7. To us two, Thomas

N/A:Avevo scritto gran parte di questo capitolo, poi giovedì ho visto the death cure e non riuscivo a continuare. Finalmente mi sono ripresa, ci sono stati bei momenti Newtmas, ma ne avrei desiderati ancora di più! Sono incontentabile, inutile dire che con alcune cose non sono d'accordo, ma ormai è fatta. I nostri Dylmas sono stati bravissimi, spero che in futuro lavoreranno insieme, hanno una chimica impressionante! Per quanto riguarda il capitolo troverete soft e come sempre...i problemi sono in agguato. Perdonate gli orrori!







7.A noi due, Thomas

Newt liberò un sospiro di sollievo appena varcò la soglia di casa. Dopo una settimana di indagini sotto-copertura era giunto a conclusioni plausibili, scoprendo fatti rilevanti; non tutto era spiegato, ma con il tempo ogni domanda avrebbe avuto la sua risposta. Insieme a Thomas aveva trovato subito una pista e c'erano già tante svolte, pezzi che combaciavano tra loro.

I fatti irrisolti e momentaneamente incomprensibili si contavano sulle dita di una mano, ad esempio: cosa ci faceva quel bambino nei sotterranei? Chi era? Era l'unico o in passato altri erano stati al suo posto?

Newt aveva svolto brillantemente la sua missione, anche se curioso dei misteri che celava quel pub, il suo compito terminava lì, al resto avrebbe provveduto la squadra dell'Intelligence, capitanata da Strand. A proposito, ancora non aveva parlato con il suo capo; lanciò una rapida occhiata all'orologio appeso alla parete, segnava le 3:20 del mattino, decisamente non era l'ora per avviare una chiamata al suo superiore, ci avrebbe pensato in tarda mattinata, dopo una bella e rigenerante dormita.

Da quando si era infiltrato al Barcode, non aveva mai chiuso occhio per più di quattro ore, senza dormire regolarmente si sentiva scombussolato, oltre ad avere occhiaie che gli riservavano un aspetto impresentabile.

Una volta entrato nel suo appartamento, si privò della giacca di Thomas, appoggiandola accuratamente sulla sedia sistemata sotto la penisola della cucina moderna.

Ben gli stava dietro, guardandolo attentamente. Dire che era preoccupato sarebbe riduttivo, durante il tragitto in auto non aveva fatto altro che chiedergli: «Ti gira la testa?» «Ti senti svenire?» «Quante dita sono queste?»

Newt gli aveva sempre risposto gentile, ma quando prima di salire le scale si era proposto addirittura di prenderlo in braccio, il biondo aveva perso le staffe, proferendo fin troppo scorbutico «Mi hanno sparato al braccio, non alla gamba!» si era scusato poco dopo, più per cortesia che per sentito veramente, superandolo per arrivare al pianerottolo di casa.

Nell'appartamento erano entrati senza parlarsi, dopo aver sistemato la giacca di Thomas, si era gettato a peso morto sul divano nero di pelle, chiudendo le palpebre.

Dopo aver riaperto gli occhi smorzò un lieve sorriso notando la casa in perfetto ordine, probabilmente in sua assenza Ben era passato per dare il cibo ai pesci nell'acquario e spolverare qua e là, visto che aveva la copia delle chiavi.

L'arredamento moderno presentava un open space, soggiorno e cucina con penisola, il pavimento a quadroni neri, una lampada da soggiorno anche essa moderna ricopriva perfettamente un angolo, e le tende color grigio chiaro richiamavano alcuni quadri di disegni asimmetrici.

Sin da piccolo Newt aveva sempre amato l'arte, la reputava un vero rifugio nei momenti più bui ma anche sereni, quando la vena creativa lo colpiva; se solo avesse avuto abbastanza tempo per sbizzarrire la sua fantasia, senza momenti liberi era difficile avere la mente leggera per cogliere qualche minima ispirazione. Soffiò, provando a rilassarsi.

Ora erano nell'appartamento, Ben aveva riposto le chiavi nella tasca dei jeans, avvicinandosi cautamente a lui.

«Scusami.» Proferì goffo, passandosi la lingua tra le labbra. «Ammetto di essere stato pesante oggi. Quando quel tizio di nome Minho mi ha detto che c'era il rischio che potessi essere in pericolo, sono scattato giù dal letto. Sembrava che non arrivassi mai...» narrò rattristato, pareva un criminale impaurito che esortava la corte di giustizia a credergli per vincere la causa. «Spero che ti senta meglio.» sospirò poi, avvicinandosi ulteriormente.

In un primo momento Newt restò in silenzio, avrebbe desiderato confidarsi con qualcuno ma Ben era la persona meno indicata, con che coraggio poteva dire a quello con cui andava a letto «Mi sono strusciato sull'antipatico Terminator e mi è piaciuto da impazzire?» oppure «Non erano dei preliminari ma... wow?!».Non era assolutamente il caso, quelle fantasie campate in aria facevano bene a restare pensieri piuttosto che trasformarsi in parole che avrebbero combinato guai. Preferì mentire, evitando ulteriori domande.

