14.Don't do it, Newt.
"Un giorno la terra si spaccherà,
e ti seguirò tra le sue crepe,
perché l'unico inferno che conosco è senza di te."
14. Non farlo, Newt.
Newt si voltò un'ultima volta a guardare Thomas, e anche in quel momento il moro lo stupì.
Gli occhi scuri erano fissi e attenti su di sé. Non c'era stata volta che si fosse voltato e A2 avesse avuto lo sguardo altrove, a parte il breve istante in cui aveva acceso la sigaretta.
Fumava? Non ne sapeva niente, come non era a conoscenza che avesse memorizzato il suo caffè preferito, che avesse insistito per accompagnarlo dicendo persino; «Non sono preoccupato per me, quanto per te.»
Non era una dichiarazione d'amore, figuriamoci, ma Edison aveva esposto senza filtri che aveva paura per lui, e quale miglior progresso di quello?
Immaginarsi di nuovo quella scena, loro due da soli in auto, in un clima quasi confidenziale, aveva inevitabilmente accelerato i battiti del suo cuore oltre a palesare in automatico un sorriso da ebete che si era imposto di spazzare via nel giro di pochi secondi. Non era di certo il momento, né la circostanza.
Il moro continuava a rivolgergli occhiate che Newt non riusciva a decifrare con esattezza, ma giravano tutte intorno all'orbita: " che diamine stai facendo?" "sei un completo idiota" "ti stai suicidando". E non aveva tutti i torti, soltanto adesso che era a poco dall'incontro-scontro, aveva realizzato quanto fosse stata una scelta azzardata, ma non poteva tirarsi indietro.
Edison continuava a spirare la nicotina con fin troppa celerità, mantenendo lo sguardo rimproverante fisso sul biondo. La chiara espressione di disappunto rendeva il viso quasi inespressivo, in perfetta sintonia con il grigiore del cielo che a breve avrebbe liberato la pioggia.
Deprimente e seccante per molti, Newt l'amava sin da sempre.
Gli trasmetteva un senso di pace, forse perché gli ricordava Londra o per il suo animo spesso inquieto e malinconico; ne annusava inebriato l'effluvio che nasceva dallo scontro con il terreno, accompagnato da una leggera brezza che, pizzicandogli sui vestiti, lo faceva sentire abbracciato, meno solo.
A pensarci, se doveva proprio metterci la pelle, quello sarebbe stato lo sfondo ideale. La pioggia in un contesto del genere rendeva tutto più drammatico e memorabile, come se anche il cielo fosse triste per quella dipartita.
"Perdere la vita cercando di ammanettare un killer con mandato internazionale", i giornali e le tv avrebbero parlato di lui come un eroe, e chissà, più in là avrebbero eretto anche una statua in suo onore.
Sorrise flebile a quell'idea, per poi essere investito da una folata di vento pungente che lo costrinse a gettare il viso nel cappotto; quando fu passata e alzò lo sguardo, si scontrò con quello glaciale del collega, nonostante il temporale imminente, Thomas non accennava a salire in auto.
Chesapeake si trovava in prossimità di una vasta baia, dove lunghi fiumi s'incontravano, e in cima alle montagne ergeva una verde e folta flora che incorniciava il paesaggio. Un temporale in zone come quelle non sarebbe stato innocuo, avrebbe portato a uno straripamento e forse anche a danni rilevanti alla popolazione, all'agricoltura, all'economia del posto.
Era un cattivo tempo dal quale non si sopravviveva, sia nel termine peggiore dato l'incontro che avrebbero avuto da lì a breve sia da una seccante influenza autunnale.
Newt sventolò le mani più volte, cercando di convincere Thomas a salire a bordo evitandogli di beccarsi un malanno, ma di risposta A2 scosse la testa a destra e sinistra, gettò il mozzicone, e portò le mani a coppa ai lati della bocca; «Mi accerto che svolti, poi vado.» avvisò, il vento rendeva i suoni poco definiti ma A5 capì il concetto. Doveva sbrigarsi.
Quel momento era strano, sapeva che doveva andare, ma non voleva. Temeva per Thomas, non sarebbe mai riuscito a perdonarsi che gli fosse accaduto qualcosa, già doveva convivere con il rimorso di averlo separato per sempre dalla donna che amava. Non poteva fargli altro male.
Lo salutò delicato, senza tante moine.
All'apparenza parve un saluto frettoloso, ma in realtà durò lunghi attimi, perché a una velocità più rapida del tempo, delle parole più complete e al tempo stesso vuote, c'erano i loro sguardi, incatenati l'uno nell'altro, come se stessero scavando con una pala meccanica, giù, a fondo, per captare i più reconditi segreti.
In silenzio si stavano dicendo tutto, si stavano confortando, sostenendo, non c'era bisogno di nient'altro.
Le parole non dette stavano gridando di non andare fino in fondo, ma era tardi. Newt sarebbe andato avanti, anche lasciando indietro ciò che aveva di più importante.
Aggrottò il cipiglio in un'espressione apparentemente determinata, smorzò di poco la bocca in un sorriso di circostanza, poi alzò il braccio come segno di saluto, e Thomas ricambiò.
Era giunta l'ora di andare, e con un ammasso nel petto, la spia s'incamminò verso il vicolo.
Sentiva gli occhi scuri del collega su di sé, ma non si voltò o avrebbe rischiato di perdere l'ultimo barlume di dignità rimastogli, correndogli incontro.
Continuò ad avanzare con una difficoltà titanica, e quando notò di non rientrare più nel campo visivo di A2, si privò della corazza, crollando emotivamente.
L'asfalto parve cedergli sotto i piedi, il respiro spezzarsi in gola. Le gambe si bloccarono, fermandosi di scatto. Per un attimo perse l'equilibrio, e d'istinto, si mantenne al muro.
Aveva già vissuto quei momenti, all'inizio. I primi anni di gavetta. Il panico delle prime missioni lontane dalla sua terra, dove tra le lacrime aveva represso l'istinto di tornare a casa, dalla sua famiglia.
In quel momento, invece, desiderava tornare da Thomas, dirgli per l'ennesima volta che gli dispiaceva per Teresa, per tutto il dolore che gli aveva procurato intromettendosi tra loro, e per averlo portato con sé.
Jigsaw voleva "conoscere" Nathan Jones, Thomas non c'entrava un bel niente.
Le sue angosce stavano aumentando in maniera esponenziale pensando a ciò che era accaduto in ufficio; il collega aveva avuto un crollo preoccupante, ed era del tutto fuori discussione fargli vivere forti emozioni, figurarsi coinvolgerlo in una missione di quel calibro. Sarebbe stata morte certa, per entrambi.
La domanda che continuava a frullargli in testa senza interruzioni però era sempre la stessa: "Che cosa aveva Thomas di tanto critico da non affidargli una missione che avrebbe affrontato al suo posto con le migliori conoscenze e in poco tempo?"
Se Ben non l'avesse chiamato, interrompendo quella che poteva definirsi l'unica conversazione "civile", forse l'avrebbe scoperto o almeno sarebbe riuscito a strappargli qualche informazione utile, e invece si trovava al punto di partenza.
Come se non bastasse, al momento non poteva neanche distrarsi con altri pensieri, la sua vita era appesa a un filo, e la sua sopravvivenza aveva la priorità.
Chiuse gli occhi, cercando di riprendere il controllo di sé. Mandò giù un groppo di saliva come per buttare via la paura che iniziava a paralizzarlo da capo a piedi.
No, niente, il vuoto.
Inutile, senza Thomas quei momenti gli pesavano il doppio, proseguire era difficile a ogni respiro. Averlo vicino era un pericolo, ma lontano era anche peggio.
Inspirò ed espirò un altro paio di volte, con l'intento di ripristinare il giusto ritmo di battiti ormai accelerati.
Mosse le gambe in avanti, riprendendo a camminare; i passi non erano più decisi come prima, bensì scoordinati e timorosi, inciampavano nel nulla come a crearsi trappole invisibili.
Voleva vendetta, e moriva dalla voglia di stringere a più non posso le manette attorno ai polsi di Jigsaw, rendendo giustizia ai morti, ai loro familiari, e ai poveri bambini che venivano rinchiusi nel sotterraneo di un night-club senza ancora un apparente e inammissibile motivo. Avrebbe scontato tutti i crimini. Newt lo aveva giurato.
Quel pensiero aumentò il ribrezzo che provava per quell'essere che di umano non aveva niente, accrescendo il coraggio e il senso di legalità per affrontare quella missione.
Avrebbe dimostrato di essere capace di fronteggiare una circostanza del genere a sé stesso, e a Thomas.
Seppure tra loro non fosse scorso buon sangue dall'inizio, Edison lo aveva accompagnato, insieme avevano stabilito un patto alle spalle dell'intera Intelligence, e Newt ne era felice oltre che grato; stavano collaborando, e quell'alleanza non faceva altro che fomentare in lui un sentimento vero e profondo per il ragazzo del chip.
Svoltò alle biforcazioni, seguendo tutte le dritte che il collega gli aveva suggerito, fino a trovarsi a poche centinaia di metri dall'edificio.
Si trovò a constatare che Thomas aveva ragione. Davanti a lui c'era un piazzale disabitato; al centro una grossa struttura fatiscente, riconducibile a una vecchia fabbrica di cui parte del tetto malandato.
Il vetro delle grandi finestre quadrate era perforato come se una scia di proiettili lo avesse attraversato, e dove, in quel momento, vi erano entrati due piccioni.
Da come l'intero stabile era messo, parte doveva essere esplosa e poi stata assaltata da una troupe armata, ipotizzò Newt. E ciò non era per niente rassicurante. Vagò lentamente lo sguardo attorno a sé, evitando di soffermarsi troppo.
A prima occhiata, il piazzale appariva deserto, non c'erano furgoni, ronde o auto, e tutto suonava maledettamente silenzioso. Avrebbe potuto definirsi da solo, ma sapeva che non era così, che quella era la finta quiete prima della tempesta; nel momento più inaspettato, i cattivi sarebbero sbucati fuori come funghi, armati e minacciosi, tanto valeva avanzare e presentarsi alla loro porta di propria iniziativa.
