15. Thomas's proof

N/A: Il capitolo inizia qualche minuto prima dello sparo, per farvi capire ciò che passa nella testa di Thomas. Ho preferito descrivere un po' l'ambiente così da far viaggiare anche la vostra immaginazione, presenziando in questa "rescue mission". Ai fini della trama vi consiglio di "dimenticare" il rapporto Wicked e Braccio Destro della saga di the maze runner. Correte e si salvi chi può ;) Mi auguro che troviate meno errori possibili. Buon San Valentino:'3




15. La prova di Thomas

Da quando A2 aveva fatto irruzione nel covo dei criminali, i suoi sensi-compresi quelli del chip- avevano vagato qua e là per studiare l'ambiente, le facce, i soprannomi, il modo di parlare e persino gli accenti, appuntando il tutto meccanicamente nei fascicoli dei suoi archivi mentali. Per trovare Newt, si era fatto catturare di proposito da un ragazzo dalle sopracciglia abbastanza sollevate che gli riservavano un'aria austera e poco ospitale seppure in netto contrasto con degli occhi infausti di un celeste intenso. Per un attimo quello sguardo gli parve familiare.

Era possibile che già l'avesse scontrato? Provò a fissarlo così da attivare una funzione speciale del chip, simile a una ricerca istantanea. Essa metteva a fuoco, ricercando sul web e nella sua memoria artificiale immagini che ritraevano il volto familiare. Scorse a lungo, ma non trovò niente di rilevante, di correlato.

Forse l'emozione del momento gli stava giocando brutti scherzi, dopotutto, il chip immortalava ogni cosa su cui i suoi occhi si posassero, memorizzandola e schedandola in fascicoli appropriati, se non c'era significava che non si erano mai visti; eppure, il ragazzo gli rivolgeva occhiate curiose, sembrava quasi che gli permettesse di essere studiato. Qualsiasi criminale avrebbe interrotto quel contatto visivo pestandolo, invece quello continuava a farsi squadrare da capo a piedi, in silenzio. Possibile che il chip avesse rimosso quell'essere umano persino dal proprio database? Non era visibile alcuna minima informazione sulla sua identità.

Sovrappensiero a scovare indizi, non si accorse che qualcuno si stava avvicinando. A poco dallo scontro, con la coda dell'occhio, scorse alla sua sinistra l'ombra di un uomo avanzare a passi decisi e silenziosi.

Ebbe giusto il tempo di intravedere la canna di una mitraglietta avvicinarsi a grossa velocità per prenderla di traverso. Fu colpito all'altezza della nuca, ma riuscì ad ammortizzare l'urto poiché divincolatosi all'ultimo secondo. Ringraziò tacitamente i sensori del chip che amplificavano i suoi riflessi, permettendogli di schivare gli attacchi a un palmo dall'impatto. Inscenò comunque il colpo, i criminali credendolo stordito, lo avrebbero sottovalutato, e lui amava l'effetto sorpresa.

S'accasciò fiacco nelle ginocchia, abbozzando un'espressione stralunata, confusa; senza opporre alcuna resistenza si lasciò braccare dai due delinquenti-a destra sopracciglia sollevate, a sinistra uno dal fisico gracile, quasi malaticcio- che sottobraccio, scalcagnatamente lo trascinarono verso un cerchio di gente poco raccomandabile.

Per tutto lo spostamento simulò una tipica espressione di sofferenza, con un occhio aperto e l'altro semichiuso; girava il capo lentamente in ogni direzione così da permettere al chip di inquadrare la minima cosa. Giustificò i movimenti sospetti straparlando e lamentandosi per il colpo alla nuca. Schiamazzi e scommesse incomprensibili fecero da sottofondo per la sua entrata in scena.

Quando aprì del tutto gli occhi, si trovò circondato da una decina di uomini. Deglutì a vuoto, avvertendo un nodo in gola.

In un primo momento evitò di guardare i criminali seriali concentrandosi sulla struttura. Il punto in cui lo avevano fermato era centrale e strategico, perfetto per un dettagliato resoconto. Com'era visibile da fuori constatò che vi fossero due piani, si accedeva al secondo tramite la scala che aveva proprio di fronte. L'intonaco delle pareti era di un bianco ormai sporco, interrotto da poche e piccole finestre situate in alto, irraggiungibili vicino al soffitto; notò che era quello il motivo principale per cui avessero installato le telecamere, piazzandole ovunque sarebbe stato più facile e comodo sorvegliare l'intero perimetro anziché salire di volta in volta su sgabelli e mirare solo alcune parti delimitate.

L'ambiente era maleodorante per l'inarrestabile umidità che intingeva le pareti, soprattutto in dicembre con temporali del genere, per i resti di cibo riversi sul pavimento e per la scarsa igiene degli occupanti.

Probabilmente una sottospecie di gabinetto giaceva dietro le tende, ecco spiegato l'incontenibile tanfo che trapassava dalle tende, cominciando a bruciargli i peli nelle narici. Quell'atrio era scarno ma includeva l'essenziale: quattro sedie non permettevano a tutti di accomodarsi, più in là c'era un tavolo di legno scalfito su cui erano riverse diverse armi da fuoco, un divano a tre posti con alcune molle di fuori era messo in un angolo distante e di fronte quasi parallelo c'era una poltroncina con altrettanti posti. Per il momento Thomas riuscì a vedere solo quello. Nel complesso si trattava di un ambiente freddo e impersonale, non perché ai criminali non piacesse lo sfarzo e la vita comoda, bensì perché si sarebbero trattenuti per poco. Era un rifugio temporaneo. Una dimora provvisoria.

Decise quindi di soffermarsi su ognuno di loro, cercando di trovare nozioni interessanti. Diversi l'uno dall'altro con differenti altezze e fisicità, solo una cosa li accomunava: le armi.

Ognuno aveva una mitraglietta e altri oggetti che in uno scontro avrebbe potuto rivelarsi letali: coltellini, piccoli pugnali, lame affilate in ogni tasca sia fronte che retro dei pantaloni, persino nelle fibbie laterali degli stivali. Fronteggiarsi con loro era pressoché impossibile. Li osservò velocemente a uno a uno, mentre come freccette tutti gli occhi si puntavano sulla propria figura indagante.

Alcuni si erano avvicinati parlando tra loro, ridevano sguaiati a battute che non riusciva a sentire. Era palese che stessero ridendo di lui e della sua stupidaggine. Li ignorò, quello era il minimo che potessero fargli.

Continuò a scorrere lo sguardo sui criminali e quando i suoi occhi si scontrarono con un altro paio di un nero come la pece, interruppe il giro di perlustrazione. Smorzò un sorriso trionfante, vedendo aprirsi una scheda anagrafica, rivelando i primi dati personali di uno dei sequestratori.

Quell'uomo dai capelli neri legati in un codino, alto e dal fisico asciutto e con una cicatrice sulla guancia che lo caratterizzava, era registrato come John Buscema, nato nel 1975 a Lima, in Perù. Aveva diversi precedenti come traffico di armi, droghe, prostituzione, furti e rapine. Era stato anche in stato di fermo diverse volte. Il suo soprannome era Scar. A dir poco banale, soggiunse Edison.

A fianco di quello c'era poco più di un ragazzino, aveva soltanto una ventina d'anni e il suo nome era Lukas Nowak; occhi chiari, fisico allenato, un piercing all'angolo della bocca e capelli con riflessi nel rosso. Imbracciava anche lui una mitraglietta e dalla sua espressione rallegrata ne andava fiero.

Quando Thomas proseguì e i suoi occhi si posarono su una figura vicino a quei due, assai familiare, si ibernò. Spalancò le orbite, come se così potessero vedere meglio, cercare conferme che fosse reale e non una deviazione della sua mente. Sperò che fosse frutto della sua immaginazione, ma nel suo campo visivo c'era proprio lui. Il suo cuore perse un battito riconoscendo in quella figura denudata, malmenata e insanguinata il suo collega.

Jigsaw e i suoi uomini non erano stolti, ormai sapevano che Nathan Jones era un nome fittizio ingegnato dall'Intelligence per fregarli, ma almeno avrebbero potuto giocare, temporeggiare, non ferirlo da subito. Forse era un miracolo averlo trovato ancora vivo.

«L'abbiamo conciato maluccio, eh?» A parlare fu la voce roca e profonda di John Buscema, nonché il capo dei farabutti. L'intendente che riferiva tutto a Jigsaw; «Volevo andarci piano, ma i miei ragazzi ci hanno preso gusto.» Sminuì, allargando le labbra in un sorriso fiero. Parlava di quelle ferite come se fossero irreali.

Edison irrigidì la mascella, rivolgendo uno sguardo colmo di astio e ribrezzo. Si maledisse in silenzio, addossandosi diverse colpe. Newt aveva avuto quell'orribile idea e lui, l'unico che ne era a conoscenza, avrebbe dovuto fermarlo, a qualsiasi costo. Magari avrebbe dovuto picchiarlo, forse sarebbe rinsavito. E invece eccoli lì. Entrambi in fila verso il patibolo.

Si erano fatti spingere dal loro senso del giusto, bramavano carpire qualcosa, smuovere le indagini, dare giustizia a chi era stato privato della libertà o addirittura della vita. Ma agendo così da sprovveduti, nel breve tempo anche loro avrebbero raggiunto gli altri sottoterra, non stravolgendo nulla.

