11. Il nemico del mio nemico
Afghanistan – 15 Agosto 2016, ora locale 16:28
“Roach, Ghost! Mi ricevete? Qualcuno mi riceve!?” urlò MacTavish, cercando di controllare l'angoscia che cresceva sempre più, gravando con forza sul cuore.
“Soap, sono morti… nessuno ti risponderà. Shepherd ha fatto piazza pulita” asserì Price, desolato. Comprendeva la sua sofferenza, ma aveva rinchiuso i propri sentimenti in un angolo: ci avrebbe fatto i conti più tardi.
“Ci ha traditi…” sussurrò MacTavish, con un filo di voce.
“Per essere traditi, bisogna fidarsi. Io non l’ho mai fatto” replicò l'altro, prima di comunicare con il loro vecchio informatore: “Nikolai, hai la nostra posizione?”.
“Sì, sto arrivando, Price… ma non sono il solo. Avete gli uomini di Shepherd da un lato e gli uomini di Makarov dall'altro”.
“E allora li uccideremo tutti” affermò, mentre MacTavish si stringeva l'attaccatura del naso alla fronte, come per bloccare l'inizio di un'emicrania.
“O lasciare che si facciano fuori a vicenda… in ogni caso, ci vediamo dall'altra parte, amico mio! Mi eri mancato, sai?”.
~
MacTavish si sporse dal suo riparo e deglutì rumorosamente nel vedere il massacro che si stava adempiendo a pochi passi di distanza: gli eserciti di Shepherd e Makarov si stavano annientando a vicenda.
Doveva solo raggiungere Price, dal quale si era diviso qualche minuto prima, e il sito di estrazione concordato con Nikolai.
Si mosse velocemente, usando i container e gli scheletri degli aerei in disuso come copertura, sparando solo se necessario. Si fermò un attimo per riprendere fiato e inevitabilmente pensò a Sanderson e Riley: sapeva che il primo avesse un fratello a cui spediva delle lettere periodicamente.
Non riusciva ad accettare il fatto che fossero stati uccisi.
“Nikolai, qui Price! Zona di atterraggio sotto attacco”.
“Ok, Capitano Price. Cerca di prendere il controllo della situazione prima del mio arrivo” replicò, senza riuscire a nascondere il proprio accento russo mentre parlava concitatamente.
“Come vuoi, Nikolai. Ma arriva appena puoi!”.
MacTavish ascoltò la conversazione in silenzio e si spostò, passando da un container all'altro per non essere visto, mentre i proiettili fischiavano senza sosta attorno a lui in un sussurro di morte.
“Soap, cercherò di sfruttare le radio di entrambe le fazioni per ascoltare le comunicazioni… e proverò a contattare Makarov”. Lo sentì sospirare di colpo, come se quanto detto gli costasse uno sforzo immane.
Non fece domande: forse aveva capito le intenzioni di Price. Makarov, per quanto impensabile, era la loro unica possibilità per eliminare Shepherd.
Girò l'angolo di un container e si ritrovò a pochi centimetri di distanza da un soldato, sorpreso quanto lui. Con un gesto veloce ed esperto, estrasse il proprio coltello dalla fodera e gli tagliò la gola. Alcuni schizzi di sangue gli raggiunsero il volto, ma non vi badò.
“Makarov, qui Price. Shepherd sarà presto un eroe di guerra: ha la copia delle tue operazioni e un assegno in bianco” incominciò, lasciando qualche secondo di tempo ad una sua possibile risposta.
“Dimmi ciò che sai su di lui e io penserò al resto”.
Ancora niente.
“So che puoi sentirmi su questa frequenza, Makarov” continuò, sperando avesse ragione.
“Sappiamo entrambi che non durerai una settimana” o almeno era ciò che credeva: in realtà, non aveva idea delle risorse che aveva a disposizione.
“E nemmeno tu. Sono curioso… hai apprezzato il soggiorno in Siberia?”. Udendo quella voce roca e profonda, così simile a quella di Riley, MacTavish dovette fermarsi per rallentare i battiti furiosi del suo cuore.
“Makarov! Uhm, un po’ freddo per i miei gusti e il servizio in camera era davvero pessimo. Sai, potrei lasciare una recensione negativa su TripAdvisor” scherzò di rimando. “Conosci quel vecchio detto? Il nemico del mio nemico è mio amico” continuò Price, cercando di fargli capire le proprie intenzioni.
“Scoprirai che si tratta di un'arma a doppio taglio”. MacTavish represse un brivido: c'era qualcosa di malevolo persino nella sua voce. “Shepherd si trova nel sito Hotel Bravo. Sai bene dove si trova… Ci vediamo all'Inferno” continuò il russo, mentre lo scozzese era ormai a qualche centinaia di metri di distanza dalla zona di estrazione. Il Sito Hotel Bravo era una vecchia base sotterranea non troppo distante dalla loro attuale posizione: probabilmente, Shepherd si era precipitato in Afghanistan per chiudere il capitolo della Bravo 6.
“Oh, non vedo l'ora. Porta i miei saluti a Zakhaev, se ci arrivi prima di me”.
