METTERE DA PARTE I FANTASMI DEL PASSATO, PER AFFRONTARE I DEMONI DEL PRESENTE

"Avevi detto che avremmo dormito ancora assieme."

Eren si girò nel letto, in modo da poter guardare in faccia il ragazzo disteso sulla branda accanto. Le sue aspettative vennero deluse, quando tutto ciò che si ritrovò davanti fu un mucchio di lenzuola parlanti.

"E' già da una settimana..."

Eren sospirò, allungando un braccio per punzecchiare il bozzolo di coperte.

"Esci da lì."

Nessuna risposta.

"Sono sicuro che ormai sarai diventato una bellissima farfalla."

Un paio di occhi dallo sguardo un tempo affilato, ora spento ed opaco, fecero capolino tra l'ammasso di stoffa, lanciando al ragazzo sul letto uno sguardo d'odio abbastanza intenso da convincerlo a ritrarre il braccio seduta stante.

"...Woa, questo non è affatto uno sguardo da farfalla..." bofonchiò Eren tra sé e sé.

Levi raccolse le forze con un paio di profondi respiri."Rispondimi, moccioso."

Eren storse il naso nell'udire il soprannome, ciò nonostante si alzò dal proprio letto per sgattaiolare sulla branda dell'altro. Levi lo lasciò fare senza reagire, rimanendo mezzo sepolto sotto al lenzuolo ad osservarlo con quello sguardo perso che suscitava nel ragazzo un misto di emozioni, perlopiù preoccupazione. Per quanto cercasse di sdrammatizzare, non c'era momento in cui mancasse di chiedersi se quegli occhi, in quel momento, stessero osservando davvero lui; o se invece Levi stesse contemplando qualche immagine indotta dalla sua mente delirante. La cosa peggiore era la sensazione di impotenza. Non poteva fare nulla, assolutamente nulla di niente, se non avvolgerlo tra le sue braccia nella speranza d'essere di conforto.

"Come ti senti oggi?"

Era passata quasi una settimana da quando Levi aveva deciso di combattere la sua dipendenza. I primi giorni erano stati difficili, ma tutto sommato si era trattato di semplici sbalzi d'umore, non molto diversi da quelli di Mikasa durante quella settimana del mese (a detta di Eren). C'era poi stata la tentazione, no -l'ossessione piuttosto- di tornare a stappare una bottiglia o due per combattere l'ansia e lo stress. Certo le circostanze non erano delle migliori, ma solo dal terzo giorno la situazione aveva iniziato a farsi DAVVERO seria . Levi aveva iniziato ad accusare dei sintomi tipici di una comune influenza. Temperatura alta, senso di nausea.. non si alzava più dalla branda. Mangiava, ma solo perché Carla ed Eren lo costringevano a forza. Non riusciva nemmeno a stare in piedi da solo. Senza lo stordimento euforico dell'alcol, un abisso colmo di pensieri depressi lo aveva accolto a braccia aperte, trascinandolo sul fondo. Sapeva di non avere motivo di sentirsi in quel modo, non con Eren e Carla al suo fianco, eppure quel malessere era semplicemente inevitabile, la risposta chimica del suo corpo all'assenza della droga che lo aveva aiutato a tener alto il morale per troppo tempo... il suo organismo che stava urlando disperato, perché gli venisse concessa la sostanza che lo aveva portato fino a quel punto.

Levi mugugnò qualcosa in tono scontroso, accomodandosi meglio contro il petto di Eren che in risposta iniziò a passargli una mano tra i capelli.

"Quando starai meglio. Te lo prometto." Sussurrò il ragazzo. Non poteva permettersi di osare niente, al momento, perché Levi sembrava così fragile, e azzardare una qualsiasi mossa nei suoi confronti ora sembrava così sbagliato.

La cosa migliore, era lasciarlo riposare.

Con delicatezza si allontanò dal corpo accanto al suo che protestò ma non oppose resistenza. Si mise a sedere sulla brandina appena in tempo, perché la maniglia della porta si abbassò con un cigolio, e Carla apparve sulla soglia della camera.

Lei gli rivolse uno sguardo grave.

Le labbra della donna scandirono la solita domanda silenziosa, 'Come stà?'.

Eren scosse il capo.

"Porto l'antidolorifico, e un bicchier d'acqua, ed anche quell'altro medicinale per la nausea e la febbre. Torno subito."disse prima di sparire così come era apparsa.

Di nuovo, Eren venne colpito da un profondo senso di inutilità. Sua madre poteva aiutare Levi con le sue conoscenze da infermiera, e lui? Lui invece? Era capace solo di consumarsi dalla preoccupazione e nient'altro. Si girò verso Levi, che sembrava essersi riaddormentato. Osservò attentamente i tratti del viso, la pelle pericolosamente pallida; con le dita scostò dei ciuffi dalla fronte per poggiarvi sopra il palmo e trovarla tanto calda da poterci cucinare sopra un uovo. A quanto pare la temperatura si era alzata ancora.