Detestava i preamboli, quindi meglio mostrare sin da subito il lato sfacciato di Nathan Jones.
Guardò prima a destra poi a sinistra. Per quel che ne sapeva, potevano esserci telecamere piazzate tra qualche mattone in alto, e probabilmente lo stavano già osservando dall'interno.
Non guardò verso il cielo, né alle spalle. Aveva un udito ben sviluppato, sarebbe riuscito ad avvertire in tempo se qualcuno avesse provato ad avvicinarsi sferrandogli un colpo alla schiena. O almeno se lo auspicava.
Portò le mani nelle tasche del cappotto, cercando di imitare la camminata di un teenager diretto a un locale per incontrare amici, non da delinquenti che al novantanove percento avrebbero messo fine alla sua vita.
Drizzò la schiena, cercando di impersonare: la spigliatezza di Thomas, il ghigno di Minho, e il coraggio di sua sorella Elizabeth che più di tutti aveva sofferto il suo arruolamento.
L'ultima volta che l'aveva sentita era in una video-chiamata di Skype, prima ancora che fosse scelto per l'incarico dell'Intelligence.
A pensarci doveva aggiornarla su molte cose. Avrebbe cominciato dal compito affidatogli dalla CIA, per poi toccare il tasto dolente della rottura con Ben- gli aveva accennato del barista soltanto in alcune telefonate, non aveva mai avuto occasione di presentarli-, infine, se ci fosse stato tempo, avrebbe parlato anche di lui, l'antipatico Terminator che dominava i suoi incubi di notte e i suoi pensieri di giorno.
Lizzy era il suo scrigno di segreti, aveva capito da qualche tempo il suo orientamento sessuale e non ne aveva mai fatto un problema, anzi, a volte aveva organizzato anche imbarazzanti incontri, invitando a casa compagni di classe con la scusa di studiare, per poi presentarli al fratello.
Era pessima nelle vesti di Cupido, e Newt non aveva impiegato molto a sgamarla. Non poteva essere una casualità che in una settimana avesse portato a casa tre ragazzi di un orientamento dubbio, che gli aveva poi presentato trattenendo risatine imbarazzanti.
Erano carini sì, ma nessuno faceva per lui, ergo nessuno con cui fosse andato a letto fino allora, Ben o precedenti con cui avesse rotolato tra le lenzuola, era stato il suo tipo. Tutti di una botta e via, niente interessi in comune, niente passione.
Si limitava tutto all'incontro di una sera, un gioco di sguardi e razzolamenti in un letto; non importava se fosse casa sua o dell'altro, tanto il giorno dopo non ricordava né il numero di telefono, né l'indirizzo, né il miscuglio dell'alcolico che lo aveva ridotto in quello stato. Uno? Due? Tre in una stessa settimana? Beh, tutti perfetti sconosciuti.
Era arrivato al punto da credere che nessuno gli avrebbe fatto perdere completamente la testa, fin quando i suoi occhi non si erano scontrati con quelli di un certo Thomas Edison, rivoluzionando così l'intero Sistema Solare.
Inutile negarlo, seppure avesse scacciato quei pensieri più volte, aveva fantasticato su loro come coppia.
Thomas lo attraeva sotto tutti i punti di vista; c'era qualcosa nel suo comportamento misterioso che gli faceva credere in modo bizzarro e scollegato che avrebbero potuto essere qualcosa in più.
Se, magari in un universo parallelo.
Scosse la testa, allontanando ancora una volta quei pensieri imbarazzanti, stava prendendo in considerazione di affidarsi a uno psicologo o a un centro di riabilitazione come quelli per la droga.
L'affascinante moro era un chiodo fisso, e non poteva permettersi in una situazione drammatica come quella una distrazione del genere. Doveva concentrarsi esclusivamente su Jigsaw, escogitare un piano efficace, per poi sperare di cavarsela e tornare a casa, sano e salvo, dove avrebbe telefonato sua sorella.
Avanzò dritto verso il gran portone, lanciando di qua e là occhiate vaghe.
Si voltò verso sinistra e quasi sussultò, intravedendo una sagoma nascondersi dietro un muro crepato. Ecco la prima sentinella.
Cercò di regolare il respiro spezzato, l'ansia cominciava a prendere il sopravvento.
Non avrebbe avuto a che fare con dei teppistelli, ma con criminali con mandato internazionale. Era in territorio nemico, senza rinforzi o armi, di sicuro quella sarebbe stata la fine, ma cercava comunque di tenere accesa una misera fiammella, un pensiero che lo tenesse legato alla vita, e quale più profondo dell'amore? L'amore per sua sorella, per il suo lavoro...
Si fermò a una decina di passi dall'entrata, afferrò il biglietto, lo lesse ancora una volta per poi alzare lentamente la testa.
I muscoli facciali erano rigidi in un'espressione seria e spenta. Lo sguardo, fisso e imperturbabile, guardava avanti, perso a studiare un insolito cerchietto sul portone all'altezza del suo viso, aveva un colore più chiaro rispetto all'intero legno scuro della grossa porta.
La forma riconduceva all'occhiello dei portoncini delle abitazioni, ma quello era sicuramente più complesso, una sottospecie di rappezzo che al novantanove percento nascondeva una telecamera.
Sollevò lo sguardo, senza guardare in nessuna direzione di preciso, per sviare la soggezione.
Non si sarebbe meravigliato se avesse scoperto che fossero state piazzate anche nei pressi della strada dove aveva salutato Thomas. Era sicuro che in quel momento lo stessero osservando, come da quando aveva messo piede al night.
Era inutile continuare a ripetersi che Jigsaw sapeva che fosse un innocuo spogliarellista, era a conoscenza di tutto, e Thomas aveva avuto ragione sin dall'inizio: mettere piede lì collimava a un suicidio.
Bisognava soltanto scoprire quale tortura sarebbe toccata a un agente dell'Intelligence sotto copertura.
Se avesse potuto scegliere, avrebbe preferito non saperlo. Come se avesse urlato i suoi pensieri ad alta voce, il grosso portone cominciò a muoversi; un forte stridore metallico echeggiò, infastidendo il suo udito.
Il rumore pareva essere riprodotto da una grossa maniglia arrugginita, probabilmente di sicurezza, ma perché? Per evitare che qualcuno potesse entrare di sorpresa, sfondando un portone così robusto? Sarebbe stato possibile? Che dietro al legno avessero installato un marchingegno di acciaio così da rendere impossibile un'entrata a sorpresa? Per essere un rifugio provvisorio era ben strutturato.
Decise di zittire tutte quelle domande irrisolte, concentrandosi sui suoni. Era udibile solo un grugnito di fatica.
Irrigidì la mascella, mentre un fastidioso cigolio ufficiava del tutto l'apertura del grosso portone. Gettò lo sguardo al foglio, rileggendo quei caratteri alfa numerici scritti in una grafia disordinata. Aveva perso il conto di quante volte vi aveva buttato l'occhio.
Per un attimo, sperò che Alien avesse davvero voluto redimersi ma poco importava.
Ormai era lì, e sarebbe stato lui ad aver a che fare con Jigsaw. Era lui a un passo dalla morte, Alien era in carcere, paradossalmente al sicuro.
Cercò di calmarsi e portare così i battiti accelerati alla stessa cadenza, mentre dietro alla grande porta si rivelavano le figure dei suoi avversari.
Il primo che vide aveva origini asiatiche, basso e tozzo, vestito di nero indossava maglia e pantalone larghi, ai piedi scarpe originariamente bianche ma che attualmente erano nere di fango. Una collana con uno strano simbolo cadeva sulla t-shirt, dove c'era una chiazza color cremisi.
Newt sperò si trattasse di ketchup.
Dalle labbra pendeva quel che ne rimaneva di una sigaretta, con la mano sinistra spingeva il portone, mentre con la destra impugnava quella che l'agente scoprì essere una pistola calibro 22. La guardò di sottecchi per poi riportare lo sguardo sull'uomo, che ancora non gli aveva rivolto un'occhiata, impegnato per la complicata apertura del portone.
Un altro grugnito si sollevò da dietro la grossa porta, e dopo poco anche il secondo uomo gli fu visibile.
Carnagione chiara, capelli unti neri raccolti in un piccolo codino incorniciavano il viso squadrato e le sopracciglia corrugate. Sulla guancia destra una cicatrice evidente accentuava l'aria da farabutto. Lo sfregio avrebbe aiutato per un identikit.
Una maglia aderente a girocollo fasciava il petto asciutto e dei jeans strappati leggermente larghi cadevano sulle scarpe ginniche. Braccia bombate, segni di una frequente attività fisica. Al di sopra indossava una giacca a vento tipica dei motociclisti.
Sollevò lo sguardo, e Newt lo abbassò immediatamente, quasi come se si fosse scottato.
«Sei la checca?» domandò quello dai tratti asiatici, gettando ai piedi dell'agente il mozzicone.
Il giovane gli allungò il foglio in silenzio, e lo scagnozzo glielo tirò da mano con fin troppa enfasi, rischiando di strapparlo.
Lo Sfregiato si limitò ad avanzare, girandogli lentamente attorno.
Lo stava squadrando da capo a piedi ma Newt non mostrò segni di timore, continuò a guardare fisso avanti a sé, imperturbabile, come se quello fosse invisibile; dopo due giri, gli si fermò dietro, avvicinando la bocca al suo collo, a un millimetro dal suo orecchio.
«Questo» tuonò improvvisamente, stringendogli un gluteo. A quel contatto, Newt trasalì dal terrore, sentendosi violato. Il petto gonfio e il respiro bloccato. «Lo prendo io.» continuò sorridendo, vittorioso per aver scaturito nell'agente il panico assoluto.
Sventolò il cellulare con fare fiero, per poi lasciarlo cadere al suolo. Lo pestò più volte, per accertarsi che fosse impossibile da riparare. L'inglese mostrò la sua indignazione, aprì di poco la bocca per replicare, ma restò in silenzio, fingendosi pensieroso. Lo Sfregiato rideva di gusto, credendo di aver fatto punto.
In realtà, nell'auto di Thomas, dopo aver spento il suo vero cellulare, lo aveva riposto nel cruscotto.
