No Loverboy

Il fumo della sigaretta rimbalzava contro lo specchio. Opacizzava i contorni della stanza, le pareti dalle tinte sbiadite, la luce obliqua del sole che entrava da una finestra poco distante. C'era una sola immagine nitida, tra le lingue di fumo azzurro, un solo riflesso deciso, dentro quello specchio. Bonnie teneva la sigaretta tra le labbra quasi fosse stata una calibro .45 da scaricare sul primo poliziotto all'orizzonte, la testa leggermente piegata all'indietro per non farsi cadere la cenere addosso, le mani occupate a sistemare una collana da attrice, una collana di quelle che aveva sempre desiderato di poter indossare. Nella testa aveva ancora la melodia del Picture Show, la canticchiava distrattamente tra il fumo, la sigaretta, le labbra e il tintinnio dei pendenti della collana. Lo specchio le ridava indietro l'immagine di una donna pericolosa che si confondeva con quella di una ragazzina con gli occhi socchiusi per via di un sogno, ma lei si osservava appena, distrattamente. Vedeva ancora davanti agli occhi le ballerine del Picture Show, i riflettori, i gioielli e i vestiti luminosi. Voleva essere come loro. Voleva essere famosa.

Clyde aveva ammazzato un uomo. Non riusciva a pensare ad altro. Non era un fatto di coscienza, non era dolore, paura, e nemmeno rimorso. Lui non voleva fare male a nessuno, ma quello stronzo aveva cercato di sparargli, e a un certo punto la storia era stata questa: o la vita di uno o la vita di un altro. Clyde aveva sparato, e adesso si rigirava la pistola tra le mani quasi fosse più di un'arma. Gli sembrava un biglietto di sola andata per i guai seri, un tempo gli era sembrata una via d'uscita da una vita che non faceva proprio per lui. Bonnie canticchiava la melodia del Picture Show, combatteva con una collana e poi fumava come una diva. Controllava la sua silhouette nello specchio, provava i passi della coreografia che aveva visto fare a quelle ballerine. Forse stava sognando ad occhi aperti, forse il riflesso che vedeva nello specchio era la Bonnie che sarebbe voluta essere. Clyde la osservava, la pistola tra le mani, la luce debole su di lui. "Bonnie."

Bonnie stava finendo il ritornello della canzone del Picture Show. "Bonnie, tesoro."

La sigaretta finì nel posacenere quasi subito. La voce di Clyde non era qualcosa a cui Bonnie sapeva resistere più di tanto. Lasciò perdere lo specchio, la collana, i capelli, qualunque cosa stesse facendo, recuperò il maglione lasciato da parte un attimo. Clyde le andò incontro, la pistola in mano. "Vieni, tesoro. Voglio che mi ascolti un attimo."

Le lenzuola grigie del letto cadevano morbide sotto un raggio di sole, ospitavano banconote sparse, uscite fuori dalle borse della rapina. Clyde indicò approssimativamente in quella direzione. "Siediti."

Bonnie armeggiò con il suo maglione prima di obbedire. Lo indossò senza togliere lo sguardo da Clyde nemmeno un attimo. "Ascolta."

Il tamburo della pistola girò a vuoto. Era scarica. "Lo sai che ho ammazzato un uomo nell'ultima rapina. E siamo stati visti. Per quanto ne sappiamo, la polizia non sa chi sei. Ma sa chi sono io. Mi correranno dietro, e correranno dietro a chiunque si trovi con me. Sai, quando si tratta di omicidio le cose cominciano a diventare pesanti."

Erano tutte cose che Bonnie sapeva, ma stava ad ascoltare comunque. Clyde, per la prima volta, sembrava a disagio con quella pistola in mano. "Beh, io non posso uscirne, ma voglio che ne esca tu, finché sei ancora in tempo. Voglio che tu possa dire al mondo che io sono stato l'uomo che ti ha rispedita sana e salva a casa dalla tua mamma. Perché tu significhi molto per me, tesoro, e non posso permettere che viva sempre in fuga per colpa mia."

Si era girato e si era allontanato, mentre parlava. Probabilmente non sarebbe riuscito a dire quelle cose guardando Bonnie negli occhi. Clyde era bravo con le parole, ma non così bravo. Adesso però tornava a guardare verso di lei, per vedere che reazione stava per seguire a quel discorso. Sbirciava da dietro l'angolo dell'altra stanza, e per la prima volta in vita sua, nonostante avesse in mano la sua pistola, aveva paura. Bonnie voleva essere un'attrice, ma non sapeva che seduta lì, su quel letto, con le mani appoggiate sulle ginocchia, come una bambina, era qualcosa di meglio. Forse era il biondo dei capelli, o l'oro della collana che brillava sullo scollo del maglione, ma era luminosa, e la tristezza che aveva negli occhi la rendeva irrequieta e tormentata, bella come un acquazzone con il sole fuori dalle nuvole. "No."

Clyde si mosse d'istinto. Una sillaba non era molto, ma la paura che aveva provato, forte e senza uscite come una galera, ora era dissolta, svanita. "Cosa?"

Tornò sui suoi passi, con quella pistola tra le mani che cominciava ad essere leggera come quando era solo un ragazzino, e voleva essere come Billy The Kid. Bonnie alzò gli occhi, e le ombre che la luce del sole gettava sul suo viso la rendevano di una bellezza disarmante. Scosse la testa come una bambina capricciosa. "No!"

