13.Blond, try to survive

13. Biondino, cerca di sopravvivere.

I due agenti erano a bordo dell'auto sportiva di Thomas diretti in Maryland o meglio detta morte, così l'aveva soprannominata A2, definendo quel viaggio un vero e proprio suicidio, uno di andata senza ritorno.

Edison aveva fatto di tutto per impedire al collega una tale sciocchezza; gli aveva confiscato le chiavi, lo aveva bloccato al muro, gli aveva urlato contro, ma Newt, testardo, non aveva indietreggiato di un passo, disposto a lottare con le unghie e con i denti pur di sbattere asso di picche in galera.

Tramite ricerche in internet e siti di cronaca si era informato quanto più possibile sul malvivente che avrebbe incontrato di lì a breve; Jigsaw era senz'altro un maniaco pericoloso, ma a Newt sembrava non importare, ciò che occupava i suoi pensieri era soltanto mettere fine ai reati osceni che commetteva, anche a costo di pagare un prezzo alto.

Chi dissentiva profondamente questa decisione, a contrario di ogni pensiero, era Thomas, che furibondo aveva sbroccato di brutto, reputando il suo protettore: stupido, masochista e irritante, peggio di una donna con il ciclo, aveva infine specificato.

Gli insulti erano volati come colpi di mitraglietta, sputati dall'incredulità di A2 che basito si chiedeva come Isaac Newton fosse tanto stupido. Le possibilità di sopravvivere a quella missione erano quasi inesistenti.

«Lasciami passare.» sbraitò A5, stanco delle lamentele del moro; quelle lagne andavano avanti da circa dieci minuti, la testa gli sarebbe scoppiata a momenti. «Andrò da solo, non ho bisogno del baby-sitter. E per la cronaca: sei te ad avere un protettore, non io.» precisò, vantandosi.

Accennò un piccolo passo in avanti, attento avvicinarsi troppo ad A2. Non aspirava ad altri contatti, quella vicinanza era già abbastanza imbarazzante per i suoi sentimenti.

Per rendergli il gioco difficile, Thomas ignorò bellamente la richiesta, avanzò anche lui, costringendo il collega a far passi indietro, finendo miseramente spalle al muro. Perfetto, la situazione stava degenerando, pensò Isaac afflitto.

Le braccia del più muscoloso erano distese ai lati della sua testa, i palmi saldi contro la parete fungevano da vera e propria gabbia; adesso, i loro visi erano a pochi centimetri, forse millimetri. Edison si passò la lingua tra le labbra, e Newt credé di morire, davanti a lui.

Sentì la gola in fiamme stringersi quasi come se stesse soffocando, una vampa di calore salita vertiginosamente alla testa, lo stava facendo sudare come se avesse percorso chilometri di corsa.

«Dovresti tenermi al sicuro.» confutò A2 ad alta voce, le sopracciglia erano aggrottate in un'espressione indecifrabile, quasi offesa.«Sei il mio protettore, lo hai forse dimenticato?» ribatté, mostrandosi in una posizione di dominanza, come se fosse un principe e il biondo, la sua guardia del corpo.

«No ... ma sai cavartela senza di me.» liquidò il più grande, accennando un piccolo passo. Schioccò la lingua, pentitosi subito di aver detto ciò. Quella giornata la bocca era completamente sconnessa dal cervello, ecco perché stava dicendo un sacco di caspiate.

"Sai cavartela senza di me", ma davvero aveva detto una cosa del genere? Che frase idiota e ridicola, non c'era da stupirsi che l'americano continuasse a non sopportarlo.

Dall'inizio era visibile che il rapporto sarebbe andato alla deriva: il primo incontro era cominciato con i battibecchi, in seguito c'era stata la "geniale" idea di seguire Thomas in India, dove intromettendosi, Newt lo aveva separato definitivamente dalla donna che amava; come se fosse poco, peggio di uno stalker, aveva continuato a seguirlo ovunque, dicendogli frasi poco carine.

Thomas era stronzo, ma neanche lui scherzava, doveva riconoscerlo, una differenza alquanto rilevante, però c'era, e si concretava nella forza. Thomas era coraggioso, temerario, se si fossero divisi, sarebbe andato avanti tranquillamente-sarebbe stato anche meglio- Newt no, non ce l'avrebbe fatta.

Prima di incontrare Terminator viveva sereno-molto più sereno, contando che andava a letto con chi voleva, dimenticandosi delle facce dei tizi la mattina seguente-, svolgeva brillantemente ogni incarico affibbiatogli dal FBI, si piaceva sempre, mai si era fatto dubbi sul suo abbigliamento, né aveva perso tempo ad aggiustare l'acconciatura facendo facce conquistatrici allo specchio; aver conosciuto Thomas lo aveva messo in crisi, portandolo a fare cose ridicole, meglio non rivelarle.

Era assurdo pensare a quanto si fosse mostrato ostile al compito che gli era stato imposto da Strand, e che adesso non riuscisse a fare a meno di vederlo. Ridicolo no? Soprattutto per lui.

Newt non era mai stato romantico, né sognava una relazione stabile, non fantasticava neanche sui ragazzi anzi, erano loro a proporgli di uscire e di avere una serata movimentata.

Lui era bello, piaceva, e mai nessuno lo aveva attratto come inconsapevolmente-o consapevolmente-faceva Edison. Mai nessuno gli era interessato tanto da mettersi in gioco in quel modo, prendendo tutto come una sfida personale.

Beh... C'era pur da dire che non aveva mai reagito così perché non aveva mai incontrato un ragazzo con una personalità unica come quella di Thomas; la sua bellezza, il suo brio, creavano una combinazione rara quanto perfetta.

Era il tipo di ragazzo che avrebbe catturato l'attenzione di chiunque in una folla gremita di gente, Thomas sarebbe passato e gli occhi della gente inevitabilmente sarebbero caduti incantati su di lui, come un richiamo.

Era quel tipo di persona che una volta conosciuta non si poteva più dimenticare, entrava nella testa, occupando gran parte di quelle fantasie, soprattutto se il ragazzo in questione si chiamava Isaac Newton, gay dichiarato.

Bello e indipendente, con un chip nel cervello che lo distingueva in maniera sostanziale da tutti gli uomini.

Questi sarebbero stati gli aggettivi che l'inglese avrebbe trovato sul dizionario se avesse cercato "Thomas";

Per quanto costasse al suo orgoglio, Newt doveva riconoscergli che oltre a possedere qualsiasi bellezza, svolgeva il suo lavoro con passione, ogni suo soccorso si era sempre rivelato essenziale e risolutivo.

Beh, sicuramente in un altro universo lui e Thomas sarebbero stati una bella coppia.

Si svegliò dal viaggio mentale, rivolgendo una timida occhiata al bel moro americano. Adesso che si stava soffermando rapidamente ad ammirarne il profilo perfetto, si stava rendendo conto di quanto urgente fosse mettere da parte il cuore o sarebbe stato troppo tardi per uscirne illeso.

