Capitolo 61
Harry
Quando sento il rumore un tonfo assordante e il telefono staccato, capisco che qualcosa sia successa a Noemi. Non voglio pensare per ora a cosa, non voglio farmi idee che mi potrebbero far male, che potrebbero spegnere ogni barlume di speranza e luce che ultimamente caratterizzava le mie giornate e le mie notti.
Non perdo tempo, ne a mettermi una felpa, ne a guardarmi intorno. Esco di casa in un nano secondo, accendo la macchina, e parto verso la direzione dove si trova il ristorante; durante il tragitto accorcio i tempi: chiamo Niall, lo informo di quanto successo.
"Avverti Sofia", gli dico, "forse lei arriverà prima di me".
Non perde tempo a rispondermi o a salutarmi, e stacca la chiamata.
Spero che qualcuno fosse lì presente, spero che qualcuno sia testimone dell'accaduto e che abbiano chiamato un'ambulanza. Non so quanto quello che é appena successo sia grave, ma spero che Noemi stia bene, che Isabel stia bene, e che se così non fosse, la mia bimba si possa riprendere.
In un quarto d'ora arrivo lì al luogo dell'incidente, dove la Mini di Noemi e un camion grosso più del quadruplo della sua macchina si sono schiantati. La parte anteriore dell'auto é totalmente distrutta, poco lontano da me scorgo Sofia che corre verso il luogo dell'incidente. Scendo dalla macchina e non perdo tempo: mi precipito li, dove due ambulanze stanno caricando Noemi e l'altra persona coinvolta.
"Sono il suo fidanzato!", urlo all'infermiera che sta soccorrendo la mia ragazza.
"Come sta?", urlo tra le lacrime.
Sofia accanto a me, si abbandona ad un pianto profondo, abbracciandomi.
"Come cazzo sta?", domando di nuovo.
"Signore si calmi, adesso non é il momento. Dobbiamo correre in ospedale o sarà troppo tardi".
Queste parole mi martellano dentro, mi lacerano come uno dei più grandi ed affilati coltelli mentre Sofia rimane accanto a me, piangendo.
Subito dopo arriva anche Niall, sconvolto dall'accaduto.
"Cosa diavolo é successo?", urla dalle mie spalle.
Sofia si stacca da me, correndo tra le sue braccia, mentre l'ambulanza parte con le sirene accese.
"Dobbiamo andare in ospedale. Subito", intervengo io.
"Guido io Harry, non sei in condizioni". Mi dice Niall.
Non ho tempo per discutere, non ho tempo per pensare a niente se non alla mia bimba, a come sta, e che devo muovermi ad andare da lei, per starle accanto.
Io e Sofia corriamo alla macchina di Niall. La mia tornerò a prenderla in un altro momento, in uno sicuramente migliore di questo.
In macchina non faccio altro che pensare a come possa essere successo tutto questo, a cosa sarebbe successo se fossi andato con lei, se ce l'avessi accompagnata e se la fossi tornata a prendere. Mi chiedo se anch'io sarei stato probabilmente sul confine tra la vita e la morte, e forse, in parte, sarebbe stato meglio, se ci fossi stato anch'io con lei. Perché se qualcosa stasera dovesse andare storto, e se la mia bimba dovesse non farcela, non ce la farei a vivere senza di lei; la mia vita morirebbe nell'esatto momento in cui morirebbe Noemi.
Se fossi stato lì con lei invece, sarebbe stato più semplice, perché me ne sarei andato con lei, o perlomeno non avrei dovuto sopportare il peso di una vita a piangerla.
Nel giro di venti minuti arriviamo all'ospedale, in macchina non é volata nemmeno una mosca, se non fosse stato per i singhiozzi di Sofia e i miei oppressivi pensieri.
Entrando dalle enormi porte del St Thomas, corro alla ricerca di qualche infermiere che mi possa dare un'indicazione su dove si trovi Noemi o perlomeno su come stia, mentre Niall cerca di calmare i miei nervi che stanno per esplodere.
"Harry cerca di tranquillizzarti, nessuno ti darà corda se sei in questo stato", mi dice. Ma non lo ascolto, i miei pensieri, troppo brutti, scavallano ogni singola parola che viene dall'esterno della mia testa.
"Harry ci pensa Niall. Vieni con me, andiamo a fumare una sigaretta", mi dice Sofia.
Cerco di lasciar perdere le sue parole, di convincermi di poter trovare Noemi da solo, ma so che non potrò farlo e che mi dovrò calmare.
"Fallo per lei", interviene ancora Sofia.
Seguo quella che ormai é diventata quasi la mia migliore amica fuori dalle porte dell'ospedale, mentre Niall si occupa di cercare infermieri e informazioni su Noemi.
Quando rientriamo il mio migliore amico ci viene incontro, aggiornandoci su dove si trovi adesso la mia bimba.
