cap 6
Il matrimonio di Giorgio e Martina si celebrò all'interno di una sala del comune.
La cerimonia fu modesta e rapida, ma non per questo meno emozionante e genuina.
Martina indossava un abito bianco, semplice, ma che esaltava in maniera naturale la sua innata eleganza.
Giorgio era in divisa. Austero e fiero come non mai. La felicità che trapelava dalle sue iridi ambrate, insieme a quelle della sposa, sembrava far brillare la sala adibita di luce propria.
Anche Alessandro alla fine aveva indossato la divisa, sapeva quanto Giorgio ci tenesse e per quanto gli risultasse innaturale rivestire quei panni che odiava con tutto se stesso, aveva deciso di accontentarlo, ripromettendosi di non incrociare l'ombra di uno specchio finché non fosse arrivato il momento di riporla in valigia.
Era arrivato all'ultimo momento, tanto che i convenevoli dovettero essere rimandati all'esterno del comune, dopo che gli sposini furono ricoperti di riso, applausi, baci e quant'altro.
Lì aveva così salutato e abbracciato Barbara, la sorella di Giorgio, che oltre a essersi definitivamente trasferita a Genova, aveva occupato il posto di vice commissario all'interno del distretto.
Alessandro ne era felice; Barbara era in gamba, aveva superato con maturità la delusione procuratale da Argentero e aveva proseguito a testa alta senza lasciarsi risucchiare dal dolore.
Aveva anche un nuovo compagno e un po’ gli dispiacque; adesso che era libero avrebbe approfondito volentieri la sua conoscenza e dato sfogo a ciò che tra loro era rimasto in sospeso.
Conobbe i genitori di Martina, a cui era evidente non andasse per niente a genio.
Era logico.
Non forzò la mano e rispettò la loro freddezza senza fare una piega.
Salutò e chiacchierò del più e del meno con diversi colleghi e infine salì in macchina per trasferirsi insieme agli altri invitati nel ristorante scelto per l'occasione.
Il ricevimento era stato organizzato all'interno di una villa avvolta nel verde, affacciata sul mare di Santa Margherita Ligure.
La sala era stata addobbata con sobrietà, tanti tavoli rotondi con cinque sedute per ognuno e uno più piccolo su un palchetto colorato da centinaia di rose rosse e bianche dove sedevano gli sposi.
Ad Alessandro era stato assegnato il tavolo occupato dalla madre di Giorgio, Barbara e compagno e una vecchia zia paciosa che non perdeva occasione per sorridergli.
Non era per nulla a proprio agio, ma d'altronde non lo sarebbe stato in nessun altro posto. Fosse stato per lui avrebbe pranzato in una delle tante panchine esterne, da solo, nella spasmodica attesa che quella giornata avesse fine.
L'unica nota positiva, a parte la gioia degli sposi, era il sottofondo musicale. Su un piccolo palco, sul lato opposto della sala, una giovane cantante allietava il ricevimento con una voce leggera, pulita e in qualche modo rilassante.
Alessandro rimase quasi in silenzio per almeno un'ora, annuendo ogni volta che qualcuno sembrava rivolgersi a lui e dovette ammettere che il suono delle corde vocali della cantante contribuì a farlo estraniare dal resto della festa senza alcuno sforzo.
Capì però ben presto che non ascoltare una sola parola di ciò che gli veniva detto lo stava facendo passare per un mezzo matto; le espressioni sui volti dei suoi interlocutori parlavano chiaro.
Quindi decise di richiedere l'aiuto del vino che veniva servito con continuità all'interno dei calici, in modo che questo gli donasse quella loquacità che occorreva per non fare la figura del maleducato.
Funzionò.
Nel giro di mezz'ora si ritrovò nella pista da ballo dopo aver chiesto a Simone, il nuovo fidanzato di Barbara, un giro con la sua ex collega. Non essendo evidentemente a conoscenza dei loro "platonici trascorsi", l'uomo non aveva obiettato e così i due, sulle note di “Amami" di Emma Marrone, presero a muoversi in pista sorridendo come due vecchi amici in mezzo ad altre decine di invitati.
Si meravigliò di se stesso, considerando che non ricordava di aver mai ballato in vita sua.
- Come stai, Ale? - gli chiese Barbara, mentre si agitavano al centro della pista.