Carla apparì nella stanza, con in mano un bicchiere di vetro e delle pastiglie. Le appoggiò sul mobile lì accanto, si guardò attorno controllando che fosse tutto in ordine, e infine si rivolse al figlio.

"Eren, vieni di là. Io e Mikasa vorremmo parlarti un attimo."

L'espressione di Eren si rabbuiò. Non era nei suoi piani lasciare Levi da solo, anche se per pochi minuti. Bastava la scuola a tenerlo abbastanza impegnato; non potendo rimuovere quell'ostacolo, perciò ogni istante passato lontano da quella stanza per lui era un'enorme carico di ansia. Ma Carla lo stava guardando supplicante, ed Eren si ritrovò ad annuire contro la sua volontà.

[***]


"Che cosa succede?"

Eren percepiva la tensione nell'aria. Sua madre stava palesemente evitando il contatto di viso, non parlava, ma sembrava star cercando con calma delle parole precise. Quando Carla misurava le parole, di solito stava per annunciare che suo padre sarebba passato a trovarli, o altre brutte notizie.

Mikasa chiuse la porta della stanza e ci si appoggiò contro a braccia conserte. Eren cercò anche il suo sguardo, senza riuscire a leggere quali fossero le sue intenzioni.

Finalmente qualcosa sembrò scattare, lo sguardo della donna si alzò e incontrò quello del figlio. D'improvviso, sembrò aver ritrovato tutta la sicurezza di cui era carente fino ad un attimo prima."Eren, tesoro. Io e Mikasa pensavamo, che forse sarebbe meglio mandare Levi in un posto dove siano più attrezzati per questo genere di circostanze. Lo so che non se lo può permettere, ma se lo aiutassimo a pagare parte del ricovero.."

"No!"

Le due donne, un po' stupite, lo fissarono in silenzio. Eren si sentì colpevole sotto al peso dei loro sguardi, aveva pronunciato un semplice "no", ma forse, era stato abbastanza da tradirlo. Balbettò una qualche scusa, o almeno ci provò, il panico sembrava avergli annodato la lingua.

"Va bene."

Qualcosa nello sguardo di Carla si addolcì

"Cosa?"

"Sappi che io non sono in grado di dargli le cure necessarie, e sta reagendo peggio del previsto. Non so quando si riprenderà del tutto, so solo che un dottore potrebbe gestire la situazione...e se tieni a lui, Eren, dovresti pensare alla sua salute prima di tutto". La donna lo guardò amorevolmente. "Pensaci bene"gli sussurrò, prima di andarsene, lasciandolo solo con Mikasa.

La ragazza lo squadrò da capo a piedi.

"Eren, perché tieni tanto a quel nanerottolo?"

Eren si aspettava quella domanda. Non era sicuro di cosa volesse o potesse dirle, sapeva solo che lo sguardo con cui lo stava guardando era abbastanza da non farlo sentire tranquillo.

"E' mio amico."

"Strano, non ho mai sentito parlare di lui prima d'ora, ed ecco che un giorno torno a casa e mamma mi dice che avremo un ospite per qualche settimana. Eren, sii sincero. E' lui? Quella persona che ti ha fatto soffrire?" L'aura di Mikasa non sembrava promettere nulla di buono, ed Eren pensò che non lo avrebbe sorpreso scoprire che avesse avanzato lei la proposta del trasferimento di Levi a sua madre.

"Se anche fosse, non sono affari tuoi. E comunque non è come pensi. Siamo stati entrambi due grandi idioti."

Si studiarono in silenzio.

"Davvero?" Chiese la ragazza.

"Davvero davvero."

Anche se le braccia conserte della sorella non erano un buon segno, Eren sapeva che si sarebbe fidata di lui. Non perché di colpo avrebbe avuto fiducia in Levi, si capisce, ma perché... perché era sua sorella. Gli voleva bene, in fondo. Ed infatti, Mikasa non pronunciò parola.

"Adesso, per favore, spostati da lì. Voglio tornare a vedere come stà."

Mikasa alzò gli occhi al cielo, ma si scostò lo stesso dalla porta.

"Non voglio che tu stia di nuovo male." La sentì aggiungere prima di lasciare la stanza.


                                                                                 ***


Quando il trillare del campanello spezzò il silenzio della casa, quel pomeriggio, il sesto senso di Eren suggerì che non sarebbe stata una visita gradita. Chiunque fosse non era stato di certo invitato, indi per cui, la porta sarebbe rimasta chiusa- decise il ragazzo passandoci accanto.

