12. What happened to Nathan Jones?
12. Che fine ha fatto Nathan Jones?
La notte trascorse nell'inquietudine, numerosi incubi contribuirono a far svegliare Newt prima che la sveglia suonasse; si destò sudato e pallido, nonostante le temperature basse di Dicembre. In un balzo di soprassalto scattò seduto sul letto, impaurito.
Non poteva credere di aver sognato Thomas, nudo nel suo letto ...Era stato piacevole, fin troppo visto l'evidente rigonfiamento del basso ventre, ingrossamento che era man mano svanito vedendo la faccia del collega trasformarsi in quella di Teresa.
La ragazza era apparsa improvvisamente, con espressione diabolica e sguardo infuocato, lo avrebbe sicuramente incenerito, se fosse stato reale; gli aveva urlato contro, accusandolo letteralmente di non "essersi sprecato a salvarla" per avere così campo libero con Thomas.
Certo che se era il suo vero pensiero, avrebbe dovuto rivedere le sue priorità. Amava tanto Edison da essersi schierata con il fronte nemico, e aver avuto un figlio da un milite della WICKED?
«Devo rileggere Cenerentola, Bianca Neve e storie varie, giusto per ripassare i canoni del vero amore. Farebbe bene anche a te.» le aveva risposto sarcastico, nel sogno.
Quando poi aveva aperto gli occhi, aveva liberato un sospiro di sollievo, ringraziando che si fosse trattato soltanto di un incubo. Agnes lo aveva spaventato e non poco.
Scorse lo sguardo attorno a sé, mettendo a fuoco l'ambiente circostante. Era a casa, da solo nella sua stanza.
Intontito, si voltò verso la finestra, dalle tapparelle filtrava una luce fioca, segnale che il sole era già sorto, ma non tanto da illuminare l'intera camera.
La testa, come conseguenza delle paranoie che lo avevano accompagnato fino a chiudere gli occhi, gli doleva tanto, e nessuna aspirina o altro medicinale avrebbe aiutato, dopotutto, la giornata terminata poche ore era stata come le precedenti: un vero schifo.
Minho aveva scoperto della sua omosessualità in modo davvero originale, trovandosi un "pene enorme", anziché della carta igienica nell'armadietto del bagno;
Lillian, gli aveva comunicato su due piedi dell'improvviso trasloco nell'appartamento di Teresa, e non soltanto trasferirsi avrebbe richiesto tempo e organizzazione, ma avrebbe dovuto abitare nella casa di Agnes, terrorista che era esplosa in aria davanti ai suoi occhi. Ecco spiegati gli incubi.
Come se non bastasse, qualcuno in cielo aveva abbondato le sfortune: Minho sarebbe dovuto passare a casa sua per consegnargli dei documenti, ma per non perdere l'occasione di far colpo su Brenda, aveva avuto la brillante idea di delegare Thomas, dimenticandosi però di avvisare in tempo A5.
La notizia, ricevuta in ritardo, aveva fatto precipitare Newt nel panico, alternando attimi in cui osannava Lee ad altri in cui lo detestava; terrorizzato di apparire impresentabile, aveva dato inizio a una vera corsa infuriata, mangiucchiandosi unghie e le pellicine delle dita, insomma ... i primi passi della guida "come diventare un cannibale".
Scoprire che Thomas fosse diretto a casa sua, senza aver abbastanza tempo per prepararsi, era una delle cose peggiori successogli negli ultimi tempi; poco importava che Edison (per cui aveva palesemente una cotta) fosse etero o meno, non poteva di certo aprirgli la porta con indosso pantaloni larghi quanto i mutandoni di un anziano e una maglia con Mickey Mouse.
Decisamente no. Per quanto difficile fosse, cercò di mantenere la situazione sotto controllo, ripetendosi cose del tipo:
«Stai calmo, andrà tutto bene. Sarai bello come il sole...» rincuoró se stesso falsamente ottimista, per poi spegnere d'un tratto il sorriso constatando la stupidaggine appena detta.
«È impossibile guardare il sole a occhio umano! Oh ... vaffancaspio finta determinazione!» sbraitò infine, sconfitto.
Avrebbe volentieri mandato tutto all'aria, ritornando a sedersi sul divano a guardare distrattamente la tivù ma Minho -come il resto del mondo-aveva complottato alle sue spalle, rovinandogli ufficialmente la serata.
Perché doveva andarci Thomas e non qualcun altro? C'era Chuck che conosceva già la strada, ed era abbastanza grande da prendere un mezzo pubblico e arrivarci senza problemi.
Mai possibile che dovesse andargli sempre tutto storto? Che dovesse sempre esserci di mezzo quello sbruffone di Edison?
Portò le mani nei capelli, esasperato.Stentava a credere come ogni parte di sé reagisse malamente al solo pensiero di Terminator; non era mai stato impacciato così con un ragazzo, o forse semplicemente non aveva trascorso abbastanza tempo con qualcuno per giungere a quel basso livello di sopportazione.
Probabilmente, le cose avrebbero preso una piega diversa :1) se lui non fosse stato gay.2) se Thomas non fosse stato un umano mezzo computer super sexy presunto etero,3) se la sua ex non fosse mai esistita.
Non riusciva a immaginare come sarebbe diventato invivibile il loro rapporto con la convivenza.
Rabbrividì al solo pensiero, scuotendo il capo a destra e sinsitra, a quella sfortuna ci avrebbe pensato in seguito, intanto avrebbe sfruttato il tempo restante per capire quale sarebbe stato l'abbigliamento ideale per una visita "esclusivamente professionale da parte di un collega ".
Affrontò una pausa che non lo portò a nulla, solo dopo diversi attimi, capì di dover agire come avrebbe fatto qualsiasi donna in caso disperato.
Aprì l'armadio e, senza pensarci troppo, tirò fuori tutti gli abiti, gettandoli alla rinfusa sul letto.
Sin da subito li trovò tutti troppo eleganti: completi che non indossava da anni e che di certo non avrebbe messo in quel momento, in casa, solo per sembrare figo-o meglio stupido- agli occhi di Thomas.
Scovò anche una tuta dai colori accesi, -a sua detta orribile-, regalo degli amici di Londra ai tempi del liceo; non l'aveva buttata per ricordo e anche perché, dato il fisico snello, sicuramente gli sarebbe tornata utile, a patto che avesse perso il buon gusto.
Pensò anche a un look casual, maglietta e jeans, ma era tutta roba che aveva indossato ai tempi del Maze, locale in cui aveva conosciuto Ben e dove il loro "rapporto" si era evoluto...Li fissò un attimo, per poi scuotere la testa in segno di disapprovazione.
Li avrebbe bruciati per poi dedicare un'intera giornata completamente al suo nuovo guardaroba.
Si fiondò nuovamente con la testa dentro il grande armadio, sperando di trovare qualcosa che in un primo momento non aveva catturato la sua attenzione, ma non riuscì neanche a rovistare per bene, che il campanello suonò.
Newt cadde in preda al panico, e mentre l'ipotetico Thomas bussava veemente alla porta, lui lanciava occhiate attorno a sé, come un ladro colto in flagrante, desideroso di trovare una via d'uscita.
Avrebbe potuto fingere di non essere in casa, ma a quale scopo? Edison sarebbe passato di nuovo, e i suoi vestiti avrebbero continuato a far schifo.
Terminator lo aveva visto truccato, con soltanto dei boxer glitterati, che ballava attorno a un palo, e adesso? Aveva vestiti ancora più improponibili, e non si era neanche fatto una doccia.
Perché doveva sempre avere problemi quando c'era A2 nei paraggi? Certo che il cielo l'aveva a morte con lui.
Attraversò il soggiorno, afflitto, in viso la stessa espressione di un condannato a morte verso il patibolo.
Affrontò una battaglia interiore prima di trovare la forza di girare la chiave nella toppa. Quando la porta fu aperta, si rese conto di quanto la metafora di poco prima fosse perfetta per descrivere la "sorpresa" e il suo stato d'animo.