Thomas non gli piaceva soltanto, non lo attraeva e basta, per lui, Newt stava cominciando a provare emozioni forti, la sottile linea tra piacere e amore, che per nessun motivo doveva varcare. Avrebbe dovuto rinunciare a lui prima che i sentimenti avrebbero preso il sopravvento, prima che avrebbe cominciato a crucciarsi per qualcosa impossibile da avverare.

«Lillian ti ha assegnato gli interrogatori e il giro di perlustrazione, oltre a proteggermi, e questo dovrebbe essere la tua principale e unica preoccupazione, non andare a caccia di tizi che ti uccidono prima che ti presenti.» espose, inchiodandolo con lo sguardo.

Il biondo restò in silenzio, provando a non abbassare la testa per fronteggiarlo, per non mostrarsi sottomesso.«Devi attenerti agli ordini, Newt.» sussurrò quello con un filo di voce, caparbio.

Inutile: Thomas Edison non era soltanto bello da mozzare il fiato, ma aveva una certa influenza sul più grande.

Il carattere di Isaac Newton da sempre determinato e irremovibile con Edison mutava, le certezze crollavano come cristalli infranti al suolo, mettendo in discussione non solo il suo lavoro e la coscienza, ma anche la razionalità e l'irrazionalità come i sentimenti.

Esitò prima di rilasciare un sonoro sospiro. A2 lo stava semplicemente richiamando all'ordine, era ovvio che se avesse deciso di andare all'incontro con il killer-gangster, lo avrebbe fatto alle spalle della squadra dei servizi segreti.

«Non li ho mai seguiti, Thomas.» tenne a precisare, con tono fermo. Quale verità più indiscussa di quella? Da quando aveva messo piede all'Intelligence, aveva trasgredito una regola dopo l'altra, era qualcosa di frequente e quotidiano, sembrava proprio quello il suo obiettivo: non seguire gli ordini.

Terminator gli rivolse uno sguardo accigliato, probabilmente il biondo era riuscito a zittirlo, e quasi come se si fosse scottato da quella constatazione, arretrò, lasciando nel petto del più grande un vuoto glaciale.

«Già, dimenticavo ieri sera... » proferì ironico, interrompendo il silenzio che s'era creato. Isaac inarcò un sopracciglio, interrogativo.

A dire il vero non doveva pescare molto nei suoi ricordi, ricordava bene il fiasco della serata:- Minho gli aveva telefonato dicendogli che non sarebbe passato con i documenti, e per l'imprevisto aveva delegato Thomas.

Avvisato di ciò, Newt aveva provato di tutto per rendersi presentabile, ma come un tornado, Ben aveva bussato alla porta di casa sua, rivoluzionando tutto nel peggior dei modi- restò in silenzio, curioso di ascoltare quella che era stata la serata di Thomas.

Edison scostò lo sguardo, volgendolo al pavimento. Newt notò sul suo viso un sorrisetto amaro per niente rassicurante.

«Ti toccava andare a Richmond, ma eri impegnato a dare un pigiama party con il tuo amichetto.» le ultime parole uscirono con una nota accentuata di veleno, chiunque ne avrebbe colto rabbia.

Non gli era andato giù aver svolto da solo un incarico destinato a entrambi, o perché gli era antipatico il comportamento di Ben?

Newt per poco non scoppiò a ridere, come aveva soltanto messo in conto che Thomas potesse essere geloso? Tralasciò, sotterrando il proprio imbarazzo per un'idea così assurda, dando la priorità alla difesa.

«Non ero occupato in un pigiama party. E sei stato tu a dirmi che potevi andarci da solo!»strillò, leggermente innervosito. Lo stupore si racchiudeva in una smorfia goffa: bocca spalancata e occhi sgranati.

Thomas si bloccò, evidentemente in difficoltà. Era vero, aveva detto a Newt che poteva fare da solo ed era corso via, ma come poteva spiegargli che una piccola parte di sé aveva sperato che l'avesse raggiunto, lasciando il rossiccio?Semplice, non l'avrebbe rivelato.

«E va bene... » fece una pausa, mordicchiando il labbro inferiore.«Time-out. Parliamo del presente. La tua vita sarà a rischio se seguirai questa pazzia.» sentenziò, ma Isaac lo guardava scettico in silenzio, stranito da tanta volubilità.

Il moro saltava da un argomento all'altro, lasciandogli un caos mentale. Era bello, gli piaceva, ma lo confondeva di continuo: passava dal trattarlo malissimo a quasi essere preoccupato per lui -perché sì, quella reazione era eccessiva per uno che lo detestasse -e doveva decidersi, prendere una posizione, non poteva trattare Newt sempre come uno straccio.

Quell'apatia fece strizzare ulteriormente i nervi del moro, che stanco di non ricevere risposte, imperò;

«Diamine, Newt! Non hai nulla di certo, nel migliore dei casi potrebbe rivelarsi una trappola, dalla quale comunque non ne uscirai illeso.» passò le mani tra i capelli, sbuffando esasperato. «Vuoi morire?» alzò la voce, fissando profondamente gli occhi nocciola dell'inglese.« Prego, accomodati, continua così e ci riuscirai di sicuro.» Indietreggiò, avvicinandosi alla finestra.

«E cosa importa a te?» Scattò il biondo, incontrollato.«Da quando sono qui, non hai fatto altro che urlarmi contro, più di una volta ho rischiato la mia vita per salvare la tua, e non ti è mai importato!Adesso mi hai appena rinfacciato di aver svolto un incarico da solo, quando tu mi hai detto di restare a casa. Dillo che stai fingendo, Thomas, è evidente. Non ti sono mai andato a genio e quale occasione migliore di questa? Ho un incontro con uno dei peggiori delinquenti e due sono le possibilità: o mi farà fuori lui o l'Intelligence. Strand e il comitato non approveranno questo mio intervento, hai inscenato questa farsa per discolparti con loro, è così, vero? Temi che possano attribuire a te la colpa di questa mia pazzia? Se ti tranquillizza, dirò loro che hai provato a fermarmi purtroppo senza successo.» sputò con tutto l'ardore, probabilmente se ne sarebbe pentito un secondo dopo, ma per il momento, si sentiva meglio, più leggero.

Thomas invece restò basito, senza replicare. Fissava l'inglese con espressione da pesce lesso, basito, interdetto, imbambolato.

«No ... »fu l'unica cosa che riuscì a dire dopo essere uscito dallo stato di trance. Era stato colpito senza aver ricevuto un pugno, le parole erano bastate. Quel biondo inglese che gli aveva portato via tutto, lo aveva ferito, ed era incredulo perché lui soffriva soltanto per le persone cui teneva. «Potrebbe succederti qualsiasi cosa, ci sono tanti pericoli, quante probabilità hai di tornare?Newt ...»

Aprì la bocca, avrebbe voluto continuare, convincerlo, dirgli: "Forse di te m'importa più di quanto immagini e di quanto pensi io stesso", ma abbassò lo sguardo e come un codardo restò in silenzio.