Tirò su col naso, agguerrito. Non aveva paura di John Buscema. Non aveva paura di quell'esercito di farabutti. Ma soprattutto non temeva la morte. Ormai c'era dentro fino al collo, e non sarebbe uscito da lì senza un risvolto per quelle indagini che l'Intelligence portava avanti da troppo tempo. Non aveva avuto un desiderato confronto con Jigsaw ma quelli erano i suoi scagnozzi, il famoso e rinomato "Braccio Destro". Lo avrebbero condotto da lui e se così non fosse stato e sarebbe riusciti a ucciderlo, il suo chip avrebbe comunque salvato i suoi momenti, racchiudendoli segretamente nell'hard disk; come SOS, all'ultimo battito cardiaco, il chip avrebbe inviato i file in rassegna all'indirizzo IP del computer di Jorge. Nulla sarebbe andato perso, nulla sarebbe stato vano. Doveva farcela, doveva riuscirci per rivendicare tante persone.

Pensò al piccolo Charles, ad Alien, e a tutti i ragazzi del Barcode; pochi di loro avevano scelto quello stile di vita, la maggior parte vi era stata catapultata dentro contro la propria volontà, costrette a fare cose ignobili per salvare le persone care a casa, in un altro paese. I bambini venivano segregati nei bunker come garanzia, affinché i familiari facessero ciò che gli era stato ordinato; dovevano seguire gli ordini attentamente o i criminali non avrebbero esitato a far saltare teste. Quelle vittime erano soltanto una minima parte dell'infinita povera gente che veniva ricattata con il terrore.

Tramite le sue precedenti ricerche con il chip, aveva trovato centinaia di nominativi di gente massacrata, gli omicidi non risultavano a nome di Jigsaw seppure le vittime avessero avuto contatti direttamente o indirettamente con lui prima dell'uccisione. Si trattava di brava gente che ad un tratto aveva iniziato a condurre attività illegali, dalla più sciocca alle peggiori come il narcotraffico e la prostituzione. Stesso a lui, un agente di alto calibro, alcune nozioni erano inaccessibili, parevano criptate o addirittura mancanti, eliminate. La magistratura dichiarava che le vittime erano morte in circostanze ambigue e inspiegabili, e che al termine delle indagini avrebbero dato notizie più dettagliate, ma quelle pagine non erano state più aggiornate, ed erano passati anni. Perché sospendere i casi o addirittura archiviarli quando la risposta era limpida come l'acqua di un torrente?

Il mandante era Jigsaw, si era sempre trattato di lui. Chi lo proteggeva così tanto da cercare di smacchiare gran parte dei suoi crimini? Thomas giurò a sé stesso di scoprirlo.

Ora se ne stava inginocchiato tra due balordi che gli tenevano la testa tirata all'indietro per i capelli, costretto a guardare l'orribile scena che si presentava davanti ai suoi occhi: Isaac Newton-in pessimo stato- che doveva fare un lavoretto a quell'insulso bastardo.

Faticava a mantenere lo sguardo fisso sul compagno, era messo così male che una morsa gli strinse il cuore. Un moto di rabbia incontrollabile gli ribollì nelle vene, irrigidendo la mascella; se avesse avuto modo di fronteggiarsi con chiunque di loro, non avrebbe risposto delle sue azioni.

Il collega appariva debole come non mai, privo di forze e di qualsiasi motivo per reagire. Era fradicio, probabilmente gli avevano gettato dell'acqua addosso-o almeno Thomas sperò si trattasse di quella-, i capelli erano completamente zuppi, lo sguardo vitreo e assente fissava un punto indefinito davanti a sé, dalla narice sinistra c'era del sangue ormai secco mentre gocce più fresche colavano dal labbro spaccato. Dei suoi vestiti non era rimasto quasi più nulla, se non gli slip, la camicia ormai stracciata mostrava segni di violenza lungo la schiena, dovevano aver usato una frusta.

Quelle condizioni li avrebbero rallentati, sfumando ogni possibilità di fuga. Non potevano arrendersi così. Thomas gli parlò, cercando di destarlo ma soprattutto di distoglierlo dal fare quel gesto;

«Non farlo, Newt. Ti prego, non farlo.» Implorò e quelle parole gli uscirono più caritatevoli di come avesse immaginato. Si sentiva patetico e inutile. Aveva un chip con sé che lo rendeva l'arma più potente d'America, eppure, in quella circostanza, non poteva fare niente proprio come qualsiasi altro umano.

Il suo protettore era disposto a fare uno schifoso lavoretto a quel bastardo per permettergli la libertà; fin dove era capace di spingersi il suddetto per tutelare la sua vita? Si sarebbe fatto uccidere per lui?

Beh, Thomas ne era sempre più stupito, ma d'altro canto c'era da riconoscere che anche il suo atteggiamento era notevolmente migliorato; lo aveva accompagnato nella tana del lupo, e da codardo menefreghista avrebbe sempre potuto fare dietrofront e tornarsene a Langley, invece era lì, con dei lacrimogeni aveva fatto irruzione rischiando il tutto per tutto, giurando a sé stesso che non sarebbe tornato a casa senza Newt.

Un pensiero nobile e altruista-quasi non appartenente a lui dato i burrascosi trascorsi con il biondo-che gli sarebbe stato impossibile da attuare poiché disarmato, braccato e circondato da una dozzina di uomini armati fino ai denti.

«Non farlo. Non mi libereranno comunque.» Tentò di far rinsavire l'altro.

A5 sembrava viaggiare su un'altra frequenza, assorto in un'ampolla di dolore che bloccasse tutti i suoni, tra cui la voce di Thomas. Respirava, ma non stava vivendo. Non gli rivolgeva neanche più lo sguardo, si comportava come se il suo protetto non fosse più lì con lui. Sembrava un fantoccio nelle mani di uno sporco burattinaio. E no, Thomas non avrebbe permesso che il suo protettore sarebbe diventato la puttana di un capoclan.

In un attimo perse il controllo di sé, volato via con ogni frammento di lucidità. Strinse i pugni e fece forza nelle ginocchia. S'alzò d'improvviso, colpendo a gomitate e pugni prima un sequestratore e poi un altro. Gli altri che erano più distanti accorsero, ma non se ne curò, gattonò verso il protettore cercando di ridurre il più possibile la distanza tra loro. Nel tragitto qualcuno lo colpì a un fianco, ma inflessibile continuò ad arrancare, strisciando verso il collega che se ne stava immobile come una statua, in ginocchio sul freddo pavimento.

Newt si scosse, forse per le accese imprecazioni dei criminali o per lo scompiglio procurato dall'alleato; sollevò lo sguardo nella sua direzione, guardandolo con premura e un pizzico di ammirazione.

Thomas captò in quegli occhi spenti dalla rassegnazione un flebile sorriso, curvò la bocca per un ricambio, notando uno strascico di luce illuminare lo sguardo ombrato del partner. Almeno aveva capito che il ferito era cosciente, lo vedeva, lo sentiva. Sapeva che era lì. Avrebbe voluto rincuorarlo, dirgli una frase di conforto, promettergli che ce l'avrebbero fatta, ma non ci fu tempo. Il luccichio di riconoscenza negli occhi nocciola del biondo si oscurò d'improvviso come una giornata soleggiata sovrastata da un temporale estivo. Boccheggiò qualcosa ma per la voce bassa a Thomas non fu chiaro.

Solo dopo quel rumore, uno sparo proveniente dalle sue spalle, comprese la gravità. Newt riuscì ad avere la lucidità e ancor di più la prontezza di spingere il suo protetto all'indietro, che si rovesciò sul pavimento, cadendo in una posizione buffa e maldestra.

Ci fu un tonfo secco e forte seguito da un sibilo intronante. Un fischio continuo, prorompente, senza eguali; assordante e fastidioso come migliaia di aghi nelle orecchie, capace di recare danni permanenti all'udito.

Thomas si coprì le orecchie, atterrito. Il proiettile era sfuggito dalla canna, sfrecciando con una linea precisa sulla sua spalla, proprio di fianco al suo orecchio. Dal fischio così acuto e vicino sembrava esserne stato colpito; gli passò davanti così vicino da sfiorare, tra il proprio corpo e quello del biondo.

Si voltò sconvolto, curioso e indignato di scoprire chi fosse l'artefice di quel colpo; scoprì si trattasse dello stesso che lo aveva preso e condotto al gruppo. Il chip non era riuscito a identificarlo, ma in compenso sentì qualcuno chiamarlo "Gally". Doveva trattarsi di un soprannome, perché come nome era pessimo.

A differenza delle sue sopracciglia discutibili aveva una mira sofisticata e precisa, al pari di un tiratore scelto come quelli che gli avevano sparato da sopra i tetti in India. Quel flashback sfumò subito, doveva concentrarsi sul restare vivo e sul proteggere il collega.

Thomas seguì la traiettoria della mina, gli occhi sbarrati e la paura padrona s'impossessava della sua vulnerabilità. Voleva avere il potere di fermare il tempo e con esso il colpo, farlo cadere a terra, di liscio; ma lui restava solo un tizio con un chip che gli procurava informazioni, nulla di concreto, nessun superpotere.

Tanto che batteva dalla paura, il cuore sembrava voler fuoriuscire dalla gabbia toracica, sbriciolare lo sterno e balzare via.

Il respiro corto, gli arti delle braccia e delle gambe immobilizzati, e la scena che si riproduceva a rallentatore davanti ai suoi occhi lo stava avvicinando a una resa imminente.

Cercò qualcosa che sperò non trovare, non era un tipo credente ma in quell'istante avrebbe persino pregato per evitare il peggio. Lui era tutto intero; nessun freddo rapido si stava espandendo dalla zona lesionata al resto del corpo, tipico di quando una pallottola rovente perforava la cute. Un dolore che in vita sua aveva provato una volta, nelle prime missioni.

Gettò una furtiva occhiata all'addome, poi alle braccia, ma nessuna chiazza rossa si stava espandendo a macchia d'olio. Non a lui, almeno.