Quello che giaceva lì a terra, distrutto, era il vecchio sprovvisto anche di sim. Era stato un compagno di viaggio, quel telefono. Newt fino ad allora lo aveva portato sempre con sé, perché come sua meditata osservazione: "Non poteva mai sapere come si sarebbe evoluta una giornata da agente dei servizi segreti." E il suo Samsung aveva vissuto già numerose infiltrazioni ai tempi dell'FBI.
Si complimentò tacitamente con sé per la mossa astuta, augurandosi di agire con altrettanta razionalità in seguito.
«Ora lo ammazzo.» parlò improvvisamente quello più basso, preparando il grilletto.
Newt sbarrò gli occhi, spaesato. Non si aspettava che si sbarazzassero di lui così in fretta, non prima dell'incontro con Jigsaw, non prima di una vendetta. «Per colpa di questi inutili animali, non riesco mai a dormire! E voi brutti stronzi che mi avete dato la stanza peggiore! Quando piove mi bagno tutto! Riparatela, mettete delle tende. Siamo pieni di tende!» si lagnò, innervosito.
"Ah, si riferiva ai piccioni." Newt rilasciò un sospiro di sollievo, ritornando a respirare.
Il grassone, invece, sollevò l'arma, e senza pensarci due volte, fece partire il colpo.
Il proiettile volò in alto, librandosi sopra di loro. Dalla direzione sembrava essere destinato a un piccione, che mancò di diverse spanne.
«Che schifo è questo? Bah...I tuoi occhi vedono solo hot dog.» ammonì acidamente lo Sfregiato, strappandogli l'arma dalle mani e puntandola contro il volatile. Braccio fermo, nessun tremolio, oggetto ben mirato. Tre, due, uno. Boom.
Il proiettile stavolta ebbe una traiettoria ben precisa e per il pennuto non ci fu salvezza. Lanciò uno strillo sofferente, sbattendo le ali per poi cadere in picchiata, sfracellandosi al suolo. Newt raggelò, uccidevano chiunque e qualunque cosa a bruciapelo, senza scrupoli.
L'uomo con il codino abbassò l'arma, l'espressione trionfante in volto. «Visto? Sei un incapace.» puntò la pistola al fianco dell'agente, facendolo sussultare leggermente. Si accorse del tremore e rise di gusto. «Porta il frocetto dentro, io controllo se c'è qualche altro piccione da spennare.»
Newt corrugò la fronte, facevano anche quello? Trasalì, quello con la cicatrice gli si avvicinò di nuovo all'orecchio. L'alito che puzzava di alcol lo stordì, procurandogli vertigini.
«Non hai portato amici, mh?» A5 aprì di poco gli occhi, non poteva permettersi di fare facce che lo contraddicevano, entrambi gli scagnozzi avevano gli occhi puntati su di lui. Mosse la testa di qua e là in segno negativo.
«Bene così, perché se trovo qualcuno, lo spenno come un piccione. » il tono divertito si era trasformato in uno pungente, minaccioso, glaciale. L'agente restò immobile, non sbatté le palpebre né fece altre mosse, fin quando quello non continuò con un «Cip, cip, cip.» aprendo e chiudendo la mano, imitando un becco. A5 sgranò gli occhi, impaurito. Che sapessero di Thomas?
«Un piccione in meno farà cip.» continuò quello, e Newt non lo diede a vedere ma si rilassò pian piano. Quel demente stava soltanto imitando il verso degli uccelli, non si riferiva a quel chip o almeno così sperava.
«Ti hanno mozzato la lingua?» domandò sospettoso, continuando a girare attorno al giovane fino a fermarsi davanti. Faccia a faccia con l'infiltrato. Newt continuò a tenergli testa, restando in silenzio. «Tranquillo, la userei di tua spontanea volontà quando vedrai il mio cazzo.» Sorrise malizioso, imitando un bacio al volo. Il grasso che stava pochi passi indietro accennò un'espressione disgustata, ma mai quanto Newt.
Che cosa avevano in mente per lui? Che diamine avevano programmato? Si aspettava di tutto, di essere legato a dei buoi che andavano in direzioni opposte ed essere squartato come funzionava nel Medioevo, che gli trapanassero il cervello, ma non che fosse diventato la loro puttana.
Il mento gli tremò un attimo, ma ringraziò il cielo che i due uomini stessero parlando tra loro non accorgendosi del suo calo emotivo.
Lo Sfregiato schioccò la lingua, facendo cenno con il capo all'altro di portare il visitatore all'interno.
«Non staccarti da lui, e mettigliela dietro la schiena, colpo in canna.» raccomandò a quello più incapace, poi si voltò verso la spia, studiandola. Piccoletto» proferì con tono falsamente pacato e premuroso «se fai una stronzata, ti ammazziamo.» continuò, stringendo l'esile spalla di Newt. «Non ce ne fregherà un cazzo che Jigsaw ti vuole vivo. Fai una stronzata? Un proiettile nel cranio. Non peggiorare le cose, stasera potremo regalarti la serata più eccitante della tua vita.» rise sguaiatamente, per poi allontanarsi camminando a gambe aperte, uno zotico in carne e ossa.
Newt si voltò a guardarlo, mantenendo il contatto visivo, voleva fargli capire che anche se restava in silenzio, non aveva paura di lui, ergo di nessuno di loro. Il delinquente si limitò a toccarsi il cavallo dei pantaloni, facendo intendere tutto quello che poteva seguirne.
Era una provocazione, un'istigazione per farlo scoppiare e gettare la spugna, ma non avrebbe mollato, né si sarebbe mai abbassato a un livello del genere. Gli rivolse un'occhiata scadente, prima di ricevere un colpetto dal primo scagnozzo; la canna della pistola contro la sua schiena gli stava tacitamente ordinando di avanzare.
Fece un piccolo passo in avanti, e quando fu certo che quello dai capelli raccolti fosse abbastanza distante da non poterlo sentire, parlò.
«Dove stiamo andando?» sussurrò con un filo di voce tremante, spaventato dall'ignoto.
«Dagli altri.» informò l'uomo senza scomporsi. «Sono tutti ansiosi di conoscerti.»
Ansiosi di conoscerlo? Dubitava che avessero organizzato una festa di benvenuto.
Il respiro si bloccò, come se fosse stato braccato e gettato d'impeto sott'acqua, e costretto a restarvi. Una vera apnea.
Proprio come quell'esempio, senza via di uscita per tornare a galla e salvarsi, l'unica cosa da aspettarsi una volta varcata quella soglia, sarebbe stata la morte.
***
Tende di diversi colori e disegni separavano uno spazio dall'altro, delimitando così il perimetro dei differenti settori. Quella fabbrica ne era colma, Newt corrugò la fronte, perplesso. Dovevano essere state messe in seguito, dagli uomini di Jigsaw per un'occupazione temporanea, per evitare che chi entrasse in una "stanza" vedesse cosa stesse accadendo dietro la tenda, nell'altro spazio.
Girò la testa qua e là, mentre la canna della pistola era ancora premuta contro la sua schiena, ma in una presa meno fastidiosa. Vagò lo sguardo, per capire che tipo di gente lo circondasse; c'erano solo uomini, all'apparenza non sembravano tanti, ma ognuno aveva qualcosa di spaventoso, nessuno che gli ispirasse fiducia o pietà.
Sguardi truci e aria da farabutti, piercing e tatuaggi coprivano i petti scoperti. Pochi di loro indossavano giacche o canottiere, tutti sfoggiavano coltelli di piccole e grosse dimensioni o pistole di diversi calibri. Nessuno disarmato. Le armi sembravano parte integrante dei loro corpi.
Alcuni guardavano indifferenti, altri con espressione derisoria e poi i peggiori gli rivolgevano occhiate denigranti, e non capiva se per il suo orientamento sessuale o per la sua vera identità.
Le sue paranoie furono interrotte da una voce gioviale, briosa.
«Bob il grasso, sei passato ad altri tipi di wurstel? Credevo che solo in cucina ti piacessero gli hot dog.» enunciò, cominciando a ridere e scatenando risatine soffuse tra alcuni delinquenti.
A parlare era stato un ragazzo, la voce era distante, ma a conti fatti proveniva da un angolo della fabbrica. Quei avanzò e, più si avvicinava, più Newt riusciva a vederlo. Su per giù aveva la stessa età; capelli scuri a spazzola con riflessi ramati, fisico lievemente più in carne del proprio. Un piercing all'angolo destro del labbro inferiore gli riservava un'aria da duro, in perfetto contrasto con gli occhi di un verde mozzafiato che gli donavano un'aria quasi angelica.
Indossava uno smanicato di pelle nero, pantaloni stretti del medesimo colore, e uno strano bracciale al braccio sinistro. Si trattava dello stesso simbolo che quello in carne aveva sulla collana.
«Che novellino di merda. Il cazzo piace a Scar, io vivo per la passera. Devo farti i disegnini? Sei qui da un bel po' e ancora non ci riconosci? Che deficiente.» ammonì con faccia disgustata quello dai tratti asiatici, fissando bramoso il panino.
"Bob il grasso", "Scar" si chiamavano tutti con soprannomi. Membri di un vero e proprio clan.
Il ragazzo si strinse nelle spalle, abbozzando un'espressione qualunquista.
«Peccato che l'ultima volta che l'hai vista, era quella di tua madre quando sei nato.» ribatté, scatenando le risate degli altri, che sollevarono di poco lo sguardo nella loro direzione, per poi riprendere con le loro faccende, come: affilare coltelli, usare il filo interdentale, bere birra.
Diamine, quel ragazzo per l'atteggiamento da snob primeggiava con Thomas. Avrebbe assistito volentieri a un loro dibattito sarcastico e narcisista.
Il grasso allungò uno schiaffo alla nuca del ragazzo, che si scostò infastidito, imprecando qualcosa di incomprensibile.
«Ridete pure teste di cazzo, ma la verità è che ho perso il conto di quante me ne sono fatte, di ogni razza.» controbatté con espressione poco credibile, portando lo sguardo al sandwich che il ragazzo teneva tra le mani. «C'è la-?»
«Senape? Sì, e anche qualche spruzzo di ketchup e maionese.» terminò il ragazzo, informando degli ingredienti usati.
