AL LADRO



L'uomo in giacca e cravatta continuò a blaterare a gran voce, agitando le braccia in gesti esageratamente ampi mentre presentava a Levi le stanze del grande, bianco e ridicolosamente costoso appartamento che l'agenzia immobiliare gli aveva dato il compito di fargli visitare.

"La cucina è davvero ampia, dotata di elettrodomestici moderni in acciaio inox ed isola centrale, collegata alla sala tv da un arioso open space, comodo e spazioso..." -bla bla bla bla bla.-

Levi si guardò attorno, annoiato. Aveva smesso di dare ascolto all'agente da un bel po' di tempo, subito dopo aver visto la camera da letto, per l'esattezza, ma aveva deciso di lasciarlo parlare comunque e tollerare il suo tono altezzoso.

"Allora cosa ne pensa? Certo, il prezzo è piuttosto alto, ma con tutti i comfort di cui è dotata la cas- OUCH!"

Oluo Bozado, incespicò per l'ennesima volta nella frase, finendo per mordersi la lingua.

"Lo compro."

"Come dice?"

L'agente lo guardò con aria sbalordita. Se solo avesse saputo la vera identità del misterioso acquirente, probabilmente non ne sarebbe rimasto così sorpreso.

"tsk, ho detto che lo compro." Levi ripetè spazientito.

"Oh, ok. Allora, se mi vuole seguire in ufficio, le farei firmare le carte, inoltre ci sarebbero da stabilire le modalità di pagamento ed il numero delle rate-"

"Non ho intenzione di pagare a rate, sarebbero solo soldi in più che finirebbero nelle tasche di voialtri maiali"Levi lo fulminò con lo sguardo.

"O-ok" Oluo fece un passo indietro, intimidito.

"Hai i documenti a portata di mano?" Chiese ancora Levi.

"S- si..?"

"Fammi firmare, ho fretta di trasferirmi."

"Certo! Certamente! Ai suoi ordini!"

[...]

Il letto matrimoniale cigolò appena sotto al corpo di Levi, che vi si lasciò cadere a peso morto. Rimase qualche secondo a lasciarsi cullare. Amava i materassi ad acqua.

Si stiracchiò con un grugnito, poi si rilassò, e chiuse le palpebre. L'intera mattinata e pomeriggio passati a visitare immobili lo aveva sfinito. Erwin aveva deciso che per loro sarebbe stato meglio trasferirsi in città a tour terminato, a quanto pare Mr. Parrucchino era sul punto di firmare un paio di contratti interessanti con delle aziende ed una casa discografica della zona, e nonostante avesse i soldi per farlo Levi si era rigorosamente rifiutato di vivere in un albergo. Avrebbe continuato ad utilizzare quell'hotel solo per i dopo concerto – perché col cavolo che si sarebbe portato la gente con cui andava a letto a casa sua.

Si alzò a sedere, con l'intenzione di andare a fare una doccia. Avrebbe trasferito le sue cose nella nuova casa il giorno successivo, ma questo non era un problema. Gli interni erano arredati, il bagno era provvisto di asciugamani ed accappatoi, quindi sperimentare la nuova doccia extra- large non sarebbe stata una cattiva idea. Si spogliò velocemente, piegando i vestiti ed appoggiandoli sul letto matrimoniale. La vetrata che sostituiva l'intera parete della stanza lo faceva sentire un po' esposto, ma anche libero: l'appartamento si trovava ai piani alti, da dove la città sembrava un mosaico di luci e colori, soprattutto a quell'ora, quando il giorno iniziava a lasciare spazio alle tenebre ed i lampioni incominciavano ad accendersi, disegnando una ragnatela dorata lungo le strade. Levi appoggiò una mano alla vetrata, guardando sotto di lui. Si, non era male.

Si diresse nel bagno ricoperto di marmo luccicante, ed entrò nella doccia, talmente ampia da considerarsi quasi una stanza a se. Aprì l'acqua, e la fece scorrere lungo il suo corpo e tra i capelli corvini per circa 30 secondi, prima di spegnere il flusso ed afferrare il sapone. Nonostante per Levi i soldi non fossero un problema, alcune abitudini di quando non era ancora così erano troppo ben radicate nel suo stile di vita per essere dimenticate, per questo il suo modo di lavarsi era quello della"Combact shower" 30 minuti di risciacquo – lavaggio- 30 minuti di risciacquo- lo stesso metodo usato nell'esercito per risparmiare sul costo dell' acqua. Uscendo dalla doccia afferrò un accappatoio e lo indossò, ritornando nella stanza da letto, fermandosi per un attimo a controllare il display del cellulare: nessun messaggio. Di nuovo. Levi sospirò. Con questo, erano passati sette giorni da quando il moccioso si era fatto sentire,e la cosa non gli piaceva.