Raggelò vedendo ciò che aveva dinnanzi.

Newt, che prima era in ginocchio, si era accasciato sulle piastrelle cigolanti della vecchia fabbrica. Lo aveva fatto in assoluto silenzio, nessun urlo agonizzante, nessun grido disperato, come un forte combattente aveva soltanto in sordina digrignato una smorfia di dolore.

La mente del moro si svuotò tutta d'un colpo, diventando un accumulo di bianco. Stanze vuote, non c'era niente di niente: nessuna illuminazione, nessuna genialata. Dov'era finito il lato di sé perspicace, saccente e anche un po' sbruffone che aveva zittito un'intera squadra di agenti professionisti dell'Intelligence? Era stato fottuto dalla paura? Perché mai? Non era coinvolto emotivamente, a terra davanti a lui c'era Newt; lo stesso che lo aveva separato per sempre dalla ragazza che aveva ritenuto essenziale nella sua vita, che tanto avrebbe voluto uccidere, una volta.

Provò a chiamare il collega, ma l'emozione gli bloccò il respiro facendogli uscire solo un lamento strozzato. Non aveva fiato. E i tanti rumori che c'erano attorno a lui, non li avvertiva più. Era focalizzato anima e corpo sul collega, sulla chiazza di scarlatto che stava inondando il pavimento, sentiva solo la paura mangiare come un avvoltoio il suo cuore.

Newt lo aveva spintonato all'indietro, di nuovo, salvandolo ancora una volta. L'ennesima. Perché non era stato possibile il contrario? Poteva prenderselo lui quel proiettile. Non solo si sarebbe sdebitato di tutte le volte che il biondo aveva rischiato grosso per lui, ma anche perché a differenza di quest'ultimo, lui non aveva niente da perdere.

I suoi genitori erano morti in quell'incidente d'auto quando era solo un ragazzino, e la compagna che credeva fedele e leale si era convertita al fronte nemico. Aveva finalmente trovato la risposta a quella domanda che da piccolo, dopo quel tragico giorno, come un tarlo aveva cominciato a balenargli nella testa; "Alcune vite valgono più di altre?" Probabilmente sì. Ai tempi, di sicuro, la sua era valsa più dei suoi genitori. Erano ancora vivi quando i soccorsi arrivarono, dalle carcasse dell'auto in fiamme, tra un lamento agonizzante e singhiozzi nella constatazione del fatto avvenuto, avevano espressamente dichiarato di volere che il primo a essere salvato fosse lui.

I vigili del fuoco non si opposero alla richiesta-dopotutto i bambini reagivano peggio al dolore e al trauma-, forse se avessero estratto prima suo padre o sua madre, sarebbe morto lui; si ritrovò a pensare che forse sarebbe stato meglio. Avrebbe lasciato vivere loro.

Non voleva sentirsi ingrato, perché in fondo-nonostante gli spiacevoli avvenimenti- aveva anche ottenuto una posizione agiata, non tutti gli orfani venivano presi sotto l'ala protettrice di una donna amorevole e in carriera che vedeva in te del potenziale, anche se si trattava soltanto di sporco interesse per la sua mutazione genetica rara, quel dono inspiegabile che lo rendeva essenziale e pericoloso, un'ottima "arma" da sfruttare per gli Stati Uniti d'America. Se non avesse avuto la mutazione rara genetica 4U7-R, l'avrebbero sbattuto chissà dove lontano, in uno sperduto e maleodorante orfanotrofio nella campagna desolata.

Nel corso degli anni non aveva mai capito se il suo salvataggio fosse stato una benedizione o la sua più grande condanna. Un conto era morire in un incidente stradale con la propria famiglia, un'altra, inseguito ininterrottamente dalla peggior specie di umani che volevano la sua morte solo perché qualcosa nel proprio corpo riuscisse a reggere un chip contente informazioni top secret. Era diventato una pedina di affari molto più grandi di lui, aveva accettato perché voleva tutelare il bene, lottare per esso, ma era arrivato al punto che non riusciva più tanto a distinguere il lato bianco da quello nero. Gli era successo così con Newt, dopotutto.

L'agente A5 non era il migliore che Thomas avesse conosciuto nella sua breve carriera nella CIA, ma gli riconosceva qualità rare, pregi che non aveva visto in nessun altro men in che nella traditrice. Gli era riconoscente perché aveva fatto molto per lui, nonostante i suoi infiniti e ponderosi colpi di testa. Ecco perché adesso era lì, intestardito a salvarlo anche a costo di uno scambio; sarebbe accondisceso alla privazione della sua libertà per permettere al suo tutor di tornarsene al sicuro a casa. Anni addietro era valsa più la sua vita che quella dei suoi genitori, adesso la vita di Newt valeva più della propria. Il collega aveva sicuramente qualcuno da cui tornare, lui no.

«È la caviglia, può ancora cavarsela.» Sdrammatizzò lo Sfregiato privo di tatto avvicinandosi a Thomas che non smetteva di destinargli occhiate sempre più furenti, più che mai in quel momento. «Credimi, se lo avessimo voluto morto, non ci sarebbe mancato il modo, il tempo e l'ispirazione.» Elencò portando il conto con le dita; avanzò fino ad arrivare a pochi centimetri dal giovane agente.

Thomas moriva dalla voglia di colpirlo, di dargli un pugno, ma sapeva che gli scagnozzi gli stavano dietro. Si era alzato lentamente, e si era stupito di come glielo avessero permesso, nessuno lo aveva più ostacolato o impedito di avvicinarsi al collega. Ora era davanti a Newt, e gli faceva scudo con il proprio corpo.

«Lui non vi è utile, io sì. E sapete perché? Qui dentro- indicò la testa- Detengo il potere del mondo.» Suggerì, tentando di mettere in salvo Newt e fregare loro. Se solo lo avessero lasciato libero, il chip avrebbe mandato le coordinate all'Intelligence chiedendo il supporto di Jeff e Clint, i due agenti laureati in medicina che avrebbero curato il biondo. Thomas poteva completamente far affidamento su di loro, erano i migliori dottori dell'Intelligence, dopo il neuro-scienziato Jorge.

«Lo sappiamo bene, Thomas.» Lo Sfregiato proferì il suo nome in un sussurro, e lì non ebbe più dubbi. Sapevano di lui e di cos'era. «Lui non è affatto te.» enunciò, lanciando una rapida occhiata ai suoi uomini, la maggior parte muoveva il capo in cenno di sì, altri facevano un'espressione da sapientoni, come se tutti i presenti fossero a conoscenza del suo "dono". «Ricordiamo tutti qui, alcuni più di altri, che ha lasciato morire una ragazza o dovrei dire la tua ragazza?» Rammentò, toccando il tasto proibito; bastò quella minima frase a far bloccare Thomas sia di pensieri sia di movimenti.

Era ovvio che avesse volutamente portato alla mente i brutti ricordi, memorie che avrebbero destabilizzato il giovane agente. Era quello l'obiettivo, no? Renderlo vulnerabile. Ma come faceva uno scagnozzo di Jigsaw a sapere i vari retroscena di Teresa? Sembrava troppo convinto per essere uno che si era soltanto informato. Che avessero conoscenze in comune?

Possibile. Dopotutto Thomas di Teresa non aveva scoperto poi molto, solo che si era alleata a una specie di dottoressa di nome Ava Paige, affiancata da Janson, un tipo assai losco che probabilmente era il suo bodyguard. Avevano eretto una grossa e pericolosa società denominata Wicked, basata sull'estremismo violento. Ma ciò che ancora non riusciva a capire era come facesse lo Sfregiato a sapere tutte quelle informazioni; Cosa poteva accomunare Teresa al Braccio destro? Cercò un nesso, ma niente pareva rilevante.

Poi, improvviso quanto inaspettato un lampo squarciò nelle stanze bianche e vuote della sua mente; e se, ipotizzò, fosse proprio la Wicked a insabbiare gli innumerevoli omicidi di Jigsaw, e per sdebitarsi questi gli dava protezione con i suoi uomini? Le rotelle del suo cervello cominciarono a girare senza sosta, bramose di spuntare quell'enigma.

Buscema, nel frattempo aveva assunto un'espressione fintamente mortificata, come poteva uno come lui, sterminatore anaffettivo dispiacersi per una dipartita che non gli riguardava minimamente? Sicuramente se ne sarebbe fregato anche della morte di un parente stretto.

«Avresti salvato quella ragazza perché era tutto per te, l'amavi.» Sentenziò astutamente, scorticando pian piano la corazza di Thomas, che come corteccia vecchia si stava pian piano staccando dal tronco, dal proprio corpo. Lo stava colpendolo nel modo più astuto e distruttivo: a livello psicologico, umano, sentimentale. Le mazzate non avrebbero provocato quelle fitte.

«Chi ama, perdona. E tu recandoti lì, l'avevi già perdonata. Non ti importava della sua decisione, chi ama, accetta. Non è forse vero?» Cercò conferme a una domanda che un tempo era ovvia. Tutti osservavano la scena in silenzio, rapiti dalla voce di quello che ironicamente Thomas attribuì come "poeta-vate".

Edison strinse i pugni lungo i fianchi, voltandosi di poco per guardare l'amico. Newt era sempre meno cosciente. Ultimamente non riusciva mai a prendere la decisione giusta, meno che sapeva quale fosse la più appropriata per il momento. Agire? Ma come? Tutti avevano le armi puntate su di loro, non c'era possibilità di salvezza.

Guardò di sottecchi quello dalle sopracciglia sollevate che gli era di fronte e lo osservava spudoratamente, senza vergogna. Sembrava che i ruoli si fossero capovolti; adesso era lui che lo stava studiando, memorizzando ogni dettaglio del suo viso, probabilmente stava pensando a come vendicarsi per la scazzottata che gli aveva inflitto per raggiungere Newt. Ricambiò una fugace occhiata alla "anch'io ti tengo d'occhio" poi distolse lo sguardo, e rispose al capoclan.