La sfortuna non si era manifestata nella delegazione di Minho a Thomas, né di essere stato avvisato in ritardo, la vera sfortuna era stata aprire la porta di casa e trovarsi Ben.
Newt boccheggió, spiazzato, per quanto si ripetesse mentalmente che quello fosse frutto della sua immaginazione, Ben era davanti a lui, concreto, sull'uscio della porta, con un ghigno solare, che in quella situazione, irritava maggiormente il proprietario di casa, dandogli su i nervi.
Per i primi minuti fu faticoso restare al gioco, ma pian piano Newt capì che gli sarebbe convenuta farla breve, se avesse chiesto rapidamente cosa serviva a Ben, sarebbe potuto andar via prima dell'arrivo di Thomas, e le cose avrebbero potuto prendere una piega migliore.
Scoprì che l'ex era passato per prendere le ultime sue cose, Newt non si oppose, bensì gli lasciò permesso di girare per casa, mentre lui sarebbe andato a farsi una doccia.
Non aveva messo in conto però, che uscito dal bagno, avrebbe trovato non solo il suo ex in soggiorno sprovvisto di maglia, ma anche Thomas, con una faccia preoccupante.
Per Newt si era presentata l'odiata ironia della sorte.
Possibile che si fosse tanto crucciato per trovare degli abiti decenti, che avesse tanto fantasticato di avere Thomas a casa sua, per poi ricevere la sgradita visita di Ben che aveva rovinato tutte le sue fantasie da quelle erotiche a quelle più normali?
Come se essere quasi nudo fosse poco, aveva giocato un importante ruolo anche la maglia del suo ex, finita per qualche strana ragione sul pavimento. Fu l'oggetto che tutti e tre fissarono, come un'opera d'arte, nel momento del silenzio imbarazzante.
C'era tensione nell'aria, fin troppa per due che si erano appena conosciuti, durante la sua assenza, Newt ipotizzò che sicuramente era accaduto qualcosa, fatto che Ben non gli aveva rivelato ma che avrebbe scoperto; per il momento, gli bastava essersi liberato del rossiccio.
Rilasciò uno sbadiglio rumoroso, trascinandosi giù dal letto.
Stropicció gli occhi incollati dal sonno, ma smorzó un sorriso appagato, scoprendo che erano appena le sei.
Quasi sicuramente neanche quella giornata avrebbe avuto sviluppi positivi, ma almeno avrebbe potuto prepararsi in tutta calma. Avrebbe fatto una doccia, ingerito qualcosa come una colazione nutriente, per poi avviarsi a lavoro.
Entrò in bagno, come sempre chiuse la porta a chiave, era un'abitudine-o meglio fissazione- che aveva da tempo: in compagnia o meno, chiudersi in stanza, soprattutto in bagno, gli trasmetteva sicurezza.
Non aveva mai preso in considerazione che la porta avrebbe potuto bloccarsi o altre tragedie, era ottimista per quello.
Gettò un'occhiata allo specchio, non prestando molta attenzione ai capelli sparati in aria. In un rapido gesto si denudó, avvertendo l'aria fredda di Dicembre battere sulla pelle nonostante i riscaldamenti accesi in ogni stanza. Aprì il rubinetto e, quando l'acqua calda cominciò a scorrere, entrò nel box.
A quel piacevole contatto, socchiuse gli occhi, cominciando a massaggiare le palpebre, per poi scendere alle guance, al collo, alle spalle. Le mani, impregnate di bagnoschiuma, presero a lavare tutto il corpo, concedendosi scarsi dieci minuti di relax, nei quali si impose di scacciare i pensieri malsani.
Desiderava con tutto se stesso che le ansie scivolassero via assieme al sudore, ma sarebbe stato come chiedere l'impossibile;era un agente della CIA con un incarico pericoloso oltre che importante, le preoccupazioni erano sempre all'ordine del giorno, e la morte? Sempre in agguato.
Sciacquó bene il viso, smorzando un sorriso appena lo sguardo cadde sulla spalla; la ferita procurata all'interno del Barcode, quella che aveva volontariamente preso al posto di Thomas, stava via via scomparendo, a differenza dei lividi in volto ricevuti dallo stesso in Messico.
Liberò un sonoro sospiro, nel giro di qualche settimana anche quelli sarebbero diventati solo un lontano ricordo.
Inevitabilmente, i pensieri caddero di nuovo sul collega insopportabile.
Pensarlo durante la doccia, non era né il massimo né raccomandabile, soprattutto dopo la reazione a quel sogno tanto osé; era incredibile come tutti i suoi sforzi fossero vani, non riusciva proprio a liberarsi del pensiero di lui, anzi, più passava il tempo, più sembrava che l'americano stesse diventando una vera ossessione.
Lo sguardo che aveva avuto la serata precedente fuori la sua porta, gli era apparso illeggibile, un misto tra accusatorio e glaciale;si era stagnato nella sua mente, tartassandolo con ulteriori pensieri e paranoie.
Thomas non aveva accennato un passo in avanti entrando nell'appartamento, anzi, in fretta e furia aveva consegnato i documenti a Ben, scappando letteralmente via.
Newt sospirò, insaponando la zazzera bionda che sciacquó accuratamente dopo pochi minuti.
Nonostante l'incomprensione, l'irritabilità, e il sottile strato di fastidio misto all'odio, doveva sforzarsi di capire Thomas, mettendosi nei suoi panni.
La donna che amava si era schierata con il fronte nemico, diventando una kamikaze-aveva avuto un figlio con un altro cosa che Thomas ancora non sapeva-, era morta davanti a lui, e non era riuscito a salvarla, era pronto a morire con lei e per lei, e Newt si era messo tra loro, separandoli per sempre.
Era ovvio che avesse un comportamento instabile, e che provasse dei risentimenti nei suoi confronti, in fondo erano passate soltanto poche settimane.
Lavò via il sapone dal corpo, riflettendo che quella sarebbe stata una delle ultime docce nel suo appartamento.
L'idea di lasciare il suo appartamento gli strinse il cuore, difficilmente si sarebbe abituato a una nuova casa.
Aveva sempre creduto di aver uno spirito adattativo poco sviluppato, cosa che gli aveva sempre procurato disagio alle gite del college, e anche i primi anni sotto l'arma.
I primi viaggi di lavoro lo avevano portato a trascorrere diversi mesi in differenti posti, e ciò era stata una vera prova per la sua resistenza, sia fisica sia psicologica; con il passare degli anni però sembrava essere migliorato.
Rilasciò un respiro affranto, non riusciva proprio a vivere con il pensiero che sarebbe andato ad abitare nell'appartamento di Agnes seppure l'idea di aver sempre Thomas nei paraggi lo eccitasse in maniera preoccupante.
Avrebbe dormito nella stessa casa di un kamikaze, ex agente della CIA e quasi ex moglie di Terminator? Sarebbe stata la trama perfetta per una storia surreale con tanta e ingiustificata sfortuna.
Le prime cose che avrebbe portato con sé, sarebbero state sicuramente delle lenzuola, di certo non si sarebbe coricato nelle stesse dove quei due...
Trattenne un conato di vomito, immaginando le varie effusioni tra i due amanti. Perché la sua testa malsana immaginava Thomas in intimità soltanto con se stesso?
Doveva capire una volta e per tutte che l'antipatico collega fosse etero e che non esisteva, né poteva esserci nessun "noi". Edison per lui non avrebbe neanche mai provato amicizia, figurarsi qualcosa in più.
Lavò via parti ancora intrise di bagnoschiuma, per poi uscire dalla vasca e indossare l'accappatoio. Impiegò circa una decina di minuti per asciugare i capelli e quando furono asciutti, si diresse in soggiorno, spedito al frigorifero.
Era da qualche tempo che non faceva la spesa, e non si stupì quando non trovò quel che cercava.
Avrebbe preferito la tipica colazione inglese con uova e bacon, ma li scoprì entrambi scaduti, costretto ad accontentarsi dell'alternativa: confettura all'albicocca con fette biscottate.