Alessandro, con una mano appoggiata sulla spalla di lei e l'altra che teneva stretto il calice di vino, allargò il proprio sorriso.
- Benissimo. Non mi vedi? -
Lei fece una smorfia.
- Sincera? -
Lui scosse le spalle.
- Stai una merda! -
In quell’istante la canzone finì e subito dopo partirono le note di “Pensiero stupendo" di Patty Pravo. Alessandro colse di sorpresa Barbara, afferrandola per la vita con il braccio libero, mentre con l'altro finiva in un sorso il vino e consegnava a un cameriere di passaggio il calice vuoto.
- Ale, che cazzo fai? Allontanati. - digrignò tra i denti Barbara, mentre con i palmi posati sul suo petto provava a mantenere un minimo di distanza.
Lui la vide cercare preoccupata con lo sguardo quello del suo uomo e a sua volta si voltò rivolgendo a quest'ultimo un cenno innocente di saluto, al quale lui rispose con un largo sorriso.
Coglione!
Tornò poi a guardare Barbara. Era arrossita. - Tu invece sei uno schianto… - le sussurrò a un orecchio.
Sentì immediatamente calare la pressione delle mani di lei sul proprio petto e quando tornò a fissarla negli occhi vi rivide quel desiderio che lui, durante i mesi in cui avevano lavorato fianco a fianco, aveva sempre tentato di ignorare.
Senza attirare l'attenzione su di loro, si mosse piano e con altrettanta lentezza la sua mano destra scese fino a sfiorarle la curva finale della schiena. La sentì trasalire.
- Che stai facendo? - la voce di Barbara era malferma e lui sorrise, mentre fingendo una chiacchiera innocente, tornava ad avvicinarsi al suo orecchio.
- Ancora niente. -
Barbara deglutì e ancora una volta si voltò verso il compagno, che però era impegnato in una conversazione con sua madre e non si accorse di nulla.
Alessandro accorciò al minimo la distanza e per poco non scoppiò a ridere quando la sentì sobbalzare al… contatto.
- La mia macchina è sotto una quercia, in fondo al viale che porta alle cantine. Ci vediamo lì tra mezz'ora, Vice Commissario Ferro. -
La guardò. La sua non era una domanda e la vide spaventata, indecisa ed eccitata.
Non conosceva quel lato di lui e la sua confusione era quasi esilarante.
La fece volteggiare, le baciò il dorso della mano e la lasciò alle braccia del fratello, che nel frattempo si era avvicinato per ballare con lei.
- È tutta tua, Gio’. - gli fece l’occhiolino, ignorando la sua espressione minacciosa e sornione si diresse verso l'uscita, frugando nelle tasche in cerca del pacchetto di sigarette.
Aveva appena superato la pista da ballo quando, nei pressi dell'ingresso della sala, si sentì travolto da qualcosa o… qualcuno. Anzi da entrambe, realizzò appena la fitta acuta al suo fondoschiena, dopo che fu capitolato a terra, scemò ridonandogli la lucidità necessaria per capire cosa era successo.
Del vino rosso colava lungo la sua divisa e i due occhi più azzurri che avesse mai visto lo stavano fissando mortificati.
- Merda… ehm, cavolo. Mi dispiace! -
Alessandro rifiutò la mano con cui lei tentò di aiutarlo e dopo essersi guardato intorno imbarazzato si alzò, sbottonandosi con rabbia la giacca.
- Non guardi dove cammini? Guarda cosa hai fatto! - ringhiò a labbra serrate, mentre tentava di rimediare ai danni già arrivati sulla camicia.
- Mi scusi. Davvero. È che canto da ore e avevo una sete bestiale! -
Lui la guardò malissimo e nello stesso momento capì che si trattava della cantante ingaggiata da Giorgio e Martina. In sottofondo in quel momento c'erano le sigle dei cartoni animati che intrattenevano i bimbi presenti alla festa.
A un certo punto la vide impallidire, tanto che pensò di aver esagerato.
- Cazzo! Tu… lei è lo sposo? -
Alessandro la guardò come se fosse una pazza e mosse un passo per superarla e levarsela dai piedi, ma lei, con entrambe le mani davanti alla bocca, continuò.
- Ho fatto andare con il culo per terra lo sposo e ho rovinato il suo vestito. Sono finita! -
- Mi stai prendendo in giro per caso? - la interruppe lui, che nel mentre afferrò un calice dal vassoio di un cameriere.