«Non voleva che la salvassi.» Ribatté fermo, fissando un punto indefinito. Il chip rievocò Teresa davanti ai suoi occhi senza che lui attivasse alcuna funzione; era proprio come l'ultima volta che l'aveva vista nella stanza 351 dell'ospedale ACN. Lei che si voltava a rilento e i loro sguardi che si univano.

«Na, na, na...» schioccò la lingua, cominciando a camminare in tondo vicino ai suoi militi. Un ghigno privo di umorismo passò tra le labbra sottili. «Ripeti questo soltanto perché ti fa comodo, sei un bamboccio. Non hai le palle.» provocò e in una rapida camminata raggiunse il venticinquenne, al punto che le loro fronti si sfiorassero.

Entrambi serrarono la mascella, feroci come due leoni. «Se l'avessi amata, lo avresti ucciso da un pezzo.» Alzò di un'ottava la voce, dandogli una spinta che lo fece scostare da dov'era, finendo col fiancheggiare il biondo. «Come vai avanti? Lei è morta, lui vive. Non ti bolle il sangue nelle vene?» Urlò, estraendo la pistola che teneva salda nella cinta dei pantaloni; con la canna indicò Newt, che tratteneva con tutto sé stesso i mugolii e i digrigni sofferti. Thomas guardò prima il compagno e poi Scar, lo sguardo acceso di ira. «Ti conviene che gli spari tu, noi non gli concederemo tutta questa grazia.» Suggerì, per poi passarsi la lingua tra i denti come per scacciarvi qualche residuo di cibo.

Il ragazzo aggrottò il cipiglio, rivolgendo all'uomo un'espressione contrariata. Come poteva sparare a Newt? Certo, diverse volte gli era frullato per la testa di vendicarsi, ma non aveva mai pensato di andare fino in fondo. Non avrebbe mai potuto ucciderlo.

«Lo abbiamo fermato, non che prima si muovesse certo, ma ora puoi vederlo in ginocchio, sofferente, che ti supplica di salvargli la vita. Ma non devi avere pietà. Abbiamo lasciato a te l'onore. So che hai desiderato piantargli una pallottola in testa dal primo momento che Teresa era scoppiata in aria, ora puoi farlo, Thomas.» Persuase, la voce improvvisamente bassa quanto ipnotica.

Già, scoppiata in aria. Teresa aveva una bomba addosso, era diventata una terrorista. Era diventata qualcun altro, un'altra persona. Newt non le aveva sparato, non era stato lui ad ucciderla. Thomas ci aveva meditato su troppo tempo ma alla fine c'era arrivato.

Aveva odiato il collega per essersi intromesso, ignorando che avesse salvato la vita a lui e ad altre centinaia di persone tra cui soprattutto bambini. Per colpa di Teresa e per salvare tutti, Newt aveva messo a repentaglio la propria incolumità e ciò andava ben oltre al suo lavoro. Avrebbe potuto fregarsene, ma come pochi e coraggiosi soldati era andato fino in fondo, dimostrandosi un eroe.

Il tempo per scegliere da che parte stare era stato concesso a tutti, anche a Teresa. Thomas ricordava nitidamente quella volta che lei gli aveva accennato il suo squilibrio, e lui abbracciandola le aveva assicurato che sarebbe stata la sua bussola, solo che lei non glielo aveva permesso. Era andata via, inscenando una morte per non essere più cercata. Non era stata soggiogata, ipnotizzata, era cosciente delle sue azioni e cosa peggiore ne andava fiera.

Thomas aveva voluto bene a un mostro e probabilmente se l'avesse salvata, sarebbe diventato stesso egli una bestia. Le barriere, la corazza che lo aveva protetto per troppo tempo facendolo risultare imbattibile agli occhi degli altri sembrò sbriciolarsi lì, tutta in quel momento. Il mento cominciò a tremolargli e con esso le mani. Gli occhi pungenti, per le lacrime, combattevano ardentemente per evitare che uscissero. Voleva piangere per tante cose. Pentimenti, rimpianti, rimorsi. Colpe, un'infinità di colpe. Mandò giù un groppo di saliva, il capo chino per non lasciar trasparire le sue emozioni in quegli occhi ormai lucidi ambrati.

Probabilmente Newt non si accorse dell'infinità di emozioni che stavano trapassando il collega, ma notò il suo silenzio; era da un po' che Buscema blaterava e il moro non dava segnali di vita. Sollevò il capo, i suoi occhi rossi puntati sulla figura atletica del protetto. Non disse niente, anche perché non era nel pieno delle sue forze per un discorso di incoraggiamento, gli bastò accertarsi che lui fosse ancora lì, vicino. Pregò in silenzio che non stesse vivendo un attacco di panico come quello avuto in ufficio poco prima della partenza, in quella circostanza, non avrebbe potuto aiutarlo.

«Non ti ha concesso il tempo di salvarla, non ti ha aiutato a trovare una soluzione. Perché tu dovresti esitare? Non merita il tuo perdono.» Parlò pacatamente, come se quelle parole dette con una determinata cadenza e intonazione avrebbe potuto scalfire lo scudo di razionalità del giovane, facendolo crollare e diventare un burattino addomesticabile. Una specie di robot.

«Vendica Teresa.» Sussurrò al suo orecchio, palesandosi in un niente alle sue spalle. Thomas cercò di contenere quel brivido di ripudio verso quell'essere schifoso. Provò a mantenere i nervi saldi, mentre il capoclan si spostava, mettendosi tra lui e il collega; petto a lui e spalle a Newt. «Starai molto meglio dopo averlo fatto.» assicurò, gli occhi neri come la pece erano curvati in un sorriso perfido. In silenzio gli porse la pistola con tanta convinzione come se Thomas gliel'avesse chiesta; aggrottò il cipiglio in un'espressione confusa.

Il capoclan gli stava anche porgendo un'arma? Come poteva essere sicuro che una volta imbracciata l'arma non fosse finito lui sotto il mirino? Quel pensiero balenò in contemporanea nella mente dei due agenti che si guardarono a vicenda, in uno sguardo d'intesa. Era anomalo un simile atteggiamento.

Lo Sfregiato fece avanzare due uomini con un cenno della mano; «Alzatelo. Mettetelo in ginocchio e fate in modo che si regga.» diede istruzioni, restando al fianco dell'agente a terra; poi fece un passo avanti, annullando quasi la distanza con quello con il chip. «A te l'onore, Tom.» proferì, smorzando un sorriso sornione.

Thomas aggrottò la fronte, destabilizzato più che mai. Non era il tipo che impazziva in un niente, ma non potevano trattarsi di coincidenze. Solo una persona lo soprannominava Tom ed era Teresa. Scar conosceva Teresa e anche molto bene.

Si trovò a mettere le mani sull'arma ancor prima di accorgersene, quanto avrebbe voluto premere il grilletto e sparargli in fronte. Represse quell'istinto o avrebbe dato via a una strage.

Intanto, i due ragazzi che avevano acconciato il collega, si erano dileguati a grosse falcate.

Newt faceva leva sulle ginocchia, ma nascondeva la testa tra le spalle, per il freddo o per la paura. O entrambi.

Scar gli alzò la testa tirandolo per i capelli, dalla forza applicata avrebbe potuto sradicarli. Thomas strinse i denti e i pugni. Si sentiva provocato.

Adesso la fronte di Newt era alta, lo sguardo visibile sfidava temerario il proiettile che sarebbe sfuggito dalla canna della pistola che maneggiava Thomas, il ragazzo che gli piaceva e che se le cose fossero andate diversamente, avrebbe amato in silenzio fino alla fine del suo incarico.

Lo Sfregiato si allontanò dalla figura moribonda, spronando A2 soltanto con lo sguardo a premere il grilletto.

«Io...non posso.» Soffiò tremolante, e per la vergogna allontanò lo sguardo dal collega, fissando le scricchiolanti mattonelle. Scar blaterò qualcosa che a Thomas fu incomprensibile perché senza attivare alcunché, il chip aveva iniziato a trasmettere immagini sfocate che pian piano erano diventate nitide e riconoscibili davanti ai suoi occhi, in onda come sullo schermo di un televisore;

"Thomas, guardami. La scelta è stata mia, mia! Oggi finalmente rimedio al fallimento di cinque mesi fa." Era Teresa. Ricordava perfettamente quella scena.

"Non avevi il diritto di scegliere per me." Il litigio con Newt, uno dei tanti.

"No, il diritto no, avevo l'obbligo. L'ho fatto per proteggere te, non il chip. Te." La sua risposta.

Stava esplodendo di collera, i suoi pensieri gli stavano remando contro suscitandogli diverse e contrastanti emozioni. Teresa aveva fatto la sua scelta, e lui doveva andare avanti senza di lei, non poteva vivere con il suo fantasma. Teresa che lui conosceva non era morta con una bomba addosso, la sua amica, confidente e probabile ragazza era morta molto tempo prima.

Abbassò lo sguardo, cosicché i suoi occhi ambrati incontrassero quelli più scuri del collega. Avevano entrambi gli sguardi lucidi, la fronte calda e arrossata per la tensione. Newt era sudaticcio, eppure, non mostrava segni di cedimento, non mostrava il suo dolore. Scavava i denti nel labbro, reprimendo le urla strazianti. Era forte, Thomas riuscì a vederlo solo in quel momento sott'altra luce.

