PERCHÉ TI AMO.
Portare una ragazza a un appuntamento in metropolitana è molto chic, devo dire.
Arrivammo a Manhattan e ci dirigemmo subito verso Little Italy e il ristorante che Max mi aveva consigliato.
Per tutto il tragitto tra me e Annabeth c'era molta complicità.
Arrivammo al ristorante per le nove meno un quarto. Era un bel locale. Le pareti erano decorate con un motivo a mattoni che mi piaceva molto. Il pavimento era in parquet e i tavoli si alternavano a dei divanetti uniti al muro. Non era affollatissimo, ma un po' di gente c'era. Feci in modo di farci avere un posto sui divanetti, così da poter stare seduto accanto ad Annabeth.
-Bel posto!- disse quando ci fummo seduti.
-Sono felice che ti piaccia!- le sorrisi.
-Allora, che ti va di fare dopo?- mi chiese Annabeth.
La cena era stata uno spettacolo. Il cibo era ottimo e con lei mi ero divertito un sacco.
-Ti va di passeggiare?- le proposi con un sorriso.
Pagai la cena e uscimmo dal locale. Non faceva freddo. Anche se era ottobre, non si sentiva per nulla il freddo.
-Signorina, a lei la scelta: dove vuole andare?- le porsi il braccio, come prima quand'ero andato a prenderla.
Lei sorrise, attaccandosi a me -Andiamo a Central Park?- propose.
Annuì sorridendo. Mentre camminavamo, le nostre mani si sfiorarono più volte fino ad intrecciarsi.
Arrivammo fino alla nostra destinazione, ridendo per cavolate. Non so come, ma quando stavo con lei il resto non contava. Come prendevo la sua mano, il mondo al di fuori di noi scompariva. Esisteva solo lei.
Lei, il suo sorriso magnetico, i suoi occhi argentati, quei bellissimi capelli biondi. Ogni cosa di lei mi faceva mancare il respiro e sorridere ogni volta che la vedevo.
Non c'erano dubbi. Max c'aveva preso in pieno: provavo qualcosa al di là dell'amicizia per Annabeth.
Mi persi a guardarla per un attimo. Attimo i cui anche lei guardò me, facendo incrociare il nostro sguardo. Lo distolsi subito, sperando che lei non notasse il mio rossore. E mi stupii nel vederla distogliere lo sguardo anche lei.
Forse era solo un'idea, stupida sicuramente, ma pensai che anche lei provasse qualcosa per me.
Questo pensiero mi fece sorridere.
Arrivammo fino a Central Park.
Girammo per buona parte del parco, passando davanti allo zoo, che se Annabeth avrebbe voluto visitare se non fosse stato chiuso, e arrivammo fin su un ponte che stava sopra ad un laghetto.
L'atmosfera era unica. Ci appoggiammo alla balaustra del ponte chiacchierando.
-Ti ricordi di quella mattina, sulla spiaggia?- chiese lei, ad un certo punto.
-Eccome.- sorrisi -Eri sulla spiaggia a guardare il sole sorgere.- dissi, ricordandomi della mattina in ci eravamo incontrati sul bagnasciuga.
-Poi è arrivato Jack, e tu mi ha difesa. Quasi annegandolo!- rise.
Risi anch'io ricordandomi della faccia spaventata di quel tizio, dopo che un'onda gli era arrivata addosso.
-Posso essere sincera con te? Mi avevi spaventato a morte quel giorno.- confessò.
-Cosa?- ridacchiai.
-Si! Cavolo, hai travolto un tizio con uno tsunami in miniatura! E poi avevi uno sguardo...- disse, con una punta di timore.
-Davvero?- chiesi. Non ci avevo mai ripensato a quel giorno, e a come avevo investito quel tizio con quell'onda.
-Ma, alla fine dei conti- riprese Annabeth -Se non ci fossi stato tu, sarebbe finita peggio. Per fortuna c'eri tu.- mi si avvicinò ancora di più.
Le cinsi un fianco con un braccio tenendola accanto a me -Per te ci sarò sempre.-
Appoggiò la testa nell'incavo del mio collo -Lo so.- disse.
Avrei potuto restare lì per ore, ma quella idilliaca situazione finì quando un pensiero si fece strada nella mia mente.
-Cazzo.- imprecai sottovoce, ma Annabeth mi sentii.
-Che succede?- mi chiese.
In tutta la serata ero stato così bene che non mi era venuta in mente questa cosa.
Era quasi mezzanotte e non avevamo mezzi per tornare a Long Island. Maledii mentalmente la mia voglia di non fare la patente!
Spiegai la situazione ad Annabeth, preoccupato sul da farsi.
Non avevo tenuto in conto il suo genio.
-I tuoi vivono a Manhattan, e i miei a Brooklyn. Passiamo una notte a casa e domani torniamo a scuola.- sorrise compiaciuta.
La soluzione era anche semplice. Non so perché non mi fosse venuta in mente prima!
Ci portammo fino sul marciapiede e chiamammo un taxi.
Salimmo e ci dirigemmo verso casa di Annabeth.
Mentre passavamo il ponte di Brooklyn, Annabeth si addormentò, cadendo con la testa sulla mi spalla.
Pensai che fosse la cosa più dolce che e avessi mai visto fare. Le misi un braccio attorno alle spalle, ripensando a tutto quello che era successo in poco più di un mese da quando l'avevo conosciuta.
Ormai il dubbio che avevo era scomparso, distrutto da un innegabile verità che non so perché mi ero rifiutato di vedere fino ad allora: ero innamorato di Annabeth Duncan.
Arrivammo fino davanti al condominio dove abitavano i genitori adottivi di Annabeth. Mi aveva detto che stava con loro da quasi due anni, e che con loro aveva uno splendido rapporto. Rogers l'aveva affidata in quella famiglia, prima di mettersi alla mia ricerca, scandagliando gli archivi degli assistenti sociali. Gli ci era voluto un'anno quasi.
Dissi al tassista di aspettarmi e scendemmo dal veicolo. La accompagnai fino all'entrata.
-Beh sono arrivata.- si stropicciò gli occhi. Poverina, avevo dovuto svegliarla. Dormiva così bene.
-Sono stato bene con te stasera.- dissi la classica frase da film con cui si conclude un'appuntamento.
-Anche io.- rispose lei, sorridendo.
Ripensai alla conclusione a cui eri arrivato sul taxi, e ripensai anche al sospetto che avevo sui suoi sentimenti per me.
I nostri sguardi, ancora una volta si incrociarono, ed io non ebbi esitazioni.
Mi sporsi in avanti, la presi per i fianchi e la baciai. Lei mi mise le bracci attorno al collo e ripose al bacio.
E fu la cosa più bella del mondo. Provai una sensazione indescrivibile. Non avrei mai voluto che finisse.
Quando ci allontanammo, lei rise.
-Ma perché lo hai fatto?!- mi chiese sorridente.
-Perché ti amo.- fu la mia risposta.
Lei mi guardò sorridendo e si gettò su di me, baciandomi di nuovo e ridendo.
Mi prese alla sprovvista, ma risposi al bacio ridendo anch'io.
Era il modo migliore per finire una serata perfetta.
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