Capitolo 12
Non c'è voluto molto a trovare la macchina giusta, era parcheggiata sul retro del supermercato. Le chiavi che avevo trovato appartenevano alla jeep grigio scuro su cui stiamo viaggiando ora. Siamo diretti verso la zona protetta a sud di San Francisco.
Sono seduta sui sedili posteriori assieme a Connie. Il vento entra dai finestrini scompigliandomi i capelli, facendoli svolazzare qua e là e Connie si è addormentata sulla mia spalla.
Non dovremmo metterci molto, massimo tre quarti d'ora. Appoggio la testa al finestrino. Sto per chiudere gli occhi e addormentarmi, durando sento l'auto fermarsi.
"Che succede ragazzi?" Chiedo svegliando Connie
"Il viaggio durerà più del previsto" dice Nathan
Si para davanti a noi una lunga fila di auto scassate. È impossibile procedere, se non a piedi. Sveglio Connie che come sempre si lamenta e cerca di scacciarmi via. Dopo poco Nathan si gira e comincia a farle il solletico ridendo e la ragazza inizia a ridere a sua volta a crepapelle.
Scendiamo dall'automobile e camminiamo scansando gli altri veicoli abbandonati in strada. Sto procedendo quando sento un rantolio. Cerco l'origine di quel rumore finché i miei occhi ricadono su un infetto.
"Ragazzi fermatevi, ce n'è uno più avanti" avviso i miei amici
"Sarebbe bello se ce ne fosse solamente uno." Dice sottovoce Aaron
Guardo più in là e inizio a contare: uno, due, tre.... Nove. Non ce la faremo mai.
"Come facciamo?" Chiede Connie
"Prendete" dice Nathan tirando fuori dal suo zaino tre paletti in ferro e porgendoli poi a Connie e ad Aaron e tenendosene uno per se.
"Ed Amber?" Chiede Connie
"Amber ha già il suo. In caso di emergenza abbiamo questa" e detto questo tira fuori una pistola.
"Ma dove diavolo l'hai trovata?" Chiede sempre Connie alzando leggermente la voce
"Shh! Fai piano, non vorrai farci scoprire! Ora non è il momento di raccontare storie." Ci accordiamo per qualche minuto su come agire e poi andiamo all'azione. Come stabilito dal piano, prendo un pezzo di asfalto scrostato e lo lancio contro la ringhiera della pedonale del ponte. Gli infetti accorrono in cerca di qualcuno da attaccare. Da dietro un'auto sbucano Connie, Aaron e Nathan e ne spingono giù uno a testa. Corro a buttarne giù uno pure io. Mi avvicino di corsa sempre di più a quella che ormai non può più essere definita una donna. La spingo con tutte le mie forze oltre la ringhiera, mi fermo qualche secondo a guardarla cadere. Mentre precipita, si gira e mi fissa dritta negli occhi, con uno sguardo pietoso. Chissà se dentro a lei c'è ancora un po' della sua anima umana. Chissà, magari sta provando a liberarsi del virus con tutte le sue forze. A riscuotermi dai miei pensieri è Connie che urla "Ambeeer!"
Reagisco voltandomi di scatto e vedendo un altro di quei cosi correre affannosamente verso di me. Appena mi è davanti lo colpisco dritto in faccia, facendo schizzare sangue ovunque. Il corpo dell'infetto cade esanime ai miei piedi. Mi giro e vedo Aaron, impacciato come sempre, agitare in modo casuale il suo paletto di ferro. Si stanno avvicinando altri due infetti a lui così gli corro in soccorso. Ci mettiamo schiena contro schiena e nel frattempo, dopo averne fatti fuori due, si aggregano a noi anche gli altri. Connie si gira verso di me, mi fa un cenno con la testa e il momento dopo siamo contro uno degli ultimi due infetti. La stessa cosa fanno Nathan ed Aaron con l'altro.
Lascio cadere la mia arma a terra e mi siedo sull'asfalto bollente, con il fiatone.
"Siamo stati grandi ragazzi" dice Aaron con un sorriso che lascia trasparire tutta la sua stanchezza
"Si abbiamo fatto un buon lavoro di squadra. Ma Nathan, ora dimmi dove hai trovato quella pistola" dice Connie con tono di rimprovero a suo fratello
"L'ho trovata al supermercato, quando sono andato a cercare Amber. Era in un cassetto sotto alla cassa"
"Mmmh. Sarebbe meglio mettersi in cammino, c'è un bel po' di strada che ci aspetta" dice Connie
"Mia sorella ha ragione, Biancaneve alzati e Connie, dobbiamo fare una sosta a casa dei nonni. Ci sono delle cose che devo prendere."
Di malavoglia mi alzo da terra, mi scrollo la polvere di dosso e mi metto in cammino assieme agli altri. Devo essere sincera, mi spaventa moltissimo l'idea di dover camminare per una città colma di infetti pronti ad attaccare. Ma non ho altra scelta, preferisco lottare per vivere, per trovare una soluzione che lasciarmi andare e abbandonarmi alla morte, non potrei mai fare questo a me e soprattutto ai miei amici, che sono ormai l'unica cosa importante che mi è rimasta.
Così per più di un'ora camminiamo zigzagando fra le auto distrutte e passando la maggior parte del tempo a guardandoci intorno in modo sospetto, analizzando qualsiasi rumore.
"Dieci minuti e siamo arrivati" dice Nathan
"Spero ci sia dell'acqua a casa loro, sto morendo di sete" dico a gola secca
"Tieni Biancaneve, prendi la mia intanto"
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