No, non era in ansia.

Lui, Levi Ackerman, in ansia per una cosa simile? Tsk, ma quando mai.

Si rivestì in fretta. Avrebbe passato la notte nella nuova casa, voleva godersi il suo nuovo materasso ad acqua nuovo, ma prima sarebbe andato a recuperare qualcosa da mangiare per cena, una pizza magari, nessun ristorante sfarzoso o cose inutili di questo genere.

***

Rimanere chiuso in camera non era il modo migliore per affrontare i suoi problemi, pur essendone consapevole, Eren non aveva comunque intenzione di uscirne. Il solo pensiero di girare per casa ed imbattersi in Mikasa o in sua madre gli dava l'ansia.

Negli ultimi giorni fare conversazione con loro era diventato così.. pesante. Carla continuava a portare a galla il discorso di suo padre, e lui non voleva pensarci per quanto possibile, almeno fino a quando non sarebbe stato costretto ad incontrarlo. Le aveva già detto che era disposto a vederlo, no? A che cosa serviva ritornare sull'argomento? Anche solo sentir nominare il suo nome gli dava la rabbia. D'altro canto, non gli andava nemmeno di parlare con Mikasa, o con Armin, o con Kari. Si era detto che non avrebbe dato peso alla storia del "segreto" che c'era tra loro, ma nonostante questo non riusciva a fare a meno di sentirsi escluso. Erano i suoi migliori amici, diamine! Che cosa aveva fatto per essere trattato in questa maniera..

Andare a scuola era diventato stressante. Si sentiva sempre a disagio e fuori luogo, sopratutto attorno ai suoi amici. Eren non riusciva ad ignorare gli sguardi che si scambiavano di sottecchi, quelle conversazioni silenziose lo colpivano sempre dritto al cuore, ricordandogli che non poteva capire, perché LORO non volevano che lui capisse. Alla fine, si era ridotto a non parlava quasi mai, tranne se interpellato. L'unica cosa a cui riusciva a pensare era il momento in cui sarebbe tornato a casa, e si sarebbe chiuso in camera a chiave ed avvolto nel piumone, al riparo da tutto e da tutti. In genere, diceva a sua madre di avere un po' di nausea, e di lasciare la cena in disparte, perché non se la sentiva di mangiare.

Controllava spesso il display del cellulare.

Ogni volta sperava di trovare un messaggio di Levi, ed ogni volta rimaneva deluso. Non voleva essere lui a chiamarlo, per cosa, per disturbarlo con i suoi discorsi depressi? Piuttosto, avrebbe aspettato fino a quando non sarebbe stato lui a scrivergli.

"Eren?"

La voce di Mikasa risuonò da dietro alla porta.

"Eren, mi faresti entrare?"

"No."

"Perché?"

"Non mi sento bene. Lasciami riposare."

Mikasa sospirò. "Se stai male, allora sarebbe ora che tu andassi da un dottore, è una settimana che stai così, non voglio vederti stare male."

"Tsk." Eren schioccò la lingua, irritato. Altro che dottore. "Vai via." Le intimò.

"No, non me ne vado fino a quando non mi dici che cosa c'è che non va. Rimarrò fuori da questa porta fino a quando tu non uscirai."

-Ah, davvero?- Pensò il ragazzo, ancora più infastidito. " Non te ne andrai fino a quando io non uscirò?! Va bene!" Eren si alzò dal letto, afferrò la giacca, e si diresse alla porta spalancandola e infuriando all'esterno, giù per le scale, fino alla porta di casa che si sbattè alle spalle, lasciando Mikasa al piano superiore, spaesata ed un po' intontita.

[...]

"Se sapevo prendevo un ombrello" borbottò Eren tirandosi il cappuccio fin sopra alla testa. Vagava per le strade da almeno mezz'ora, senza meta precisa, alcune gocce di pioggia avevano preso a scendere rade. Lo stomaco gorgogliò. Se si fosse ricordato di prendere il portafogli, almeno avrebbe potuto comprarsi qualcosa da mangiare, ed invece aveva avuto così tanta fretta di uscire alla sua stessa casa che non ci aveva nemmeno pensato. Portò le mani allo stomaco. Aveva fame, ma non voleva tornarsene a casa. In fondo non gli dispiaceva starsene in giro per le strade, anche se sotto alla pioggia. Si sentiva libero.

