UNA NUOVA PROSPETTIVA
-Annabeth...-
Mi svegliai mormorando queste parole.
Ero ancora intontito quando qualcuno mi chiese -Chi è questa Annabeth?-
Aprii gli occhi di scatto -Laura?! Ma che ci fai qui?- chiesi -Non dovresti essere al lavoro?-
-Ero venuta a svegliarti. Mi sono presa un giorno libero, e anche Bob. Oggi deve arrivare l'assistente sociale, ricordi?- era molto calma.
-Sembra quasi che non ti importi... Probabilmente oggi me ne andrò e tu non fai una piega.- dissi sedendomi sul bordo letto.
-Dai, non fare così. Sai che ti voglio bene.- mi diede un bacio sulla fronte, come faceva di solito quando tornavo a casa incazzato o quando uscivo la mattina per andare a scuola, e mi ammorbidii un po'.
-Allora, che ti va per colazione?- chiese
-Non è che mi faresti uno dei tuoi toast?- chiesi, ancora un po' assonnato.
Laura era bravissima in cucina! Mi sarebbe mancata la sua cucina, nella nuova casa dove mi avrebbero spedito.
-Certo, forza vestiti che intanto te lo preparo.- rise.
Mi vestii rapidamente e andai in cucina per fare colazione. Non parlai nemmeno con Bob, che come al solito non staccava gli occhi dal giornale.
Dopo colazione, aiutai Laura con un paio di faccende di casa. Uscii di casa solo per andare a comprare qualche cosa nel supermercato di sotto.
Verso le due del pomeriggio bussarono alla porta, e Bob andò ad aprire.
Era l'assistente sociale. Ma non era lo stesso di sempre, o meglio, non era quello che si occupava di me di solito.
Era un uomo di mezz'età dalla carnagione molto chiara, indossava un completo nero e un cappello a tesa larga dello stesso colore.
Il suo sguardo non lasciava trasparire nessuna emozione ed era estremamente serio. Mi incuteva quasi timore.
-Salve. Sono Robert Dennis, il padre affidatario.- gli strinse la mano.
-Piacere di conoscerla, signor Dennis. Mi chiami semplicemente Rogers.- si presentò l'assistente sociale.
Laura, Bob e Rogers si sedettero al tavolo da pranzo. Io preferii stare in piedi, sulla porta della cucina.
-Allora, lui- mi guardò Rogers- è Caleb, vero?-
-E lei non è il solito assistente.- risposi io.
-Caleb!- mi riprese Bob. Oh, adesso vuole far finta di essere un padre.
-No hai ragione ragazzo. Il tizio che ti seguiva prima è stato licenziato, e sono subentrato io. Ti scoccia?- mi guardò dritto negli occhi.
-No, signore...- mi intimidì.
-Meglio così. Allora, ho sentito che fai spesso a botte...- mi chiese
-Molto più di spesso.- commentò Bob.
Lo guardai in cagnesco.
-Si, a volte.- risposi alla domanda di Rogers.
-Queste risse, avvengono sempre nella tua scuola?- chiese di nuovo.
-La maggior parte.- ammisi.
Guardò Laura e Bob -Vorrei parlare in privato col ragazzo.-
Uscirono dalla stanza lasciandomi da solo con l'assistente.
Mi fece cenno di sedermi, ed io eseguii.
-Perché fai a botte?- chiese serio.
E ora? Che gli dico? Una balla? Provai a formulare una risposta sensata nella mia mente, ma la creatività che usavo quando dovevo inventarmi scuse nella varie situazioni era sparita.
Tanto valeva dirgli la verità.
Mi avrebbe portato via comunque quindi, chissene frega.
-Vede, non riesco a trattenermi. Nella mia scuola vedo spesso ragazzini maltrattati o pestati a sangue. Succede sempre che il mio corpo si muova da solo, e prima che possa accorgermene, ho già tirato un pugno...-
-D'accordo, ho capito...-
Richiamò dentro Bob e Laura.
-Signori Dennis, posso essere sincero con voi?- Rogers li guardò seri
Entrambi annuirono.
-Il ragazzo non ha nessun problema. È la scuola in cui si trova a non andare a bene.- disse semplicemente.
-Che vuole dire?- chiese Laura
-Semplicemente che nella sua attuale scuola non si trova bene. Avete mai pensato ad un trasferimento?- chiese
-Non lo abbiamo mai preso in considerazione...- confessò Bob
Rogers aprì la valigetta e tirò fuori un depliant
-Questo istituto è sotto il nostro controllo. Ho conosciuto molti ragazzi come Caleb, e tutti hanno avuto un'opportunità qui.- spiegò l'assistente.
-"Scuola privata "Legion" di Long Island"?- lesse ad alta voce Bob -Vuole che lo mandiamo in una scuola privata?-
Presi il depliant a Bob e lo lessi per conto mio.