L'inglese lo fissò, scosso e al tempo stesso speranzoso, come un bambino che anche se è a conoscenza che Babbo Natale non esiste, continua ad aspettarlo.

Si chiese per un breve secondo se Thomas fosse davvero sincero, se davvero gli importasse almeno un briciolo della sua vita, ma quel silenzio era la risposta a tutte le domande, quel silenzio zittiva tutti i dubbi.

«Non è affar tuo, anche stavolta correrò il rischio, non è la prima volta che metto a repentaglio la mia vita per un pazzo.» terminò glaciale, ignorando il borbottio del collega.

Quella frase aveva lasciato intendere le tante volte che aveva disubbidito al capo pur di assecondare le pazzie del moro, seguendolo senza freni in giro per il mondo. In fretta e furia si avvicinò alla porta, stringendone la maniglia ma era chiusa. Come aveva fatto a dimenticarlo? Alzò le mani al cielo per poi riabbassarle, esausto.

«Appunto, hai evitato che commettessi cazzate, sei tu quello più razionale tra i due, tu eviti i miei colpi di testa, non li fai tu.» contrattaccò Thomas, avvilito.

L'aria parve fermarsi in gola, un grosso peso astratto si presentò sullo stomaco e come un macigno gli strozzava il respiro, sapeva cos'era, il suo psicologo lo avrebbe definito: il prologo di un attacco di panico. Nella sua mente stava urlando: "Non adesso, non davanti a Newt."

«Stavolta sarà un'eccezione.» pontificò irremovibile il biondo, senza vedere l'ambigua espressione sofferente del moro; «Ammanetterò quel bastardo. Sarà l'ultima cosa che faccio.» deglutì, lasciando trapelare un velo di incertezza.

Thomas cominciò a respirare lentamente, come gli aveva consigliato Cassidy, l'attacco sembrava ridursi, seppure la frase di Newt si fosse inchiodata nella sua testa ripetendosi peggio di un disco rotto, e ferendolo costantemente.

Non poteva lasciarlo andare, non da solo, non quando aveva una sottospecie di serial killer da incontrare, che non l'avrebbe risparmiato.

«Definisci la morte, un'eccezione? È all'ordine del giorno per quelli come noi, e se andrai lì, sarà certa.»Thomas gli ringhiò in faccia, a un passo dal suo viso, fu in quel momento che Newt scoppiò, stanco di quella falsa preoccupazione. Sapeva che tra loro non avrebbe potuto esserci nulla, neanche il minimo rispetto. Doveva smetterla di fantasticare e illudersi come un bambino.

Furono quei pensieri, quella cotta non corrisposta e quel comportamento instabile e insolito dell'americano, a dargli il coraggio di pestargli un piede, con tutta la forza che aveva in corpo.

Edison si allontanò dolorante, imprecando qualcosa di incomprensibile.

Newt aveva agito, riuscendo a prendersi la chiave dalla tasca sinistra dei pantaloni del collega. «Molto maturo, bravo.» complimentò l'altro ironico, lasciando sfuggire dalle labbra versi sofferenti e strozzati.

«Credi che non ce la farò, ed io che pensavo fossi più sveglio.»Proferì con un sorriso sornione il biondo, oscillando le chiavi in segno di vittoria, godendosi la faccia dolorante e sorpresa del moro.

«Forse ci sbagliamo entrambi, l'uno sull'altro.» dichiarò il biondo, diretto verso la porta, ma qualcosa andò storto.

Maldestramente perse l'equilibrio, finendo faccia a muro. No, non era stata colpa sua, Thomas aveva approfittato che fosse girato per spingerlo, per fortuna aveva avuto il buon senso di applicare poca forza o Newt si sarebbe spaccato la faccia con tanto di naso fracassato. La sua guancia destra era schiacciata contro il muro freddo. Gli parve di rivivere un dejà-vu, la stessa posizione che si era verificata nel pedinamento in India, quando Thomas gli era inspiegabilmente sbucato alle spalle.

Adesso, Terminator gli stava dietro, a una vicinanza pressoché fraintendibile. Il suo alito fresco di menta soffiava sulla sua nuca bionda. Doveva aver fumato da poco, e Newt sembrava respirare l'aria attorno a loro come se fosse ecstasy, quella vicinanza gli faceva andare in tilt il cervello e in escandescenza un'altra parte. Per fortuna erano chiusi a chiave, pensò il più grande rincuorandosi, se fosse entrato qualcuno, di sicuro avrebbe pensato male.

Era incredibile: un attimo prima come cani inferociti si stavano scannando, e adesso, quella posizione, faceva scatenare inconsciamente in entrambi desideri passionali, che non sarebbero riusciti a reprimere per molto.

«Intrappolato, di nuovo, ma a differenza tua gioco leale, e ti concedo un ultimatum... » concluse il più piccolo, aumentando la presa al bacino. E quella mossa poteva definirsi leale? Gli ormoni di Newt stavano disapprovando completamente.

Soffuse una risata per "ultimatum". Non era un termine del tutto sbagliato, da quando si erano conosciuti, mandavano avanti una guerra.

«Reputi leale colpire alle spalle un collega?» domandò a capo basso, chinato in avanti contro il muro.«Lo annoterò nella mia agenda, alla pagina:"I comandamenti secondo Thomas"» burlò, smorzando un sorriso divertito. Quella conversazione appena intrapresa sembrava ridurre l'aria tesa che c'era stata fino a allora.

Il moro restò in silenzio prima di ribattere«In amore e in guerra tutto è lecito.» Isaac avvertì un brivido freddo scendergli lungo la schiena, ibernandolo. Ecco, ciò che stavano conducendo entrambi era un misto tra amore e guerra, in poche parole: una battaglia d'amore.

La mano sinistra del più piccolo si strinse ulteriormente attorno al busto esile del biondo, all'altezza del costato, il contatto diventava sempre più intenso.

«O parto con te o rinunci a questa pazzia. » esalò il più alto in un sussurro suadente, facendo combaciare la maglia azzurrina con la schiena di A5. Al solo scenario di quel contatto ravvicinato, Newt trasalì. Forse stava perdendo la testa ma gli parve di sentire il bacino dell'altro contro il suo fondo schiena, deglutì impacciato, restando pietrificato.

Si limitò a tirare un sospiro, per quanto lo infastidisse, Thomas lo aveva messo in una posizione- letteralmente - dove non aveva scelta, costretto ad acconsentire.

Se l'americano si fosse messo col pensiero, non l'avrebbe fatto uscire dall'ufficio, tenendolo in ostaggio addirittura giorni. Non c'era Lillian che potesse rimproverare il ragazzo prodigio, né Minho che potesse tirare fuori lui ed escogitare insieme una vendetta per il comportamento infantile dell'americano. Newt era da solo, con Thomas, e quello era abbastanza caparbio da non retrocedere.

Passarono minuti di silenzio, nei quali nessuno dei due proferì parola, rapiti dai pensieri per quello che sarebbe accaduto.