La paura era svanita, ma Clyde sentì qualcosa di più forte alla bocca dello stomaco. "Ascolta, tesoro, io non sono un uomo ricco. Potresti trovare un uomo ricco, se solo tu ci provassi."

Bonnie si dimenticò di voler fare l'attrice. Si dimenticò della pistola che giaceva sul materasso pochi centimetri dietro di lei, si dimenticò delle banconote abbandonate lì come carta straccia. "Non voglio un uomo ricco!"

Si guardarono negli occhi, non come si guardavano le persone tra loro di solito. Per Bonnie e Clyde guardarsi era tutta un'altra storia. Era raccontarsi le proprie vite a vicenda, confessare le proprie ambizioni, svelare i propri sogni e le prospettive delle proprie paure. 

"Non avrai un solo minuto di pace", disse Clyde. Si sedette sulla sedia accanto al letto, si ritrovarono faccia a faccia. Bonnie sorrise. "Me lo prometti, Clyde?"

Neanche se si fosse messo a cercare in tutto il Texas, in tutta l'America, in tutto il mondo probabilmente, Clyde avrebbe trovato una donna così. La pazzia di Bonnie lo fece ridere. Allungò le braccia verso di lei, le prese la testa tra le mani, scesero insieme sulle lenzuola grigie, le banconote, e le pistole. Restarono occhi negli occhi finché un bacio dal sapore delle mele di Clyde annebbiò la visuale di entrambi.

Clyde si alzò di scatto. Si precipitò ad abbassare la tapparella, si tolse le scarpe, si sporse sul letto: buttò a terra le banconote, le pistole, tutto quello che c'era nei paraggi. Bonnie lo osservò in silenzio, si occupò solo di buttare a terra qualche dollaro che le era particolarmente vicino. Il nuovo bacio non aveva più l'aroma dolciastro delle mele, aveva sapori totalmente offuscati nella penombra della stanza, e si contendeva la scena con un abbraccio deciso. Bonnie cercò di trattenne il più a lungo possibile il respiro di Clyde sul viso, ma lui scivolò via. Erano due rapinatori di banche, due banditi in fuga, due corpi dilaniati da quello che l'America cattiva della Grande Depressione non dava. Clyde era stato sincero sin dall'inizio con Bonnie: non era uno da pomiciate. Non era nemmeno uno da qualcos'altro.

Bonnie aveva ancora la melodia delirante del Picture Show in testa, e la penombra della stanza la faceva sentire più a suo agio di come avrebbe potuto fare un riflettore. Clyde la guardava come nessuno l'aveva mai guardata. La guardava come se fosse la mano di carte vincente, come se fosse l'affare migliore che l'intero Texas poteva offrire. Poi non la guardava più, d'improvviso era lontano, fissava il soffitto, una mano sullo sterno, il respiro distrutto dai fantasmi di un trauma. Se avesse potuto controllare il suo inconscio, l'avrebbe fatto. Per Bonnie l'avrebbe fatto. Per Bonnie avrebbe fatto di tutto.

E lei lo sapeva. Si sporse su di lui, piccoli baci, sulla bocca, sul collo, sul petto. Erano i baci più teneri che avesse mai dato ad un uomo. Clyde la seguiva con lo sguardo, il corpo teso come il dito sul grilletto di una pistola scarica. Lo sapeva che era scarica. Lo sapeva che non poteva sparare. Si rigirò sulla pancia, affondò la testa tra i cuscini. In momenti come quello non si sentiva affatto il grande uomo che tutti credevano che fosse. Bonnie si tirò su a sedere con uno scatto, si aggrappò alla ringhiera del letto. Ogni suo respiro sembrava un sospiro. Si sentivano sconfitti in due, la coppia vincente di un paese allo sbaraglio.

Nonostante la tapparella abbassata, la luce da fuori entrava tenue nella stanza e si abbatteva sulla schiena di Bonnie e sul suo maglione da attrice. Clyde, nonostante tutto, non poteva fare a meno di guardarla, e il modo in cui Bonnie abbandonò la testa lo trafisse. Fece diversi tentativi per cercare di raggiungerla con una carezza, quando ci riuscì e riuscì a riportarla accanto a sé, si sentì peggio di prima. Guardare Bonnie in quel momento era come guardare tutto quello che lui non avrebbe mai potuto darle. 

Clyde si alzò di scatto, tornò a rifugiarsi lontano, nell'angolo dell'altra stanza, faccia contro il muro, gomiti alle pareti. Era la trappola in cui si teneva prigioniero da solo, era la trappola da cui non sapeva evadere. Non aveva il coraggio di voltarsi, non aveva il coraggio di vedere Bonnie su quel letto mezzo sfatto. Ma la sentì muovere alle proprie spalle e allora alzò gli occhi da sopra il gomito. Preferiva tenersi nascosto, perché si vergognava dell'amore che provava e che non poteva dare. "Te l'avevo detto che non ero uno da pomiciate."

Bonnie aveva i capelli arruffati e la collana da attrice le illuminava lo sterno anche nella penombra. Clyde continuava a guardarla, ma lei teneva gli occhi a terra. Quando finalmente alzò lo sguardo, i pezzi per Clyde sembrarono tornare al loro posto. Lei gli sorrise e scosse la testa, come a dire che non aveva importanza.

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