«Decisamente sì.» accompagnò la farsa con un sorriso gioioso, spostando i capelli all'indietro e infilandosi una t-shirt e pantaloni di tuta.

La dolcezza di Ben era apprezzabile quanto smielata. Era bello che si preoccupasse fino a quel punto, ma mai come quel momento, la cosa sembrava irritare Newt maggiormente.

Aveva un groviglio di emozioni e sentimenti contrastanti all'altezza dello stomaco, che era difficile ignorare o accantonare. Quando aveva avvertito il proiettile perforargli la pelle, non aveva percepito nulla a confronto a pochi istanti prima, seduto sulle gambe di Thomas, qualsiasi cosa avesse provato si era dimostrata più che letale rispetto a un colpo di arma da fuoco.

«Hai fame?» chiese l'altro premuroso, togliendosi il cappotto.

«Nah, ho soltanto lo stomaco sottosopra...» Borbottò, la voce leggermente impastata dal sonno. Richiuse gli occhi , portò la testa all'indietro, poggiandosi allo schienale della comoda poltrona.

«Mettere qualcosa sotto i denti ti farà bene, sono sicuro che non mangi cibi salutari da molto.» dedusse il più grande, cercava di scuoterlo dai suoi pensieri, era visibile anche a un cieco che aveva la testa da tutt'altra parte.

«No, grazie. Quando ho la nausea opto sempre per il digiuno, altrimenti mi sento peggio e vomito tutto.» Enunciò, allontanando la maglia dal petto. Si sentiva bruciare, l'alcool in corpo aveva un effetto di combustione. «Credo di aver bevuto troppo...»fece sapere pentito, stringendosi nelle spalle. La punta del naso, insieme alle guance, era arrossata, il giramento di testa vertiginoso gli comandava di chiudere spesso gli occhi, in cerca di riposo.

Ben stava aprendo la dispensa, quando si paralizzò udendo l'ultima frase. «Bevuto?» domandò di rimando. Sapeva che il lavoro del partner era pericoloso e che spesso richiedeva di interpretare un personaggio completamente diverso da se stesso, prova ne erano gli slip che ancora indossava, ma non credeva che si sarebbe calato così tanto nella parte.

«Sì, qualche shot ma nulla di esagerato.» giustificò il giovane agente, privandosi degli stivali neri a frange.

«Nulla di esagerato, non si direbbe dal tuo aspetto malandato.» obiettò Ben poco convinto, cercando di scacciare brutti pensieri, accantonando il moto di fastidio. «Che ne dici di un tè?» propose dopo, con tono più docile. «Più che un tè è un intruglio che mi ha mostrato Michael a lavoro, dice che smaltisce la sbornia più del caffè.» proferì con un ampio sorriso, afferrando un pentolino e riempiendolo d'acqua.

Il biondo restò in silenzio, probabilmente non aveva ascoltato nessuna parte del discorso, distrattamente aveva sentito un nome ma lo aveva ignorato come tutto il resto.

«Non mi chiedi chi è?» fece domanda il rossiccio, le sopracciglia curvate in un'espressione stranita e curiosa. Accese i fornelli, tenendo gli occhi fissi sul compagno. Newt si riscosse poco dopo, si strinse nelle spalle, mordicchiandosi il labbro inferiore.

«Scusa, ma... ho la testa da tutt'altra parte.» discolpò evasivo, sperando che il barista non fosse sfrontato da chiedergli dove, era talmente fuori che gli avrebbe persino parlato di Thomas, raccontando cosa era successo all'interno del locale.

«Oh...non lo avevo capito.» parlò ironico, appiattendo le sopracciglia in una smorfia insospettita. «Va tutto bene? In auto hai parlato poco, è successo qualcosa di insolito lì dentro? Qualcosa che ha urtato la tua sensibilità? So cosa succede nei night...lo sai anche tu, dopotutto è lì che ci siamo conosciuti. Che cosa può esserci stato di così tanto orribile?» spiegò per poi fare quella domanda...Cosa c'era stato di tanto orribile? Beh, Thomas e tutto quello che era successo con lui, tutte le emozioni esasperanti che aveva provato.

Dal canto suo, Newt si sentiva una liceale alle prese con la prima cotta per il figo giocatore di lacrosse, ma senza amiche con cui spettegolare e fantasticare. A pensarci forse era un bene, quando c'erano gli amici di mezzo, le figure di sploff venivano servite su piatti d'argento, e con Thomas ne aveva fatte abbastanza.

Nonostante tutto però parlarne con qualcuno lo avrebbe reso meno agitato, soprattutto quando nei pressi vi era Terminator, o peggio quando dovevano affrontare situazioni a stretto contatto. Sospirò, cercando di alleggerire quel masso sullo stomaco che non voleva abbandonarlo.

Anche se avesse voluto sfogarsi con qualcuno, con chi avrebbe potuto? Non aveva amici lì a Langley, e non era sicuro di che ruolo avesse Ben nella sua vita, in tal caso era meglio tacere, evitando di fare ulteriori danni, ferendo i sentimenti.

Lo aveva sempre reputato un bravo ragazzo e un decente amico di letto, ma non aveva mai provato nulla per lui, solo un'iniziale attrazione che era andata a sfumare col tempo.