«Oh bene, spero non ci siano anche spruzzi del tuo cazzo.» Newt sollevò lo sguardo, disgustato. Non era niente di nuovo per lui, ma sentirne parlare con una certa scurrilità, gli urtava. Gli occhi del ragazzo di cui ancora non conosceva il soprannome erano su di sé, sorridenti e curiosi. Sembrava deridere le sue espressioni schifate. «Ti faccio impiccare se ci trovo tracce di sperma.» avvisò il tozzo, puntando il dito contro quello dai capelli neri con riflessi ramati.
«Non ti assicuro nulla.» si strinse nelle spalle, allungando il tramezzino, per poi spostare lo sguardo sul foglietto che il grasso teneva in modo stropicciato.
«Dà a me, il capo ti ammazza se glielo sporchi.» tirò via il foglio dalle dita del tozzo, leggendo rapidamente il messaggio.
«Quindi sei amico di Alien?» proferì, accartocciando il foglietto e portando le braccia conserte al petto. Lo sguardo era fisso e imperturbabile sulla figura dell'agente, l'espressione studiosa e profonda. «Alien è tua amica?» ripeté, invertendo la domanda.
Strabuzzò un po' gli occhi, incredulo di ricevere silenzio, come se stesse parlando a un sordomuto; curvò la testa da un lato, muovendo le mani a destra e sinistra per suscitare nell'agente qualsiasi reazione.
«È inutile, la nostra checca non è una tipetta loquace.» tagliò il grasso, mangiando a gran morsi il panino. «Sono sicuro che non dirà niente, anche se gli strappi le unghie dalle dita.»
«Proviamo, allora. Che ne dici, inglese? Inizio dai piedi o dalle mani? Piede destro o sinistro?» avanzò lentamente, senza perdere il contatto visivo con Newt, che lo guardava timoroso. Quello che poteva essere suo coetaneo se non addirittura più piccolo, gli incuteva terrore come tutti gli altri.
«Lasciamolo stare, la tortura più piacevole sarà con Scar, sarà lui a rompere il ghiaccio e a smuovergli quella lingua.» Informò il cinese senza abbandonare la presa dal tramezzino. Il ragazzo si bloccò nei movimenti, voltandosi lentamente verso il complice.
«Quindi se lo scoperà?» Domandò con una certa curiosità, senza distogliere lo sguardo da Newt, che non era riuscito a nascondere il panico.
L'asiatico fece spallucce, continuando a mangiare in modo disgustoso il sandwich, le salse avevano preso a sgorgare ai lati della bocca. Non era per niente un bello spettacolo.
«E nel frattempo che facciamo? Il capo ancora non è arrivato.» continuò il giovane, impaziente.
Quello più grande sbuffò sonoramente, infastidito di non riuscire a gustarsi il panino. «Aspettiamo Scar, sta perlustrando la zona, voleva assicurarsi che questo pezzo di merda fosse da solo, senza i suoi compari. Tienilo d'occhio e trova un modo per intrattenerlo, no?» gorgogliò in un boccone, e fu quasi incomprensibile, ma Newt riuscì ad afferrare il concetto, e il sangue gli si gelò nelle vene. Ennesima prova schiacciante: sapevano di lui, non ci sarebbe stata nessuna opportunità di salvarsi.
Il cinese pulì le mani strofinandole sulla maglia. «Mollo il marmocchio a te per cinque secondi, il tempo di una pisciata.» enunciò, cedendo la pistola che il ragazzo puntò subito in direzione dell'ostaggio. Il ragazzo mosse il capo su e giù per far intendere di aver capito, e dopo un attimo quello dai tratti asiatici si stava allontanando, a passo svelto.
«Lo sai che non uscirai vivo da qui, vero?» proferì all'orecchio di Newt, una volta che il cinese fosse abbastanza distante da non sentirli. Il fiato maleodorante di nicotina e vodka soffiava sul pallido collo dell'agente. «Alien ha firmato la tua condanna.» continuò a denti stretti ma Newt captò qualcosa di diverso. La voce del giovane era meno dura ora che si trovavano da soli, lontano dagli altri.
Alzò il capo per fronteggiare lo sguardo, e ignorando la pistola che premeva contro il fianco sinistro, senza la minima presenza di tremore e paura, sibilò; «O la vostra...Dipende dai punti di vista.» Il giovane soffocò una risata priva di umorismo, per poi tornare subito serio. «Ho saputo il vostro rifugio, vi pare poco?» sussurrò, cercando di mantenere un tono calmo, sia per non suscitare reazioni negative da parte di quello sia per non essere ascoltato dagli altri.
«È questione di ore, biondo. Saremo altrove.» rispose il giovane, nervoso. «Se ti lasceranno vivo, vedrai dove siamo diretti.» Newt ignorò l'ulteriore panico che stava crescendo in lui per via di quelle parole, forse non era così, probabilmente quello lo stava prendendo in giro, per vedere se sarebbe scoppiato a piangere. Era probabile che lo stesse depistando. Cercò di accantonare la paura, concentrandosi sulle domande da fare, dirette e pungenti.
«Perché sei finito con loro?» osò, cercando di usare una psicologia tutta sua, qualcosa vicino0 al riscatto morale, ma le probabilità di fare cilecca superavano il successo a mani basse.
«Come, scusa?» il ragazzo non si mosse più di tanto, si limitò ad aprire gli occhi un po' più del dovuto, ma poi sciamò una risata. «Se stai usando i giochetti del cazzo come compassione, pentimento o altro, sei fuori strada. Non ci metto nulla a farti fuori, un taglio profondo alla giugulare, nessun soccorso e ti spegni come una fottuta candela.» pronunciò con fin troppa fermezza, estraendo dalla tasca dei pantaloni un coltellino, che puntò alla gola dell'agente. Newt fece un piccolo passo all'indietro ma restò fermo con il viso, il respiro mozzato, vittima della paura che si stava impossessando di lui.
«Ecco, appunto ...» enunciò con un filo di voce, neanche lui sapeva cosa stava per dire. «Questo non è il tuo ambiente.» pronunciò qualche istante dopo, più deciso, mentre la punta del coltellino sfiorava il suo collo pallido. La presa era forte e vicina, e a breve si sarebbero viste gocce scarlatte bagnare la fredda lama argentea. «Quelli come te non sopravvivono in un ambiente come questo, tu non sei per questo, minacciare e uccidere gente per poi scappare di continuo. Ci scommetto dieci dollari che i tuoi compari non sanno cosa sia la giugulare, né dove si trovi. È come la teoria dell'evoluzione di Darwin.» borbottò l'agente, mentre il ragazzo gli rivolgeva occhiate stranite. «So che la conosci ... I forti restano e vanno avanti e i più deboli soccombono.»
«Ma cosa blateri? Hai così paura di crepare che farnetichi cose senza senso?» derise il Rosso, ma Newt sperava di avere una piccola possibilità. Non avrebbe mollato.
«Vuoi spaventarmi? Sai...non sei nella posizione di farlo, e non so, se sei un idiota o hai le palle di affrontarci ma ti ricordo che sei: da solo, senza armi, accerchiato da delinquenti, di cui un bisessuale maniaco che ti umilierà e ti scoperà, per non parlare della tua morte... una punizione memorabile per aver ingannato tutti.» spiegò, allentando la presa. «Ma hai mosso la mia curiosità...Tu chi saresti? Uno che sopravvive o uno che viene schiacciato?» inarcò un sopracciglio, le braccia incrociate al petto e l'espressione da superiore.
«Non lo so.» rispose a corto di parole, lo sguardo basso, fisso sulle proprie scarpe. A dire il vero non si aspettava quella domanda.
«Perfetto, il maestro non ha saputo rispondere.» ironizzò, soffocando una risata priva di gusto.
Un uomo calvo dallo stile da "rinnegato" si avvicinò per vedere se c'erano problemi, ma quello più giovane gli fece cenno di stare tranquillo e andare, poi sollevò il mento di Newt per permettere così che i loro occhi fossero alla stessa altezza, gli uni contro gli altri.
«Te lo dico io cosa sei: un perdente. Verrai schiacciato dalla malavita, che siamo noi o altri. E se non faranno del male a te, lo faranno a chi tieni. Perché? Per farti soffrire due volte, per farti sentire in colpa di essere la causa del male che gli hai creato, per farti capire che se ti fossi fatto i cazzi tuoi, loro avrebbero vissuto tranquilli, che avrebbero semplicemente vissuto. Per essere forte e invincibile, per metterti contro Jigsaw, non devi avere nulla da perdere, e non parlo della tua vita.» Sbraitò a denti stretti, tenendo il mento del biondo stretto tra le mani pallide.
Lo sguardo di Newt si illuminò di rabbia, di giustizia e non restò in silenzio.
«So solo che sono venuto qua, senza che nessuno lo sapesse. Ho messo in gioco la mia vita per ribellarmi a qualcosa molto più grande di me. E anche se fallirò, ho avuto le palle di farlo. Tu, invece, resterai sempre il loro burattino? A fare morali a me, agli idioti e perdenti come me che sono stati così stolti da venire qui a farsi uccidere? Sarai il diavolo traghettatore? Quello che guarda gli stupidi come me piangere e disperarsi, e pregare di non ucciderlo? Continuerai a preparare sandwich? A ricevere schiaffi e chissà che altro? Magari i loro cazzi?» cercò di restare calmo e dare quel colpo di grazia in maniera silenziosa, ma l'odio verso quella gente era irrefrenabile e se avesse potuto li avrebbe puniti tutti lì, all'istante, in modo violento.
Una vampata di rabbia salì alla testa del Rosso, avrebbe voluto uccidere l'agente, Newt ne era sicuro, ma chiuse le mani in pugno, controllandosi, mettendo da parte il suo astio. Jigsaw lo voleva vivo e non poteva torcergli nemmeno un capello.
Il giovane si limitò a riservargli un'espressione di disgusto, rabbia, ma a contrario di ogni aspettativa, pian piano stava riponendo il coltello nella tasca.
Il biondo portò lo sguardo al pavimento, riprendendo a respirare pian piano. Ignorò le supposizioni e domande, bensì pensò ad attaccare.