Non gli piaceva per niente quell'accoppiamento, difatti si chiese come "quello schifo" fosse finito nel suo frigorifero, poi si ricordò di Ben, a lui piaceva ogni tipo di confettura. Lo aveva sfiancato per mesi interi sulla storia sentita e ripetuta: "la colazione è il pasto più importante, è necessaria una corretta alimentazione e bla bla bla".
Era incredibile come il suo cervello avesse cestinato tutto ciò che riguardasse il suo ex amico di letto, e come non riuscisse a farlo con Terminator.
Terminator, l'acerrimo nemico.
«Come hai osato insinuarti nella mia mente, giorno e notte? Caspio, sto impazzendo!» sbottò fuori di sé, parlando a se stesso.
Spalmó la marmellata sulla fetta con una certa violenza, forse perché inconsciamente vi stava immaginando la faccia di Terminator.
«Mi sa che non ce la faccio a mangiarti ... » ammise sconfitto, con sguardo titubante«Quando ti vedo mi viene solo una fottuta voglia di baciarti e sì, anche di toglierti i vestiti ma ehi! Tu sei etero, e io sono un gay sfigato che deve salvarti il culo ogni volta e ... stai ancora pensando alla tua ex, una psicopatica che ti ha usato per i propri reconditi scopi, e tutto questo è assolutamente... » si bloccò, dandosi un colpo alla testa. «Magnifico, parlo con una fetta biscottata e stavo anche baciarla. » rifletté, e senza ripensamenti, alzò il coperchio della pattumiera, gettando tutto.
Si avvicinò alla dispensa in cerca di altro ma si arrestò appena il telefono prese a squillare, in automatico si attivò la segreteria, rivelando un messaggio. Non fu difficile capire chi fosse, né in che stato si trovasse.
«Newt ... quando hai intenzione di venire a lavorare?» Debuttò così 3C, abbreviazione di: collega, coreano, combina guai. Un acronimo che era balenato improvvisamente nella mente di Newt, e gli era piaciuto.
Il tono canzonatorio dell'asiatico sembrava alludere a un ritardo di cinque ore, mugoló qualcosa di incomprensibile prima di dire chiaramente; «Cerca di portarmi qualcosa per la testa, un medicinale, e anche per la pancia e il vomito, qualsi-» il messaggio si interruppe brutalmente.
Il biondo corrugò la fronte, incuriosito. A distanza di poco, si presentò un altro bip. «Sono sempre io, ero caduto. Vedi di sbrigarti, prima che vomiti sulla sedia di Lillian.»
Mai un attimo di pace, non importava che si fosse svegliato all'alba, non poteva andare con tranquillità come ogni comune mortale, perché Minho, il suo collega era morente e doveva intervenire. La calma non era riservata a Isaac Newton, come la fortuna, l'amore e... Thomas Edison.
Nella fretta indossò i primi abiti che gli capitarono a tiro, non si soffermò a vedere se fossero lontanamente abbinabili tra loro, poi corse in bagno a lavarsi i denti, afferrò le chiavi e si recò all'auto.Poggiò la valigetta sul sedile del passeggero, sedendosi al posto di guida.
Era la prima volta che usciva da casa a quell'oraa, e restò sorpreso non trovando il solito traffico cui si era imposto di abituarsi. Vista da quella prospettiva, Langley era quasi vivibile.
Prima di mettere in moto la vettura, afferrò il cellulare, per il momento non c'era nessun messaggio da parte di Minho, decise di inviargliene uno, breve ma conciso.
"Sto arrivando. Mi raccomando: non fare stronzate." Digitò e, con le mani serrate al volante, partì.
***
«Oh... fratello ce l'hai fatta! Se mi avessero organizzato il funerale, ci avrebbero messo meno.» si lamentò il coreano, appena Newt varcò la soglia dell'ufficio di Lillian Strand. Non gli fu chiaro perché l'amico si trovasse nello studio del temibile capo, né cosa ci facesse ancora del sushi sulla scrivania, preferì ignorare, rispondendogli a dovere.
«Oh fratello» riprese, imitando la medesima tonalità. «scusa se sono un agente della CIA e non Gesù, mi hai scritto alle sei, ho dovuto cercare una farmacia di turno. Non faccio ancora miracoli, e un grazie sarebbe d'obbligo.» controbatté, muovendo le braccia con fare teatrale, per poi poggiare la valigetta e il cappotto sulla sedia; con uno sbuffo, portò i capelli all'indietro, era autunno, ma sentiva comunque caldo.
Minho, invece, da come tremava, sembrava sentisse freddo. Se ne stava schiacciato tra lo schienale della sedia e il tavolo, la guancia destra contro la scrivania, le braccia distese in avanti chiedevano un aiuto agonizzante. Pareva proprio sul punto di morte, ma appena vide l'inglese sventolargli a un centimetro dalla faccia il sacchetto delle medicine, il suo sguardo s'illuminò, alzò la testa, mostrando completamente il viso.
Non aveva per niente una bella cera anzi, a dirla tutta, aveva perso il suo colorito, apparendo molto pallido: gli occhi luccicanti lasciavano pensare anche a uno stato febbricitante.
Come un'anima in pena e sofferente, strappò via la busta dalle mani di Newt, frugando tra i medicinali alla ricerca di uno tra tanti. Aprì una confezione, spiegò il foglio illustrativo, iniziando a leggere le indicazioni.
Socchiuse gli occhi in due fessure, per mettere a fuoco, probabilmente stava riscontrando problemi nella lettura.«Per emicrania, raffreddore, tosse... » gli si strinse la gola quando trovò «emorroidi»il tono si fece incerto, come se non fosse sicuro di averlo letto davvero; sollevò lo sguardo, in cerca di una risposta da parte di Newt, ma A5 limitò a stringersi nelle spalle, come per dire "e chi poteva immaginarlo?"
«Wuoh... riduce anche i dolori del periodo premestruale ... ma che cazzo, Newt! Dimmi che c'è qualcosa per vomito e diarrea.»gracchiò disperato, accennando uno sguardo affranto.
Il biondo sembrò in difficoltà, esitò prima di riuscire a balbettare«Oh...È-èadatto anche per il pre- premestruale? No-n ne sapevo nulla ... Sai, alcuni medicinali sono buoni per più di un fastidio.» tentò di nascondere il fallimento e calmare l'ira che lenta ma pericolosa stava crescendo nel suo amico. Non poteva credere di essere uscito all'alba, aver girato in lungo e in largo per fare un buco nell'acqua.
«Non m'interessa dei diversi fastidi, né tanto meno del premestruale! Ho diarrea e vomito, non crampi da ciclo!» Minho aveva ragione, ma la colpa non era stata interamente di Newt, qualcuno gli aveva venduto quelle cose, con esattezza una dottoressa.
Lee continuò a cacciare compresse, addirittura delle supposte. Appiattì il cipiglio in un'espressione seccata, ormai non sembrava più tanto sorpreso.
Aveva cominciato a sbuffare, spazientito. Oltre ad avere un brutto aspetto per via del malore, stava diventando spaventoso anche per la sua espressione, per niente amichevole.
«Cerca bene, Min, tra poco uscirà anche un test di gravidanza.» proferì qualcuno proprio alle spalle di Newt.
L'inglese sobbalzò, sorpreso, non avrebbe mai immaginato che lui fosse già in ufficio.
Il cuore cominciò a martellargli nel petto, le guance stavano sul punto di esplodere.Doveva assolutamente calmarsi se non voleva rivelare i suoi sentimenti così scioccamente.
«Gravidanza?» fece eco l'asiatico, terrorizzato.Lasciò cadere i medicinali, portando rapidamente una mano davanti la bocca. Teneva gli occhi sgranati e le guance gli si erano gonfiate. Un brutto, cattivissimo presagio.
«Non ti immaginavo così mattiniero.» debuttò Newt, schiarendosi la voce con un colpo di tosse. Il timbro diventava più profondo e incerto quando Thomas gli era vicino, ed era un'ulteriore prova di cui doveva sbarazzarsi.