La prima volta era finito a letto con Ben perché troppo solo e troppo ubriaco, si erano appena conosciuti a un pub e sapevano a malapena i nomi, Newt aveva bevuto troppo e Ben si era preso la briga di accompagnarlo a casa, una volta chiuso il locale.

Era stato difficile trovare l'appartamento, l'agente da sbronzo non era stato capace di spiaccicare una frase di senso logico, poi una volta arrivati, il resto potete immaginarlo...

Ben si era mostrato gentile, non lo aveva derubato o chissà cos'altro, avevano soltanto consumato un rapporto, su richiesta di Newt, troppo fuso per connettere.

I giorni a seguire avevano cominciato a vedersi, conoscendosi più a fondo; una volta notata la sintonia quasi tutte le sere si incontravano, quando a casa dell'uno o al mono locale dell'altro, per sfogare sessualmente le loro tensioni lavorative in modo quasi piacevole.

Per Newt era sempre stato una semplice attività sessuale, nessun coinvolgimento emotivo, cosa che sosteneva ancora più fermamente dopo aver messo piede alla base operativa dell'Intelligence e aver scontrato uno sguardo color cioccolato, indimenticabile.

«Sai che il lavoro è segreto, non posso rivelare informazioni a soggetti esterni.» raccontò, provando a mantenere un tono basso e pacato. Solo dopo essersi reso conto di quello che aveva proferito, desiderò aversi pizzicato la lingua.

«Soggetto esterno? Io? Quando eri nell'FBI mi hai sempre detto tutto, mi chiedevi persino consigli.» il rossiccio strabuzzò gli occhi, incredulo. L'acqua cominciava a bollire, entrambi l'avevano completamente dimenticata, presi completamente dalla discussione.

«No, non intendevo questo...non era per offenderti, né per escluderti.» cercò di riparare, portandosi le mani a coprirsi il viso. Dopo quella missione vissuta sotto-pressione, subirsi anche i richiami e le paranoie di Ben era davvero troppo, anche per una persona paziente come lui. Decise di inspirare ed espirare per calmarsi, evitando ulteriori gaffe.

«Che cosa sono per te? Una valvola di sfogo? Un tizio che ti scopa e basta? Solo questo sono per te? » urlò, infuriato. Il ventisettenne sgranò gli occhi, basito. Quella reazione, quell'atteggiamento fuori controllo erano completamente insoliti, Ben non era mai stato così, lo conosceva sempre calmo e sorridente non una bestia diabolica. Balbettò qualcosa di incomprensibile, spiazzato. Avrebbe tanto voluto giustificarsi, dirgli "no, tu non sei una valvola di sfogo sessuale "ma poi come avrebbe dovuto continuare? "per me sei speciale e quelle caspiate lì?" Per quanto fosse affezionato, non le sentiva.

«Mi preoccupo per te, è sempre stato così. Ho rassettato la casa in tua assenza, so come detesti la polvere e il disordine. Ho saputo che eri in pericolo e sono corso da te a quest'ora di notte, e tu invece? Mi reputi un soggetto esterno... grandioso.» c'era rabbia in quelle parole ma anche tanta amarezza.

Newt si sentiva decisamente in colpa. Aveva fatto tutti quei pensieri osceni su Thomas, quando Ben non meritava affatto una tale atrocità, nonostante tra loro ci fosse il legame di "amici di letto, nulla più".

«Non volevo farmi gli affaracci tuoi, tranquillo. Ero e sono preoccupato perché ti vedo distaccato; ma ricorda, non sei tu che estranei me, sei tu a estraniarti da solo, sì... sei tu che vuoi allontanarti dal mondo.» sputò veleno come una vipera, gli occhi in un'espressione diversa, colma di ira. Quel litigio improvvisato e scoppiettante dopo tutti i problemi di quella settimana, aveva spiazzato il giovane agente, lasciandolo inerme e in silenzio con un gran dolore alla testa. «Vuoi cambiare giocattolo, okay. Va bene, ma non tornare a piangere da me.» giunse a quella drastica conclusione, afferrando in un gesto rapido il cappotto sul bracciolo del divano.

«Che cosa?» fu l'unica cosa che riuscì a proferire in un tono piuttosto basso e pietoso. «Ben non credi di esagerare? E ora che stai facendo?» allargò le braccia, in un segno di esasperazione.

«Prendo delle decisioni che mi salvaguarderanno. Inizierò a preoccuparmi per quelli che tengono a me, distaccandomi da quelli che mi non mi vogliono nella propria vita.» appurò, senza peli sulla lingua.

«Sei fuori. Mi sarei aspettato un po' di comprensione, il mio lavoro non è rose e fiori. Credo che sia giustificato essere scazzati a quest'ora, e ti pregherei di abbassare il tono, o ci troveremo la sorveglianza in casa, i vicini sono poco pazienti.» dichiarò, allontanandosi dal soggiorno, si addentrò nel corridoio che portava alla zona notte, dove c'era anche il bagno.

«Perfetto, agente dell'Intelligence, adesso ti credi anche il principino con un lavoro complicato e di alto livello. » cominciò a ridere, un ghigno di nervosismo. «Sai cosa mi infastidisce di più?» chiese quello, il tono più stabile.