Lei rise.
Lui strinse le palpebre. - Senti, levati di mezzo prima che mi rovesci addosso anche questo! -
- Ridevo perché stavo proprio pensando a questo prima che lei lo dicesse… -
Ma dove cazzo l'hanno presa questa?
- Ah ah… mi sto ammazzando dalle risate! - Replicò lui sarcastico.
La ragazza sospirò e tentò invano di strappargli la giacca di mano. - Ci penso io al conto della lavanderia. Mi dispiace e senta… se non volete pagarmi la giornata non fa niente. O magari potreste darmi solo la metà, insomma, ne parli con sua moglie e poi mi facc… -
- Sei qui da ore, presumo tu abbia visto gli sposi prima di oggi e vuoi farmi credere di avermi confuso con Giorgio? -
Questa volta lei arrossì e Alessandro si sorprese a trattenere a stento un sorriso.
- Non… ecco, non sono molto fisionomista e poi con queste divise siete tutti uguali. -
Lui sollevò un sopracciglio e in due sorsi terminò l'ennesimo bicchiere di vino.
- Voglio dire che vi assomigliate e che… però a lei sta davvero bene, non a tutti cal… -
Questa è da ricovero!
- Guarda, lascia stare. Ti saluto e buon proseguimento. -
Senza indugiare oltre la superò e uscì in giardino, bestemmiando tutti i santi e togliendo un altro calice dalle mani di una cameriera.
- Non lo dirà agli sposi, vero? -
Quella voce che a inizio pranzo lo aveva incantato cominciava a dargli sui nervi. Non si voltò nemmeno e parlò forte in modo che potesse sentirlo.
- Non me ne frega un cazzo! Stai serena. -
Infine si inoltrò tra le siepi ben curate della villa fino a raggiungere una panchina al sole accanto a una fontanella, dove invano provò a lavare via quel disastro.
Ma nemmeno a perderci tempo, finalmente ho l’occasione per buttarla!
La gettò scomposta sulla panchina e dopo aver rilassato la schiena bevve un generoso sorso di vino. Quest'ultimo cominciava a farsi sentire e purtroppo, in assenza di distrazioni, la sua mente iniziò a percorrere quei sentieri che per lui erano off limits.
Achille. Sua moglie lo aveva già sostituito e lui non riusciva ad accettarlo. Quattro fottuti mesi le erano bastati per rifarsi una vita. Quasi diciotto anni insieme spazzati via in centoventi maledettissimi giorni.
C’era un'enorme differenza tra lo stile di vita intrapreso da lui a quello che, a quanto sembrava, aveva scelto Jessica.
Lui scopava con tutte le donne disponibili che gli capitavano a tiro; senza nessun tipo di coinvolgimento. Selvaggiamente. A mente libera. Senza che nessuna di loro avesse la minima idea dell'uomo che era stato in passato.
Il suo nuovo io era una sorta di calamita per il sesso. Più lui si comportava da stronzo più le donne sembravano pendere dalle sue labbra. E la cosa forte era che quella parte gli veniva del tutto naturale; non era una tecnica per rimorchiare.
Lui era così.
Ma per Jessica era diverso. Se le sue deduzioni si sarebbero rivelate reali, allora per lei si trattava di altro. Una relazione seria che comprendeva anche i suoi figli, la sua casa; la sua famiglia.
Per tutta la notte aveva pensato che forse non fosse il caso di ripartire, che doveva vederci chiaro e che non doveva permettere a quel tizio di prendere il suo posto nel cuore dei suoi bambini.
Quello di Jessica doveva bastargli.
Ma in quel momento, scomposto, sporco e quasi ubriaco su quella panchina lontano da tutti, realizzò che non ne aveva voglia.
Era stanco. Non aveva le forze per competere con nessuno. Il suo unico desiderio era di ritornare al più presto a Livorno, con il solo mare a lenire le sue ferite. Distante da chiunque potesse fargli ancora del male e soprattutto impossibilitato lui stesso a procurare altro dolore.
Finì il vino e posò il calice sul prato, stava per alzarsi per raggiungere la sua auto dove finalmente avrebbe saggiato le abilità di Barbara Ferro. Poteva solo immaginare con quanta passione lo avrebbe travolto; lo voleva dal primo giorno in cui si erano conosciuti e lui ne era sempre stato ben conscio.