MacTavish si sporse dal riparo e guardò mezza dozzina di soldati, di Shepherd e Makarov, massacrarsi a vicenda, colpo dopo colpo. Si allontanò silenziosamente e passò inosservato in mezzo a quel caos senza fine.
“Price, qui Nikolai. Mi sto avvicinando al cimitero degli aerei e noto che non hai ancora il controllo della situazione: atterrare è rischioso. Mi ricorda tanto quando ero in Afghanistan con i sovietici!”.
“Nikolai, meno parole e più fatti. Metti a terra quel dannatissimo aereo! Stiamo arrivando!” urlò l'inglese di rimando, facendo trapelare per la prima volta l'angoscia che provava.
Attraverso la comunicazione aperta con Price, MacTavish poté udire un ordine trasmesso sulla frequenza radio dei russi e il tono usato non faceva presagire nulla di buono.
“Soap! Sei stato designato come obbiettivo primario. Quel pezzo di stronzo vuole eliminarti!”. La furia di Price era tangibile persino a distanza: Makarov aveva fatto la sua mossa. La lama a doppio taglio stava calando sulla testa di MacTavish.
Deglutendo rumorosamente, lo scozzese si fece coraggio e corse a perdifiato lungo il pendio di una piccola collinetta. Sentì qualche russo urlare e diversi proiettili volarono sopra la sua testa: probabilmente Makarov aveva fornito una descrizione fisica per poterlo individuare.
“Capitano Price, qui Nikolai. Decollo in un minuto. Sbrigatevi, se volete andarvene via da qui con me!”.
“Ricevuto! Soap, sto arrivando in jeep verso la tua posizione”. In quel momento, una camionetta militare sfrecciò davanti a suoi occhi e lo stridio dei freni soverchiò per un momento il caos della guerra.
MacTavish riconobbe l'uomo alla guida e salì sul mezzo velocemente, scambiando un'occhiata con Price: avrebbe coperto la loro fuga sparando dal sedile del passeggero.
Partirono a velocità sostenuta, alzando una fitta nube di polvere alle loro spalle e si avviarono verso le piste del vecchio aeroporto abbandonato. Seminarono un paio di veicoli nemici e passarono sotto numerose fusoliere mentre MacTavish sparava qualche colpo contro i loro inseguitori.
“Ecco l'aereo di Nikolai!” urlò Price, indicando con una mano alla propria sinistra: aveva iniziato le fasi preliminari di volo, rullando sulla pista e avanzando nella direzione opposta alla loro.
Price sterzò improvvisamente, facendo inversione di marcia per poter raggiungere la loro unica possibilità di fuga.
“Nikolai, abbassa la rampa di carico!” comunicò il Capitano, schiacciando a fondo l'acceleratore mentre una camionetta russa li stava raggiungendo.
“Price, è una pazzia… provvedo subito!”.
Lentamente, la rampa posteriore dell'aereo si abbassò, colpendo ripetutamente l’asfalto della pista e producendo miriadi di scintille per l'attrito.
Price prese la mira e si lanciò a velocità folle all'interno dell'aereo.
“Ci siamo!”.
~
“Mi hai mentito”. Alexandra incrociò le braccia al petto e guardò Vladimir, seduto dall'altra parte del tavolo.
Lui non sollevò lo sguardo e si mise più comodo, stendendo le gambe e scivolando sulla sedia.
“Hai lasciato andare Price per un motivo ben preciso” continuò lei, innervosita.
“Ti ho solo nascosto parte della verità” replicò, senza smettere di leggere il libro che teneva tra le mani – De Principatibus di Machiavelli – sorprendendola ancora una volta sul numero di lingue da lui conosciute.
“Per me, questo significa mentire” affermò, con la voce velata di rabbia.
“È un problema tuo, non mio”.
Alexandra si mosse di scatto, togliendogli il libro dalle mani e lasciandolo cadere con un tonfo sul tavolo. “Parla” gli ordinò, guardandolo con i suoi occhi gelidi che avrebbero fatto tremare persino i veterani di guerra.
“Ho sempre avuto l'intenzione di liberarlo… magari facendogli credere di essere evaso con le sue sole forze.”
Alexandra fece per parlare, ma venne bloccata da un gesto della mano di Vladimir: “Mi hai chiesto spiegazioni, non interrompermi”. La donna annuì lievemente e rimase in attesa.
“Non ti ho detto nulla perché non sapevo come avresti reagito. Ti avevo promesso di tenerlo in quel gulag fino alla morte, ma Price è l'unico uomo che sia abbastanza folle e caparbio per poter uccidere Shepherd”.
Alexandra indietreggiò di scatto, come se fosse stata colpita in pieno volto. Lo guardò cupamente e dopo un paio di secondi di silenzio, si avviò verso la porta della stanza.
“… e forse avevo fatto bene a non dirtelo, da come stai reagendo ora” continuò lui, alzandosi dalla sedia in un movimento fluido ed elegante, simile a quello di un serpente pronto a sferrare un attacco fatale.
Lei si bloccò e volse la testa per poterlo guardare negli occhi: “Avrei concordato con te, Vladimir… semplicemente, non ti sei fidato di me” e oltrepassò l’uscio, lasciandolo solo.
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