Si voltò in direzione del nuovo arrivato, notando un piccolo particolare: Thomas non aveva il suo solito look da bad boy, nessuna giacca nera di pelle, jeans larghi e maglia scura, bensì indossava una maglia chiara, con scollo a O di un blu che risaltava in maniera spettacolare i suoi occhi castani. Un colore che attraeva costantemente come un magnete gli occhi di A5 su di sé.
«Non aveva senso starmene a letto senza far nulla. » rispose, accendendo nel cervello di Newt la lampadina della perversione. «Diverse cose mi hanno tenuto sveglio,» informò, cominciando a girare intorno ad A5. Isaac lo seguiva con lo sguardo, mentre Thomas si allontanava, avvicinandosi alla scrivania«sogni compresi... » aggiunse infine, con non-chalance.
Beh, su quel punto non erano tanti diversi, notò il più grande.
«Quindi ho pensato di venire a lavoro, mi sarei sicuramente reso utile.» diede risposta, saccente. «se Minho avesse chiesto a me, ad esempio, gli avrei portato quello che gli serviva.» spalancò la bocca mostrando un sorriso a trentadue denti, falso, dispettoso.
«Ma non l'ha fatto.» ribatté Isaac, vittorioso. Aveva lasciato intendere tacitamente che Minho preferiva lui a Thomas, e per un secondo era riuscito a zittire il collega sbruffone. «Non è mia la colpa, ho girato in lungo e in largo, in cerca di una farmacia e quando l'ho trovata...»
«Hai dimenticato di dire alla dottoressa che si trattasse di un maschio.» interruppe Thomas, sarcastico. Per quanto fosse insopportabile e irritante, Newt doveva riconoscerglielo, dare queI medicinali era stato un errore inaccettabile. Scosse la testa a destra e sinistra, allontanando lo sguardo dal collega sbruffone per posarlo sull'asiatico.
«Minho, mantieni il controllo.»incoraggiò, determinato.«Ci sarà qualcosa adatto a te.»
«Tra tutti questi, sì... probabilmente. Ci sono molte medicine, ma attento a non dargli dei lassativi, a come ho capito, ha un'espulsione più che regolare.»derise Thomas, smorzando uno dei suoi sorrisi tipici, quelli che veniva voglia di eliminare con un paio di schiaffi.
Lee borbottava, capirlo era un'impresa, visto la mano davanti alla bocca e il vomito che a breve gli sarebbe salito dall'esofago, riempiendo il cavo orale. «Non ce la faccio, il bagno è troppo lontano.» aveva poi detto tutto di un fiato, stava sudando freddo.
«Ti tocca arrivarci, non verrà lui da te.» appurò mr. ovvietà, rendendo la circostanza ancora più snervante, soprattutto per l'intossicato.
Il coreano abbozzò una faccia sarcastica, come per dire " grazie, non lo sapevo." Provò a mettersi in piedi, continuando a tenere la mano destra davanti alla bocca. Newt intravide delle goccioline di sudore sulla fronte, decidendo di intervenire.
«Minho ce la puoi fare, il bagno è qui vicino.»lo confortò, affiancandosi alla sua destra per sorreggerlo.
«Mi gira la testa...» avvisò il coreano, rischiò di cadere, ma Thomas intervenne in tempo, sorreggendolo al lato opposto a Newt.
La sua mano incontrò quella del biondo dietro la schiena di Lee, fu un leggero sfiorarsi ma Newt percepì una scossa, un'elettrica e potente carica, forse accadde lo stesso ad A2, perché subito sollevò lo sguardo, incastrando i suoi occhi profondi e scrutatori in quelli dell'inglese.
Entrambi avevano le bocche schiuse, e un'espressione destabilizzante, incantata. Adesso Newt ne era sicuro: non era stato il solo ad avvertire quella sensazione. Continuarono a fissarsi per secondi che parvero ore.
«Che bello, entrambi i miei amici pronti ad aiutarmi! Spero non intendano questo quando parlano di threesome.» blaterò Minho, delirante, i due si riscossero dallo stato di trance, e come scottato, Thomas ritirò la mano, portandola più in su, verso le scapole del coreano, Newt invece la lasciò dov'era.
Restarono entrambi in silenzio con gli occhi fissi in avanti, accompagnati dalla nenia di Minho, che a peso morto si lasciò trascinare dai suoi amici al bagno più vicino.
Appena riconobbe le mattonelle del bagno, si svincolò dalla presa dei due, inginocchiandosi al water e centrando. Minho emise versi strozzati, gettando fuori litri di roba, si trattava sicuramente di un'intossicazione. Svuotò se stesso, in diversi round, mentre i colleghi gli stavano dietro di qualche passo, sulla soglia della porta.
Sarebbe stato impossibile per l'asiatico lavorare in quello stato, era stordito e stanco, non sarebbe riuscito neanche a star seduto alla sua posizione e basta, e anche per Newt se fosse rimasto.
«Sai come reprimerlo?» domandò Edison, puntando le iridi scure sulla figura esile di A5.
Newt aveva la schiena poggiata malevolmente contro lo stipite, stava sfregando i palmi delle mani, irrequieto. A quelle parole, che avevano rotto il silenzio, sussultò appena.
«So che vuoi saperlo... » ripeté il moro, insistente.
A5 sollevò il capo, guardandolo senza accennare alcuna espressione, apaticamente.
Thomas era un rebus, lo era sempre stato, soprattutto in quel momento. Aveva omesso il soggetto, non aveva specificato, e lo fissava come il cattivo di un film horror che squadra la sua preda, con aria ... indecifrabile.
Non riuscì a capire se si trattasse di superiorità come suo solito o altro, visto che il ragazzo mezzo computer sapeva celare molto bene le sue emozioni, i suoi pensieri.
Pensò di ignorarlo, in fondo non sapeva neanche a cosa si stesse riferendo. Si voltò verso il corridoio, distogliendo lo sguardo e reprimendo l'istinto di scappare via.
Aveva visto il rigetto di Minho, ne aveva sentito il suono strozzante, e il suo naso cominciava a sentirne anche il puzzo, lo stomaco aveva cominciato a contrarsi, non aveva mai sopportato scene del genere, e non erano mai andate a buon fine.
«So dei rimedi semplici, poi ho un chip che mi permette di fare milioni di ricerche in pochi secondi, semmai un metodo dovesse fallire... » continuò il più piccolo, mentre Newt desiderava soltanto una cosa: che la smettesse di parlare.
Aveva cominciato a girargli la testa vertiginosamente, percependo i rumori in maniera ovattata, stesso la voce di Thomas appariva incomprensibile e lontana, probabilmente era il prologo di un calo di pressione.
Sentì Minho tirare lo sciacquone, per poi rigettare. Era troppo per il suo stomaco.
«Ignorami pure, alla fine tutti hanno bisogno di me. » pavoneggiò il moro, poggiando la schiena contro il muro, la gamba destra avanti a quella sinistra e le braccia incrociate al petto, in una posa da uomo forte e irresistibile.
Newt aveva cominciato a vedere offuscato, la figura del collega traballava, come se stesse assistendo a un terremoto; Thomas non riuscì a dire altro che notò l'espressione assente del collega, lo scarso equilibrio fece barcollare all'indietro A5, rischiando un violento urto contro lo spigolo del lavandino.
«Ehi, Newt, ci sei?» domandò A2, afferrando in tempo il collega tra le proprio braccia; pensò di dargli qualche schiaffo, per rinsavirlo.
Isaac boccheggiò stordito, mugolando cose che in un primo momento non furono chiare, poi avvicinò il proprio orecchio alle labbra dell'inglese e comprese;«La puzza, detesto... il vomito.» rivelò stordito, toccandosi la fronte.
«Me ne ero accorto...beh, almeno è una frase sensata. » commentò Edison, ironico. Newt avrebbe preso conoscenza a momenti, per fortuna, non era in una fase di shock preoccupante; a piccoli passi, Edison lo fece alzare, visto che nella caduta si era sdraiato, atterrando sulle sue gambe, lo condusse al lavandino, senza lasciare la presa. Aprì il rubinetto dell'acqua fredda, e portò i polsi di A5 sotto il freddo getto.