Ma proprio nel momento in cui stava per uscire oltre la siepe che lo celava dal resto della festa, sentì due voci maschili a pochi metri da lui.
Riconobbe quella di Giorgio e dopo essersi sporto appena scoprì che l'altro era Simone, il fidanzato di Barbara.
- Una festa stupenda, Gio’. Tua sorella è davvero felice per voi. -
- E io per lei. Grazie a te ha superato quello che le è successo con Stefano. È stata malissimo. -
- Io farei di tutto per lei e sai… lo so che forse sembra prematuro ma… questa sera, quando saremo a casa, voglio chiederle di sposarmi. -
- Cristo, Simo'. Sul serio? -
- Mai stato più serio in tutta la mia vita. -
Alessandro chiuse gli occhi, sospirò nauseato e fingendo di essere appena arrivato superò la siepe e li raggiunse. - Ehilà, che si dice? -
- Ale, come ti va? Che cazzo hai fatto ai vestiti? -
Lui guardò Giorgio dopo aver squadrato per un attimo Simone. - Mi sono rovesciato addosso un bicchiere. Senti, Gio', se non ti dispiace a questo punto io andrei. Faccio un salto in albergo per cambiarmi e riparto. -
Giorgio si scusò con il fidanzato della sorella e prese da parte l'amico. - Ok, non insisto perché tu rimanga alla festa, ma ti prego, parti domani mattina dopo che ti sarai riposato. -
Alessandro sbuffò. - Chi cazzo sei, mio padre? -
L'altro sorrise. - Sai anche tu di non poter guidare. -
- Lo so, lo so, Cristo. Ma l'albergo questa sera è al completo, io… ok, dormirò in macchina. -
Giorgio mosse appena la testa, ancora incapace di riconoscere la persona che aveva davanti. - Io e Martina partiremo subito dopo il ricevimento, puoi stare a casa nostra. Per favore, Ale, fammi stare tranquillo e promettimi che non ti metterai alla guida. -
Alessandro sospirò. - Promesso. -
L'altro, sollevato, iniziò a camminare al suo fianco. - Ti chiamo un taxi, la macchina te la faccio portare domani. -
In quell’istante passò loro davanti Barbara, talmente di fretta che nemmeno li vide.
- Dove vai? - la fermò Giorgio, mentre Alessandro si accese una sigaretta fingendo indifferenza.
Non avrebbe distrutto i sogni di quei due. Lo aveva deciso con rammarico quando aveva origliato le parole di Simone.
Barbara inchiodò, tanto che per poco non incespicò sul vestito. Guardò il fratello e poi Alessandro, che ricambiò la sua occhiata con freddo distacco.
- Stavo… ehm, stavo andando in macchina a cercare un'aspirina. -
Giorgio inarcò le sopracciglia. - Non stai bene? -
Alessandro la guardò deglutire per la vergogna e un po' si sentì in colpa, ma non disse una parola.
- Un leggero mal di testa, nulla di che. - Non aggiunse altro e dopo aver dato loro le spalle proseguì per la sua strada.
Giorgio scosse la testa e sorrise.
- Comunque io resto convinto che mia sorella abbia da sempre un debole per te! -
Alessandro rise di rimando. - Naa, tu sei paranoico! -
Un quarto d'ora più tardi, dopo aver salutato tutti, Alessandro uscì dal ristorante per dirigersi fuori dal viale di ingresso, dove lo attendeva il taxi. L'ultima persona che incrociò fu la cantante che un'ora prima lo aveva travolto nella pista da ballo. La guardò sfrecciargli accanto e quando lei, per un brevissimo istante, sollevò lo sguardo sul suo viso, lui notò che i suoi occhi erano lucidi e per questo ancora più azzurri di quanto non ricordasse.
Fu solo un attimo, la ragazza non si fermò e nel voltarsi lui la vide rientrare nella sala a testa bassa.
Aveva pianto.
Tornò sui suoi passi chiedendosi se fosse per colpa sua, per il modo tutt'altro che simpatico con cui l'aveva trattata. Poi intravide il taxi oltre l'imponente cancellata e la consapevolezza di aver scritto la parola fine su quei tre giorni infernali gli fece dimenticare subito tutto il resto.
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