Edison in sovrappensiero cominciò ad alleggerire pian piano la presa, Isaac ne approfittò per svincolarsi, voltandosi a fronteggiarlo. Mossa sbagliata. I nasi si sfiorarono, e le labbra ormai distavano a pochi millimetri. I loro fiati potevano fondersi, unirsi.

«Te l'ho detto: non ho bisogno di un baby-sitter.» sbottò, meno determinato di come si era prefissato. Essere a quella vicinanza con Thomas era da vero sfrontato e coraggioso, e lui non lo era. Le barriere crollavano e si sentiva come un pulcino nella tana di un lupo.

Stavolta la mano del moro era scivolata all'esile polso dell'inglese, lo stringeva in una presa ferrea, quasi dolorosa. Pareva che Thomas non riuscisse a fare a meno di toccarlo, di cercare un contatto, di sfiorare la pelle marmorea dell'inglese.

I loro occhi erano incatenati l'uno all'altro, si attraevano come poli opposti; lo sguardo di Thomas era rivolto verso la sfida, quello di Newt invece era volto alla rassegnazione di una decisione che non avrebbe portato a nulla di buono.

«Volevo che cambiassi idea.» sibilò, mostrando come non mai il suo profondo dissenso.«Ma a questo punto non ho altra scelta: o andremo insieme o resteremo tutta la giornata rinchiusi qui dentro.» osservò con un tono quasi ironico.«E sarà dura, giacché non c'è cibo, meno che tu non voglia mangiare del sushi, lo stesso che ha condotto il nostro caro Minho in ospedale.» rivolse lo sguardo alla scrivania, dove giacevano gli avanzi del pesce freddo. «Inoltre, non potrai andare in bagno, ti è impossibile senza questa.» dondolò la chiave, mostrando il suo trionfo.«Scommetto che non hai sentito la mia mano entrare nei tuoi jeans. »proferì con un sorrisetto malizioso, mentre Newt andava a fuoco sia per il fallimento sia per la frase.

Precisiamo:Thomas non aveva messo la mano nei suoi jeans, ma nella tasca! Perché non aveva specificato? Per poco gli era venuto un infarto, aumentando sproporzionalmente il desiderio di toglierci quel sorrisetto da ebete con una serie di schiaffi, per poi essere volentieri sottomesso sulla scrivania in uno scenario del tutto erotico.

«E suvvia, non resisteresti a stare un'intera giornata con me nella stessa stanza, ti verrebbe voglia di suicidarti.» abbozzò un sorriso sghembo, allentando gradualmente la presa, e aprendo pian piano la porta.

«Okay, adesso vai dalla ballerina e prendi l'indirizzo.» ordinò a tono leggero, mentre si dava una sistemata alla zazzera bruna.

«Perché non ci vai tu da Alien?»controbatté Isaac, irritato. Non gli piaceva che quello gli desse ordini soprattutto con quel tono autoritario da comandante.

«Che domanda ovvia, evito che le sbarre della prigione si rompano. Appena mi vedrà, vorrà come minimo saltarmi addosso. Hai visto che sguardi mi lancia?E poi tra voi c'è un certo... feeling, ballava con te attorno a un palo. Ti farà bene parlare con un altro umano che non sia il tuo amico Miller, adesso che Minho è in ospedale, credo ti rimanga soltanto lui.» teorizzò acido, da crudele bastardo. Sì, Thomas era davvero il peggio che potesse avere come collega.

«Ti sbagli, ho tanti amici.»smentì, alle strette. Non gli andava che quello lo reputasse un asociale, senza comitiva.

«Ah sì, mi è stato detto qualcosa dal tuo coinquilino, immagino anche che tipi siano ... » continuò Thomas, con un falso sorriso. Newt aggrottò la fronte, confuso. Aprì la bocca per cantargliele quattro, ma il moro dispettosamente lo stoppò ancor prima che cominciasse a parlare.

«Ma guarda che ora, si sta facendo tardi. Vado a intrufolarmi nella stanza degli armamenti per prelevare quante più munizioni possibili, ci incontreremo alla hall, okay?» Sussurrò sbrigativo, a bassa voce.

Isaac appiattì il cipiglio in un'espressione seccata, accigliata.

«D'accordo.» rispose piatto, per liquidarlo. Il più piccolo lo salutò con un cenno del capo, sparendo dietro a uno scaffale pieno di scartoffie.

Newt restò immobile nel freddo corridoio per qualche minuto, da solo con i suoi pensieri.

«Mi hai fottuto il cervello, Terminator.» dichiarò tristemente, liberando un sospiro affranto.

Ormai era troppo tardi per tornare indietro. In gioco non c'era soltanto la voglia di conquistare Thomas Edison, di possederlo, ma qualcosa di più grande: ogni frammento del proprio cuore.


Isaac Newton si trovava nella lussuosa auto sportiva di Thomas, una Maserati nera ultimo modello. Come c'era finito non lo sapeva. L'agente in gamba, temerario e impossibile da persuadere, aveva fallito con Thomas Edison.

Inutile era stata la proposta di affittare un veicolo vecchio per passare inosservati a Jigsaw e i suoi uomini, "Terminator, lo spaccone faccio tutto io" aveva ignorato completamente il consiglio, indossando occhiali con lenti scure e mettendosi alla guida della sua auto possente.

Il più grande occupava il posto del passeggero e, seppure la macchina fosse comoda, l'abitacolo appariva sempre troppo piccolo per la tensione che c'era tra loro. Appena partiti, Edison aveva acceso lo stereo e tacitamente Newt lo aveva ringraziato.

Come per scappare da quella situazione stretta quanto scomoda, volgeva i piccoli occhi nocciola fuori dal finestrino; la fredda aria di Dicembre era pungente, avrebbe notevolmente preferito il calore emanato dell'aria condizionata, ma alzare del tutto il vetro lo avrebbe allontanato ancora di più dal mondo, rinchiudendolo in una bolla con Thomas, e l'imbarazzo sarebbe salito alle stelle.

C'erano attimi in cui per far passare il tempo soffocante si concentrava sul testo delle canzoni che davano alla radio, in altri, lanciava lo sguardo sul foglietto che stringeva tra le mani, ormai l'aveva imparato a memoria.

"Baia di Chesapeake, Maryland" in basso, sempre in una grafia disordinata c'era quella che doveva essere la firma: "AB0217."

Ricalcò con i polpastrelli le parole scritte, rivivendo l'attimo in cui aveva parlato con Alien.

«È soltanto una firma in codice, se ti presenti senza di questa, probabilmente ti trapaneranno il cranio prima che tu faccia un passo. È una prova per dimostrargli che sono realmente io a mandarti, non è un blitz o quello che fate voi sbirri. » gli aveva detto con tono sprezzante, per poi ricomporsi e mostrare la sua preoccupazione.«Stai attento, Nath... Jig sa essere molto irascibile. Piccola dritta:non conciarti come al Barcode, al primo incontro niente trucchi o vestiti sfarzosi.» si era raccomandata, e Isaac le aveva sorriso di rimando. Liberò un sospiro di sollievo, per fortuna, non avrebbe indossato nulla di ridicolo con Thomas, non più almeno. Stava per congedarsi, quando fece caso a una cosa e tornò indietro, verso la spogliarellista.