«Per favore, fallo.» sibilò, schiudendo di poco il labbro spaccato. La voce così bassa che fu per lo stesso Thomas un miracolo sentirla. Dalla breve apertura delle labbra, il moro poté scorgere il sangue tra i suoi denti. Aggrottò le sopracciglia in un'espressione confusa, scossa. Aveva davvero sentito bene, il suo protettore voleva morire? «Hanno ragione. Devi vendicarti, e darmi la mia pace.» Istigò Newt, il tono basso e straziato.

Thomas tremolò con la mano, il braccio trepidante e disteso in avanti. «Perché dovrei?» domandò in un sussurro, le lacrime agli occhi. Non gli importava che quei malviventi avrebbero riso di lui dandogli del debole. Quegli insulti o quelle risate non lo colpivano minimamente. Era da solo con Newt in un'orbita tutta loro.

«Perché anche oggi e....» fece una pausa, il respiro era pesante. «Per altre mille volte ti strapperei di nuovo dalle sue braccia.» Ammise sicuro, mentre una bava di sangue gli colava al lato della bocca. Avrebbe voluto continuare con: "Perché mi dispiace averti fatto soffrire, ma sarei stato peggio a saperti morto" ma non lo fece, quel proseguo non avrebbe istigato abbastanza Thomas da farlo sparare. La mano aveva una tremarella snervante, l'indice non voleva saperne di avvicinarsi alla leva.

Premi il grilletto.

Un messaggio anonimo cominciò a lampeggiare nella cartella di messagistica del suo chip. Non c'era alcun indizio se non che fosse stato inviato nel raggio di un km, probabilmente qualcuno stesso all'interno dell'edificio. Ma chi? E soprattutto come avevano fatto a mettersi in contatto con lui? Nessuno sembrava usare cellulari o pc.

Si voltò, in cerca dell'emittente. Nessuno sembrava essere abbastanza sveglio per hackerare sistemi super controllati come quello del chip.

Non guardarci o capiranno che c'è qualcosa che non va. Vogliamo aiutarvi. Limitati a girarti verso il tuo amico e a premere il grilletto.

Vogliamo? Era un plurale, ma chi erano e soprattutto, quanti?

Chi sei? Domandò telepaticamente.

Ci fu un attimo di esitazione e poi ricevette la risposta, intanto i suoi occhi vagavano come una pallina pazza tra i malviventi. Nessuno stava usando apparecchi tecnologici.

A tempo debito saprai. Fa' come ti dico.

E da quel "ti dico" Thomas capì che solo uno gli stava scrivendo. Deglutì a vuoto, sentendosi uno stupido. Avevano anche la capacità di scrivergli, di insediarsi nel suo cervello. A rilento si voltò verso Buscema. Era curioso ma soprattutto confuso. Chi voleva aiutarlo incitandolo a premere il grilletto? Doveva trattarsi di una trappola.

«Allora, Thomas? Vuoi che lo faccia uno di loro?» lo Sfregiato lo richiamò violentemente alla realtà e sobbalzò dalla paura. Quei troppi pensieri e messaggi telepatici lo distraevano.

«No.» Si affrettò a rispondere, visibilmente in panico. Il capoclan soffuse una risata divertita, provava gioia nel vedere la paura e il dolore altrui.

Come puoi dire di aiutarmi e anche di sparare? Se premo il grilletto, lui muore. Constatò, aspettando ansioso una risposta. Neanche il tempo di inviare che la risposta arrivò;

Sicuro?

Accaldato deglutì ancora, i tremolii vagavano sottopelle per tutto il corpo come se fosse invaso da una scarica di corrente elettrica. Divaricò di poco le gambe, protese il braccio in avanti, le mani impugnavano la pistola in una presa tremolante, non sicura come un agente del suo calibro piuttosto sembrava un novellino appena entrato nelle forze dell'ordine.

L'inglese cercava di reggersi sulle ginocchia seppure la caviglia lo stesse martoriando, determinato teneva i suoi occhi scuri fissi sulla sagoma in piedi dinanzi a sé. Mosse di nuovo il capo, e stavolta Edison notò un guizzo di rabbia scintillare nei suoi piccoli scuri occhi volpini. Newt tacitamente gli stava ordinando di farla finita.

Beh, io non lo faccio. Avvisò ai probabili alleati.

Un nuovo messaggio arrivò, impaziente lo aprì, ma non rivelò un testo come i precedenti, bensì una gif. La riprodusse.

C'era una pistola di cui veniva premuto il grilletto e anziché un proiettile, usciva un mazzo di fiori. Si trattava di una pistola a giocattolo, non come quella che aveva tra le mani. Irrigidì la mascella, sentendosi preso in giro.

Se gli sparo, non potrà più tornare indietro. Ripeté rabbioso, nervoso, agitato.

Avrei potuto uccidervi in India. Mano nella mano. Siete veloci ma raggiungibili. Concluse, disconnettendosi.

Fu con quella frase che Thomas capì. La mira da tiratore scelto, i proiettili lanciati dai tetti che rischiarono diverse volte di colpirli, ma per un pelo li mancarono. L'impossibilità di trovare informazioni su di lui. Erano sempre stati sorvegliati da quello dalle sopracciglia bizzarre. E la cosa peggiore era scoprire che non fosse solo bravo a sparare a chilometri e altezze diverse, ma che sapesse anche hackerare un sistema infallibile come quello del suo chip. Doveva credergli? E come? Aveva sparato al piede del suo collega.

Avrebbe voluto chiederglielo, ma Buscema interruppe i suoi pensieri richiamandolo di nuovo alla realtà.

«Tic toc, tic toc. Il tempo scade Thomas e credo che dovresti sentirti spronato visto che il tuo collega ha detto che ucciderebbe nuovamente Teresa. O fai tu o provvediamo noi.» Comunicò con un sorriso a trentadue denti o meglio quelli che ne rimanevano.

Il giovane passò la lingua tra le labbra facendo un rumoroso respiro;

«E va bene...» si trovò ad accondiscendere, in bilico.

Aveva dei dubbi, delle teorie, ma occupavano il 99,9 % c'era pur sempre il margine di errore dell'1%. Si estraniò completamente, alle sue orecchie non furono neanche più percettibili i vocii e gli schiamazzi di sottofondo. C'era solo Newt, lui, e la pistola in mezzo che li divideva. Forse per sempre.

Si guardarono a vicenda, uno sguardo profondo, mai si erano rivolti un'occhiata simile. Se ci fosse stato Minho gli avrebbe detto che quelli erano gli sguardi tipici che si scambiavano personaggi di una serie televisiva in momenti clou, quelli toccanti che non avevano bisogno di parole, dove guizzava una certa chimica tra i due. Thomas si trovò a credere che forse il suo amico non era tanto stupido.

In quel momento era come se tutti fossero spariti in nubi di fumo, lasciandoli da soli; gli unici rumori udibili erano i battiti del suo cuore che veloci e rumorosi tamburellavano nella sua cassa toracica, rimbombando a gran voce nelle sue orecchie.

Newt abbozzò un sorriso bonario, esortandolo solo con gli occhi a procedere. Le lacrime non gli bagnarono le guance ma Thomas le vide comunque.

Inspirò ed espiro rilasciando gli ultimi strati di tensione. Socchiuse poi un occhio per prendere la mira. La mano smise di tremare. Si accertò che la traiettoria fosse la fronte del biondo.

Mosse impercettibilmente il labiale così che solo a Newt fosse visibile e chiaro il messaggio;

«Fidati di me.» Proferì, sperando con tutto sé stesso di non doversene pentire.

Newt chiuse gli occhi. Thomas fece lo stesso.

E senza più alcun'altra esitazione, premette il grilletto.

***

Tic.

Un flebile rumore e nulla più.

Nessun rimbombo. Nessuno sparo. Niente fumo.

Assoluto silenzio.

Tutto uguale a prima, completamente immutato.

Il respiro mozzato nei polmoni venne rilasciato dal corpo di Thomas in un sospiro di sollievo, che cercò di nascondere il più possibile. Sgranò gli occhi diversi volte per capire che quel tizio aveva avuto ragione. Se l'era quasi fatta addosso, ma tutto era come prima. Il tempo pareva essersi bloccato e il grilletto mai premuto. Newt era lì, inerme, davanti a lui; aprì gli occhi incredulo, smorzando un sorriso genuino.

«Pensavo fosse carica.» Constatò amaramente John, sconvolto dal colpo di scena. Lasciò vagare lo sguardo sui suoi uomini, per scovarne il colpevole ma nessuno sembrava saperne niente.

«Probabilmente hai preso la mia, prima che venissero questi due pive le ho lucidate, l'avrai confusa, sono uguali.» A rispondergli fu un ragazzo dalla zazzera scura, il naso storto e il viso pieno di acne. Il fisico magro sembrava malaticcio, Thomas lo riconobbe; era lo stesso che aveva colpito assieme a sopracciglia sollevate. Quella complicità sommata ai messaggi telepatici sembrava un piano ideato nei minimi dettagli, che stava riuscendo benissimo.

«Non dovete mai avere le pistole scariche, razza di idioti!» Rimproverò, per poi massaggiarsi il mento.

«La mia non lo è. Prendila, Scar.» Propose subito Red di fianco a lui, cacciando l'arma dal fodero.

Beh, forse non sarebbe filato tutto liscio. A Thomas ancora non era chiaro chi fosse dalla sua parte e chi suo rivale, ma di certo quel ragazzino non l'avrebbe aiutato. La paura cominciò a impossessarsi di nuovo di lui, la fortuna bussava una volta soltanto.

«Direi di posticipare questa esecuzione, i signori vogliono il pivello e il suo amico vivi. Mi hanno appena mandato un messaggio.» La voce era dura, Thomas l'avrebbe paragonata a una roccia. Non si stupì scoprendo che apparteneva proprio a lui, colui che gli aveva salvato il di dietro pochi attimi prima.