«Cosa c'entrano i bambini?» osò, faccia a faccia con il tizio dagli occhi chiari. «Sono qui per loro, per tutelare l'infanzia che gli avete rovinato, avranno traumi per tutta la vita. Strappati dalle loro famiglie e rinchiusi nel sotterraneo di un locale, dove c'erano prostituzione e traffico di droga.» alzò il tono di voce, ma non tanto da essere sentito dagli uomini che camminavano più in là. «Che dici? È una buona ragione per morire?» Il ragazzo assottigliò lo sguardo, l'espressione spaesata come qualcuno che non sapeva di cosa si stesse parlando.
«Stesso locale in cui ti sei finto uno spogliarellista, eh Newt?» parlò una voce alle sue spalle, la riconobbe subito e veloce. Era lo Sfregiato, avrebbe preferito il mangione asiatico a lui.
«Sei sorpreso? E per cosa? Perché ho detto che ti sei finto uno spogliarellista o perché ti ho chiamato con il tuo vero nome?» l'uomo avanzò a gambe aperte, le mani nelle tasche dei pantaloni e la schiena curvata all'indietro. «Beh, mi hanno detto che balli bene, e credo che questo ce lo devi prima di crepare.» le labbra storte erano curvate in uno dei sorrisi malefici. «Potevi portare la divisa o quel che indossate voi agenti della CIA, anche se siete bastardi, alcuni di voi sanno essere sexy. E per te, Red? Puoi definirlo passabile?» domandò lo Sfregiato, portando lo stuzzicadenti tra le labbra.
Quello chiamato in causa aveva la mascella rigida, le braccia incrociate al petto e l'aria trasognata, come uno che stava pensando a tutti i problemi del mondo. «Stavolta passo, rimango fedele alla mia sponda.» passò una mano tra i capelli, pavoneggiandosi. Newt era indignato, quelle allusioni che gli facevano venire il voltastomaco; indietreggiò, e sfortunatamente urtò la schiena con il petto dello Sfregiato, i due delinquenti cominciarono a ridere, seguiti dagli altri.
Newt si sentiva come il giocatore che, in mezzo a due o più concorrenti, doveva prendere la palla che gli scagnozzi si lanciavano, in una frenetica ed estenuante corsa. Nella sua versione pessimista, la palla veniva lanciata sempre più in alto, impossibile per essere afferrata, rimanendo in quel circolo vizioso per sempre.
«Dovresti ringraziarci...non a tutti viene concessa una scopata prima di crepare.» concluse il rosso, ammiccando.
Isaac chiuse un attimo gli occhi come se aprirli poi, lo avrebbe fatto svegliare altrove, al sicuro, magari tra le braccia di Thomas. Era sconcertato e demoralizzato, non c'era salvezza e adesso ne aveva completamente la prova, aveva riposto fiducia nel rosso ma era come tutti gli altri.
Aveva perso. La situazione sarebbe degenerata a momenti, non sapeva cosa fosse racchiuso nella parola "peggio", ma una cosa era certa: l'avrebbe scoperto, a breve.
***
Red accompagnò l'ostaggio al piano superiore, e lo lasciò rinchiuso per quelli che a Newt sembrarono dei giorni. Da solo, in una stanza dalle mura di legno, osservava ogni cosa, cercava di imparare i suoni provenienti dal piano sottostante o esterni, tentava di riconoscerli, di captare qualcosa, anche la più banale proveniente dalla strada o altro, ma a parte rumori insignificanti nessun degno di nota, non c'erano novità. Nell'angolo, seduto a terra con le ginocchia al petto, le mani serrate in due manette, fissava il vuoto.
"Diamine, sono davvero così strette?" pensò sorpreso. Era stato sempre lui a metterle ai delinquenti. Che paradosso! Quando le avrebbero tolte, se avesse avuto la fortuna, avrebbero lasciato lividi per giorni.
Non seppe cronometrare quante ore fossero passate, non gli era visibile il cielo o qualsiasi altra cosa su cui potersi basare. Il tempo lì dentro scorreva lento, per poi prendere un andazzo veloce in momenti in cui il cuore cominciava a battere per il terrore di avvicinarsi alla morte, di separarsi da Thomas.
A pensare che solo settimane fa l'odiava con tutto sé stesso, e ora lo pensava in ogni istante.
Era a un passo dal patibolo e continuava ad essere preoccupato per lui. Non aveva smesso un solo secondo di dedicargli i suoi pensieri. Forse perché si sarebbe rivelato il suo portafortuna, ancorarsi all'idea che lui c'era, gli faceva sentire meno dolore, meno paura.
Chissà se Thomas stava facendo lo stesso...Si stava crucciando per trovare una soluzione sensata e tirarlo fuori? Era impossibile, ormai era nella merda fino al midollo, ma quando si trattava di Thomas, in Newt c'era sempre una piccola fiamma di speranza. Era imprevedibile, no?
Sorrise inconsapevolmente, immaginando il ragazzo per cui aveva una cotta, impegnarsi tanto per la sua vita. A contrario, si rifiutava di credere che fosse tornato a casa, lasciandolo lì a marcire. Era fuori discussione. Thomas non poteva fare una cosa del genere.
Ecco la nascita del dubbio.
Per quanto Isaac Newton fosse affascinato dalla personalità di Edison, non sapeva niente su di lui. Solo che fosse un venticinquenne con una rara mutazione genetica, conosciuto da poco, e che a causa sua aveva perso la sua partner, di lavoro o di vita, poco importava. Era morta una persona a cui Thomas era affezionato, e Newt era stato l'ago della bilancia. L'aveva uccisa lui.
Come poteva il moro guardarlo, parlargli, ridere e scherzare facendo finta di niente? Di sicuro covava odio nei suoi confronti, e gli ribolliva il sangue ogni volta che dovessero condividere tempo. Una risposta per i gesti di premura nel frattempo? Una farsa, per non destare sospetti.
In quella solitudine raccapricciante, stava cominciando a vedere tutto con occhi diversi; da quel giorno, Edison al suo fianco stava di sicuro vivendo un inferno. Era ormai sicuro che ogni volta in cui fossero insieme, come una bomba ad orologeria, la mente del ragazzo prodigio accarezzava la scena cruente del distacco: Newt che correva nella sua direzione, strappandolo definitivamente dalle braccia di Teresa, per poi schiantarsi contro la grande vetrata e precipitare in piscina.
In quel momento silenzioso e terrificante, gli sembrò di rivivere l'esplosione, il caos tra le corsie dell'ospedale, il terrore sbarrato negli occhi della receptionist e di tutti quelli che avevano intuito che non sarebbe finita bene. Fu travolto da un vento freddo che lo fece rabbrividire.
Non c'era nessuna finestra e la porta era chiusa a doppia mandata, il vento che lo fece gelare, era quello più letale, quello che logorava dentro senza dare pace, che toglieva il sonno senza lasciar pensare nulla di positivo di se stesso: il senso di colpa.
Avrebbe convissuto con quel rimorso per tutta la vita, Thomas non lo avrebbe perdonato e neanche lui sarebbe stato così benevolo con sé stesso anzi, probabilmente, se fosse stato più coraggioso, l'avrebbe fatta finita.
Si era spenta una luce in lui, una piccola fiaccola che ibernata dal senso di colpa, avevo perso bagliore e calore; aveva straziato il cuore di Thomas, la sua umanità.
L'umanità che non aveva perso con l'intromissione del chip, era andata a farsi fottere a causa sua. Lui aveva spento l'umanità in Thomas, e aveva fatto ciò che l'Intelligence voleva: creare una macchina da guerra, senza sentimenti o emozioni. Se Thomas stava provando a vendicarsi, prendendo una vita per una vita, Newt non l'avrebbe mai biasimato.
Ecco che in meno di un attimo lo scenario tragico prese forma nella sua testa.
Edison, disgustato dalla sua esistenza, si era finto suo alleato per condurlo sul "campo di battaglia", per poi sparire.
Newt voleva catturare a tutti i costi Jigsaw, ma da solo o con Thomas, senza un piano o l'intera Intelligence con le diverse forze speciali dell'America dalla propria parte, sarebbe stato un suicidio. E che Thomas volesse proprio quello? Ecco perché infine aveva ceduto? Conducendolo in Maryland, l'aveva assecondato a morire. E non avrebbe dovuto risponderne né a Lillian, né allo stato. Era stato un colpo di testa sconsiderato di Newt, e gli era andata male. Diversi agenti perdevano la testa e si buttavano a capofitto in missioni invincibili, lui non sarebbe stato diverso o speciale. Avrebbero messo subito il punto, nessuna indagine, nessun caso in corso. Fine della storia.
Beh, forse stava viaggiando troppo con la fantasia, ma quel pensiero balenò nella sua mente, facendolo sussultare. Mandò giù un groppo di saliva per l'agitazione e per l'improvviso silenzio attorno che rendeva il tutto più snervante.
Abbassò le palpebre come per staccarsi dalla realtà che lo soffocava. Riusciva a vedere solo dolore, disperazione e morte. Se dovevano ucciderlo, voleva che avvenisse subito, in quell'esatto momento, da non avere la consapevolezza che la sua vita sarebbe stata spezzata il minuto successivo. Come un infarto mentre sei al bar a bere con gli amici. Un'improvvisata letale, nessun incipit, una candela che viene spenta da una gelida folata di vento di Aprile, inaspettata e definitiva.
Quando aprì gli occhi, constatò di essere ancora vivo, chiuderli non era servito a niente, come non serviva quando sua madre, da piccolo, gli diceva di staccarsi dal mondo semplicemente chiudendoli e pensando a cose belle. Non riusciva mai a far salire il buon umore, non era mai stato veramente positivo e non poteva esserlo in quel momento, a un passo dalla morte.
«Com'è stato il sonnellino?» L'ironia del rosso lo portò drasticamente alla realtà, facendolo scuotere dal dormiveglia. Come aveva sbloccato la porta in assoluto silenzio? Un mistero.
Il "criminale poco cresciuto" si teneva poggiato in maniera stravaccata e malconcia ai cardini, un braccio incrociato al petto e nell'altra mano che scendeva a penzoloni teneva una mela gialla morsa. Aveva l'aria di uno che si era annoiato troppo e ora i suoi occhi avevano un guizzo di curiosità, come un bambino che dopo ore di noia, vedeva un giocattolo.