«Hai detto primo incontro, pensi ce ne saranno altri?» aggrottò le sopracciglia, stupito. Perché mai Jigsaw avrebbe dovuto riparlargli?

«Beh, lo spero» si bloccò, per poi continuare con una frase glaciale. «Solitamente li fanno tutti fuori al primo.»

Se quando aveva parlato con Alien quel terrore non l'aveva invaso, adesso in auto con Thomas sì, e molto. Per quanto si sentisse più al sicuro, c'era da mettere in conto che anche la vita dell'antipatico sbruffone era maledettamente in pericolo, e il suo compito era proteggerlo, non condurlo alla morte. Immaginò Thomas morente e si raggelò. Newt era sbiancato, deglutendo e muovendo le mani con troppa forza.

«Se continui così, finirai per stracciarlo.» a distoglierlo da quelle avvilite preoccupazioni e paranoie fu Thomas, che gli rivolse un'occhiata alle dita. Caspio, stava per ridurre quel foglio in brandelli. Si compose subito, con un colpo di tosse si schiarì la voce.«Cosa ti turba, Isaac Newton?» domandò Terminator netto, una domanda premurosa quanto inaspettata, di quelle precise che richiedeva una risposta definita.

Newt restò interdetto, indeciso su cosa dire. Avrebbe voluto confidarsi e liberare come un fiume in piena tutte le sue preoccupazioni, comunicargli che a essere sincero aveva paura di tutto, ma così sarebbe apparso soltanto un fifone.

«La medesima cosa che ha turbato te quando eravamo in ufficio.» rispose, senza neanche pensare.

Essere criptico a volte era intrigante e interessante, ma no se a farlo era Isaac Newton, lui sarebbe risultato un idiota e basta. Si chiese perché aveva l'innata capacità di sbagliare sia senza aver pensato sia dopo meditate e lunghe considerazioni.

A niente era valso aver guardato fuori dal finestrino, leggere tremila volte quel foglio, ascoltare canzoni della radio, Isaac Newton aveva creato una conversazione imbarazzante in pochi secondi.

S'impose tacitamente di non voltarsi in direzione di Thomas, bensì di guardare la strada davanti a loro, senza arrossire o lanciare altri segnali. Aveva fatto già fin troppi guai, e lo sguardo curioso del collega su di sé, rendeva tutto più snervante. Avvertiva gli occhi del moro come carboni ardenti sulla pelle. Il ventisettenne stava conducendo una vera e propria lotta interiore avente come titolo: non andare a fuoco dall'imbarazzo.

Una piccola voce lucida in sé gli impose contegno, e maldestramente provò a rimediare. Il silenzio avrebbe fatto pesare ancor di più l'imbarazzo.

«C'è stato un attimo in cui sembravi molto pensieroso, credo che il mio turbamento sia presente come il tuo avuto in ufficio ... con la stessa intensità.» provò a dire, impacciato.

Thomas non se la bevve per niente, era palese la difficoltà che Newt stava avendo nello spiegare, come sempre, per complicargli la vita, chiese dettagli.

«Non hai parlato di turbamento e intensità, ma della stessa cosa, come se ciò che turbasse te fosse uguale a ciò che preoccupa me.» specificò, con la solita aria saccente.

Newt si grattò la fronte, poi spostò le mani nei capelli. Il linguaggio del corpo, pensò Thomas, l'inglese era completamente in difficoltà e il 99 % di quello che avrebbe detto sarebbe stato falso.

«Sì, beh tu temi le cose brutte che possono accadere e anch'io. Insomma ... è una missione pericolosa, lo hai detto tu stesso.» balbettò, a ogni parola si sentiva sempre più ridicolo.

Thomas sollevò le sopracciglia, per caricatura. Quello di Newt era un discorso davvero convincente.

«Infatti, non volevo venirci, ma non sono preoccupato per me quanto per te.»rivelò il più piccolo, tagliando corto e lasciando di sasso il biondo.

Il cervello di Newt si bloccò, gli aveva implicitamente detto "mi preoccupo per te?"

Non era tanto implicito, si capiva chiaramente. Oh cielo, il cuore aveva cominciato a battere a una velocità impressionante, le guance si erano automaticamente arrossate e i suoi ormoni ballavano a ritmo della canzone che stava passando in radio:take back di Adam Lambert.

«Io sopravvivo sempre.» concluse l'americano, distruggendo la magia che si era appena creata.

«Davvero?Se riuscivi a sbrigartela da solo, non ti avrebbero affidato un protettore. Questa la dimostrazione che io so davvero cavarmela.» replicò il biondo, enfatizzando l'ultima frase. La tregua era durata miseramente poco.

«Non stavolta, avrai bisogno di me più di quanto creda. Sai a malapena come si scrive Jigsaw, e non hai letto dettagliatamente come ha ridotto le sue vittime, per non parlare dei suoi giri di droga. Mai si dovrebbe avere a che fare con lui.»

«Quindi lo conosci ... » dedusse il biondo, portando l'indice sotto il mento, l'aria pensierosa.

«Non di persona, ma ho trascorso un intero anno a informarmi su di lui, sui suoi crimini, mosse e tattiche, e mentre ero vicino alla soluzione, rivoluzionava tutto. Di certo per una missione del genere, tra i due, sono io quello più pronto.» raccontò, frenando. Probabilmente il traffico avrebbe causato dai quindici alla mezz'ora di ritardo.

«Pronto?»dissentì il biondo, sfidante.«Ora no, forse più in là.» borbottò tra sé, ma Thomas riuscì a sentirlo, si voltò a guardarlo esterrefatto.

«Non sarei pronto?Ma di che diamine parli?!» urlò di rimando, stupito.«Per una volta che sono io a seguirti, a evitare che tu muoia.»

«Infatti! Ho paura, caspio, non capisci che sono preoccupato per te!» ammise drammatico, gettando completamente la dignità, mentre Thomas s'impose di non sorridere di gusto, sincero.«Fino a prova contraria questa missione è stata affidata a Nathan Jones. Jigsaw vuole vedere me, e apprezzo che tu voglia aiutarmi, ma non posso ... non quando in ufficio ... » Perché balbettava? Si odiava quando gli capitava, era fastidioso e snervante, lo faceva apparire stupido. «Prima ti è successo qualcosa, Thomas.» riuscì a dire in un soffio. «Non possiamo far finta che non ti sia successo niente. »

Edison serrò di colpo le mani sul volante, irrigidendo la mascella. Senz'altro gli faceva piacere che l'altro si preoccupasse per lui, ma lo sforzo per nascondere il malore era stato vano. Newt lo aveva beccato.

«Dillo.»sibilò tra i denti, infastidito da quell'improvviso silenzio. Non voleva che Newt sapesse del suo malore, non voleva che lo scoprisse, non voleva la sua compassione. Non voleva che fosse stata l'ennesima persona a guardarlo con occhi impietosi.

