BUGIARDO


Il suono insistente della sveglia si bloccò, quando la mano di Eren sbattè contro il pulsante, disattivando l'arnese infernale ma facendolo anche cadere al suolo. Eren grugnì tornando a seppellirsi sotto al lenzuolo. la settimana era volata, suo padre sarebbe stato lì nel giro di un paio d'ore. Si sentiva male solo all'idea. Perché, perché lo doveva incontrare?

Ah, giusto. Lo aveva promesso a sua madre.

Il ragazzo sbuffò, scalciando via le coperte e uscendo dal letto. Scese in cucina, dove Carla e Mikasa stavano facendo colazione.

" 'Giorno.." Salutò sua madre con un abbraccio, mentre a Mikasa rivolse un semplice cenno del capo, più per il fatto che sua madre li stava osservando che perché davvero volesse. Avevano fatto pace dopo la scenata della settimana scorsa per cui era scappare di casa, ma ancora si rifiutava di parlare alla sorella, o di confidarsi con lei come faceva un tempo. Dopotutto, non aveva il diritto di sapere cosa stava accadendo nella sua vita, dopo quello che era successo tra loro. Anche pensando che ormai era passato diverso tempo.

"Papà ha promesso di essere qui per le dieci." annunciò Mikasa.

"Se te lo ha promesso, allora arriverà sicuramente in ritardo." Borbottò il ragazzo mentre si sedeva a tavola.

La madre gli rivolse uno sguardo di rimprovero. "Eren! Non parlare così di tuo padre, è scortese!

"Il lupo perde il pelo, ma non il vizio, mamma."

Carla lo guardò ancora male, ma non aggiunse altro. D'altronde sapeva anche lei quanto questo fosse vero. Grisha Jeager era stato - ed ancora era- il grande amore della sua vita, ma per sfortuna era anche l'uomo più bugiardo ed inaffidabile che avesse mai incontrato.

La loro relazione era iniziata sul posto di lavoro, quando Grisha era stato assunto come nuovo medico nell'ospedale dove Carla lavorava come infermiera. Lei era giovane, molto giovane, ed ingenuamente aveva subito ceduto alle avance del nuovo dottore. Era rimasta incinta di Mikasa quando aveva appena 21 anni. All'inizio Grisha si era dimostrato un compagno esemplare: le era rimasto accanto durante la gravidanza, le aveva dato una casa, le aveva dato tutto; certo non poteva essere sempre presente dal momento che passava la maggior parte del tempo in ospedale, ma visti i regali costosi e le serate romantiche di lusso che trascorrevano assieme, Carla credeva fosse una questione di tempo prima che lui la chiedesse in sposa.

Anche dopo la nascita di Mikasa, la proposta non arrivò. "Forse non si sente ancora pronto" si diceva Carla, "Forse pensa che il nostro amore non abbia bisogno di essere ufficializzato per essere reale".

Fu quando Carla rimase incinta di Eren che tutto trovò una spiegazione. Un giorno una giovane donna si presentò in ospedale cercando suo marito. Un paio di domande, un paio di nomi, e tutta la verità venne a galla: il motivo per cui Grisha non le aveva mai chiesto di sposarla, era che non poteva farlo. A quanto pare, lui aveva già una famiglia.

La verità dei fatti investì Carla come un treno in corsa: lui era già sposato, e lei non era altro che l'amate.

Il suo mondo crollò in mille pezzi. Si sentì ferita, tradita, pensò di poterlo odiare per quello che le aveva fatto, ma poi si rese conto che non ne era capace, perché nonostante tutto lei lo amava.

Lui le promise che avrebbe lasciato sua moglie e che la avrebbe sposata, e così fece. Due mesi dopo, Carla era finalmente diventata la signora Jeager. Proprio quando pensava che tutto fosse finito per il meglio, un'altra bugia venne allo scoperto. Grisha non era benestante come aveva sempre dimostrato e detto di essere, al contrario, il suo conto era in rosso, e tutti i bei regali e le cene che le aveva offerto e che continuava ad offrire ai suoi amici erano il motivo dei numerosi debiti che lo stavano ormai da tempo riducendo sul lastrico. Il matrimonio fu un ottimo motivo per permettere all'uomo di mettere mano ai soldi di Carla, e non per saldare i debiti, ma per ostentare ancora di più una ricchezza che non esisteva. Carla fu costretta a cercare un secondo, poi un terzo lavoro per riuscire a provvedere a Mikasa ed al piccolo Eren, che al tempo aveva appena due anni.