Newt, che aveva ancora gli occhi socchiusi, sussultò per l'improvviso contatto con il gelido.
«Ma che diam-!» sbottò, risvegliandosi completamente.Scattò di poco all'indietro, e Thomas fece lo stesso, per evitare che gli pestasse i piedi; Newt abbozzò un'espressione stupefatta, qualsiasi cosa gli fosse accaduta, Thomas lo stava letteralmente abbracciando da dietro, lo stava aiutando.
Cercò di reprimere la vampata di calore che gli salì al viso, arrivando in testa, restando lucido e nella medesima posizione, imponendosi di non far trapelare le sue emozioni e di godersi quella vicinanza; con piacere notò che anche Thomas non si era mosso, anzi le sue mani massaggiavano ancora i suoi polsi.
«Pensa esclusivamente a inspirare ad espirare, andrà meglio.» consigliò Edison, massaggiandogli i polsi tracciando sempre lo stesso movimento circolare. Newt restò in silenzio, registrando quel momento nella sua mente, per riviverlo in seguito ovunque fosse in modalità loop, creando pippe mentali.
L'antipatico sbruffone, ma sexy collega, era dietro di lui, che lo sorreggeva. Il petto muscoloso e palestrato era spinto contro le sue esili spalle, quella vicinanza aveva completamente annullato la distanza. Le braccia del moro erano attorno al suo esile busto, e le mani, disegnavano figure invisibili attorno ai suoi polsi. I bacini quasi alla stessa altezza quasi urtavano tra loro, scatenando in Newt una lampa infuocata di desiderio.
Quella circostanza, i loro corpi così vicini, non solo sarebbero stati di spunto per i suoi sogni erotici, ma anche per le sue illusioni amorevoli. Thomas lo aveva aiutato, tutt'ora lo stava facendo, doveva pur significare qualcosa.
Senza che ci fosse il bisogno di voltarsi, tramite lo specchio, Newt studiò l'espressione facciale del collega. I muscoli erano rilassati, ciò dimostrava che non era in imbarazzo o soggezione per l'estrema vicinanza, non era neanche divertito della sua debole reazione di stomaco, o almeno non fin quando lo beccò a spiarlo di sottecchi, lì sogghignò beffardo, e Newt si sentì uno stupido, arrossendo come un peperone.
«E così...sei debole di stomaco, quando qualcuno vomita, ti viene da fare lo stesso.» la sua non era una domanda, bensì una constatazione. Isaac non capì come avesse fatto a scoprirlo sin da subito.«Non sei il solo, le statistiche sono elevate...pare che il vomito sia contagioso.» informò, distaccandosi per asciugare le mani.
A5 boccheggiò, voleva replicare, confermando o smentendo, ma in quel momento gli sembrava tutto, le parole gli morivano in gola. Era appena stato tra un lavandino e il corpo mozzafiato di Thomas, l'ossigeno non era ancora arrivato al cervello e voleva evitare di dire qualcosa di cui si sarebbe sicuramente pentito.
«Scommetto che stai trovando la parola grazie, non ci vuole molto, basta una gi, una erre... » sbuffò spazientito, muovendo la gamba a ritmo di tic. Passarono scarsi dei minuti nei quali Newt non accennò a nessuna parola.
«Beh... come avevo detto, mi sono reso utile.» sopraggiunse, mantenendo la maschera da menefreghista. «Cerca di superare il trauma. » beffeggiò, dandogli una pacca sulla spalla e avvicinandosi al viso di A5. «Ben ten non è l'unico a saperci fare, quindi comincia ad ammirarlo un po' meno. » rivelò, lo sguardo cupo. «Divertiti con gli interrogatori e con Minho. Io ho delle indagini serie da seguire.»liquidò altezzoso e senza voltarsi verso Lee abbandonò i bagni.
«Good job! » pronunciò infine in un inglese perfetto, lasciando Newt alle sue spalle, con un'espressione da pesce lesso sul viso.
«Da quando ammiro Ben? Quando mai l'ho ammirato?» ripeté a se stesso, incredulo. Stava viaggiando nella sua mente per trovare un senso logico, ma non pareva esserci. A cosa si era riferito Thomas? E che diavolo gli aveva detto Ben la sera precedente, a casa sua?
Si sentì toccare la spalla, era Minho, beh ... almeno era riuscito a mettersi in piedi. Era già un buon segnale ...
«Amico, non so se ammiri Ben, ma io non di certo.» ammise e, prima di aver la forza e il tempo di spostarsi, non riuscì a trattenere un altro conato di vomito, che riversò sul pavimento a pochi centimetri dal biondo.
«Perfetto, adesso è ufficialmente iniziata la mia giornata di sploff.» proferì afflitto, con tanta dose di pessimismo.
***
L'agente A5 se ne stava stravaccato sulla sedia, la schiena contro lo schienale, la gamba destra su quella sinistra, e gli occhi fissi sul suo interrogato. Le dita tamburellavano sul tavolo freddo, in attesa di una risposta, della collaborazione da parte dell'imputato. Il suo caffè, dapprima fumante, era diventato freddo, motivo per cui non riusciva più a ingerirlo.
La stanza in cui si trovava, a differenza delle altre, era più piccola oltre a essere più scarna e vuota: a centro c'era un tavolo blu con due sedie, le quattro pareti del medesimo colore ne avevano una che fungeva da finestra, dalla quale, nella stanza accanto, era possibile vedere e sentire, inoltre, c'era anche una telecamera in alto nell'angolo. L'interrogatorio era iniziato da circa quindici minuti e il clima era davvero imbarazzante, visto che davanti a sé aveva una persona che aveva conosciuto in una circostanza molto diversa dal suo vero lavoro, con diversi identità, e con una diversa prestazione.
Aiden Blake, o meglio conosciuta come Alien la spogliarellista transessuale, lo fissava con aria di sfida, uno sguardo colmo d'astio che spazzava via la speranza di una sua collaborazione. Indossava ancora gli abiti del night, e attorno a collo aveva rimasto la sciarpa sexy che i clienti tiravano per condurla a ballare o a far altro con loro.
Newt bevve un sorso di caffè, per poi riporlo sul tavolo, a fianco alle gomme e al lecca-lecca che aveva preso in seguito per la sua interrogata, forse con quelli avrebbe addolcito Alien. L'orologio, situato sulla parete di fronte a Newt, continuava a scorrere, erano già passati quindici minuti nei quali Newt aveva provato a dire e domandare qualcosa, ma Alien lo aveva ignorato, apaticamente.
«Alien siamo qui da circa mezz'ora, quando ti deciderai a dire qualcosa? Qualsiasi. » la voce gli uscì bassa, quasi implorante. Aveva immaginato che Alien sarebbe stata quella più restia, dopotutto era quella con cui aveva legata di più, e quella che sicuramente era restata delusa scoprendo la verità.
La ragazza roteò gli occhi al cielo, rendendo palese la sua noia. Guardò le mani, soffermandosi sullo smalto blu notte, che richiamava la tinta dei suoi capelli. «Non lo so, Nathan.» enfatizzò, acida. «Forse quando deciderai di rilasciarmi e restituirmi il mio cellulare.» obiettò, inviperita.
Isaac alzò le mani in segno di resa, guadagnandosi un'espressione curiosa e confusa da parte della donna dinnanzi a sé.
«Ti rilasceremo al più presto e riavrai il tuo cellulare.» informò, sperando di accendere nella giovane spogliarellista un po' di pietà e interesse, che l'avrebbe spinta a collaborare, ma ottenne soltanto uno sbuffo, un sospiro pesante.
«Lo so» continuò, senza demordee.«So che sono entrato lì dentro sotto falsa identità.» passò la lingua tra le labbra, aveva notato qualcosa di diverso, un minimo progresso, adesso Alien aveva lo sguardo fisso su di lui a differenza di prima che neanche lo guardava, e sembrava più...accessibile, disposta ad ascoltarlo.
