Le loro labbra si incontrano e tutti iniziano a fischiare e guardarsi.
Ho il cuore accartocciato in un angolo, si è piegato in quattro e poi si è disteso di nuovo per riprendere a battere con regolarità.
L'attimo dopo il professor Brown ha deciso che quel contatto indesiderato sia già andato oltre il limite della sua sopportazione e lo vedo cacciare Lauren con un gesto della mano.
La mia amica si allontana e saluta tutti con la mano, riprendendo a correre verso di me.
Il cielo è ancora più nero ma un sole tutto suo sta illuminando la figura raggiante di Renna.
«Ora possiamo andare» dice poi, avvicinandomi e lasciando che io le ceda nuovamente l'ombrello.
Osservo per qualche istante le sue gote rosse e poi guardo per l'ultima volta Axel e noto che la sta ancora osservano.
E mentre i raggi di sole avvolgono Lauren come se fosse un angelo, io decido di evitarli e mi infilo velocemente nella sua macchina, desiderando soltanto di tornare a casa e piangere come non ho mai fatto.
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