Poi, un giorno, Grisha andò al lavoro e non tornò più a casa.

Questo era il motivo per cui Eren non sopportava suo padre. Era un bugiardo, un impostore per cui non esisteva una cura nonché un bastardo senza cuore, ed anche quando dieci anni dopo si era rifatto vivo, per "riallacciare il rapporto con i suoi figli" come diceva lui, non aveva fatto altro che cercare di comprare lui e Mikasa con regali costosi e belle parole. Quella volta, ci era riuscito. Quando sei piccolo, non capisci bene quello che ti sta attorno. Se ora ci pensava, Eren non poteva far altro che provare una rabbia ancora maggiore; era addirittura stato fiero di avere un "famiglia speciale", era arrivato a vantarsi con i suoi amici di avere un padre ricco, tanto ricco che per Natale aveva regalato a Mikasa un pony, un pony vero! Lo avevano dovuto vendere, ovviamente, perché non avevano i soldi per mantenerlo, era già tanto se sua madre riusciva a mettere qualcosa nel piatto per loro tre.

Suo "padre", Grisha , era un bugiardo. Ed Eren odiava i bugiardi.

[...]

Il campanello trillò, facendo scattare in piedi Mikasa.

"Vado ad aprire!" la ragazza corse alla porta, mentre Carla si puliva le mani sul grembiule da cucina e si sistemava velocemente i capelli. Eren, seduto sul divano, non dette l'impressione di volersi alzare, continuando invece a fare zapping da un canale all'altro della tv.

"Eren! Vieni subito qui ed abbottonati la camicia, su!" lo esortò la madre.

Il ragazzo si alzò in piedi sbuffando, avvicinandosi alle due proprio nel momento in cui la porta si apriva, lasciando entrare l'ultima persona che avrebbe mai voluto vedere.

Grisha Jeager era un uomo parecchio alto, tanto che dovette abbassarsi per abbracciare Mikasa e lasciarle un bacio sulla guancia; aveva i capelli lunghi, raccolti in una coda bassa, dello stesso colore di quelli del figlio così come gli occhi. Forse era per questo motivo che ad Eren il colore delle sue iridi faceva venire il voltastomaco. Dopo aver salutato Carla con un abbraccio, i due si trovarono finalmente faccia a faccia. Grisha sorrise.

"Ciao, figliolo. Sei cresciuto ancora, he?"

L'uomo allungò la mano nella sua direzione, ed Eren gliela strinse. Anzi, sarebbe meglio dire che gliela stritolò.

"Ahh.. vedo che ti sono anche cresciuti i muscoli. Bene, bene! Sono proprio contento!" Grisha strinse i denti, massaggiandosi la mano. "Allora ragazzi, come va la scuola?" chiese, accomodandosi sul divano.

Mikasa fu pronta a rispondere. "Per me bene, Eren invece ha qualche problema, ultimamente."

"Mikasa!" sbottò il ragazzo, lanciandole un'occhiataccia -lei rispose con un'alzata di spalle.

"Non me lo aspettavo. Eren, ragazzo mio, cosa succede? Non vorrai mica deludere i tuoi genitori!" Eren gli scoccò un'occhiataccia, cercando di reprimere il fastidio e la rabbia che quelle parole gli avevano provocato.

Carla intervenne prontamente. "Grisha! E' solo un periodo passeggero, non c'e nulla di male, sono cose che possono succedere!"

L'uomo indagò Eren con lo sguardo, prima di annuire e rispondere. "Capisco, capisco. Anche io da giovane mi sono lasciando un po' andare. Sai, le feste, le ragazze... cerca solo prendere precauzioni, ok?"

Adesso, aveva oltrepassato il limite. Proprio da lui partiva la predica? Questo, era davvero troppo. Eren lo fulminò, non riuscendo più a trattenersi. "Ah, ti assicuro che con le mie preferenze non corro quel genere rischio!" Commentò ironico.