«Ho mentito, vi ho detto di chiamarmi Nathan Jones e che fossi uno spogliarellista, ma...» Newt sapeva che non c'era nessuno nell'altra stanza a vederli e sentirli dalla schermata invisibile, avrebbe potuto parlare senza problemi, confessare che aveva mentito su tutto, tranne che su una cosa. «ma... » strinse la mano in pugno, sussultando, era così difficile dire la verità, rivelare la sua natura. Abbassò il capo, giocando con le mani e strofinandole l'una contro l'altra.
«Ci hai mentito su tutto, tranne sui tuoi gusti. Sei gay, agente.» concluse Alien, senza scomporsi. Isaac, che era palesemente rosso e accaldato, ebbe soltanto la forza di annuire, senza dire nulla. «Non vorrai scusarti con questo? Stai usando la carta dell'essere simili per impietosirmi e capire quanto faccia schifo il fatto che ti discriminino? Non credo che cerchi in me un'amica, bensì informazioni per raggiungere chi devi.» sbottò, impettita.
Newt si scosse, stupito da tanta tenacia.«Non è come credi, sarete tutti rilasciati, ma prima dovete aiutarci a trovare un uomo. » ribatté, cercando di frenare
«Sai dove ho sentito questa stessa frase, Nathan? In una telenovela, e la diceva un mafioso. Già, mi sembra di essere in quella serie, nei panni dell'ostaggio.» derise, portando una gamba sull'altra, l'espressione menefreghista padroneggiava sul suo viso.
«No, Alien, no. Noi siamo i buoni, quelli che possono salvare voi e altre persone.Molta gente potrebbero essere in pericolo, soprattutto bambini, ragazzi e ragazze che a tua differenza non hanno scelto questa vita, ma ci sono stati costretti, perché rapiti, sotto minaccia. Nel sotterraneo è stato trovato un bambino di nove anni, si chiama Charles e non abbiamo idea di dove cercare i suoi genitori, parla poco ed è costantemente terrorizzato. Non sappiamo cosa abbia vissuto, né come sia arrivato lì sotto e ancor peggio, non sappiamo se ce ne fossero altri in precedenza e che fine abbiano fatto. Per favore, pensaci...hai mai visto uomini entrare nella 27? Ti scongiuro, se hai mai visto qualcosa, qualcu-»
«Jigsaw, è lui che state cercando. » diede risposta, senza battere le ciglia, come se non avesse rivelato nulla di importante.
«Co-come, chi è?» Newt restò incredulo, non avrebbe mai pensato che Alien gli avesse detto un nome, credeva che avrebbe dovuto dire altri sproloqui e invece era bastato quello.
«Un gangster...è ricercato da tutti gli sbirri, voi non siete la Cia, non dovreste conoscerlo meglio di tutti? O raccogliete patate e vi imbucate alle feste?» ironizzò Alien, inarcando un sopracciglio, con una nota di fastidio.
«Asso di picche.» proferì una terza voce, alle spalle di Newt. Era la seconda volta nella stessa giornata a distanza di qualche ora. Possibile che non sentisse mai Thomas arrivare?
«Qualcuno sveglio, finalmente... » adulò Alien, leccando il chupa chups in maniera molto fraintendibile.
«È conosciuto così nei nostri registri, l'agente Newton è arrivato da poco, deve ancora studiare molto, per adesso si scandalizza subito, e appena vede del vomito, va fuori...in tutti i sensi.» enunciò Thomas, mettendosi dietro il collega, e poggiando le mani sulle sue spalle.
A5 si impose autocontrollo, deglutendo a fatica. A contrario di Thomas che era alle sue spalle, Alien gli era di fronte, e le erano visibili ogni sua reazione ed espressione. A dir poco imbarazzante.
«Dobbiamo trovarlo immediatamente! È pericoloso, no? Dobbiamo incastrarlo. » sbottò l'inglese, cercando di dimenticare che Thomas gli fosse dietro, che le sue mani stessero toccando le sue spalle, che qualcosa nei suoi pantaloni avrebbe iniziato a pulsare a momenti. Quella giornata aveva tutto di strano e inspiegabile, iniziando dall'insolito atteggiamento di Thomas, si era drogato già dalle prime luci dell'alba?
Edison lo affiancò, abbassandosi sulle gambe e poggiando il gomito sul ginocchio, in volto un'espressione ironica. «Pericoloso? È un gangster, un killer, molti omicidi sono stati attribuiti a lui seppure con miserabili prove, ha commesso tanti reati, non crediche lo avremmo già sbattuto in cella, se solo avessimo saputo dove si nasconde?» controbatté il moro, indagante.
«Già...» sibilò Newt, sconfitto. Quel discorso non faceva una piega. «Alien, sai altro? Qualsiasi dettaglio è importante.»
La ragazza leccò il chupa-chups prima di dire con molta non-chalance.«Posso fissarvi un appuntamento con lui, a patto che mi restituiate il mio cellulare.» Newt corrugò la fronte, allibito.
«Ma quanta generosità improvvisa, sei coinvolta con lui in qualche crimine? Un'orgia con cocaina, o sei la complice di un omicidio magari con la tua vecchia identità da Aiden Blake? Uhm?» attaccò Thomas, scettico. «Perché uno che ha il mandato di cattura internazionale ti avrebbe dato il suo numero?»
L'interrogata inarcò un sopracciglio, infastidita.Detestava quando qualcuno le ricordasse la vecchia vita, soprattutto quando a farlo era uno con il distintivo. «Semplice, gli piace come scopo.» dichiarò glaciale, senza filtri, ammutulendo e imbarazzando i due agenti. È inutile che cerchiate nel mio telefono, non ho salvato il suo numero, lo so a memoria, come lui sa il mio. Non risponde se vede un altro numero o l'anonimato. Il suo bodyguard accetta le mie chiamate e quelle dei suoi soci.» smorzò un sorriso sornione, da vincente.
I due agenti si guardarono a vicenda, titubanti, per poi fare un cenno affermativo con la testa. Il biondo estrasse dalla tasca dei suoi jeans uno smartphone dalla cover gialla con una pallina pelosa color fucsia, di certo non sarebbe passata inosservata. Alien lo afferrò, compenendo rapidamente il numero.
Sia Isaac che Edison si avvicinarono all'apparecchio, per sentire meglio; dopo diversi squilli, rispose qualcuno dalla voce profonda e possente. La transgender parlò in un'altra lingua, una incomprensibile a Newt, ma non a Thomas, che grazie al chip poté avvalersi della funzione riconoscimento e traduzione. Impiegò pochi secondi per scoprire che si trattasse del rumeno. Thomas lanciò diverse occhiate preoccupate in direzione del collega, ma non osò anticipare nulla. Quando Alien agganciò, fu lei a rivelare l'inaspettata notizia, interresante ma al tempo stesso pericolosa.
«A quanto pare sarà semplice catturarlo...» enunciò, mentre Isaac la guardava incuriosito.
«È stato fuori il continente, è abbastanza arrabbiato perché gli sbirri gli hanno sequestrato il locale, ma non ne conosce il motivo, né sa chi ha chiamato i rinforzi. I suoi clienti, quelli che sono riusciti a svignarsela, gli hanno parlato di un certo Jones, è curioso di conoscerlo.» avvisò, mentre i due ragazzi si guardavano l'un l'altro, sospettosi.
«Ho sentito che ti ha chiesto dove ti trovassi, ti ringrazio per aver detto di essere scappata.» riconobbe Thomas, guadagnandosi un'occhiata stupefatta dalla spogliarellista.«Negli anni trascorsi fuori a studiare, ho avuto modo di conoscere molte lingue, tra cui il rumeno.» mentì spudoratamente, mantenendo il segreto del chip.
«Che memoria, è complicata come lingua, io personalmente ci ho messo anni.» inform stupita, rivolgendo un'occhiata sorpresa a Thomas. Non solo era bello, ma era intelligente, probabilmente l'avrebbe già sedotto se non fosse stato uno sbirro.
«Di niente, se devo collaborare, lo faccio bene. Ho pensato potesse esservi utile dirgli di essermela svignata con Nathan, così da aver modo di organizzare un incontro, lo potrete acciuffare lì, nella fabbrica abbandonata fuori città questa sera »
«Sei stata geniale, Alien. » adulò Thomas, smorzando un sorriso che avrebbe steso etero, omosessuali, transessuali, lesbiche e anche pansessuali.