Newt, invece, era completamente passivo. Non temeva né lui, né lo Sfregiato, anche se da quello che aveva accennato, era un pervertito malato. Non temeva neanche uno dei killer più potenziali dell'America, forse la verità è che non temeva affatto la morte.
Il pensiero che Thomas l'avesse abbandonato lì, gli faceva più paura della morte stessa.
Perché la morte diventa meno paurosa se c'è qualcuno al tuo fianco che combatte per rimanerti in vita.
«Hai fatto bene ad appisolarti, se ti lasceranno vivo, il viaggio sarà movimentato e stressante.» informò, dannando ancora una volta i nervi di Newt.
Perché parlavano sempre a metà? E dove erano diretti di così importante? Era stufo di quella faccenda, preferì restare in silenzio, senza neanche sollevare il capo. Ciò dovette infastidire il sequestratore che gli si avvicinò impetuoso e senza convenevoli, lo tirò per i capelli, costringendolo a guardarlo negli occhi.
«Davvero credevi che il nostro capo non l'avrebbe scoperto?» digrignò, smorzando un sorriso sornione. «Uh la la, qui sento puzza di paura.» liberò una risata, lasciando la presa alla zazzera bionda; avvicinò uno sgabello e vi si sedette, mordicchiando il frutto. Il ghigno di uno che si sentiva il padrone del mondo. Gli occhi vispi non si erano mai staccati dalla figura dell'agente, per tutto il tempo, Newt era stato sotto la sua osservazione.
La clessidra della sua vita sembrava scorrere più velocemente. E cosa sarebbe accaduto una volta che la sabbia fosse finita?
«Cazzo agente, certo che voi della CIA siete una razza di coglioni. Pensate di fregare l'uomo che tra poco detiene il potere degli stati uniti, con una misera missione sotto copertura in uno dei suoi locali? Sai quanti ne ha per tutta l'America? Più di trenta e tutti registrati con diverse identità, con complici da una condotta impeccabile. Familiari di avvocati, giudici, sbirri...» gli uscì un ghigno divertito quasi strozzato. «Cosa puoi fare contro la corruzione?» calò subito il silenzio, Newt non rispose.
A dire la verità non aveva mai trovato una risposta che potesse giustificare un'azione che contaminava gli animi anche più puri, mossi per dei favori o per la paura di ribellarsi. Il giovane che aveva creato l'attimo di suspance lo ruppe; «Beh, te lo dico io: niente.»
Red parlava e Newt lo ascoltava impassibile, catatonico. «Sai cosa mi ha detto il capo la prima volta che l'ho visto?» domandò, mentre con la punta del coltello rimuoveva in maniera spaventosa il torsolo della mela, l'enfasi usata era al pari di un predatore che strappava via le interiora della propria preda, notò Newt, raggelando.
«Il male e il bene sono due facce della stessa medaglia, e per quanto il primo possa sembrare la scelta più saggia e coscienziosa, non sapremo mai nel profondo qual è la scelta giusta per noi.» enfatizzò la parola giusta, e tanto bastò per risvegliare Newt dallo stato di trance. Jigsaw, un uomo così terribile da non essere neanche definito tale, aveva detto qualcosa di sensato e avvicinabile all'umano.
«A volte, semplicemente, scegliamo il male per il nostro bene e non definirlo egoismo, è istinto di sopravvivenza, agente.» aggiunse, facendo leva sulle ginocchia per mettersi in piedi. «Per quelli che stanno fuori risulterà come corruzione, per te un'ulteriore possibilità che fa rimanere in vita te o chiunque ti importi. Il male e il bene si intrecciano troppe volte per appartenere a poli opposti, finiscono sempre per confondersi.» camminò per lo stanzino, avvicinandosi infine all'arruolato.
Era un discorso semplice ma profondo, non era stato programmato, l'agente capiva quando i nemici avevano premeditato tutto e quando, come in quel momento, stavano improvvisando. Red sembrava star calando la maschera a poco, e ad A5 non era chiaro se aveva bisogno di aiuto, o in modo criptico gli stava dicendo che sapevano dell'arrivo di Thomas, e che per la sua salvezza, Newt avrebbe dovuto scendere a un sofferto compromesso, diventando così una delle tante pedine della corruzione.
«Il male ha bisogno del bene per essere sconfitto, e il bene ha bisogno del male perché deve avere qualcosa da sconfiggere. Sembra quasi che il bene lucri sul male, pensaci...Se non ci fossimo noi, i cattivi, non avrebbe senso la vostra esistenza. Non esistereste. Non avreste tutta questa notorietà, la fama, il rispetto. Il bene e il male sono simili. Vi fate rispettare dalla gente portando l'ordine, noi, invece, togliendolo. Di noi hanno paura e di voi stima, ma un agente riescono a sputarlo in faccia, un criminale no. Perché l'agente sa che non può reagire per la sua coscienza, noi che non l'abbiamo affatto, li ammazziamo a brucia pelo, e se non loro, i loro figli, le persone che amano di più. Mentre tu sei qui a sentirti le mie stronzate, quelli da temere sono lì fuori, i miei compari che avranno già in pugno la tua famiglia, ciò che di più caro hai al mondo e li staranno seviziando o chissà quale altra crudeltà.» concluse con un sorrisetto ancora più inquietante.
Newt sbiancò di colpo per l'immagine che prese forma nella sua mente. Pensò ai suoi genitori, a sua sorella, a Ben, e come non pensare a Thomas, all'incirca un chilometro di distanza.
«Ecco, è proprio quella la faccia che fanno tutti quando si rendono conto di aver provocato i tipi sbagliati.» enfatizzò vittorioso, con le spalle dritte e la postura decisa. «Tenere a qualcuno è una debolezza, un lusso che uno come te non può permettersi, eppure dovresti saperlo...» Il rosso si avvicinò inginocchiandosi, e permettendo che il suo viso fosse a un centimetro da quello di Newt, gli carezzò la guancia con la punta del coltello, fermandosi poi sulle labbra e in un soffio, vicino all'orecchio del biondo dire;
«Ce la faresti a veder morire qualcuno per colpa tua?» Un brivido percorse Newt, di nuovo il senso di colpa. Di nuovo la stretta allo stomaco, le vertigini e quelle immagini in una sequenza dolorosa. Teresa che esplodeva e lui che cadeva in una danza, avvinghiato a Thomas.
«No!» sbottò, in preda all'agitazione, sudaticcio. Il rosso sembrava essere diventato il narratore della sua vita, che da quel giorno somigliava più a un horror che a un film d'azione. Era perseguitato da un passato tormentato.
«Beh...per quanto assurdo, credo nel karma, povero agente. Penso che come tu abbia spezzato l'amore di due innamorati ritrovatosi dopo tempo, qualcuno ti divida per sempre dalla persona che ami.» profetizzò con fare solenne, gli occhi socchiusi e l'espressione meticolosa. «Asso, prima di dare il colpo di grazia, chiede sempre qual è l'ultimo desiderio. E ti consiglio di pensare al tuo amico, almeno con lui c'è possibilità che sarà più clemente.» Rosso lo liberò dalle manette, probabilmente perché dovevano scendere al piano sottostante. E lì ci fu la distrazione.
Pensò a Thomas in pericolo, e gli ribollì il sangue nelle vene. Edison aveva già sofferto abbastanza per colpa sua, non dovevano toccarlo.
Fu invaso da una forza che non credeva di avere, non più dopo tutto il tempo che si era crucciato e martoriato per il suo pessimismo. Si alzò di scatto, e come una belva assatanata si precipitò sul malvivente, che anche se più corposo di lui, preso alla sprovvista, perse l'equilibrio. Cadde all'indietro, la schiena contro le assi di pavimento cigolanti e Newt sopra di lui, seduto sul suo busto, a cavalcioni.
Premeva con tutta forza per impedirgli di reagire, le mani al collo per strangolarlo, mentre quello si dimenava sotto il suo esile fisico.
«Non dovete minimamente pensare di toccarlo! Gli avete portato via Teresa, ha già sofferto abbastanza!» Urlò rabbioso, dando il via a una serie di pesanti cazzotti. «Dovete passare sul mio cadavere, e se riuscirete ad ammazzarmi, da fantasma vi perseguiterò e vi farò pentire di non essere morti prima! Brutti bastardi!» Newt era fuori controllo, la meticolosità, la pazienza che aveva sempre avuto nel suo lavoro era svanita lì, sotto le provocazioni di un delinquente alle prime armi, più piccolo di lui.
«Combattete contro la CIA, Thomas non è la CIA! Eppure, gli portate via tutto da quanto sapete della sua esistenza. Gli avete reso la vita un inferno.» Sputò rabbia affannato, aveva preso a sudare, e la frequenza con la quale scagliava pugni era fortemente diminuita; se il Rosso si fosse ripreso o qualcuno sarebbe entrato, per lui sarebbe stata la fine. Il bello? Lo aveva messo in conto e non gli importava, ma non dovevano toccare Thomas.
Quello in difficoltà sanguinava dal naso e aveva gli occhi socchiusi, sicuramente a breve sarebbero stati contornati da lividi che non sarebbero passati per niente inosservati. Aveva un sorriso beffardo, inquietante era poco. Stava subendo diversi colpi affatto leggeri, eppure anziché abbozzare smorfie di dolore, il ghigno sulle labbra sottili che non accennava ad andare via.
«Non siamo stati noi a dividerli. Lui poteva salvarla, e tu non glielo hai concesso.» biascicò con voce tremolante, a corto di fiato, ma Newt riuscì a carpire.
Thomas poteva disinnescare.
Gli bastava davvero giungere la stanza delle radiografie?
Aveva avuto ragione. Thomas avrebbe potuto salvarla, lui gliel'aveva impedito.
Si tirò su, preso dalla coscienza, allontanandosi dal ragazzo steso sotto il suo corpo che prese a tossire fortemente.
L'agente si portò le mani tra i capelli, riprendendo lucidità. Se prima la morte era certa, ora era indiscussa. Il rosso lo avrebbe fatto fuori prima dell'incontro con Jigsaw.