Il biondo aveva le braccia incrociate al petto, si mordicchiava il labbro, nervoso; nonostante ciò teneva gli occhi inchiodati in quelli del partner, l'espressione seria, sfidante. Rispose facendo spallucce.

«Che sia stato tu a mettere fine a questa cosa tra di noi. Hai questo lavoro da quasi due settimane, e sei tu ad essere cambiato. Sono stato in pena per te tutto il tempo» calcò le ultime parole, si fermò per prendere fiato.

Era rosso in viso, ma almeno la rabbia sembrava sfumare lasciando posto all'angoscia. «In auto mi hai ignorato, cosa che non hai fatto con il tuo collega, con lui eri abbastanza sveglio, parlavi, ridevi persino...» Ecco, il problema era quello. Newt mandò giù un groppo di saliva, provando a soccombere i brividi. Il momento cruciale: Thomas, collega, terminator, A2, tutti soprannomi di quell'orribile ragazzo, che forse non era chissà quanto...tremendo.

«Non ti ho ignorato.» ribatté a mani basse, non sapeva cosa dire. Non si aspettava una reazione del genere, e oltre ad essere impreparato era anche stremato. «Possiamo parlarne domani? Non ho voglia di discutere.»

«No, Newt. Tu non hai voglia di me, è questo il punto. Quando vuoi qualcuno, urli, ti disperi ma non stai in silenzio. Non ti arrendi. » abbassò la testa, grattandosi nervosamente dietro l'orecchio, impacciato. «Meglio che vada, rimettiti.» indossò il cappotto e, prima che Newt gli impedisse di andarsene con una frase implorante, la porta di casa venne violentemente sbattuta.

L'agente si strinse nelle spalle, dispiaciuto. Non era colpa sua, non lo era neanche del suo cuore né di Ben, né di Thomas, tra l'altro per quest'ultimo non provava nulla, era solo la sua distrazione del momento, poi sarebbe passata e... se così non fosse stato avrebbe provveduto diversamente, chiedendo sicuramente un trasferimento, insistendo tanto fino al punto da ottenerlo.

Scostò la tenda per guardarlo andare via attraverso la finestra, Ben come un fulmine, aveva già raggiunto la sua auto, salendovi come se avesse i minuti contati. Col tempo avrebbe cercato di risolvere con lui,allacciando solo un rapporto di amicizia, svincolato sessualmente.

Mentre guardava l'auto che si allontanava nel buio della notte, li peli delle narici cominciarono a pizzicargli. Annusò diverse volte credendo di auto-suggestionarsi, poi realizzò che il tegamino era ancora sul fuoco e l'acqua era scoppiata fuori, bagnando il piano cottura e un po' il pavimento; corse, spegnendo i fornelli e pulendo subito.

Che quella fosse una giornata no lo poteva notare già da come era iniziata: proiettile, rottura con Ben e uno strano bip inaspettato lo aveva fatto sobbalzare, facendolo sbattere con la testa contro la maniglia del forno.

«Caspio, che botta. » borbottò, non riuscendo a reprimere il dolore. Dopo alcune imprecazioni come "vaffanbagno, sporco puzzone" Si sollevò lentamente, attento a non far scucire la benda, ci mancava solo quello. Si avvicinò al telefono, schiacciò il pulsante "non in linea", permettendo a chiunque fosse stato all'altro lato della cornetta di parlare.

Possibile fosse Ben? Era un ragazzo calmo e ragionevole, ma era un po' presto per scusarsi, avrebbe impiegato diversi giorni prima di smaltire il nervosismo. A confermare la sua ipotesi fu una voce femminile, che nonostante l'ora tarda risultava impeccabile e professionale come sempre.

«Agente A5, mi congratulo con lei! Ottimo lavoro con A2, entrambi avete svolto egregiamente l'incarico, effetto collaterale è stato il suo incidente, me ne dispiaccio e le auguro la più rapida guarigione. Le informo che il locale è sotto sequestro, e tutti sono in prigione o almeno la maggior parte, sia ballerini che organizzatori. Abbiamo prelevato delle telecamere, tramite alle registrazioni risaliremo a cosa è successo nell'ultimo mese, lascio la revisione a lei e a Thomas. Mi raccomando: recuperi tutte le energie, l'Intelligence ha bisogno di lei.»

Ci furono altri bip che segnarono la fine del messaggio. Per lunghi istanti restò seduto sul pavimento, immobile. Ripensava a come la sua vita fosse cambiata da quando aveva messo piede alla base americana; aveva litigato con Ben, aveva rischiato di essere violentato e di morire. Di certo la vita di un agente dell'intelligence non era noiosa, cosa spiacevole era ritrovarsi di nuovo al punto di partenza, lo stesso di tre mesi fa, lo stesso ragazzo solo.

Incassò l'ennesimo colpo, cercando di farsi forza. A fatica si rimise in piedi, evitando di fare leva sul braccio fasciato.