Silenzio.

Sulla sala cadde il silenzio, ed il ragazzo si rese conto solo allora di ciò che aveva appena fatto uscire di bocca. Congelò sul posto. Non aveva programmato nessun coming out, non aveva mai nemmeno pensato di avvertire la sua famiglia del suo orientamento, anche pensando che ne era consapevole ormai da anni. Se lo era lasciato sfuggire di bocca, proprio ora, nel peggiore dei momenti.

"Che intendi, ragazzo? Temo di non aver afferrato.."

"Nostro figlio intende dire che è omosessuale." rispose Carla, rivolgendo un sorriso dolce ad Eren."Non temere caro, lo avevo già capito. Quella volta che mi hai parlato di avere una ragazza, ti erano diventate le orecchie tutte rosse, non ho potuto fare a meno di notarlo!"

"Anche io lo sapevo già." Commentò Mikasa. La ragazza si allungò per bisbigliargli una cosa all'orecchio. "La prossima volta, ricordati di pulire la cronologia del mio pc.."

Eren arrossì violentemente.

Grisha guardò il figlio ad occhi sbarrati. "..Non so bene come reagire, Eren, non me lo aspettavo. Mi sembrava che te la intendessi bene , con quella tua amica, come si chiamava? Armin?

"Armin è un ragazzo, papà." lo corresse Mikasa.

"Oh, capisco. Diavolo, non lo avrei mai detto, è carino quanto una ragazza." Borbottò l'uomo tra sé e sé. "Ad ogni modo, vedrai che passerà. E' soltanto una fase, non credo ci si debba preoccupare."

Eren spalancò gli occhi "Cos-? Soltanto una fase?"

Carla si allarmò, scattando in piedi per intromettendosi tra i due. "GRISHA CARO! sorvolando l'argomento, ci stiamo dimenticando del motivo per cui sei venuto a trovarci oggi!"

"Giusto, giusto, Carla ha ragione. Tornando a noi, ragazzi miei. Come già sapete, da qualche mese ho un nuova compagna. Bene... sembrerebbe proprio che da qualche settimana Mary sia in dolce attesa.." Grisha li scrutò, tutto felice.

"Ragazzi, un po' di entusiasmo! Presto avrete un nuovo fratellino!"

[...]

***

Levi tirò un calcio alla porta sul retro del locale. Dannazione, aveva detto al moccioso di non farlo aspettare! Tornò a guardare l'orologio. Se non fosse arrivato entro i prossimi cinque minuti, sarebbe andato a prenderlo di persona.

Era agitato, anche se non lo avrebbe mai e poi mai dato a vedere. Aveva aspettato quel giorno per oltre un mese, ed ora che era arrivato, non era più sicuro di quello che stava facendo. Era davvero giusto, fare questo ad Eren?

"Tsk, dannazione.."

Sapeva che avvicinarsi troppo al ragazzo sarebbe stato un male, aveva incominciato a provare qualcosa per lui, qualcosa che non aveva mai sperimentato prima. Lo spaventava. Che cos'era questa storia, perché doveva farsi tutte quelle paranoie, doveva solo portarselo a letto, mica farlo fuori! Ma poteva anche considerare l' idea, se lo avesse fatto aspettare ancora per un po'.

D'improvviso, una macchina svoltò l'angolo sgommando. Occupò un parcheggio posteggiando di traverso, frenando di botto. "Tsk, Donne. " pensò Levi, ed era già sul punto di urlare a quell'idiota chi diavolo gli avesse dato la patente, quando Eren scese dall'auto, sbattendo la portiera alle sue spalle e prendendo Levi alla sprovvista.

"Oi, moccioso, ti sembra il modo di parcheggiare, quello?" lo indirizzò l'uomo, non appena il ragazzo fu abbastanza vicino da poterlo sentire.

"Buonasera anche a te.."

Levi lo scrutò senza fiatare. Qualcosa non andava. I capelli castani di Eren erano tutti arruffati, i suoi bellissimi occhi color dell'oceano erano rossi di pianto. Levi provò una stretta al cuore ed una rabbia intensa, inspiegata. Chi? Chi era stato a far piangere il suo moccioso? All'improvviso, sentiva il bisogno prendere a botte chiunque fosse il responsabile. Cos'era quella sensazione, pena? Pietà? No, nessuna delle due.