"Mikasa, vai tu ad aprire?"

Nuovo record. Nemmeno il tempo di disdegnare l'ospite inatteso che già Carla aveva mandato in fumo i suoi progetti. Eren grugnì il suo disappunto, mentre Mikasa adempiva al suo compito con passo felino.

"Ah! Ciao!"

Eren proseguì per la sua strada, decidendo che chiunque fosse non meritava la sua attenzione.

"Ciao Mikasa. Dov'è tuo fratello?"

Il ragazzo si bloccò di sasso. Perché adesso? Eppure non ricordava d'aver fatto nulla di così terribile da meritare questo cattivo karma, anzi! Si voltò, e sbirciò in direzione dell'entrata. Nessun miraggio sonoro, purtroppo. A questo punto non gli rimaneva molta scelta, o affrontava Grisha a testa alta e gli diceva di levarsi dalle scatole, o scappava, facendo finta di non essere in casa; e no, grazie, Eren non era tipo da scappare, anche a costo di mettersi nei guai.

La decisione era fatta: non gli mancava che prendere un bel respiro, prima di uscire allo scoperto.

"Sono qui."

Il ragazzo si presentò davanti al padre a testa alta.

"E tu che ci fai da queste parti? Non avvisi più prima di passare?"

L'uomo parve rimanere spiazzato dalla domanda."uhm..Carla ha chiesto se potevo venire con urgenza?"

Questa volta, Eren rivolse il proprio sguardo tradito alla madre. Perché? Perché sua mamma aveva voluto chiamare quell'uomo? Perché proprio in quel momento! Non aveva certo tempo da perdere con quella scusa d'un padre, quando poteva essere al fianco di una persona di cui certo gli importava molto di più!!

"come stai Eren?"

Eccole, le solite domande cariche di falso interesse. A volte, si chiedeva se mai l'uomo si sarebbe arreso al fatto che ormai non c'era più possibilità che diventasse il padre che avrebbe dovuto essere. Poteva passarli a trovare tutte le volte che voleva, poteva riempirli di regali, ma il tempo, quello non si può recuperare.

"bene."

"A cosa posso esservi utile? "

Lui? Utile? E chi avrebbe mai potuto avere bisogno di lui? Solo allora Eren notò la valigetta da lavoro stretta tra le mani del padre. E allora realizzò. Suo padre era un dottore, e come dottore era anche bravo. Carla assisteva alla scena con uno sguardo colpevole.

"Davvero?" Eren la guardò come se fosse completamente impazzita. " No. Non se ne parla neanche. Non lascerò che lui gli metta addosso le tue mani sporchei."

Grisha, confuso, cercò di trovare risposta alle sue domande nell'espressione di Carla, ma la donna lo ignorò; aveva occhi solo per suo figlio.

"Tieni molto a quel ragazzo, non è vero?"sospirò.

Eren arrossì.

" Se non vuoi che tuo padre lo aiuti, allora non mi metterò più in mezzo. Non tenterò di convincerti per portarlo in ospedale, mi limiterò ad aiutarlo come ho fatto fino a questo momento." Il tono di voce di Carla si fece severo. "Ma" continuò "se darai a tuo padre una possibilità, Levi non dovrà più soffrire. Grisha sa come curarlo. E' stata l'unica cose che mi è venuta in mente per poterti,anzi, poterVi aiutare. Adesso Eren, voglio che tu prenda una decisione: sei disposto a mettere da parte l'ostilità per tuo padre, per il bene di Levi?"

Il conflitto interiore che travolse Eren fu tanto intenso da dargli la nausea. Per un attimo pensò d'aver bisogno anche lui di un dottore, o forse di uno psicologo. Odiava l'idea che Grisha potesse anche solo toccare Levi. Temeva che gli facesse del male, non tanto fisicamente, ma psicologicamente, che potesse criticare o mettere in discussione la loro "amicizia".

Però

Ad Eren balenarono in testa delle immagini. Immagini di quando aveva aiutato Levi a farsi una doccia, e lo aveva aiutato a reggersi in piedi. Immagini di quel corpo emaciato, smunto e privo di forze. Non potè fare a meno di pensare a come l'uomo che amava, il suo idolo, gli era sembrato di colpo così miserabile. Poteva mettere da parte l'idio che provava per Grisha? Poteva, per Levi?

Forse, poteva provarci.

Grisha era ancora immobile sulla soglia di casa, con l'espressione di chi ha appena passato l'ultimo quarto d'ora ad ascoltare discorsi in arabo, quando Eren finalmente si degnò di rivolgergli la parola.

"Seguimi. Lui è di sopra."


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