Era una scuola privata con dormitorio sulla baia di Long Island. A quanto pare se fossi andato a studiare là mi sarei trasferito lì. Avrei passato autunno e inverno lì e sarei tornato a Manhattan solo per l'estate.
Rogers annuì serio -È la migliore delle soluzioni, al momento.-
-Non lo so, Rogers. Una scuola privata? Voglio dire sarà molto costosa.- disse Bob. -Per i soldi metterò una buona parola io: farò in modo che Caleb sostenga un'esame d'ingresso. Molti lo hanno già fatto, e se dovesse andargli bene otterrà una borsa di studio.- continuò.
Bob sembrava ancora indeciso. Sono sicuro che piuttosto che mandarmi in quella scuola, avrebbe proferito gettarsi nell'Hudson.
Laura prese la parola -Se è per il bene di Caleb, io sono d'accordo.-
-Beh per me è un no, questione chiusa.- sentenziò Bob alzandosi di scatto e uscendo dalla stanza.
-Forse... dovete risolvere delle cose tra di voi. Vi lascio il mio numero.- allungò a Laura un bigliettino da visita.
-La mia risposta continua ad essere "No!"- rispose secco Bob. Eravamo seduti a tavola per la cena ed io e Laura avevamo deciso di tirare fuori l'argomento della nuova scuola.
-Ma potrebbe davvero fargli bene! Hai almeno preso in considerazione questo?- Laura gli prese la mano.
Bob sospirò -Laura...-
Mi sentivo colpevole, cazzo. -Laura, ti dispiace se parlo con Bob da solo?- dissi.
Lei mi guardò sorpresa ma poi annuì e si alzò da tavola, portando via anche i piatti vuoti in cui avevamo cenato.
-Forza, togliamoci il pensiero- dissi -Senti, lo so che per te non mi merito quest'occasione. Voglio dire, sono solo un ragazzino problematico che ha sconvolto la tua vita perfetta, che motivo avresti di farmi questo favore?-
-Ah vedo che hai capito tutto...- rispose sarcastico -Ma il vero motivo del perché non voglio mandarti in quella scuola, e che so che cosa succederà- disse -Non è la scuola ad essere sbagliata, sei tu che commetti gli sbagli.-
Non aveva torto. Ogni volta che combinavo un guaio mi giustificavo con frasi tipo "Non è stata colpa mia", "Ha iniziato lui", "Io non c'entro."
-Se temi che possa fare altri casini, non devi preoccuparti.- tentai di rassicurarlo.
-Caleb, che succederà quando qualcuno ti beccherà nel giorno sbagliato? Te lo dico io: tu farai a pugni, verrai espulso e saremo punto e a capo.- era molto serio.
-Farò in modo che non succeda. Mi impegnerò con tutto me stesso per cambiare.- promisi. Ed ero sincero. Volevo lasciarmi tutto quello che era successo al passato.
-Lo dici solo per farmi contento e andare in quella scuola o hai veramente intenzione di crescere e mettere la testa a posto?- chiese ancora serio.
-Bob, ho intenzione di dare un calcio al passato.- lo guardai dritto negli occhi.
Sospirò sonoramente. -E va bene.- si arrese alla fine -Però, ricordati bene questo: se farai ancora a botte, se finirai nei guai ancora una volta, game over. Ti tolgo dalla scuola e ti mando in riformatorio personalmente, sono stato chiaro?-
Cavolo, se voleva anche Bob sapeva fare il genitore. E la parte del padre incazzato e serio gli veniva perfetta!
La mattina seguente Laura chiamò Rogers per comunicargli la decisione che avevamo preso. Quando mi passò il telefono per parlare con l'assistente, lui mi consigliò di mettermi a studiare perché non sarebbe stato una passeggiata.
Nel tardo pomeriggio mi arrivò una mail dalla scuola, in cui veniva spiegato quali materie sarebbero state messe all'interno della prova e il giorno dell'esame.
Cavolo, ma quant roba era?! Chimica, matematica, letteratura... l'unica materia che mi interessava davvero era Storia.
Così mi misi a studiare sodo, sotto la stretta sorveglianza di Bob. Era un po' maniaco del controllo, se non si fosse capito.
Ma devo ammettere che fu utile in alcune situazioni. Mi spiegò più di una volta come eseguire correttamente un'esercizio di matematica.
Passarono altre due settimane, e arrivò il giorno dell'esame...
-Signor Chase, benvenuto!- mi accolse il preside.
Era arrivato il mio turno! Eravamo in una decina quel giorno a sostenere l'esame. Stavamo entrando a turno in un aula vuota, dove erano presenti solo il preside e due professori, in modo da evitare copiature o suggerimenti di qualsiasi genere.
-Salve...- dissi semplicemente, un po' in ansia.
Mi sedetti in un banco della seconda fila, e il preside mi consegnò un foglio bianco di brutta e il foglio dell'esame.