Il rivale si sollevò lentamente, riprendendo a respirare. Scrollò la polvere dallo smanicato e dai pantaloni, fece cadere il coltello a terra ed estrasse in un gesto rapido qualcosa dalla tasca retro dei jeans. Newt era in piedi, faccia a muro, nell'angolo. Sentì qualcosa di duro dietro la testa, e sapeva di cosa si trattasse: la canna di una pistola. Restò immobile, forse si trattava di menefreghismo o possibile incoscienza.
«Fallo.» Intimò. Non era una preghiera o una supplica, ma una domanda per avere la libertà. Da quando Teresa era morta, per Newt non c'era pace.
Il rosso lo strattonò per il braccio, girandolo, permettendo così di essere faccia a faccia.
«No no no, mio caro Newt... -disse, tirando su con il naso e, mentre con la sinistra teneva salda la pistola, con la destra si asciugava il sangue che colava a fiotti dal naso. -Mi farebbe piacere, ma credo trovi più soddisfazione un'altra persona a impugnare una pistola e a conficcarti un proiettile nel cranio. Lascerò a Thomas l'onore.» digrignò con un sorriso falsamente amichevole.
Isaac rabbrividì ancora una volta, non voleva che Thomas entrasse in quel vecchio edificio, non con quella gentaglia, non mettendo in pericolo la sua vita. Lo voleva lontano, che se ne dimenticasse di lui! Che lo lasciasse crepare lì.
«E se non dovesse arrivare perché già partito per Langley...c'è ancora un altro che ti vuole morto.» Newt sollevò un sopracciglio, a parte Jigsaw, chi? La risposta era davvero banale per essere quella.
La porta si aprì proprio in quel momento, rivelando un probabile coetaneo di Newt. Biondo, capelli quasi rasati, corporatura massiccia, sopracciglia discutibili, lentiggini e occhi chiari. Il suo viso era particolare...lo avrebbe ricordato per un identikit.
Indossava una t-shirt nera bucata sul petto, dei pantaloni dello stesso colore stretti e degli anfibi. E cosa non meno importante, come arma aveva una mitraglietta. Amichevole per presentarsi senza bussare.
«Che succede qui?» tuonò, facendo scorrere lo sguardo prima sull'ostaggio e poi sul collega ferito.
Il rosso sbuffò, quasi per sdrammatizzare. «Bah niente, il moccioso mi ha dato un destro, cosa da niente, nulla in confronto a quello che gli succederà tra pochi istanti.» abbozzò un sorriso, fiero del tragico destino a cui l'agente sarebbe andato incontro a breve.
«Non torcergli un capello, hai sentito gli ordini. Vorrei schiacciarti tra le mie mani, ma non posso farlo, sii grato, Isaac.» il nome lo proferì con un astio indescrivibile, eppure Newt non l'aveva mai visto. Si avvicinò a passo d'elefante e senza dire nulla, si limitò a sputargli in un occhio. L'agente non reagì a quella provocazione, né capì da dove derivasse quell'odio. Era solo il frutto perché derivavano da fazioni diverse o c'era dell'altro?
«Gally, che faccio con lui?» lo fermò quello più giovane, tenendo ancora la pistola nella sua direzione. Un passo falso e il proiettile sarebbe partito, anche involontariamente. La sicura era tolta.
«Portalo giù, Scar gli darà il trattamento che merita.» dichiarò quello dalle sopracciglia strane. Si avvicinò alla porta in silenzio, per poi dire con un tono freddo glaciale; «Gli passerà la voglia di menare.»
La fine era più vicina rispetto ad ore fa.
***
Il cappotto di Newt venne strappato via, come la sua camicia. Seta bianca ridotta a brandelli, non aveva alcun senso tenerla, eppure i malviventi non gliel'avevano tolta del tutto. I pantaloni non erano stati strappati, ma glieli avevano tolti e ora stava scendendo un'infinita rampa di scale in boxer. Era deplorevole tutto ciò. In carcere non aveva mai fatto ciò ai detenuti.
Le manette che aveva avuto poco prima erano state sostituite da delle fascette che gli tenevano uniti i polsi dietro la schiena, a detta del Rosso "davano più soddisfazione, facevano più male, e Newt si trovò a constatare che era vero.
Era preceduto da quello dalle sopracciglia strane, mentre il Rosso gli stava dietro. Entrambi armati fino ai denti in caso si fosse ribellato durante il tragitto.
Già dalla cima, l'agente notò qualche cambiamento: i militi di Jigsaw erano tutti radunati e formavano un cerchio, al centro c'era lo Sfregiato. Dall'alto poté notare un vasto sistema di telecamere tappezzate negli angoli, non gli fu chiaro che luoghi osservassero perché non ebbe tempo di mettere a fuoco che il Rosso lo colpì alla testa con la canna di un fucile, intimando di guardare avanti e muoversi.
Quando riportò lo sguardo verso il basso, con il cuore in gola notò uno dal fisico slanciato e scheletrico, riempito di piercing ovunque che stringeva una frusta. Era chiaro quanto terribile, cosa si potesse fare con un oggetto del genere.
«Ma guardate là, lo spogliarellista ribelle che la CIA ci ha mandato.» A esordire con fare teatrale fu lo Sfregiato, un sorriso a trentadue denti, e le braccia aperte verso l'alto come se stesse accogliendo una benedizione. «Facciamogli un applauso per il coraggio.» ordinò guardando uno a uno i suoi uomini, e tutti cominciarono a farlo. Chi rideva, chi lanciava commenti sull'intimo, chi sbuffava con uno stuzzicadenti in bocca.
Era lui che gestiva l'organizzazione quando Jigsaw non c'era.
«Mi dispiace agente Isaac Newton, il nostro capo non può riceverla, ma non si offenda non è per il suo intimo a dir poco improponibile per un avvenimento tanto importante... Ha avuto...un...contrattempo.» Avvisò lo Sfregiato, quando Newt ebbe finito di scendere le scale. Erano faccia a faccia, il Rosso da un lato e Gally dall'altro.
«Qual è il problema? Non avete intenzione di rilasciarmi. Lo aspetterò qui con voi.» tenne testa, celando il timore. Esclusi quelli che lo avevano accompagnato e il capobanda, erano una decina. Era impossibile un affronto.
Il boss scoppiò in una risata priva di umorismo, rivolgendo un'occhiata truce per l'idiota di turno che ancora stava applaudendo.
«Non ha capito, non ci raggiungerà proprio. Gli affari sono affari.» rispose sbrigativo, liquidando il discorso.
«Affari? Mi domando in che tipo di affari possono essere coinvolti bambini, mh?» domandò sfrontato, avvicinandosi inconsapevolmente a quello. Gli scagnozzi si avvicinarono per tirarlo indietro, ma il capo gli fece cenno di stare fermi e con un gesto della mano li congedò.
Sorrise come sempre, senza scomporsi.
«Suvvia, non faccia il paladino...sono una garanzia per noi...Li liberiamo tutti, e non gli torciamo un capello.» Isaac aggrottò le sopracciglia, allibito.
«Garanzia? Cosa sono dei fondi fiduciari? sbottò adirato, fuori controllo. Con quella gente non poteva fare alcun tipo di discorso.
«I genitori devono fare il loro lavoro e tutto andrà bene.» enunciò con tono rassicurante. Ma di rassicurante in quella gente, in quelle parole, in quel luogo non c'era niente.
«Ora tocca a te fare il tuo.» sorrise, carezzandogli la guancia marmorea. Newt si scostò, ma quello lo afferrò per i capelli, tirandogli la testa all'indietro. «Guardatelo, sembra così giovane...e bello. Sì, è passabile, lo riconosco.» Farneticò tra sé, ma nessuno dei suoi uomini gli stava prestando attenzioni, dovevano aver già avuto a che fare con scene del genere.
«Però...» le sue mani viscide scesero lungo il braccio pallido scoperto di Newt arrivando al braccialetto che Thomas gli aveva dato. Cosa voleva fare? Sgranò gli occhi, terrificato. Provò a dimenarsi, scalciò, ma tutto fu vano.
«Questo lo togliamo...» proferì e con una piccola tenaglia che aveva nel marsupio, lo ruppe.
Il cuore di Newt sembrò andare in frantumi. L'unica cosa che aveva di Thomas, l'unica che gli restava, l'unica che gli ricordava il mondo prima di entrare in quell'inferno si era spezzata lì, davanti ai suoi piedi. Quel bracciale come la sua speranza.
***
«Aris, sei riuscito ad accedere?» Domandò Thomas, era strano provare agitazione per uno che come lui che nelle missioni si mostrava sempre sfrontato e sicuro di sé, ma in quell'azione non c'era soltanto lui.
«Thomas, vorrei aiutarti, ma se c'è una possibilità puoi provarla solo tu, devi connetterti dalla loro rete. Avvicinati al più possibile e il chip dovrebbe mostrartelo come una sorta di wi-fi, vai su disconnetti telecamera e il gioco è fatto.» espose pragmatico il collega dall'altra parte del capo tecnologico.
«Ce ne sono più di dieci.» Mormorò A2, gli occhi sgranati in un'espressione palesemente in difficoltà. Anche se Aris non poteva vederlo, fiutava qualcosa di losco e preoccupante.
«Devi disconnetterle una ad una, il più veloce possibile o verranno avvisati e potrai essere beccato. Ma adesso, per favore, puoi dirmi dove sei? In che guaio ti sei cacciato adesso?»
«Nessuno, sto tirando fuori un amico.» Proferì con scioltezza, ispezionando l'ologramma che mostrava parte dell'edificio. Erano passate cinque ore e di Newt nessuna notizia.
«Il tuo percorso è impossibile da rintracciare, attiva la posizione.» constatò il collega, e conoscendo Thomas una bufera all'Intelligence sarebbe scoppiata di lì a breve.
Newton, certo. Ormai non era solo un accordo unilaterale, non era solo Isaac a rischiare di perdere la propria vita per salvare la sua, ma anche il contrario.
«Argh! Aris sei peggio di una fidanzata psicopatica, sono vivo, okay? Se solo...uff, deve rompere quel bracciale perché non gliel'ho detto? Ero convinto di sì... Diamine!» sbraitò, nascondendo il viso nella giacca. La tempesta era vicina. «Aris, mi senti?» La linea del chip di rado aveva interferenze, e Thomas non si stupì quando la chiamata si interruppe.