"Per il momento é al pronto soccorso", mi dice, "le stanno facendo delle analisi e degli accertamenti". Mi hanno detto solo questo, per tutto il resto
dovremmo aspettare.
"E la mia bambina?", chiedo speranzoso di saperne qualcosa di più.
"Non lo sanno ancora Harry", mi dice Niall. "Cerca di tranquillizzarti; la nottata sarà molto più lunga di quanto pensiamo".
Nel frattempo che cerco di assimilare ogni minima informazione fornitami da Niall, chiamo lo studio d'architettura informando che domani non sarei andato in ufficio, e che non saprei quando sarei potuto tornare.
Vado verso la macchinetta del caffè, prendendone tre: uno per me, uno per Sofia, e uno per Niall.
Quando torno davanti alla reception dell'ospedale, Sofia sta parlando con una dottoressa:
"Va bene dottoressa, la ringrazio per la sua disponibilità", le dice.
"Cosa ti ha detto Sofia?", chiedo.
"Mi ha solamente detto in che reparto e in che stanza sposteranno Noemi non appena avranno finito con gli accertamenti".
"E dove la porteranno?", chiedo impaziente.
"Quarto piano, scala cinque, stanza 422".
Non perdo tempo e, insieme ai miei due amici, saliamo nel reparto che ci ha indicato un'infermiera; l'attesa si sta facendo lunga ed estenuante. Non resisto più, so che non resisterò ancora a lungo, darò di matto se non avrò notizie della mia bimba.
Mi alzo dalla sedia e mi dirigo verso la porta d'uscita per andare a fumare una sigaretta quando vedo entrare una barella con sdraiata Noemi, addormentata.
Corro in direzione dei dottori, speranzoso di qualche esito positivo, impaziente di sapere cosa quel dannato camion ha provocato nella vita della mia bimba, e nella mia. Impaziente di sapere se dovrò continuare a vivere senza di lei, e senza Isabel. Impaziente di sapere su cosa fare.
Quando i dottori la portano in camera e la sistemano nel letto, entro anch'io avvicinandomi al corpo di Noemi: rilassato e dormiente. Il suo corpo rimane immobile li, nel lettino, come se tutto ciò che é successo fino ad ora non fosse realmente successo.
L'ansia mi mangia vivo, ho bisogno che lei si svegli, che mi guardi negli occhi e che mi dica che sta bene.
"Bimba ti prego svegliati, non farmi questi scherzi. Non lasciarmi adesso", dico sottovoce nella speranza che mi senta.
"Ti prego Noemi, non so come farò senza di voi", ripeto ancora.
Le bacio il viso, la fronte, la guancia, la mano. Non ottengo nessuna risposta da parte sua.
Rimango lì un altro po', pregando ed aspettando che faccia anche solo una piccola mossa, ma niente.
"Harry vieni qua", sento chiamarmi da Niall.
Do' un ultimo bacio a Noemi, ed esco dalla stanza andando dal mio amico.
"Che c'é?", domando spazientito.
"Ascolta cosa hanno da dire i dottori", mi dice.
Mi volto verso due infermieri in attesa che parlino, in attesa che mi aggiornino sulla condizione di Noemi.
"Sua moglie non é in pericolo di vita", sento dire, è un sospiro di sollievo esce dalle mie labbra. "É stata fortunata nonostante l'impatto forte, non tutto sarebbero potuti sopravvivere ad un incidente del genere".
"Ma dottore? C'é un "ma", vero?", chiedo io, in pezzi.
"Mi dispiace, ma si. C'é un "ma". Sua moglie ha avuto una commozione celebrale; al momento sta dormendo per le quantità enormi che le abbiamo dato di morfina, perché si stava contorcendo dai mille dolori. Devo avvertirla però, che gli effetti collaterali della commozione celebrale possono essere molteplici, tra cui l'alterazione di concentrazione, la visione, o la memoria".
A queste parole quasi mi viene un mancamento; spero che non sia grave tanto quanto dice il dottore, e spero che la mia bimba si riprenda al più presto.
"Dottore", chiedo infine, "lei mi ha parlato delle condizioni di Noemi, ma la bimba come sta?".
Nel parlare la voce mi si incrina, non voglio pensare a ciò che potrebbe aver causato ad Isabel questo incidente.
"Era ancora troppo piccola e debole, vostra figlia non ce l'ha fatta".
Le parole del dottore mi lacerano il petto, la testa inizia a girare e i singhiozzi di Sofia rendono ancora più insopportabile la situazione.
Esco da quel maledetto ospedale, non so dove sto andando, cosa sto facendo, ma non voglio rimanere lì.
Quel barlume di speranza e di luce che si erano accesi dentro di me vengono spazzati via da quella piccola frase del dottore.
Non penso più.
L'inizio è dolce, assurdo, felice. L'intreccio pieno di buona volontà, forte e
carico di tensioni.
La fine, una lacerazione.
Nuria Barrios
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