Isaac ingoiò a vuoto, sentendosi uno stupido. «Hai perso colore come se avessi avuto un calo di pressione.» rispose evasivo, sapeva che quella non era la verità, ma non voleva mostrare a Terminator i suoi sospetti.

«Calo di pressione?» ribatté il moro, sarcastico. La voce ferma e lo sguardo impenetrabile fisso davanti a sé fecero capire al biondo che quella conversazione gli stava molto scomoda.

Nella sua voce non era presente rabbia, né ironia. Era priva di espressione, sentimento. Se avesse potuto, Newt l'avrebbe rappresentata come una stanza buia e fredda, senza alcun oggetto.

L'inglese non sapeva raccontare bugie o forse semplicemente non sapeva mentire a lui.

«Sei diventato quasi blu, hai spalancato la bocca come se non...» descrisse Newt, focalizzando i dettagli della discussione.

«Respirassi ... » concluse A2, inclinando la testa verso il collega e privandosi degli occhiali scuri. «Non era un calo di pressione.» confermò, distogliendo lo sguardo.

Quella notizia, struggente quanto preoccupante, sfilò un'intera lista di dubbi oltre ad una voragine nel petto di Newt, nella quale ci sprofondò il proprio cuore, accompagnato dall'angoscia più assoluta.

Aveva sempre sospettato che c'era qualcosa che non andava in Thomas, altrimenti perché Lillian non gli aveva affidato un incarico in prima persona? Era l'arma più potente d'America, no? Aveva il chip, sapeva più di tutti e avrebbe impiegato il minor tempo possibile per terminare nel miglior modo una missione.

Doveva essergli successo qualcosa, magari dopo la scomparsa di Teresa, un piccolo avviso Newt l'aveva avuto: il loro primo incontro infatti era avvenuto in una stanza d'analisi speciali, dove c'era un certo Cassidy, neuro scienziato. Magari Thomas era vittima di uno sbalzo d'umore costante che lo rendeva debole e vulnerabile, incapace di condurre una missione.

Avrebbe approfittato di quel momento di intimità, da soli, per sapere quante più cose possibili, fargli un'infinità di domande, spazzare via ogni dubbio, spogliare Thomas di ogni paura, di ogni brutto ricordo, ascoltare ogni suo sfogo.

Desiderava aiutarlo, si sarebbe messo a disposizione, eliminando il passato, le incomprensioni e i dispetti. Aprì la bocca per sussurrare "Ti capita spesso?" ma non riuscì, il telefono cominciò a squillare, battendolo sul tempo.

«Scusami... » sussurrò, estraendo il cellulare dalla tasca del cappotto color giallo ocra. Gli squilli erano stati pochi ma comunque importuni, si trattava di Ben, come non saperlo? Aveva il primato per il tempismo. Newt stava per riporlo, quando una vibrazione mostrò la notifica sul display: un messaggio.

"Ho sbagliato, lo so. Non ti ho sostenuto come ho fatto con l'FBI, ma la CIA ti tiene più impegnato, ammettilo. Ti prego, non dimenticare ciò che abbiamo trascorso, non dormo più, non sto bene. So che sono stato un grande stronzo e spero che tu possa perdonarmi, magari (se mi è possibile sognare) davanti a una cena preparata da me, dove non mancherà il tuo piatto preferito. Pensaci, per favore. Mi manchi."

Terminava così il messaggio di Ben. Newt si chiese come potesse chiedere banali scuse dopo quello che aveva fatto. Avrebbe potuto anche passarci su, ma non sarebbe più riuscito a fidarsi di lui, non dopo menzogne e un comportamento così infantile e cattivo.

«Non ti si scolla di dosso, mh?» domandò Thomas, con un sorrisetto in viso non del tutto sincero.

Newt corrugò la fronte, come aveva fatto a vedere il messaggio? Era stato abbastanza discreto, celando il mittente e con esso il testo.

«Ho come l'impressione che il tuo chip si intrometta in qualcosa che non riguardi il lavoro. Sai che hai appena violato la mia privacy, vero?» domandò ovvio, tirando su con il naso. Avrebbe dovuto alzare il finestrino.

«Ma dai, la tua vita non sembra essere molto interessante, e poi il chip m'informa di tutto ciò che è collegato ai satelliti nel raggio di un chilometro.» informò brillante, con aria altezzosa.

Il passeggero si strinse nelle spalle, preferendo non replicare, a pensarci, con tutta quella tecnologia, sarebbe stata impossibile una relazione tranquilla con Thomas. No, rettifichiamo: sarebbe stata una relazione impossibile con o senza chip.

«Se fossi in te, gli risponderei ... potresti non averne più occasione.»meditò, studioso.

Quella voce ferma e decisa, faceva intendere che Thomas fosse consapevole del patibolo cui entrambi stavano andando incontro.

Era forse la fine? Newt doveva mettere una pietra sopra a tutte le cattive azioni di Ben?

In fondo Miller si era occupato di lui, avevano condiviso il sesso e non era cosa da niente, seppure Newt avesse da sempre specificato: solo sesso. Ben poi aveva varcato la linea, innamorandosi e Newt non gliene poteva fare una colpa, era in un'analoga situazione con Thomas.

Sospirò confuso, decidendo che per il momento sarebbe stato giusto spegnere il cellulare e riporlo nella propria tasca. Se fosse sopravvissuto, avrebbe accettato l'invito.

Thomas lo guardò di sottecchi, ma non proferì parola.A contrario, il biondo moriva dalla voglia di chiedergli cosa sapesse del malore avuto in ufficio. Era l'unica cosa di cui gli importava, l'unica cosa a esistere.

Svanì Minho e il ricovero in ospedale, Ben con il suo messaggio scritto palesemente con un cuore a pezzi, dimenticò persino dell'incontro che con grosse probabilità sarebbe sfociato in un suicidio-omicidio, c'era soltanto Thomas e un'incolmabile paura per ciò che aveva.

Edison sembrò leggergli nel pensiero, ma a dispetto di ogni attesa, si ritirò alla riservatezza, alzando il volume di quella che adesso era Skyfall di Adele.

Newt ne restò deluso, più per la preoccupazione che per la curiosità, ma c'era da capire: Thomas non aveva il piacere di parlarne e per il momento non avrebbe insistito.Avrebbe accettato e rispettato il suo silenzio, magari non sarebbe servito neanche scovare nei meandri più profondi di Edison, forse un giorno sarebbe stato stesso lui a rivelarglieli.

Si distese al meglio sul comodo sediolino, il viaggio sarebbe durato ancora per un'altra ora -come minimo- e Thomas non guardava neanche più nella sua direzione segnale che aveva interrotto ogni tipo di conversazione, a Newt andava bene così, avrebbe approfittato di quel silenzio come della quiete prima della tempesta.