Lo Sfregiato si destò dai suoi pensieri, abbozzando un'espressione scettica; strabuzzò gli occhi, sospettoso. «Anche la checca? Potrei capire il ragazzo prodigio ma-»

«Entrambi o si lamenteranno del servizio poco efficiente, e saranno cose spiacevoli per noi. Hanno tenuto a sottolineare che saranno guai seri.» Troncò subito Gally, suscitando terrore nei compagni, che come pecorelle smarrite avevano cominciato a parlare tra loro, augurandosi che Scar avesse preso la decisione giusta.

Il capo esitò, restando qualche attimo in silenzio, a pensare. «Oh, va bene, atteniamoci agli ordini, allora.» Allargò le braccia con fare teatrale, sul viso aleggiava un'aria sconfitta, amareggiata. «In fondo non mi andava che crepassi senza avermi fatto un pompino...» sussurrò all'orecchio di Newt, tenendogli la testa sollevata per il mento. Thomas riuscì a sentire quella frase e subito i suoi occhi si illuminarono come una saetta, fiondandosi sull'arma riposta nel fodero del cadetto più vicino a lui. Ce l'avrebbe fatta a prendergli l'arma e sparare alla testa del capoclan? Gettò lo sguardo prima sull'uomo alla sua destra e poi su Buscema.

Non fare cazzate

Si morse il labbro, indeciso. Quel tizio che prima lo aveva aiutato insediandosi nella sua mente, pareva averci preso gusto a presentarsi all'improvviso. Lo ignorò, facendo un piccolo passo laterale.

Sei così prevedibile e assurdamente picio, pivello. Se fai questa stronzata, non potrò più aiutarvi.

Scar si allontanò dal suo collega, senza mai staccargli però gli occhi di dosso. E Thomas abbandonò l'idea di ficcargli un proiettile in testa, per il momento.

«Red aiuta Gally a portarli di sopra.» Imperò, e il ragazzo di nome Lukas come uno zoticone si avvicinò ad A5, cominciando a strattonarlo malevolmente.

«Forza, alzati.» Ordinò fanfarone, la canna della mitraglietta lungo la spina dorsale dell'agente.

«Vacci piano. Non vedi in che condizioni è la caviglia?» Ringhiò in difesa del collega, Newt che era ancora a terra, sollevò subito la testa rivolgendogli uno sguardo sorpreso e grato.

Rosso si bloccò, alzò lentamente il capo destinandogli un'occhiata derisoria accompagnata da un riso altrettanto irritabile. «Che c'è ora fai il premuroso? Vuoi pararti il culo perché ha scoperto che se la pistola fosse stata carica, gli avresti ficcato un proiettile in testa? Non hai proprio le palle.» ribatté, masticando la saliva per preparare uno sputo, ma venne fermato dallo Sfregiato, che colpendo con uno schiaffo alla nuca quasi lo fece strozzare con la sua stessa bile.

«Non sapeva che la pistola fosse scarica. Se ci fosse stato un singolo proiettile, lo avrebbe fatto fuori. Ci ha dato una minima dimostrazione della sua fiducia e del suo disprezzo. Se i signori li vogliono vivi, lasciamoli vivere. Per il momento manteniamo gli spiriti calmi, rosso fuoco. Siamo intesi?» Intimò, sorridendo poi in modo decontestualizzante. Era così inquietante che anche il ribelle cadetto mosse veemente la testa su e giù in cenno affermativo. «Anche tu Thomas, vola basso. Rispetto il volere dei signori, ma se mi fai girare le palle, me ne sbatto della vostra integrità.» Avvisò, lo sguardo di nuovo truce. Quell'uomo cambiava mille espressioni al minuto ed erano anche contraddittorie. Era fuori di testa.

Thomas si limitò a guardarlo di sottecchi con aria per niente amichevole, mentre le rotelle del suo cervello non avevano proprio intenzione di smettere di girare. Chi erano i signori? Se si trattava di Jigsaw avrebbe usato il suo nome, perché tanto mistero?

Un mugugno sofferente di Newt lo riportò alla realtà, scostandolo dalla miriade di domande. Thomas avanzò per fargli da stampella, appoggiandosi a lui Newt avrebbe sforzato poco la caviglia, ma neanche il tempo di compiere un passo, che delle mani lo bloccarono alle spalle.

«Sta' fermo pivello o sparo anche nell'altra gamba del tuo amico.» Era Gally.

Thomas voleva picchiarlo a sangue perché colpevole dell'incidente di Newt, avrebbe voluto ribellarsi e dargli un bel paio di destri, ma per il momento decise di starsene buono e fargli fare ciò che doveva. Per le domande e la scazzottata ci sarebbe stato tempo. Lasciò che gli legasse i polsi con una corda, in quel momento di assoluta vicinanza non parlarono né con la voce né telepaticamente. Era troppo rischioso, Scar sembrava studiare i loro visi, dubbioso.

Newt non fu legato, almeno non subito; gli permisero di aggrapparsi al corrimano delle scale, salendole gradualmente, scortato da Rosso che agguerrito imbracciava la mitraglietta come se fosse sul punto di liberare quanti più proiettili possibili.

Thomas lasciò che fossero loro i primi a salire, così da stargli dietro e non perderli di vista. Quando tutti e quattro- i due agenti e i due sequestratori- furono nella stanza dove prima era stato rinchiuso il compagno, Rosso lo fece sedere e, accovacciato, iniziò a legargli strettamente i polsi.

I due dell'Intelligence erano seduti l'uno di fronte all'altro, nella piccola stanza. Mentre i polsi di Newt venivano accuratamente legati dalla corda di Red, i suoi occhi non si scollavano dal suo protetto. Il moro ricambiava con la stessa intensità. Probabilmente si stavano insultando tacitamente, addossandosi le colpe su chi dei due fosse stato più idiota: se Newt con la sua iniziativa suicida o Thomas che come un cretino lo aveva assecondato, condotto e raggiunto all'interno.

Erano così presi da quegli sguardi criptici, che videro solo il giovane ventenne accasciarsi a terra, privo di conoscenza. Il rosso era stato colpito da Gally?

Sopracciglia strane accennò una corsetta stile pantera rosa verso la porta, probabilmente l'unica a non essere stata sostituita dalle tende; dopo aver constatato che non ci fosse nessuno, la chiuse in estremo silenzio. Thomas si mosse in avanti, confuso. Aveva guardato un attimo Newt negli occhi e aveva perso la logica, la lucidità.

Entrambi avevano gli occhi sgranati, l'espressione che oscillava dal sorpreso al terrificato.

Il ragazzo dalle lentiggini che adornavano le guance e il naso gonfiò il petto, mentre le pupille di un celeste chiaro vagavano tra i due agenti. Sembrava determinato, uno che sapeva il fatto suo, e che stava per fare una cosa grande. Immensa.

I due continuarono a guardarlo indecifrabilmente per altri secondi, poi decise di rompere il ghiaccio. Cacciò dalla tasca una fascia bianca, si inginocchiò di fronte a Newt e attento, la strinse attorno alla perforatura del proiettile, per impedire un'emorragia. A5 lo guardò esterrefatto, ma non rifiutò il soccorso.

«Mi vuoi prendere in giro? Prima gli spari e poi lo bendi?» sbottò Edison, il tono incontrollato.

«Abbassa la voce o ci scopriranno.» Digrignò tra i denti, la testa di lato per rivolgergli un'occhiata rimproverante. Terminò di sciogliere i nodi, liberando così Newt: poi con i palmi delle mani sui femori si diede il lanciò per tornare in piedi. «Il proiettile era preciso, non avrebbe ferito nessuno dei due. Lui si è sporto in avanti per assicurarsi di salvarti, come sempre.» Rivelò, puntando gli occhi chiari sull'agente speciale.

«Chi sei?» Domandò, ignorando quello che pareva un rimprovero; con un colpo d'anca si alzò in piedi. Avrebbe voluto reagire in qualche modo, ma con i polsi legati in quel modo non aveva chissà quante alternative. «Come sapevi che la pistola fosse scarica? E soprattutto come hai fatto a metterti in contatto con me? Per chi lavori?» Domandò a raffica, respirando a fatica, sia per la tensione che per la velocità con cui aveva proferito quelle parole.

«Io non capisco...» si accodò Newt, gli occhi socchiusi gli riservavano un'aria frastornata, assopita. «Quando Rosso mi stava picchiando qui hai detto che mi avresti ucciso con le tue mani. Ora, invece, mi salvi...»

Thomas gli riservò un'espressione confusa, era tutto così criptico, misterioso.

«È lunga da spiegare, non ce l'ho con voi, o forse ce l'avevo ma poi...è complicato.» Liquidò, grattandosi la nuca per l'imbarazzo.

«È complicato per te? E per noi? Volente o nolente, gli hai sparato. Come possiamo fidarci di te?» Aggredì il moro, facendo un passo avanti. Gli occhi fissi in quelli chiari del castano.

«Tu lo hai già fatto. Hai premuto il grilletto nonostante ci fosse il rischio che il proiettile fosse in canna. Ripeto ad alta voce così che anche tu, testa puzzona-indicò Newt- possa capire: vi sorveglio da tempo, avrei avuto tanti altri modi per far saltare i vostri capelloni, ma siete qui e ora vi sto tirando fuori.» Si avvicinò a Thomas, slegandolo con un coltellino. «Abbiamo una conoscenza in comune o meglio avevamo.» Specificò, spiazzandolo. Tirò su con il naso, con l'indice si pulì la punta infreddolita, dalla quale colava un po' di muco. Non sembrava raffreddore più una reazione della sua commozione.