Una bancarella al lato della strada attirò la sua attenzione. L'odore di cibo lo aveva portato fin lì senza che nemmeno se ne accorgesse, ed ora se ne stava lì ad osservare i dolci esposti con la bava alla bocca. La pancia gorgogliò di nuovo, chiedendo la sua parte. L'uomo dietro allo stand era occupato a servire altri clienti, quindi Eren ne aprofittò per avvicinarsi di soppiatto, poi con cautela, fece scivolare delle noccioline tostate nella tasca della giacca...

"AL LADRO!" Eren sussultò. Una donna gli puntava il dito contro.

"Oh- oh merda.."

I suoi piedi si mossero prima che la sua testa gli dicesse cosa fare, per istinto si trovò a correre lungo la strada, mentre un uomo lo inseguiva inveendogli contro. Accidenti. Non gliene andava bene una, oggi..

Si guardò nuovamente alle spalle, augurandosi che l'uomo non gli fosse troppo alle calcagna, e svoltò l'angolo della strada.. – e poi cadde a terra, portando con se un'altra persona.

"EMERITA TESTA DI CAZZO, TOGLITI DI DOSSO!" esclamò una voce conosciuta a sotto di lui.

-LEVI?- Eren si scostò in fretta, afferrando per un braccio l'uomo sotto di lui, aiutandolo ad alzarsi.

"Scusa! Non volevo!"

I due penetranti occhi color tempesta lo fissarono indecifrabili "Moccioso, sei tu?"

"E' ANDATO DI LA'! AL LADRO!" l'inseguitore svoltò a sua volta l'angolo della strada, indicando Eren.

Levi incenerì il ragazzo con lo sguardo, ma nonostante questo gli si piazzò davanti a braccia conserte, facendo da muro (per quanto gli concedesse l'altezza) tra Eren e il tizio che a quanto pare ce l'aveva con lui.

"Che diavolo vuoi dal moccioso?" chiese con voce calma ma glaciale. L'uomo deglutì e fece un passo indietro.

"Lui... ha rubato. Bloccalo, e poi ci penserò io a portarlo dalla polizia."

"Oh, davvero? E dimmi, cosa avrebbe rubato?"

"D-Delle n-noccioline..?"

Gli occhi di Levi brillarono di rabbia, il suo volto nella penombra sembrava quello di qualche animale pronto ad attaccare.

"Vattene. Ora."


L'uomo non ci pensò due volte: fece retro- front e si affrettò a correre via, lanciandosi qualche sguardo nervoso alle spalle di tanto in tanto, giusto per assicurarsi che quell'uomo con gli occhi da demone non lo stesse inseguendo.


Eren assunse tutto ad un tratto un' espressione gioiosa.

"Levi! Che bello rivederti! L'uomo in tutta risposta gli tirò un'ombrellata in testa. " OUCH! Hei! Che diavolo fai!" si lamentò il ragazzo passando la mano sulla fronte dolente.

"Tsk, moccioso di merda. Cos'è, non ti danno da mangiare a casa tua? Che cazzo ti metti a rubare NOCCIOLINE!?"

Eren lo osservò sbraitargli addosso, la sua espressione mutò subito in una più cupa.

" Sono scappato di casa."

Levi sbarrò per un attimo gli occhi, ma la sua espressione tornò monotona in una frazione di secondo. "Tsk, moccioso" ribattè, raccogliendo da terra il portafogli che gli era caduto e riaprendo l'ombrello per proteggersi dalla pioggia che ora aveva iniziato a cadere più forte. Poi, riprese a camminare verso la pizzeria, senza badare di più al ragazzo alle sue spalle, che però iniziò a seguirlo.

" Dove vai?" Chiese Eren, affiancandolo.

"A prendere del cibo:"

Il ragazzo si illuminò a quella parola "Cibo? Levii~ mi offriresti qualcosa?"

"Perché dovrei?"

"Siamo amici, no?"

Levi si fermò a guardarlo. "Se siamo amici, perché non mi hai scritto ne chiamato nemmeno una volta negli ultimi sette giorni?"

Eren ricambiò con uno sguardo sorpreso. "Ecco – io, a dire il vero, aspettavo che lo facessi tu. Non volevo darti fastidio."

La pioggia cadeva. L'uomo guardò il ragazzo ancora qualche secondo. Nei suoi bellissimi occhi color oceano poteva vedere un sentimento tormentato- non gli stava mentendo.

Lasciò sfuggire un sospiro.

"Vieni sotto, ti stai bagnando." allungò il braccio, in modo da coprire anche Eren con il suo ombrello.

Il ragazzo sorrise.

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