Respirò a pieno, socchiudendo per un po' gli occhi. Era stanco, si era svegliato presto a causa degli incubi e poi aveva girato per tutta la città in cerca di una farmacia aperta per Minho, un po' di riposo gli avrebbe senz'altro fatto bene, intanto le sue orecchie si beavano di quella melodia che aveva come autrice Adele.

"Let the sky fall when it crumbles, we will stand tall face it all...together"

Già... quel verso era la metafora perfetta per una missione del genere.

Lascia che il cielo cada, noi staremo proprio qui a testa alta e lo affronteremo insieme.

Avrebbe ammanettato Jigsaw, proteggendo Thomas a qualsiasi costo, anche della sua stessa vita.


Il viaggio durò due lunghe ore e, a parte quel dialogo iniziale, i due agenti non parlarono più. Thomas aveva guidato attentamente con prudenza, mentre Newt, stanco, si era appisolato, cullato dalle dolci note delle musiche in radio.Di tanto in tanto Thomas di sottecchi si voltava a guardarlo, per assicurarsi che stesse bene.La pancia si alzava e abbassava a ritmi regolari quindi respirava ancora, la testa era poggiata sul cornicione della portiera, vicino al finestrino, che Edison gli aveva premurosamente chiuso.

Durante la guida, Thomas si era anche accorto di un pelucco della sciarpa di Newt finito sulla sua lattea guancia, con una delicatezza estrema, aveva provveduto a toglierlo, sperando di non svegliarlo.

Che gesto azzardato!Le nocche delle sue dita a contatto con la guancia liscia dell'inglese sembrarono tremare dall'ardore. Un calore si accese al centro del petto, al pari di un incendio.

Schiuse la bocca, estasiato da tanta bellezza. Avrebbe voluto affondare le sue mani nei capelli color miele dell'inglese, quell'espressione da bambino innocente gli riservava un'aria angelica.

"Sembri innocuo quando dormi ..." pensò il moro, smorzando un sorriso triste.

Per addormentarsi con tanta facilità, Isaac doveva aver parecchio sonno arretrato, come lo stesso Thomas; da quando aveva perso Teresa non riusciva a darsi pace, e da quando Newt era arrivato alla base, qualcosa era cambiato, il suo sonno ad esempio.

Da un paio di notti faceva sogni strani e, se era vero che i sogni fossero soltanto desideri irrealizzati, aveva di che preoccuparsi. Aveva sognato di trascorrere una notte con Isaac Newton, e quelle immagini gli vorticavano in testa, focalizzate su un letto dalle lenzuola scure, dove i loro corpi nudi erano avvinghiati l'uno all'altro, e gli ansimi inondavano la stanza. Non gli davano pace.

A lui piaceva Teresa, le donne in generale, non poteva desiderare in quel modo un uomo. Non ancora. Non di nuovo.

Prima di incontrare Agnes aveva avuto la sensazione di essere attratto da ragazzi, con tutte le discriminazioni e convenzioni sociali però, si era imposto di provare attrazione soltanto per donne, tra cui Teresa.

Con il tempo era sempre più difficile convincersi che fosse etero, giacché la relazione con Agnes andava avanti solo con qualche bacio, senza mai finire al letto. Ci avevano provato più e più di una volta, ma senza successo, riscontro che in seguito Thomas aveva ottenuto con un certo Martin, uno spagnolo conosciuto durante un viaggio di premiazione. Non erano finiti al letto ma A2 aveva notato che il suo pacco reagisse più ad addominali scolpiti che a delle tette in bella vista.

Dopo aver capito l'effetto che gli facesse Martin e gli uomini, si era deciso di reprimere ogni sensazione, soccombere quello che provava per il suo stesso sesso, con un gesto estremo. Ad alimentare la sua scelta pazza, inoltre, era stato un collega stronzo della base, un certo John Williams -in seguito sollevato dall'incarico e sostituito da Minho-, che a quanto sembrava, aveva capito prima di Thomas il suo orientamento, spifferando a tutti della base che a Thomas piaceva più "una banana che una mela". Sì, aveva utilizzato proprio quella frase.

Thomas sapeva che un discorso non avrebbe messo a tacere quel pettegolezzo, quindi aveva deciso di troncare completamente ogni minimo sospetto. E cosa era più efficace di un matrimonio con una bella ragazza?

Aveva addirittura comprato un anello, sebbene non avesse fatto in tempo a consegnarlo a Teresa, già soggiogata dalla Wicked.

Per l'agente Agnes nutriva stima, era stata l'unica che non l'aveva tanto pressato seppure innamorata, gli era stata vicino e lui le voleva bene, amare sarebbe stata una parola troppo grossa oltre che impossibile. Con la sua scomparsa, si sentiva come morto, respingeva ogni protettore, si ribellava e preferiva la solitudine. Avrebbe fatto la stessa cosa con Newt, ma inconsapevolmente, era stato il biondo a stravolgergli la vita, come un uragano l' aveva messo tutto sottosopra, scuotendolo da quella situazione di stallo.


Il biondo schiuse gli occhi, completamente intontito. Dormire prima di una missione non era stata per niente una scelta intelligente, si sentiva stordito e impacciato, ma sarebbe stato sempre meglio di avere occhi stanchi e sparare a casaccio nel bel mezzo di una sparatoria.

Grattò gli occhi, accennando uno sbadiglio poco rumoroso; con un colpo di bacino si sollevò, abbandonando la posizione semi-sdraiata per mettersi seduto. Il tepore che c'era nell'auto grazie all'aria condizionata era davvero piacevole, ma raggelò subito vedendo che Thomas non era lì con lui. Il panico lo travolse, bloccandogli il respiro.Dove diamine era finito? Era forse un altro dei suoi scherzi? O forse era stato preso?

Newt girò la testa in ogni direzione, spaesato. Il paesaggio che lo circondava era l'opposto di quello urbano di Langley, c'erano alberi, montagne e sì e no due locali. Quello più vicino era una baita di legno decorata al bel e meglio con tanti addobbi e luci natalizie, all' interno sarebbe stato accogliente quanto fuori, pensò l'agente. L'insegna di legno era incorniciata da luci multicolor che ogni tot di minuti cambiavano effetto, Newt socchiuse gli occhi in fessure per focalizzarsi su ciò che era scritto;

Scorse le parole, per poi riferirle.«Pub Chesapeake Bay ...» sussurrò, incredulo. Chiuse e aprì gli occhi, stupito. In basso a destra notò che c'era anche scritto: stato del Maryland. Mai possibile avesse dormito due ore? E che fossero già arrivati? Sgranò gli occhi, interdetto.

Proprio in quel momento la portiera al lato del guidatore fu aperta, quasi sobbalzò, spavento che svanì costatando si trattasse di Thomas. L'americano stringeva in entrambi mani due bibite calde con confezione adatta per l'asporto.

Edison aveva avuto quell' idea durante il viaggio, bere caffè era una scelta saggia prima di imbattersi in una missione di quel livello, soprattutto per il biondo che si era appisolato.