Sospirò diverse volte, prima di spegnere le luci e andarsene in camera da letto. Nel corridoio pensò di darsi una ripulita, desiderava profondamente fare un bagno, gli mancava immergersi nella vasca colma di acqua e bolle di sapone, ma temeva per i punti e così a malincuore dovette lasciar perdere, posticipando.

Si sdraiò sul letto, la lampada sul comodino emanava una luce soffusa, non fastidiosa; sarebbe stata l'atmosfera ideale per leggere, ma era così agitato e completamente fuori dal mondo che neanche la lettura avrebbe fatto miracoli.

Con indosso ancora quelle slip inguardabili, ripensava alle frasi di Ben, stava davvero cambiando? Era così visibile che quando aveva davanti quel tizio che conosceva a malapena da una settimana, risultava imbambolato, disconnesso da tutto? La sua attenzione si concentrava completamente su Thomas al punto da dimenticare tutto il resto? Non lo credeva, per niente.

Era così perso nei suoi pensieri che quando sentì il telefono vibrare, sobbalzò; una luce verde prese a lampeggiare, segnalando un messaggio. In un rapido movimento sbloccò lo schermo, con grande stupore scoprì che il mittente era Ben. Aggrottò le sopracciglia, curioso e al contempo annoiato. Gli aveva massacrato fin troppo l'umore, cosa aveva dimenticato di dirgli?

Preso da una botta di coraggio, aprì l'sms. Rilasciò un sospiro di sollievo scorgendo rapidamente che non vi erano insulti o uno sproloquio di parolacce, ma una morsa comunque gli strinse il petto.

"In settimana ho portato a riparare la tua auto, non mi devi niente. Prendilo come regalo della nostra rottura, signor Bond."

C'era ironia, a confermarlo era il Bond finale, alludendo alla famosa spia dei film. Si mordicchiò il labbro, realizzando che davvero tra loro non c'era più nulla; tirò un sospiro, non seppe decifrare se per un insolito sollievo o per un senso di amarezza. Decise comunque di reprimere qualsiasi sensazione, limitandosi a bloccare lo schermo; avrebbe aspettato che le acque si fossero calmate, poi gli avrebbe chiesto di incontrarsi.

Si sdraiò completamente, impostò la sveglia, dopo aver riposato sarebbe andato alla base per il recupero di quelle telecamere, evitando che qualcuno avesse potuto vedere cosa era successo tra lui e Terminator all'interno di quelle mura.

Cercò di allontanare tutti i pensieri, lasciandosi andare a un meritato riposo. Spense la luce, restando nell'oscurità della stanza, da solo con i suoi pensieri.

Si girò diverse volte in preda all'agitazione, prima di cadere in un sonno profondo. Ma non riuscì a distaccarsi completamente dal mondo, perché sognò lui, sognò Thomas.



***



«E con queste abbiamo finito.» avvisò Minho, tra le braccia aveva cinque cassette contenenti i video del locale, che con sforzi poggiò sul tavolo, manco fossero mattoni pesanti.

A5 le guardava con sguardo circospetto, racchiudevano quei momenti che nessuno doveva scoprire, non vedeva l'ora di prenderle e portarle via di lì. «Comunque amico non hai una bella cera, sicuro di stare bene? Hai dormito?» notò il coreano, gli occhi chiusi in fessure erano attenti a studiare ogni espressione e movimento del biondo.

«Sì.» diede risposta di sbotto, per poi essere sincero con un «più o meno. Il fatto è che ho troppo sonno arretrato, che dici...dovrei andare in letargo?» sdrammatizzò, accennando una falsa risata, voleva sviare la tensione così come lo sguardo indagatore del collega.

La verità è che aveva dormito sì e no tre ore, poi aveva sognato Thomas, e gli era parso tutto così nitido e reale da farlo svegliare di soprassalto. Nel sogno si erano baciati con fin troppa foga, poi si erano spinti sul letto, e poi... aveva spalancato gli occhi, terrorizzato per le probabili scene seguenti.

Per essere soltanto un sogno aveva sudato tanto, non seppe comprendere se per l'eccitazione o per la paura; spericolato si era fiondato rapido nel box doccia, rischiando persino di rompersi l'osso del collo inciampando nel tappetino, velocemente si era denudato, gettando via quelle obbrobriose slip; della ferita se ne ricordò una volta finito, rilasciò un sospiro di sollievo notando che era rimasta intatta. Dopo essersi vestito si era diretto in cucina, prendendo a volo solo una brioche a marmellata per colazione, poi di corsa aveva afferrato la giacca di Terminator ed era uscito di casa, dirigendosi a lavoro a bordo del suo catorcio.

«Sicuro che sia il sonno il problema?» quella frase non lo avrebbe allarmato se determinate cose non fossero accadute; arrossì di colpo, immaginando che Minho avesse scoperto quei momenti, aveva visto le cassette o peggio Thomas gli aveva raccontato? «Forse è lo stress in generale, a volte siamo circondati da persone che ci trasmettono la loro ansia. Tipo quel tuo amico Ben, è molto ansioso.» constatò sicuro di quel parere.