Ma per il momento, sarebbe stato meglio tenere le mani a bada. Avrebbe potuto fare altro per risollevare il morale del moccioso. Levi prese Eren alla sprovvista, sollevandogli il mento e baciandolo con foga. Mosse la bocca in sincrono con quella del ragazzo, facendosi sfuggire qualche lieve gemito quando le loro labbra si staccavano per un breve istante prima di incontrarsi di nuovo, ancora ed ancora. "Chi è stato a- farti piangere- Eren?" Chiese l'uomo tra un bacio e l'altro. "I tuoi "amici"?"

Eren interruppe il bacio, guardandolo negli occhi per un attimo prima di abbracciarlo forte e affondare la testa nell'incavo del suo collo. "No, non loro. Mio padre."

Levi sussultò, sentendosi stretto tra le braccia forti del ragazzo. Non rispose, si limitò ad appoggiò una mano alla schiena dei Eren, con fare consolatorio.

"E' un impostore, un bugiardo. Ha rovinato già due famiglie, ed ora sta aspettando un altro figlio, con un'altra donna. Quante altre vite deve rovinare?"

Levi lo ascoltò in silenzio, non sapendo che fare. Non si aspettava di trovarsi in quella situazione. Era Hanji quella che sapeva dare i consigli, lui era quello da chiamare se c'era qualcuno da prendere a calci in culo, o qualcosa da pulire, al massimo.

"Levi." Eren lo strinse ancora più forte a sé, costringendolo a mettersi in punta di piedi. "Sono contento di averti conosciuto. Tu sei diverso. Per fortuna, non tutti al mondo sono dei traditori bastardi come lui."

Il cuore di Levi perse un colpo. - No. No Eren, ti stai sbagliando, io non sono quello che pensi.-

Avvertì una fitta al cuore. Davvero stava per fare questo ad Eren? Stava per comportarsi esattamente come la persona che lo aveva ferito. Come un impostore, un bastardo. Un bugiardo. Forse, non avrebbe dovuto farlo.. forse.

"No, moccioso." Lo corresse l'uomo."Credo sia io quello che è stato fortunato ad incontrare te."

Eren gli sorrise, Levi cercò di imprimere bene quel momento nella memoria, perché se mai Eren avesse scoperto la verità, questa sarebbe stata l'ultima volta che l'avrebbe visto. "Devi andare a prendere posto, oppure non troverai più nulla. Con il pass che ti ho dato puoi accedere alle prime file ed al backstage dopo il concerto, lì incontrerai la band prima che si vada a cambiare nei camerini. Io devo andare.. ho dei posti riservati.

Levi gli lasciò un ultimo bacio veloce, prima di aprire la porta alle sue spalle e sparire all'interno dell'edificio.

[...]

***

Eren si fece posto tra la folla, cercando una postazione ottimale da cui vedere il concerto. Non vedeva l'ora di divertirsi, non pensare, saltare, ballare, sudare, fare qualsiasi cosa che gli avesse permesso di dimenticare tutto quello schifo che lo circondava; riuscì presto a piazzarsi proprio al centro della prima fila, vicino ad un gruppo di ragazzi che si passavano di mano in mano delle bottiglie d'alcolici.

Uno di loro, un biondino con gli occhi verdi, lo avvicinò sorridente. "Hey, amico! Ne vuoi un po'?"

Eren osservò prima lui e poi la bottiglia. Il ragazzo, già chiaramente alticcio, insistette sbattendogliela contro al petto. "Dai, prendi! Ti aiuterà a rilassarti, vedrai."

Alcool. Era esattamente quello che stava cercando. Non ne aveva mai bevuto molto, al massimo qualche birra, ma tutto sommato pensava di essere capace di reggerlo. Non chiedeva molto: solo qualcosa che gli annebbiasse i sensi per un po', e quella era la medicina giusta, vero?

Eren afferrò la bottiglia, ancora un po'titubante, portò il collo alla bocca ed iniziò a bere.

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