«Perfetto.» proferì, esausto. Le aveva provate tutte, aveva anche azzardato contattando Aris, al quale se Lillian avesse chiesto qualcosa, l'informatico avrebbe rivelato tutto con estrema facilità. Portò i capelli all'indietro, l'espressione stremata in viso. Aveva vie sbarrate ovunque. Come aveva permesso a Newt di entrare senza un cazzo di piano? Avrebbe voluto scaraventare tutto all'aria, urlare a squarciagola e strapparsi i capelli uno ad uno, ma la situazione era già tragica di suo.
Ma nel momento peggiore, nell'istante in cui aveva perso ogni barlume di speranza, come un'allucinazione lo sentì, flebile e sfocato.
Il chip suonò per un istante, e quel tipo di squillo poteva decretare solo una cosa.
Spalancò gli occhi incredulo, era quasi irreale ma non impossibile che Newt avesse sentito i suoi pensieri.
La notifica si aprì nell'ologramma davanti ai suoi occhi.
Obiettivo localizzato.
Thomas sorrise come un bambino la mattina di Natale.
Il bracciale era stato rotto proprio in quell'istante. Ora avrebbe potuto accedere al sistema dei malviventi, vedere la struttura interna dell'edificio, e disconnettere le telecamere senza nemmeno avvicinarsi.
***
Lo Sfregiato slacciò la cintura a rallentatore, qualcuno alle spalle dell'agente gli diede un calcio negli stinchi, facendolo cadere a terra, in ginocchio.
Senza alcun imbarazzo, il capobanda liberò il suo fallo dai boxer, incurante di essere osservato da una ventina di sguardi.
Alle spalle dell'agente si sollevarono diversi commenti e risatine.
«Io queste cose non riesco a guardarle, riesco a uccidere, anche trapanare cervelli e squartare tutto ma questo proprio...» disse uno scagnozzo, probabilmente fu lo stesso che dopo poco vomitò. Altri scoppiarono a ridere, mentre un gruppo che aveva preferito isolarsi, stava lucidando armi per distrarsi.
Il viso di Newt era a pochi centimetri dall'organo di quello. Il caffè che gli aveva comprato Thomas gli stava risalendo dall'esofago e lo avrebbe volentieri vomitato su quella bestia, ma restò inerme.
«Forza, agente...la mia pazienza ha un limite.» enunciò Scar falsamente rattristato «Non vogliamo farti del male, ma a cosa pensi serva la frusta? Funziona bene, te ne diamo una prova. A te l'onore, Lock.» Uno spiffero di vento s'innalzò, procurato dalla frusta che, volteggiante nell'aria, si schiantò violenta contro l'esile e scoperta schiena del biondo.
Newt liberò un urlo contenuto di dolore, non avrebbe gridato a squarciagola, non avrebbe mostrato tutta la sua sofferenza. L'avrebbe trattenuta, almeno fin quando ce l'avrebbe fartta. Sollevò lo sguardo, gli occhi fissi in quelli del malvivente. E senza alcun ripensamento gli sputò sulle scarpe.
Lo Sfregiato strinse il labbro, un'espressione contrariata e infastidita.
«Vai Lock, fin quando non si decide.» e sottordine del vice, quello continuò.
***
«Telecamere disattivate. Lacrimogeni pronti. Petardi lanciati in direzione nord ed est. Pistola e munizioni. No, pistole, Newt deve essere capace di difendersi anche se mi allontano. Una corda può sempre servire.» Thomas si stava preparando per la guerra, il cofano della sua auto era ricco di esplosivo. Si trattava di materiale che era lì da mesi, cui si sarebbe rivolto solo in caso di necessità e urgenza, e quello era un intervento da S.O.S.
Ora che aveva disattivato le telecamere, avrebbe potuto avvicinarsi al gran portone senza essere ripreso. Doveva sperare solo in un aiuto divino: passare inosservato dalle ronde. Inspirò ed espirò un piano di volte e prima di essere travolto da una miriade di dubbi, prese la rincorsa. In quel frangente pensò a Newt e al peggio che oltre il grande cancello di ferro poteva accadergli.
Attaccò un timer alla porta e allontanandosi di qualche metro attese che quei dieci secondi diventassero 00:00.
***
Macchie. Macchie indefinite, pallini colorati. Era tutto ciò che Newt stava vedendo. Non riconosceva più le facce, né le voci. Era frastornato, e anche se quel "Lock" aveva ridotto le frustate, sembrava comunque irrecuperabile. Qualcuno stava ridendo di lui, era sicuro che fosse il rosso, e al suo fianco, c'era Bob il grasso che anche in quel momento stava mangiando, masticava con la bocca aperta e di tanto in tanto cadeva qualche residuo.
Improvvisamente dell'acqua ghiacciata gli fu gettata addosso, bagnandolo dai capo a piedi. Dubitava che fosse per fargli riprendere i sensi, era un altro sporco dispetto. Red si chinò e cominciò a dargli degli schiaffi violenti, era un dejà-vu al contrario.
«Che c'è piccoletto? Ora non fai più il grande?» istigò, ridendo sguaiato, incontrollato.
A Newt doleva così tanto la testa che anche il minimo dei suoni appariva come un insieme di colonne che si staccavano e cadevano fragorosamente al suolo. E quell'acqua ghiacciata oltre a tutte le frustate, lo stava avvicinando alla resa imminente.
«Rosso, si è ripreso?» intervenne Scar, sostituendo il giovane scagnozzo. Prese a fissare Newt, conscio che avesse una pessima cera. Afferrò il suo viso tra le mani, non c'era rigidità, si lasciava cadere mollo, come se non avesse anima. «Sanguina parecchio. Lock quante gliene hai date?» Domandò allarmato.
Quello interpellato fece spallucce, aggiungendo poi; «Rosso mi ha aiutato.»
Scar aveva tutt'altro che l'espressione grata, avrebbe sgridato il suo ultimo scagnozzo se non fosse stato interrotto da un'esplosione. Un botto proveniente dall'entrata.
L'urto fece sobbalzare tutti qualche metro più in là, ma non fu distruttivo solo destabilizzante e confusionario. Ciò che peggiorò, furono i lacrimogeni e i petardi lanciati in punti ben precisi dopo pochi secondi. Era tutta opera di Thomas che ancora all'esterno, grazie alla visione speciale del chip, cercava di intravedere la sagoma di Newt.
«L'ostaggio, prendete l'ostaggio!» urlò Scar, avvicinandosi al corpo sofferente dell'infiltrato. «Preparate la barricata!» ordinò come se non avesse più fiato, mentre tre uomini cominciarono a sparare all'impazzata verso la grande porta ormai distrutta che rivelava il piazzale.
«Lock, vedi dalle telecamere! Dove sono questi bastardi? Chi sono?» Scar sembrava aver un leggero tremore, ma l'agente a terra era troppo stordito per rendersene conto.
«Non c'è bisogno.» proferì una voce calma, che si faceva spazio tra le poche rovine dell'esplosione. «È qui.» avvisò Gally e scostandosi di lato, rivelò una figura. Braccato da due uomini, c'era l'unica persona al mondo che Newt non avrebbe mai voluto vedere.
Perse un battito e si chiese se fosse possibile morire più di una volta.
L'incontro dei loro sguardi gli portò istintivamente a muovere un piede per avvicinarsi a Thomas, mentre le sue labbra avevano a sibilare quel nome, come una ninna nanna, ma inciampò nei suoi stessi passi privo di forze.
Lì c'era il suo Thomas. Thomas che credeva di non meritare, Thomas che pensava fosse scappato via. Thomas era lì. Stava rischiando la sua vita.
Il mento gli tremò, e stavolta non riuscì a trattenere una lacrima, che incontinente sfuggì ai suoi ordini. Si sentiva così stupido.
«Bene, bene, Newt...ora diciamo che sei motivato. » Il capobanda fece un cenno, e subito la testa di Thomas fu sotto il mirino di Gally.
Newt continuò a lacrimare, e anche al moro veniva da piangere. Vederlo in quello stato, gli occhi socchiusi dalle botte, il labbro spaccato, la schiena sanguinante.
«Deve tenerci a te per essersi addentrato qui, sapendo che avrebbe trovato morte certa, no? Thomas Edison se non sbaglio...incredibile, neanche con Teresa siamo riusciti a portarti così vicino, e lui ce l'ha fatta...Sei nella tana del lupo.»
«Ora devi tenerci tu.» Thomas corrugò la fronte, ancora non gli erano ben chiare le mosse dei suoi nemici.
«È me che volete, lasciatelo andare.» Parlò, scrollando di dosso quei due che lo tenevano ben stretto, ma non ci riuscì.
Lo Sfregiato con un sorrisino da ebete ignorò la domanda, diede le spalle al moro e rivolse il petto a Newt.
«Non dirmi nulla, Thomas...sono un po' timido.» finse di scusarsi, aprendo la zip dei pantaloni. «La libertà di Thomas al prezzo di un pompino che tu, Newt, fai a me. Mi hanno riferito che dicesti così al Barcode. Pensa a ripagare con un pompino decente. Me lo devi, non puoi immaginare la soddisfazione sapendo che queste immagini saranno racchiuse nella memoria del tuo collega. È un traguardo per me, Newt...sii comprensivo.»
Edison strinse i pugni al punto che le nocche diventarono bianche, stringendo i denti come un cane rabbioso.
«Non vedi che non ce la fa.» Edison si divincolava, aveva cacciato i denti. Sembrava prendere le sembianze di una bestia.
«Non farlo, Newt. Ti prego, Newt. Non farlo.» pregò poi con tono più pacato rivolto al collega, e senza accorgersene, gli scappò una lacrima.
Quelle quattro lettere non risuonarono mai più dolci prima d'allora.
Thomas lo stava salvando ancora una volta, e Newt non poteva accettarlo.
Chiuse gli occhi, avvicinando le labbra al pantalone del malvivente.
Thomas non riuscì a vedere quella scena e si divincolò.
Riuscì a liberarsi. Colpì all'addome prima un rivale, poi un altro.
Ma un colpo partì.
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