Il biondo rizzò le orecchie, quel nome lo aveva richiamato all'attenzione, ma se ne restò in silenzio ad ascoltare quello che aveva da dire A7. «Pensa che ho fatto una lista dei miei amici, quelli ansiosi li ho allontanati, mi opprimevano. Non che non tenga a loro ma davvero...certi erano proprio casi persi.» pronunciò, e quel termine spiegava proprio la situazione attuale di Newt: oppressione. Si sentiva soffocato da tutti quegli eventi, e Ben anziché alleggerire, aveva complicato tutto. «Inoltre, i problemi ben peggiori sono altri. Pensa a quel bambino, senza genitori, senza casa, nessuno che si occupa di lui. Per quello bisognerebbe stare male, non per aver sporcato le scarpe costose. » indicò in direzione del divano, e solo in quel momento Newt si accorse di una figura dormiente sulla poltrona della hall.

«Lo hanno lasciato qui da solo? Senza qualcuno a sorvegliarlo?» domandò incredulo, fissando quella zazzera di capelli ribelli sul divano di cotone.

«Ovviamente ci sono io: il babysitter, quello che fa missioni sotto copertura con indosso piscio di cane, l'unico che ricopre incarichi più improponibili e stupidi qui dentro.» si lagnò, il cipiglio in un'espressione stanca. Era una situazione bizzarra, ma Newt tenne il tono serio.

«Andrà meglio, non sfiduciarti.» consolò , smorzando un sorriso rincuorante. «Sei riuscito a parlargli? A sapere il suo nome?» chiese poi curioso, sperando che almeno le indagini andavano avanti.

«Io no, ma Thomas "riesco in tutto" sì.» informò, mimando le virgolette, nella voce era quasi presente un pizzico di invidia. L'altro alzò un sopracciglio, più che curioso. Thomas sapeva farcela anche con i bambini?

«Immagino grazie al suo chip, gli è molto di aiuto. » svalutò, sminuendo l'operato del collega antipatico e saccente.

«No, il bambino non è registrato all'anagrafe, di conseguenza per il chip non esiste. Hanno parlato, li ho visti con i miei occhi. Posso assicurartelo.» Minho era incredulo quanto Newt, evidentemente entrambi la pensavano allo stesso modo riguardo Thomas.

A5 fece spallucce, mostrandosi indifferente, poi domandò «E cosa ha scoperto?»

«Beh...Il ragazzino si chiama Charles, hanno parlato tanto, ma Thomas mi ha riferito solo questo.» si strinse nelle spalle, provando a capire perché tenere un determinato segreto.«Comunque...misteri a parte, Lillian si è raccomandata che avresti dovuto guardare i filmati con lui. Può aiutarti con il riconoscimento, applicando le funzioni del chip.» notificò, suscitando in Newt soggezione e disagio.

«Si, lo so...ma dov'è lui adesso?» enunciò in uno sbuffo, non ci voleva uno scienziato per capire quanto fosse contrariato.

«A casa sua, mi pare abbia chiesto delle ferie. Ieri sera era abbastanza strano, non che le altre volte non lo fosse, ma maggiormente...» Minho era impensierito. Newt gli credeva, aveva notato una certa disattenzione, soprattutto prima del colpo di pistola. Che gli fosse successo qualcosa, tenendoselo per sé? «Puoi andarci, non è lontano da qui.» propose il coreano, arrivando al sodo. Si sentì in trappola, sarebbe stato sicuramente a disagio, non sapeva neanche se viveva con i genitori o con una donna.

Avrebbe voluto rifiutare, arrampicarsi sugli specchi per trovare scuse, ma si arrese notando lo sguardo scrutatore dell'asiatico, non poteva tirarsi indietro, così in un soffio biascicò un sofferto «Okay, dammi l'indirizzo.»




-


Aveva preso le cassette, e lungo la strada per andare da Thomas si era fermato da Starbucks per un caffè e un cappuccino.Seriamente stava portando una bevanda calda all'antipatico Terminator? Cosa diamine gli diceva la testa? Era stato così banale e al tempo stesso naturale dire alla cassiera "un caffè e un cappuccino da portare" che si era meravigliato di se stesso.

Come era possibile un tale atteggiamento? Stentava davvero a riconoscersi.Probabile ma non certo, il suo subconscio stava attuando una nuova tattica, in cerca di una momentanea tregua, desiderava ripartire da zero; dopotutto l'antipatico lo aveva strappato dalle mani di quel maniaco, aiutandolo. Dei mini progressi c'erano.

Deglutì, guardando in cagnesco il campanello. Era sul pianerottolo da cinque minuti, nella mano destra teneva la busta con le registrazioni delle telecamere e il cappuccino, nella sinistra stringeva il caffè.

"Neanche se fossi al patibolo, avrei così tanta ansia." pensò, suonando.

Non ebbe neanche il tempo di prepararsi mentalmente, che la porta fu aperta, stranamente non trovò nessuno ad accoglierlo. Aggrottò le sopracciglia, insospettito; mandò giù un groppo di saliva e avrebbe voluto fare lo stesso con l'agitazione. Avanzò, spalancando a poco a poco la porta. L'ambiente che si presentò era simile al suo:arredamento moderno se non per l'aggiunta di aggeggi sconosciuti di ultima generazione e tanto, tanto...disordine:pezzi di carta, articoli di giornali sparsi ovunque, e per finire una valigia, proprio vicino l'entrata.