«Ti riferisci a Teresa?» Neanche il tempo di pensarlo che lo disse. Quel nome uscì titubante dalle secche e screpolate labbra; le inumidì di poco passandovi la lingua, il cuore che batteva a tratti. Gally continuò a girare la corda, sfilandola dai polsi.

«Vogliamo davvero parlarne? Non sono un picio, pivello. Non ho fatto tutto questo per farmi trapanare un cervello da questi stronzi qua sotto. Ora a te la scelta: parliamo di una morte o cerchiamo di evitarne un'altra?» Lanciò lo sguardo verso Newt, che aveva la schiena poggiata malconcia alla parete, e la faccia di uno che non ce l'avrebbe fatta. Non ci fu bisogno di dire altro.

Thomas aveva afferrato, Gally dopo aver sentito nominare Teresa era diventata più agitato, la sua voce più spigolata e nervosa.

Era quella la scelta di Thomas. Il bivio temibile. Scoprire di più su Teresa o mettere in salvo Newt?

Massaggiò i polsi, finalmente liberi da quelle soffocanti corde. Le aveva tenute per poco, eppure si erano rivelate insopportabili. Si avvicinò a passi lesti al suo protettore e, senza dire nulla, si privò della propria giacca che appoggiò premurosamente sulle sue esili spalle, poi con la stessa delicatezza, infilò accuratamente le braccia all'interno.

Newt seppure ottenebrato, avvampò a quel contatto, inclinando il capo per non mostrare né al collega né al probabile alleato le gote rosse.

«Grazie.» Sussurrò, flebile.

«Di niente, ma tu cerca di rimanere sveglio.»

«Scelta saggia, pivello.» Osservò il castano, riferendosi al salvare l'agente piuttosto che perdere tempo a scoprire le scelte fatta da una pazza ormai morta. Si avvicinò quatto alla porta quando dei passi furono udibili a tutti e tre. Gally porse l'orecchio, per capire chi fosse; dopo pochi secondi qualcuno bussò tre volte, e mentre i due agenti trasalirono, sopracciglia sollevate si mostrò sereno. Aprì, rivelando sull'uscio tre ragazzi, che fece entrare, richiudendo poi la porta senza il minimo rumore.

«Allora?» Chiese trepidante. «Siggy ha fatto bere tutti?»

Il ragazzo dal viso ricoperto di acne mosse il capo. «Sì, anche Scar. Sai che l'alcol lo regge bene, ma al momento sembra abbastanza brillo da farmi pensare che possiamo farcela.»

«Bene, Winston. Allora nessuna modifica. Tu e Frankie accompagnerete questi due alla loro auto.» Indicò, il tono rigido e autoritario.

Thomas gli rivolse un'occhiata interrogativa. Era basito. Sapevano anche dove avevano parcheggiato. Incredibile. Lo scontro con il Braccio Destro si apprestava peggio di ogni immaginazione. Erano scaltri, tecnologici e avevano un arsenale al pari dell'Intelligence. Da chi diamine venivano riforniti?

«Dave, Rosso mi ha dato qualche problema, quindi è meglio che al momento te ne occupi. Nastro adesivo e due corde dovrebbero bastare. Lo troveranno quando noi saremo già lontani.» Anche quel Dave si mostrò disponibile, prendendo il Rosso in peso con una sola mossa.

Sopracciglia discutibili poi si rivolse ai due agenti. Trovò Thomas rannicchiato di fianco a Newt, che parlottava per tenerlo sveglio.

«Sì, sì...tutto molto tenero, ma noi vi abbiamo dato un piano, a voi tocca fare il resto.» Espresse, soffermando lo sguardo alla caviglia. Non ci fu bisogno di parlare né scrivere telepaticamente, Thomas capì.

Gally si avvicinò a Newt, accovacciandosi per essere alla stessa altezza e porgergli una calibro 39. Il biondo corrugò la fronte, confuso e ignaro della procedura.

«Principessa, il passaggio non è mica gratis.» Lo avvisò, e neanche il tempo di metabolizzare che il cuore di Newt perse un battito, e la morsa simile all'aver imboccato un cavalcavia ripido ad alta velocità con l'auto, gli strinse lo stomaco; si sentì sollevare, allontanare rapidamente dal pavimento. Delle braccia gli circuivano il corpo, passando sotto il suo bacino. Erano le sue braccia. Era tra le braccia di Thomas, a mo' di sposa. Avvampò incontrollato, sentendo la pelle rabbrividire e diventare d'oca. Non era il freddo.

«Se ci saranno problemi, con questa gli coprirai le spalle. Non c'è bisogno che ti suggerisca, a te non manca, agente.» Abbozzò un sorriso, il primo.

Newt la impugnò determinato, mentre Thomas la guardò sospettoso.

«Tranquillo...Questa è carica.» Rassicurò Winston, caricando il proprio fucile. «Dopo che Scar ha fatto rinchiudere il tuo amico con Rosso, mi sono offerto di lucidargli la pistola e ho finto di farlo anche con quelle degli altri, sappiamo alcune sue mosse, a volte è prevedibile. Dopo un tentativo di stupro, gli avrebbe sparato lui stesso o avrebbe lanciato la patata bollente a qualcun altro.» Informò dettagliato, abbozzando un sorriso di circostanza. Edison mosse il capo in cenno di aver capito.

«Va tutto bene, Newt?» Domandò poi premuroso, guardando la chioma bionda ricadere sul suo petto scolpito.

«S...sì, credo di sì.» mugolò, in difficoltà. Si sentiva crollare, ma doveva resistere. Doveva proteggere A2, doveva rimanere attento e contrattaccare se fosse stato necessario.

Il moro avanzò verso l'uscita, la porta era stata aperta da Frankie, che affiancato da Winston cominciò a marciare, dirigendosi alle scale.

«Gally...» Chiamò, una volta superato. Adesso l'aiutante era alle sue spalle, incuriosito.

«Che c'è, pive? Vuoi dirmi grazie?» Smorzò la bocca in un sorriso appena visibile.

Thomas liberò una risata breve e beffarda. Non lo avrebbe mai pensato vanitoso, anche perché non poteva permetterselo con quelle sopracciglia da ali di gabbiano. Forse solo per l'astuzia.

«Quando ti rivedremo?» Chiese semplicemente, dissolvendo in una nube quei pensieri simpatici.

«Mi farò vivo io, pivelli. Voi non fatemi più sorprese del genere.» Sottolineò in tono serio, e lanciandosi una spiccia ultima occhiata, Thomas si allontanò con Newt tra le braccia.

***

Si erano aspettati l'assoluta calma, ma così non era stato.

Dopo aver sceso le scale non tutti stavano dormendo, Winston vide giusto in tempo una sentinella gironzolare, per bloccare l'avanzata decisa di Thomas.

Il nuovo alleato gli indicò la figura traballante del nemico, era brillo ma sveglio. Non potevano correre il rischio di passargli di fianco. Avrebbe potuto urlare, avvisando tutti, quindi, cacciò una piccola arma e senza dire nulla, sparò; non uscì un proiettile, bensì una freccetta silenziosa che lo colpì alla gamba.

«È un sonnifero, non è morto.» Tranquillizzò, notando le facce sconvolte dei due agenti.

Figurarsi se a Thomas importasse che uno di quei pezzi di merda morisse. Era turbato per le armi che utilizzavano, erano specifiche e limitate, destinate solo ad agenti come lui e pochi altri. Chi erano veramente? Dubitava che Gally e la sua squadra di rivoluzionari fossero agenti sotto copertura.

Se ne stavano nascosti dietro un muro, attaccati alla parete per non essere visti; lo sguardo attento di Winston vagava da una figura all'altra.

«Dobbiamo passare tra loro. È l'ultimo sforzo. Frankie ci sta aspettando all'auto.» Avvisò, il cuore in gola e la paura di fallire.

«Cosa?» Thomas quasi urlò, gli occhi strabuzzati. «Sono sei. Se sono svegli ci fanno il culo. Proviamo un'altra via d'uscita.» Propose Thomas, attivando il localizzatore del chip per trovare una piantina che forse lo avrebbe aiutato.

«Le hanno bloccate dopo il tuo ingresso trionfale con lacrimogeni e roba varia...» Avvisò Winston, il tono non era accusatorio bensì amareggiato. «Inoltre, non ho abbastanza freccette da addormentare tutti. L'unica scelta è passare in mezzo.» Troncò, prevenendo un'altra domanda, che però Thomas non fece. Si limitò a mordersi voracemente il labbro, nervoso come poche volte Newt lo aveva visto.

«Siamo davvero ispirati qui, eh?» proferì sarcastico, rilasciando un grugnito di fatica. «Thomas corri al passo di Winston. O tu, Winston corri al passo di Thomas. Tieni il fucile a destra, io tengo la sinistra. Se ci spareranno, saremo coperti.» Studiò, la voce più forte e sicura rispetto a prima. Edison lo guardò, pentendosene poco dopo. Erano troppo vicini. A Newt parve sentire un aumento di battiti, e non appartenevano al suo cuore.

«Sei sicuro, Newt? Le tue cond-»

«Fidati di me.» Asserì, caricando l'arma. Lo sguardo concentrato e attento sull'ambiente circostante. Quel giorno, quella frase sembrava perseguitarli.

«Okay.» Parlò Thomas, non del tutto sicuro. «Proviamoci, ma nel massimo silenzio.» Spronò, affiancando Winston e tentando di mantenere la stessa andatura.

L'uscita sembrava irraggiungibile, il tragitto che li separava dalla salvezza sembrava non finire mai, lungo chilometri e chilometri. Passarono vicino a corpi storditi completamente dall'alcool, appollaiati parte sul divano e altri ricadevano con braccia o gambe sul pavimento. La bava scendeva dalle loro bocche e sembravano tutti completamente andati.