«Uhm ... svegliato? » domandò ovvio, disorientato. A2 non si era prefissato quel fuori programma. Si aspettava che al ritorno, Newt stesse ancora dormendo, gli avrebbe poggiato il caffè sul cruscotto, senza alcuna conversazione, senza dirgli cose imbarazzanti come: "questo è per te o roba varia" ma così non era stato.

«No, Thomas, questa è la fase sonnambula, ho gli occhi aperti ma sto ancora dormendo.» rispose ironico l'altro, infastidito. «Si può sapere cosa avevi in mente? Siamo arrivati, quando avevi intenzione di svegliarmi?» Il biondo aggrottò la fronte, aprendo le mani in segno di impazienza.

«Sarei stato scortese. Ho visto la locanda e ho pensato di prendere un caffè, nel frattempo ti ho lasciato dormire, ti avrei svegliato al ritorno, mi sembrava giusto così.» diede spiegazione, porgendo il bicchiere al collega. Newt non ci credeva, per niente, figurarsi se Terminator pensasse al suo bene. Dall'inizio tutti i suoi atteggiamenti erano stati scortesi ma Newt decise di sorvolare.

«Gentile da parte tua ...» proferì a corto di parole, accettando titubante la bevanda. «Anche se da un tipo come te, dovrei aspettarmi qualcosa di sinistro come un lassativo o peggio un veleno.» portò alla bocca il bicchiere, godendosi la risata sincera del moro.

Entrambi stavano bevendo il caffè fumante, il bicchiere davanti la bocca, e gli occhi fissi l'uno nell' altro, fu il più grande a distogliere per prima lo sguardo, imbarazzato. Thomas amò il suo rossore provocato dalla timidezza.

«Me lo aspettavo di gran lunga migliore.» giudicò il più piccolo, con espressione disgustata e al tempo stessa buffa. A breve Newt sarebbe scoppiato in una fragorosa risata per quella faccia, ma si trattenne. Le cose sembravano andare meglio e non voleva peggiorare.

«Anch'io ...» si accodò, continuando però a bere. «Almeno il gusto è quello che preferisco. È stato il tuo chip a suggerirtelo?» domandò, contribuendo a eliminare la tensione.

Caffè macchiato, Thomas ne era da un bel po' a conoscenza e di certo non grazie al suo chip, bensì alla memoria; Newt gli aveva fatto visita prima della partenza per l'India, e fatalità aveva portato con sé due caffè di Starbucks, tra cui caffè macchiato. Thomas aveva soltanto memorizzato quale prediligesse tra i tanti.

«No, merito mio.» ammise, provando ad essere coraggioso.«Il chip non è la mia unica potenzialità.» continuò, con voce più bassa, roca.

Newt sentì il caldo invadergli il ventre e salire verso l'alto, le guance infuocate e con esse anche le orecchie, parevano bruciare fino alla punta. Perché travasava le parole?

«Ho un'ottima memoria visiva.» terminò, abbozzando un sorriso di circostanza.

Certo, la memoria visiva, cosa aveva pensato. Finì di bere, quasi non rischiò di strozzarsi. Il gusto era davvero orribile, ma probabilmente sarebbe stata l'ultima volta che avrebbe bevuto.L'ultima volta di tutto.

Passò la lingua tra le labbra, pensieroso. «Credo sia ora di andare ...» proferì, mandando giù un groppo di saliva.

La paura era troppa, non si parlava di un incontro con uno spacciatore, o di un assassino pentito, si trattativa di Asso di picche, centinaia di omicidi alle spalle, una carriera in pratica.

Thomas abbassò il capo, riflettendo sul da farsi .«A quel che dice il navigatore, al prossimo svincolo c'è una fabbrica ... Credo siano lì, sicuramente sarà abbandonata, il solito ambiente suggestivo da film horror. Forse sarebbe meglio ...»

«Proseguire da solo.» completò Isaac, il tono affievolito e incerto. Thomas alzò il sedile sul quale era seduto, mostrando una valigetta che racchiudeva diverse pistole. «È inutile, sarà la prima cosa che mi toglieranno.» anticipò il biondo, sconfitto.

«Uomo di poca fede.» schernì l'americano, provando a ridurre per l'ennesima volta la tensione. Estrasse dal doppio fondo della valigetta un orologio nero, simile a quello dato al Barcode.

«Ancora? Mi sembrava fosse chiaro, non so usare questi aggeggi.» troncò Newt, arreso. Portò le mani ai fianchi, mostrando pienamente quanto fosse seccato.

«Questo non ha chissà quali funzioni, appena ti sarà tolto, a me scatterà un allarme e mi avvicinerò. » Newt inclinò la testa, pronto per canzonarlo.

«Resterò a debita distanza.» precisò impeccabile, con la medesima espressione fiera di un bambino che recitava perfettamente la poesia all' intera classe. L'inglese di rimando gli sorrise, accettando l'orologio e stringendo il cinturino saldamente al polso destro.

«Beh a parte l'orologio e questo» indicò il foglietto «Non mi serve nulla.» notò, mordendosi il labbro. «Sono sicuro che sia la missione più assurda che abbia mai fatto, senza un piano ...» descrisse con un sorriso sornione, si sentiva invaso dalla tristezza e dalla paura.

«Confermo, non so se sei più stupido o coraggioso, Isaac Newton.» Finalmente un complimento. Newt sorrise, leggermente felice. Doveva essere a un passo dalla morte per sentire quelle parole da Thomas?

«È meglio che vada.»Liquidò, se non si fosse deciso una volta e per tutte, non sarebbe mai partito. Respirò a pieno, come se assieme all' aria potesse immagazzinare anche il coraggio e la forza. Thomas mosse il capo su e giù, mostrando amaramente la sua approvazione.

A5 posò il biglietto nella tasca, cominciando a camminare. Il terrore gli faceva percepire i piedi come mattoni, come se fossero bloccati nel ghiaccio.Fece circa venti passi, prima di fermarsi.

«Biondino» chiamò Terminator, catturando immediatamente l'attenzione di Newt. Si voltò di scatto, aveva sperato in un richiamo di Thomas, le sue orecchie erano state attente tutto il tempo. Vide il collega poggiato al paraurti dell'auto, le mani nelle tasche del suo cappotto nero e il fiato gelato uscire dalle labbra. Era bellissimo, il vento soffiava forte, scompigliando buffamente i capelli di entrambi. A nessuno dei due pesava.

Isaac pendeva dalle labbra dell'altro, curioso di ciò che gli avrebbe detto.

«Cerca di sopravvivere, mi devi un caffè.»Thomas smorzò un sorriso vero come non mai, e Newt soffuse la risata nel proprio cappotto, per quell' istante la preoccupazione era svanita, sentendosi leggero come una piuma.

Alzò la mano in segno di saluto e Thomas lo imitò.

Quella frase per quanto assurdo fosse gli aveva trasmesso più sicurezza, si era voltato, avanzando con più determinazione, passi secchi e decisi. Se qualcosa fosse andato storto, non avrebbe avuto paura, perché Thomas sarebbe arrivato in suo soccorso, sarebbe stata la sua ombra.








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