Si arrestò quando gli occhi finirono su un sacco al centro della stanza, che veniva sbattuto di qua e di là per mezzo dei pugni inflittogli da Thomas. A2 era vestito casual, pantaloni di tuta e una canottiera nera, a vederlo così, al di fuori delle mura dell'Intelligence sembrava un comune teenager che faceva sport; continuava a inveire contro il sacco da pugile, l'intensità dei pugni era aumentata, non sembrava dare alcuna attenzione al ragazzo entrato, come se non se ne fosse accorto oppure la sua era un'indifferenza volontaria. Newt preferì starsene in silenzio, restò immobile, facendo viaggiare con circospezione gli occhi, studiando ogni oggetto presente in quella stanza. "Dagli oggetti personali si capisce molto di una persona," era stata una delle prime regole che gli avevano insegnato alla squadra di FBI, da allora aveva sempre prestato attenzione a tutto.

Stretto nel suo cappotto beige, attendeva che l'altro si accorgesse di lui. Nell'attesa, lo sguardo cadde su una mensola vicino a lui, notò qualcosa dalla forma di un biglietto aereo; si scorse per vedere la destinazione, la data era coperta da un ferma carte. Un viaggio in India?

«Newt...» proferì d'un tratto Thomas, richiamandolo all'attenzione. Il biondo si voltò sull'attenti, sperando che l'altro non avesse notato la sua curiosità. Il venticinquenne aveva il sacco tra le mani, e aveva gli occhi fissi sul biondo, lo stava guardando con sguardo incantato. La sua espressione era meravigliata, inaspettata.

«Ciao... » sibilò a bassa voce, timido. In momenti di ansia come quelli, avrebbe nervosamente giocherellato con le mani ma erano occupate entrambe. «La porta si è aperta da sola...»informò, indicando dietro di sé il portoncino ormai chiuso.

«Lo so, è tutto normale. Qui vige la tecnologia!» enunciò allegro come un presentatore di un talk show, allargando le braccia per mostrare il suo soggiorno.

«E il disordine.» rovinò Newt, precisino. Era sicuro che l'altro si fosse offeso, ma con stupore, lo vide sorridere di buon gusto.«Ti disturbo?» domandò poi, il tono ancora più basso gli faceva capire che Thomas aveva una sorta di...predominanza su di lui?

«Non è così interessante dare dei pugni a un sacco, quindi no, non mi hai disturbato.» proferì, portando i capelli all'indietro. Per Newt quella non era una risposta cattiva, ma neanche una delle migliori, avrebbe potuto dire qualcos'altro.

«Sono passato su ordine di Lillian, vuole che controlliamo insieme le registrazioni del night, ho pensato potesse andarti bene, visto che ci saranno di sicuro alcune scene che tu stesso volevi rimanessero lì dentro.» informò con tono stabile, cercando di essere abbastanza vago.

Thomas aveva un'aria pensierosa, blaterò qualcosa che Newt non riuscì a capire e poi proferì«Hai bisogno di stare sveglio la notte?»

«P-perché questa domanda?» A5 si strinse nelle spalle, cercando il nesso per quella domanda fatta lì a casa, senza senso.

«Hai bisogno di due caffè e sono appena le 10.» replicò Thomas, sbigottito. Aveva anche da ridire su quanti caffè beveva? Che tipo polemico!

«A dire il vero uno non è il mio...» Era ancora in tempo per dire che era di qualcun altro, che non aveva pensato a lui. Poteva ancora salvarsi dal fare una figuraccia.«È per Ben... » sputò all'improvviso, e quella frase non era passata dal cervello, se ne pentì subito cercando di non darlo a vedere. Notò un irrigidimento improvviso da parte del bruno, che tentò di celare dietro una risata dispettosa.

«E non ti dispiacerà di certo se prendo un sorso dal tuo... » proferì presuntuoso, e senza lasciare che Newt rispondesse, afferrò il bicchiere, bevendone il contenuto; ne assaggiò un po', tenendo gli occhi fissi sul collega per tutta seppur breve durata. L'ennesima provocazione. A5 grattò la nuca, leggermente agitato.

Una volta assaporato, si leccò le labbra, gustandosi il retrogusto di caffè.«Mi ci voleva... » affermò soddisfatto, avvicinandosi nuovamente al sacco. Stava completamente facendo i cavoli suoi, e cosa che più irritava Newt era la sua indifferenza, non accennava a parlare della serata trascorsa all'interno del pub, né delle registrazioni che gli aveva portato.

«Allora? Che cosa facciamo con queste?» riferì, lanciando l'occhiata alla busta con i video, un po' spazientito. Sapeva che non se non avesse fatto domande dritto al sodo, quello l'avrebbe tirata per le lunghe, facendogli perdere tempo.

«Non saprei, io avrei degli impegni. Potresti occupartene da solo, dopotutto sei stato una settimana lì dentro. » disse, lavandosene le mani.

«Impegni come...dare dei pugni a un sacco? » rifletté Newt, titubante.

«Non solo...ho diverse faccende da sbrigare. » avvisò superficiale, riponendo degli abiti nella valigia.