«Di nulla, tesoro.» filtrò la transgender, sorridendo di rimando.
«Sì, sì, grazie della collaborazione ad entrambi! Adesso tu, Thomas, torna a svolgere le tue indagini. Continuo io qui, vai pure tranquillo!»liquidò il biondo, mettendosi in piedi e indicando la porta al più piccolo. Il moro non oppose resistenza e con un cenno di mano salutò l'interrogata, prima di sparire dietro la porta.
«Ne abbiamo per molto?» chiese, spazientita. Le braccia conserte, il ticchettio nervoso della gamba urtava fastidiosamente il tacco 12 contro il freddo pavimento bianco, riproducendo un suono stridulo. Il lecca lecca era diventato una chewin-gum che stava masticando in modo sguaiato.
«Beh...prima di tutto: questo è ancora nostro. »Sbottò Newt, allungandosi e sottraendole in una fugace mossa il cellulare dalle mani, ottenne un'occhiata infuocata dall'imputata ma non se ne curò, anzi, ricambiò con un sorriso. «E secondo: perché ci hai rivelato tutte queste informazioni? Hai collaborato più dell'immaginabile, fissandoci un incontro che sai come andrà a finire. Hai messo in catene uno con cui hai una sottospecie di relazione, che ti permetteva di...vivere?» Newt si sentì titubante, temeva che qualunque parola usasse, potesse ferirla, offenderla.
«È brutto che non ci si possa proteggersi, non tutti sono come me. Io me la cavo sempre, Nath.» rispose con tono impertubabile, senza lasciar trapelare alcun tipo di emozione. S'alzò dalla sedia, sistemandosi. «Da quando sono Alien, ho dimenticato tutto ciò che appartenesse alla mia vecchia vita, al mio vecchio me, ad Aiden. Non ho alcun tipo di legame affettivo, le persone sono soltanto comparse nella mia vita. Di lui non mi importa, »
«Ti fa stare bene questa scelta? »Domandò Isaac, azzardato. Seppure Alien fosse stata brava a celare l'angoscia e la malinconia, Newt poteva capire quanta sofferenza ci fosse nella solitudine, di non avere nessuno, di non aspettare nessuno, di non essere aiutati o salvati.
«Sì, ho iniziato a vivere dal momento in cui ho mandato tutti a quel paese. Alcune persone hanno cariche negative su di noi, e visto che non puoi ucciderle, allora si ignorano. Da quando sono Alien non permetto più a nessuno di offendere la mia persona, contestare le mie scelte, né di amarmi. L'amore rende deboli, ti fa fare cose assurde, ti rammollisce...» tirò su col naso, soddisfatta della sua tesi. Abbozzò un sorriso di circostanza che Isaac ricambiò.
«Adesso, ti faccio io una domanda.» parlò autoritaria, prendendo ilgiovane inglese in contropiede.
«Sì...» rispose esitante, mentre girava la maniglia per aprire la porta.
«Mi hai chiesto perché vi ho aiutato e ti ho risposto.E tu perché ancora non te lo sei fatto?» domandò ovvia, l'espressione tipica di un'amica che stava spettegolando sul sesso.
Newt corrugò la fronte, l'espressione interrogativa. Impiegò un attimo per collegare tutti i tasselli, poi scoppiò in una fragorosa risata, arrossito.
«Avresti dovuto vederti...quando ti ha toccato, credevo che venissi lì, sulla sedia, davanti a me.» schernì la transessuale, abbozzando un sorriso più vero.
«Dubito che ci sarà un noi.» confessò, pessimista.
«Nah, io invece credo che accadrà molto presto...C'è qualcosa tra voi, qualcosa di profondo. Vi state impegnando a respingerlo, ma ritornerà come un boomerang, forte e accentuato, e avrà soltanto due traiettorie: o la più fervida passione o la più crudele disperazione.»Durante quella frase, Newt ricordò tutti i momenti trascorsi con Thomas, dai più tristi a quelli più divertenti, compreso ciò che era accaduto poco prima, in bagno.«Spero la prima.»concluse la transessuale.
«Dirò a qualche agente di portarvi qualche coperta, so che fa molto freddo.» parlò l'agente, chiudendo l'argomento.
«Sì, grazie, anche perché, come vedi, non sono molto coperta...» constatò ovvia, sfregando le mani contro le spalle, per riscaldarsi. «Speravo che nel giovane agente super referenziato Isaac Newton ci fosse una parte di Nathan Jones, e per fortuna non mi sbagliavo, magari chissà...c'è più Nathan che Newt.» suppose la trans, mordendosi il labbro.
«Chi può dirlo.» lasciò la domanda aperta, stringendosi nelle spalle.
«Probabilmente io ho conosciuto il vero te, ci hai pensato? Su quella pista ti scatenavi, forse la finzione è proprio Isaac Newton.» ipotizzò Alien, lasciando un profondo dubbio nell'agente.
La transessuale venne accompagnata dall'agente Drew nell'ufficio accanto, per la firma di alcuni documenti, Newt, invece, lasciò un sospiro pensieroso, incamminandosi verso il suo studio. Soltanto una domanda per il momento gli vorticava nel cervello:possibile che sia Minho sia Alien vedevano in Thomas tutt'altro che eterosessualità?
●●●
Seduto alla sua scrivania, A5 faceva ricerche al computer.
Aveva digitato diverse parole, tutte corrispondenti a un'unica persona, o meglio mostro, visto le crudeltà segnate a suo nome.
Jingsaw, detto anche asso di picche, il gangster con cui Alien andava a letto, era il sospettato per centinaia di omicidi, compiuti da terzi ma di cui si vociferava fosse lui il mandante, per un risanamento dei conti.
Sebbene Newt sarebbe stato sottocopertura, fingendosi uno spogliarellista, doveva conoscere e sapere chi avrebbe avuto davanti, assimilare quante più nozioni possibili del nemico, evitando di presentarsi impreparato all'incontro.
L'incontro, organizzato astutamente da Alien, avrebbe potuto tramutarsi in una trappola, dopotutto, era quasi impossibile che un ricercato di quel calibro, con un mandato di cattura internazionale, non conoscesse l'accaduto al suo night club, né le identità degli agenti che lo avevano mandato in malora.
L'agente sudò freddo, leggendo in che stato erano stati ritrovati i cadaveri. Archivi pieni presentavano nomi di vittime, documentati da descrizioni dettagliate e raccapriccianti. Quando vide le età e capì che c'erano anche diversi bambini, il mondo gli cadde sulle spalle, ammazzandolo emotivamente.
I loro corpi erano stati ritrovati spezzettati, squarciati con lame affilate, alcuni arti erano stati amputati, gli organi interni introvabili; in alcuni corpi, dei proiettili erano conficcati nel cranio, in altri c'era addirittura stata la trapanazione. Trasalì, leggendo che si trattava per lo più di agenti, di soldati, di persone che lottavano una battaglia opposta a quella del mostro.
Aveva inflitto alle sue vittime morti dolorose, una donna era stata persino legata nuda a un palo della corrente in una notte tempestosa, morendo poco dopo colpita da un fulmine.
Lesse attentamente e lentamente i nomi e i cognomi di quelle persone, come se gli stesse dedicando una preghiera. Erano morti in un modo atroce per un'inspiegabile motivazione-non che gli omicidi potessero essere giustificati in alcun modo-.
Preso dalla lettura, dallo scoprire quell'orrore, che quando le sue orecchie udirono il leggero cigolio della porta, sobbalzò dalla sedia, soffocando un urlo terrorizzato.
«Tu!» sbottò irascibile, riaprendo pian piano gli occhi. Le mani erano chiuse in pugni, le sopracciglia aggrottate in un'espressione colpevolizzante. Portò la mano sul petto, il cuore martellava di paura. «È la terza volta da stamattina che sbuchi all'improvviso, cosa ti costa bussare?» rimproverò, riprendendo a respirare a ritmo regolare.