Thomas si domandò cosa avessero messo di tanto letale in quelle bottiglie di vino. Winston lo precedeva, non perché fosse più veloce, ma perché a modo suo voleva fare da guida turistica e marcare il percorso.

Newt teneva il viso di poco sollevato sulle spalle del moro, gli occhi attenti e vispi fuggivano qua e là sulle figure apparentemente dormienti, che si erano lasciati dietro.

Mancava poco, che qualcuno si accorse della loro fuga.

«Stanno scappando!» Avvisò, la voce impastata dal sonno faceva intendere che non fosse del tutto lucido. Newt lo riconobbe, era Lock, quello che gli aveva inflitto innumerevoli colpi di frusta. Razionalmente decise di non sparargli o avrebbe destato gli altri. Si limitò a incitare Thomas e Winston a dare il meglio di sé. I suoi occhi di un nocciola scuro erano fissi e attenti, pronti a colpire se fosse stato necessario.

Cominciarono a correre a perdifiato, come se ne valesse della loro sopravvivenza; alcune figure si avvicinavano, alcune più lucide di altre imbracciavano armi e tentavano di prendere la mira. Qualcuno sparò, ma per fortuna li mancò. Quando furono dinanzi sulla soglia del portone principale, Thomas smise di respirare. Un ragazzo in carne dalla carnagione scura li stava fissando. Newt trattenne il respiro, sfiorò il grilletto, in guardia.

«Siggy, te ne occupi tu?» domandò Winston, completamente affannato, lanciando un'occhiata alle sue spalle, segnale che si stessero avvicinando da quella direzione.

Il ragazzo gli rivolse un sorriso affabile e smagliante, imbracciando la mitraglietta «Puoi contarci, fratello. Andate!»

«Non ci sto capendo niente.» Bofonchiò Thomas, quando furono nel parcheggio, abbastanza distanti da poter essere colpiti da un proiettile proveniente dall'edificio.

Sembrava fresco come una rosa, notò il biondo. Winston era esattamente l'opposto.

«Siamo dalla stessa parte.» Confermò, e con un fischio chiamò il suo partner. In un lampo, Frankie si concretizzò a tutta velocità a bordo di un'utilitaria color rosso cremisi. Doveva essere appostato lì intorno. Winston aiutò i due agenti ad occupare i sedili posteriori, mentre lui prese posto a fianco al guidatore.

Una volta a bordo, Frankie sfrecciò a tutto gas, quel vecchio rottame non andava chissà quanto veloce, ma riuscirono comunque a svanire nella fitta boscaglia.

«Dave e Siggy hanno un'auto simile, saranno loro a depistare Scar e gli altri.» Informò Winston, girando la manovella del vetro per ripararsi dal freddo e dall'acqua.

Aveva cominciato a piovere.

L'auto era così stretta che Thomas era schiacciato contro lo sportello per permettere a Newt di stare comodo, che peraltro, aveva anche la testa sul suo petto e le lunghe gambe rannicchiate non aiutavano a fermare la perdita di sangue.

Edison chiamò Brenda, che rispose subito. Ignorò la raffica di lamentele sputate da un'amica troppo preoccupata, in pena per lui, per il tutor; terrorizzata dal fatto che fossero scomparsi entrambi, irrintracciabili ai cellulari o come nel suo caso al chip. Provò a interromperla diverse volte, se avessero parlato in contemporanea, la segretaria non avrebbe afferrato la gravità della cosa.

«Brenda, Brenda sta' zitta, okay? Non farmi domande. Ti spiegherò tutto. Questa è un'emergenza. Ho bisogno di un elicottero con Jeff e Clint a queste coordinate. Ripeto: è un'emergenza. Newt è ferito. Per favore, fate presto.» Comunicò sconvolto, notando che l'amico aveva socchiuso gli occhi. Gli diede dei leggeri colpetti, e di risposta quello mugolò qualcosa di incomprensibile.

Neanche il tempo di aggiungere altro che Thomas avvertì la linea disturbata, il segnale interrotto con un FAILED. Inviò immediatamente un file con le coordinate all'IP di Brenda, sperando che il maltempo non avrebbe fatto da interferenza.


***


«Grazie.» Rilasciò sincero, dopo che Winston e Frankie avevano riaccompagnato lui e Newt alla sua auto. Gentili, si erano offerti di sistemare il ferito ai sedili posteriori, più larghi e comodi rispetto alla vecchia utilitaria.

«Suda parecchio.» Notò Frankie, rivolgendo un'occhiata preoccupata alla figura dormiente di Newt, sdraiato e chiuso in macchina.

«Al rifugio non abbiamo un dottore, altrimenti...» Rettificò Winston, dispiaciuto.

«Avete fatto abbastanza. Certo, sarebbe stato meglio che Gally non gli avesse ficcato un proiettile nella caviglia, ma è stato un incidente di percorso. Meglio lì che in un punto mortale.» Si trovò a constatare, angosciato. I due nuovi alleati mossero il capo dall'alto verso il basso, dandogli ragione.

«Sarà meglio andare, o con la pioggia battente non vedremo nulla con questo catorcio.» Sentenziò Frankie, prevenendo ulteriori problemi. Winston bussò al finestrino per salutare Newt, che parve ricambiare; diede poi una pacca sulla spalla a Thomas in segno di conforto, rassicurandolo che i soccorsi sarebbero arrivati in fretta. Doveva avere solo fede. Mentre i due nuovi "amici" si allontanavano al bordo del piccolo veicolo, Thomas con una corsetta giunse al cofano e lo aprì. Trovato quello che cercava, si affrettò a salire in auto, occupando il posto del guidatore. Si girò all'indietro, coprendo il collega con quell'imbarazzante copertina rosa.

Non poteva credere che da un secondo all'altro Newt fosse peggiorato così tanto. L'incarnato era più pallido e tremava tanto. Il petto si abbassava e alzava con una certa difficoltà.

«Certo che ti piace proprio questo colore.» Appurò il biondo, sdrammatizzando con un flebile sorriso. Stava sicuramente facendo riferimento all'orologio trasmettitore della medesima tonalità. Thomas sorrise appena, coprendolo per bene; accese poi il riscaldamento dell'auto, regolandolo, non sapeva se il troppo calore giovasse o fosse letale alla ferita.

«Stai bene?» Domandò imbarazzato, preoccupato per il grugnito sofferente appena rilasciato dal collega.

«Dic...diciamo che il tuo petto era più comodo.» Farfugliò, febbricitante; socchiuse gli occhi e in quel lasso di tempo, tra lo stordimento e la stanchezza non si accorse dei movimenti di Thomas. Se lo trovò seduto vicino o meglio sotto di sé. La chioma bionda riversa di nuovo sul suo petto. Thomas era acconciato sul sediolino e Newt su di lui, di nuovo tra le sue braccia.

Il moro mosse la coperta, dando un'occhiata alla caviglia, era diventata di un bianco strano, nel blu. Raggelò al solo pensiero che dovessero amputargliela o che peggio dovesse morire.

Cercò di rimediare almeno quello che poteva; con i palmi delle sue mani cominciò a sfregare lentamente e dolcemente sulle spalle del biondo.

«Che fai?» domandò, il tono basso e l'espressione stralunata.

«Lo sfregamento genera calore, non lo sai? È fisica.» Argomentò, cercando di distrarsi, per non pensare a quello che stavano vivendo. Newt era frastornato, ma lui sapeva bene i rischi.

«Interessante, Edison.» Congratulò l'amico, goccioline di sudore avevano cominciato a scendergli dalla fronte. «Raccontami qualcosa di te...» sibilò a voce talmente bassa che Thomas dovette avvicinare l'orecchio alle labbra secche e violacee del biondo.

Il suo cuore cominciò a perdere battiti, temendo il peggio. Guardò in alto al di fuori del finestrino, ma ancora niente...nessuna traccia dei soccorsi richiesti. Inviò altri messaggi a Brenda, sperando che quella li ricevesse, sollecitando. Fuori pioveva a dirotto, l'acqua si infrangeva violenta e impetuosa sui finestrini, facendo da ottima melodia per un momento drammatico come quello.

«Beh, mia madre mi diceva sempre che non avrei mai avuto paura di niente, sapevamo benissimo che non era vero, ma sosteneva che se lo avessi ripetuto prima o poi sarebbe stato così. Quel tragico giorno dell'incidente, dove persi sia lei sia papà tra le lacrime le confessai che avevo tanta paura, i soccorsi non arrivavano e c'era sangue ovunque. Avevo paura di morire, di separarmi da loro. Lei trovò il modo di passare la sua mano tra tutte quelle lamiere, arrivare alla mia e stringerla con tutta la forza che le restava. Mi disse che così la paura sarebbe volata via.»

«E fu così?» Fece domanda, l'ultima frase lucida proferita da Isaac Newton prima di cadere in un sonno profondo. Thomas afferrò la sua mano, ne osservò le dita per poi intrecciarle alle sue. Un gesto istintivo, che fece senza pensare e senza che Newt se ne accorgesse.

«No, ma adesso ho bisogno di credere che aveva ragione.» Concluse, poggiando il suo mento sulla chioma color miele, mentre una lacrima, la prima dopo tempo, impercettibile gli solcava la guancia.




Questo capolavoro è stato disegnato dalle preziosi mani di urielMTy a lei sono riservati tutti i diritti. Ho voluto condividerlo perché merita davvero, mi ha lasciato senza parole,  racchiude alla perfezione l'ultima scena di questo quindicesimo capitolo.
Ti ringrazio pubblicamente per questa incredibile fan art, hai riempito il mio cuore di gioia.

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