«Del tipo un viaggio in India?» rivelò il biondo, poggiando la busta sulla sedia e il caffè sul tavolo. Incrociò le braccia al petto, l'espressione da"non mentirmi". Thomas si bloccò nei suoi movimenti, basito.

«Come fai a saperlo?» domandò allarmato, gli occhi quasi fuori dalle orbite.

«C'è un biglietto in bella vista proprio qui, vai a visitare le Kerala*?» Newt sapeva benissimo che non si trattava di un viaggio, ci girava intorno per comprendere il motivo di quell'allontanamento.

«Probabile... » rispose frettoloso, aggiungendo all'interno del trolley gli abiti che aveva piegati sul divano. « Se avrò tempo...» proferì, chiudendo la cerniera.

«Hai avvisato la base?» chiese, avvicinandosi.

«No, no...è inutile, si preoccupano, sai com'è...» A Thomas tremavano le mani, era un atteggiamento piuttosto insolito per un tipo come lui. Newt lo conosceva da poco, ma non era difficile intuire che qualcosa non andava. «Tu non dirlo, okay? Resterò fuori per poco...» specificò, anticipando la risposta alla domanda che Newt gli stava per porgli.

«Io sono il tuo...protettore.» pronunciò confuso il biondo « se non fossi venuto, me lo avresti detto?»

«Sì » enunciò senza problemi «quando sarei tornato.» puntualizzò dopo, con un sorrisino malizioso.

«Perché?» il più grande si strinse nelle spalle, indignato.

Thomas gli si avvicinò, al punto che il suo petto scolpito, coperto soltanto dalla canottiera nera urtava lievemente contro il capotto senape di Newt. Il bruno si sporse verso l'orecchio del biondo, soffiandogli sulla nuca «Hai già rischiato ieri per me.» Newt sussultò, sia per la frase in sé che per la vicinanza. A cosa stava alludendo? All'essersi preso il proiettile, allontanandolo?

Thomas si distaccò, fu difficile descrivere il freddo che provò, seppure fosse una giornata mite e indossasse il cappotto «Ci vedremo tra qualche giorno. Ora dovrei lavarmi... » era un modo gentile per dirgli di andarsene? Ad A5 era arrivato il messaggio, abbassò il capo, scombussolato dall'incoerenza di quello. Aveva percepito dell'umanità in quella frase che gli aveva appena detto all'orecchio, e in un secondo sembrava essere volatilizzata, mostrando il suo solito caratteraccio.

«Okay, buon viaggio. » enunciò a capo chino, afferrando le cassette. Si diresse alla porta di casa, come se nelle gambe avesse dei razzi.

«Newt.» chiamò poi. Il biondo si voltò a guardarlo senza dire una parola «Hai dimenticato il caffè.»

«Finiscilo tu. » rispose breve, abbozzando un sorriso e chiudendo la porta alle sue spalle.



-



Newt era arrivato a casa sua, sovrappensiero. Si era scolato il cappuccino e subito aveva cominciato a guardare i filmati, più interessato alle scene tra lui e Thomas che quelle dei probabili delinquenti. Le aveva guardate diverse volte, stop e replay per riguardare quegli attimi in cui era impazzito, letteralmente. Visti dall'esterno sembravano due tizi che sapevano provocarsi l'un l'altro molto bene, la gelosia di Ben non era più inspiegata e progetto di fantasia. Da un lato si vergognava, dall'altro l'eccitazione nei confronti del collega pareva accrescere.

Non sapeva nulla di Thomas,solo che fosse insopportabile, magari etero , ma a volte, nel suo comportamento da stronzo ne trovava qualcosa di profondamente dolce e carino, che non riusciva a ignorare. Guardò diverse volte l'orologio, avrebbe voluto fare diverse cose, tra cui avvisare l'intelligence, la frase "Hai già rischiato" gli aveva fatto capire molto, non andava in India per divertirsi, c'era ben altro ... sicuramente qualcosa di rischioso.

Si fiondò in camera sua, racchettando diversi abiti, poi uscì da casa senza avvisare nessuno, in fondo era da solo, a chi doveva dar conto? Arrivò all'aeroporto con il fiatone, e come tutti gli imbarcatori rispettò la fila; quando l'hostess di terra gli chiese quale volo prendere, dichiarò conciso: «Un volo per l' India, quello che parte a breve.» Mostrò il distintivo di agente dell'Intelligence. La ragazza si mosse senza obiezioni, anche un po' impaurita temendo qualche attacco.

Newt afferrò il biglietto, si imbarcò senza problemi. Sorrise fiero, quando da lontano riconobbe Thomas, che stava prendendo posto tra i primi, quelli davanti. Si affrettò a sedersi quanto più lontano possibile, per non essere scoperto.

Quando fu al sicuro, rilasciò un sospiro. Non sapeva cosa era quello per lui, ma sapeva di aver fatto la scelta giusta.

«A noi due, Thomas.» annunciò, calandosi gli occhi da sole.







Chi ha capito perché Thomas è diretto in India?

Kerala:È famoso per le spiagge delimitate da palme e per le acque interne, che scorrono in una rete di canali.

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