Edison gli rivolse uno sguardo apatico, prima di aprire la bocca e smorzare un ghigno falsamente divertito.
«Quando vai a casa, chiedi il permesso prima di entrare?» chiese retorico.
«No...» ammise il biondo, abbassando lo sguardo.
«Ecco, ti ricordo che questo è anche il mio ufficio.» abbozzò un sorriso a trentadue denti, per poi chiudere la porta alle sue spalle, avanzando verso la scrivania del biondo.
«Volevo dirti che quando sono uscito dalla stanza dell'interrogatorio, ho notato un peggioramento in Minho, ho chiamato l'ambulanza, necessitava di qualche flebo per l' intossicazione, ho creduto giusto affidarlo a chi di dovere. » informò, guardando i quadri appesi alla parete con un'occhiata di disapprovazione. L'ufficio era il suo, anche i quadri, perché mai quel fastidio?
«Oh, oh, oh! Quindi Thomas Edison ha un cuore per il suo collega, fa piacere saperlo.È bello scoprire che c'è del buono anche in un stronzo cronico. Nell'attesa dei soccorsi, avresti potuto fargli il massaggio ai polsi, si è rivelato utile. » enunciò Newt, posando dei fascicoli sullo scaffale retrostante la propria scrivania.
«Sarebbe un complimento?» stuzzicò il moro, restando fermo in mezzo la stanza, con lo sguardo vagante.
«No, affatto, era soltanto una mia considerazione.» interruppe il più grande, guardandolo distrattamente.
«Beh, almeno adesso le tue guance hanno preso colore.» notò, procurando nel biondo un battito accelerato. Abbassò il capo, fingendosi interessato a qualcosa.
«Che guardavi?» fu stesso Thomas a cambiare argomento, curioso dell'attenzione che Newt stava riservando al computer, come se ne fosse ipnotizzato.
«Niente di che.» sminuì, indeciso se chiudere o meno le pagine.
«Non è guardando niente di che, che si sobbalza dalla sedia urlando, solo perché si è sentito un rumore.» Thomas allungò il passo e prima che Newt potesse muovere il mouse per chiudere la finestra, arrivò al computer.
«È inutile, Newt, esiste la cronologia.» dichiarò saputello, prima di bloccarsi nel vedere la faccia minacciosa di Jigsaw sullo schermo.
«Devo studiare, no? Lo sto facendo. Devo pur sapere chi incontrerò. Il suo aspetto, i suoi crimini...» controbatté il biondo, alzandosi dalla sedia per prendere il cappotto dall'attaccapanni.
«I suoi crimini? Gente con la gola squarciata, organi finiti chissà dove, crocifissioni, trapanazioni al cervello...li definisci crimini?» A Thomas non servì leggere, elencò un paio di modalità di tortura inflitte da Jigsaw, senza distogliere lo sguardo dal biondo, Newt dedusse che era ben ferrato sull'argomento.
«Già, ho letto e non sono riuscito a proseguire, ma adesso c'è un modo per fermarlo. Vuole conoscere Nathan Jones. » ribatté Newt, agguerrito.
«Tu davvero credi che lui non sappia nulla? Sa di te più di quanto sappia te stesso. Perché si fa chiamare asso di picche, secondo te? Perché in qualche bizzaro modo, riesce sempre a fregarci e a riempire il suo listone di morte. Sono tre anni che abbiamo perso le sue tracce, e lui? È sempre stato sotto il nostro naso.» sbroccò Edison, adirato. Sembrava che a momenti avrebbe dato un pugno al monitor, come per colpire il criminale.
Newt restò in silenzio, prima di ribattere;«Non importa del tempo sprecato, Thomas, so che adesso possiamo prenderlo. Dobbiamo avvisare Lillian, dobbiamo metterci in contatto con lei, ci deve dare delle dirett-»
«Lillian? » ripeté il più piccolo, schernendo. «Lillian non c'è, e se fosse qui non ti lascerebbe andare, come minimo mobiliterebbe una squadra e salterebbe tutto. Jigsaw ha occhi e orecchie ovunque, molta gente in cambio di favori, gli fa da spia, come se non bastassero i suoi bodyguard scimmioni. Stesso qui dentro temo ci sia una talpa...» ammise infine, abbassando il tono e suscitando in Newt altro terrore.
«Beh, allora agirò diversamente, ingenuamente, come un normale spogliarellista, in fondo Jigsaw vuole soltanto conoscere Nathan Jones. Ho la possibilità di capire la sua strategia, in base a che criterio uccide le vittime, vedere cosa lo spinge a fare queste oscenità. Ora che c'è la possibilità di ammanettarlo, non posso tirarmi indietro, devo capire cosa accadeva nella stanza 27, nel sotterraneo del Barcode.Cosa sarebbe accaduto a Chuck se non fossimo intervenuti in tempo?» aprì la domanda, imbestialendo ulteriormente il collega.
«Dopo tutta quella lista, non ti è chiaro? È uno psicopatico, Newt, un professionista serial killer, non ti basta? Sembra in tutto e per tutto Jack lo squartatore. Non riesci a capire che prima che tu riesca a mettergli una manetta al polso, i suoi uomini ti avranno già puntato una pistola alla testa?» sputò drammatico, gli occhi parevano uscire dalle orbite, solo in un'altra occasione Newt aveva visto quella rabbia, ed era stata all'hotel di New Delhi, dopo l'esplosione di Teresa.
«Sarà, ma non ho intenzione di sprecare questa opportunità.» sopraggiunse, convinto.
«Morire non è un'opportunità, Newt. E non è questo il tuo momento, né il tuo modo. Se entri lì dentro non ne uscirai più, oppure sì, ma non vivo. Jigsaw te la farà pagare molto cara, strappandoti le unghie delle dita e poi quelle dei piedi, e sono le cose meno dolorose rispetto a quello che combina. Sa che tu, che noi della CIA, abbiamo mandato in frantumi il Barcode, è il socio maggioritario...credi non abbia telecamere, nella sala, nel sotterraneo?»
Newt abbassò il capo, sconfitto. Gli faceva male, ma Thomas aveva ragione, completamente.Entrare lì dentro sarebbe stato un suicidio, ma non aveva scelta, doveva prendere una decisione:o addentrarsi in quel tunnel senza luce, o restare nella base, con il costante dubbio che ce l'avrebbe fatta.
Passarono dei lunghi minuti, in cui entrambi non parlarono, dopo una meditata decisione, l'inglese indossò il cappotto, e senza alzare lo sguardo verso Edison, afferrò la valigetta dalla sedia, recandosi verso la porta.
«Lillian ti fermerà.» esordì Thomas, a pochi passi dalle spalle del biondo.
Il biondo abbozzò un sorriso, si fermò per replicare «Dubito che ci riusc-» non riuscì a terminare, che fu spintonato da Thomas, perdendo nuovamente l'equilibrio.
«Ma visto che è troppo lontana, per adesso lo faccio io.» proferì determinato il moro.
La valigetta cadde sul pavimento, mentre l'inglese perse l'equilibrio, finendo con le spalle al muro, piegato leggermente nelle gambe. Stavolta, i due agenti si trovavano petto contro petto, occhi negli occhi, i respiri si fondevano. Thomas approfittò che Newt fosse distratto a guardarlo, per chiudere la porta, riponendo velocemente la chiave nella tasca dei pantaloni, il tutto nel giro di pochi secondi.
C'era tensione, una che stava man mano fomentando in Newt e che stava nascendo in lui; dal sogno della notte precedente che lo aveva tenuto sveglio e irrequieto, non comprendeva più cosa gli stava accadendo.
Tutta quella dedizione nei confronti dell'agente inglese gli nasceva improvvisamente da dentro e non c'era verso di sopprimerla, di eliminarla. Era più forte di lui, di qualasi cosa.
«Tu non andrai da nessuna parte. »proferì inaspettatamente, fu improvviso anche per lui. Le labbra erano a un millimetro da quelle del biondo, i respiri incastrati l'uno all'altro. «Non senza di me.» concluse, protettivo, mentre i cuori di entrambi battevano all'unisono.
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