-Bene, allora- prese a parlare il preside -Ha due ore di tempo per completare l'esame. Usi una penna nera o blu, nessun altro colore o matita. Buona fortuna!-
Iniziai a compilare il mio foglio e in poco tempo avevo risposto alle domande di letteratura, in modo da iniziare con la parte peggiore: matematica e fisica. Alcuni esercizi dovetti lasciarli a metà o in bianco: proprio non riuscivo a risolverli! Arrivato alla parte di chimica quasi mi sentii sollevato. Iniziai da un paio di esercizi relativamente semplice per finire poi con le domande aperte.
-Mancano cinque minuti signor Chase.
-Cazzo.- imprecai sottovoce. Avevo perso parecchio tempo con la parte di matematica! Ma la sorte fu dalla mia parte, mi mancava solo la parte di storia! Iniziai a compilare alla velocità della luce, cercando di non concedere nella mia mente le date e gli avvenimenti storici.
-È quasi scaduto il tempo.- la voce del preside mi arrivò come un eco lontano.
Mi mancava solo l'ultima domande sull'antica grecia.
Riuscii a scrivere la risposta un attimo prima che il preside dicesse -Posi la penna, l'esame è terminato.-
-Ci hai messo un po'...- commentò Rogers, facendo un tiro dalla sigaretta.
Mi aveva aspettato fuori per portarmi fare un giro della scuola.
-Colpa della matematica. Ma puoi fumare qui?- gli chiesi.
-Sono abbastanza conosciuto qui. Diciamo che posso fare un po' come voglio. Entro certi limiti.- ridacchiò.
Passeggiai a lungo nei corridoi della scuola, fino ad arrivare nell'atrio principale. Era enorme! Centinaia di studenti giravano lì parlando e scambiandosi fogli e appunti. Si respirava un aria tranquilla e conviviale, a differenza della mia vecchia scuola... per capirci: una volta nell'atrio della mia vecchia scuola era scoppiata una rissa tra due ragazzi che avevano visto lo stesso centesimo sul pavimento...
Qui, molto probabilmente, se due ragazzi avessero visto la stessa moneta avrebbero cominciato a discutere su chi dei due doveva prenderla! Stavo giusto iniziando a gustarmi quest'aria di grande famiglia felice, quando Rogers parlò.
-Vieni, ti porto a vedere i dormitori. Poi devi tornare a Manhattan.- disse
-Ti spiace se faccio un salto in spiaggia prima?- chiesi.
Siccome la scuola si trovava sulla baia di Long Island era a due passi dal mare, ed io stravedo per il mare. Si lo so, tutti dicono "Ommioddio adoro il mare, è così blu e salato!!" Beh, io non sono uno di quelli: ho sempre avuto questo attaccamento al mare, fin da quando ricordo.
Non so come, ma ho questo ricordo di me sulla banchina, con il vento in faccia, l'odore della salsedine e il rumore delle onde... è un pensiero molto piacevole che mi calma ogni volta che qualcosa non va...
-Se passi quell'esame- la voce di Rogers mi riportò coi piedi per terra -Ti ci portò personalmente.-
Andammo a vedere questi benedetti dormitori. Erano staccati dalla scuola, a circa cinque minuti a piedi. Le camere, in stile moderno, erano suddivise sui tre piani di un grande edificio bianco. Al piano terra era presente una grande lavanderia, così gli studenti potevano lavare da sé i propri vestiti. Le camere erano tinteggiate tutte in maniera differente, alcune erano blu scuro, mentre altre bianche, mentre alcuni dei mobili presenti nellle varie stanze, li avevo visto qua e là nelle riviste di forniture che ci arrivavano per posta. Molte camere erano dotate di finestre che davano sulla baia, ed io speravo che anche la mia futura stanza le avesse. Rogers richiamò la mia attenzione più di una volta ma ormai non gli prestavo molta attenzione. Ero stanco; quell'esame mi aveva ucciso. Vi avevo riversato dentro tutto lo stress accumulato nelle ultime settimane di studio. Ero parecchio distante e distratto al momento.
Forse fu questa mia disattenzione che mi portò a scontrarmi con una mia possibile compagna di dormitorio.
Cademmo sul pavimento. O meglio, io caddi sul pavimento. Lei cadde su di me.
Quando aprii gli occhi incrociai i suoi.
Aveva dei bellissimi occhi di colore grigio, incorniciati da un indomabile chioma bionda. Era abbronzata, come se avesse passato le ultime ore sulla spiaggia.
-Scusami non ti ho visto!- mi scusai. Mi alzai aiutando anche lei a rimettersi in piedi.
-No, scusa tu. Ero di corsa e... oh cazzo, sono in ritardo!- si alzò di scatto e corse lungo il corridoio -Scusa ancora, mi farò perdonare!- disse prima di sparire dietro l'angolo.
-Che tipo...- dissi tra me e me.
-Nel senso buono o nel senso cattivo?- chiese Rogers, rimasto in silenzio per tutto questo teatrino.
-Beh, buono. Sai Rogers, è strano...- dissi -Ho come la sensazione che la rivedrò...-
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