Capitolo 58
Harry
Passano diversi minuti in cui probabilmente il cuore mi si ferma, o mi si congela, o batte troppo all'impazzata. Non lo saprei dire con certezza. Dalla mia bocca non escono altro che respiri profondi e continui, quasi come se mi stesse per venire un attacco di panico.
Non rispondo alla "rivelazione" di Noemi, non rispondo alla frase "aspettiamo un bambino". Tutto questo mi sembra a dir poco surreale.
Ripenso e ripenso a tutto ciò che abbiamo condiviso, specialmente al sesso, e non ricordo una piccola volta in cui abbiamo fatto qualcosa di sbagliato, un passo falso che potesse far accadere ciò. Adesso i miei pensieri sono talmente tanto confusi, che non ho ne l'istinto, ne la reazione di abbracciare Noemi, oppure rivolgerle una semplice parola, mentre lei, tremante e speranzosa, aspetta solo una piccola risposta da parte mia.
Sapeva quanto avessi paura di diventare padre, di dover far nascere e crescere un nuovo essere umano, educarlo, stargli accanto, e magari aiutarlo con i compiti e con l'amore. Non avendo mai avuto una figura tale accanto a me, non ho mai saputo davvero se ne fossi stato in grado, e come si facesse a fare il padre.
L'ansia inizia a logorarmi il petto, fino al punto in cui non posso far altro che correre in cucina a bere un bicchiere d'acqua e lasciare la mia futura moglie li, come un'idiota, a fissarmi mentre mi allontano senza degnarla di una parola.
Per i primi istanti mi segue, ma quando vede che mi sono precipitato in cucina per bere, non più acqua, ma vodka, scappa probabilmente al piano superiore e si rintana probabilmente in camera.
Cosa sto facendo?
Cosa cazzo mi sta succedendo?
Davvero lascio così la mia donna? Dopo una rivelazione tale, davvero sono stato così coglione da lasciarla scappare per il mio comportamento del cazzo?
Me lo ha detto tante volte quanto desiderasse diventare madre, quanto desiderasse che il primo figlio fosse un maschietto, e il secondo una femminuccia. Ha espresso tante volte il desiderio di dare ai suoi figli, ciò che non era stato dato a lei da piccola: un padre e una madre.
Due genitori che si amano, che si prendono l'uno, cura dell'altra, che si abbracciano e che quando piangano lo facciamo per gioia, per felicità. Che la sera, insieme, mettano a dormire i suoi bambini, e poi vadano a dormire insieme, nello stesso gigante letto, abbracciati.
E io, come uno stupido, come sempre ho fatto la cosa sbagliata: l'ho lasciata scappare, e l'ho lasciata credere che a me non mi importi niente, ne di lei e ne di nostro figlio.
Avrei potuto chiederle tante cose: quando l'ha scoperto, come l'ha scoperto. Se fosse già andata da una dottoressa, se si fosse accertata che stesse bene quel bambino che porta in pancia. Se sapesse di quante settimane é, oppure di quanti mesi, o di quanti giorni.
Avrei potuto abbracciarla e rassicurarla, oppure avrei potuto semplicemente parlarci.
Avrei potuto fare tante cose, anche una cosa piccola come darle un bacio o abbracciarla, oppure arrabbiarmi e scappare, ma avrei dovuto fare qualcosa.
Qualcosa che non ho fatto, e che mi farà finire di sicuro in quale guaio.
Dopo aver buttato giù diversi bicchieri di vodka, aver fumato una mia amatissima Winston, e aver elaborato, a grandi linee, ma proprio grandi grandi, cosa mi é stato detto, prendo una boccata d'aria in giardino.
Penso, penso e ripenso, finché vedo la luce di camera spegnersi. Probabilmente Noemi mi ha sentito uscire e ha pensato chissà cosa, e chissà dove andassi.
Non perdo più tempo, anche se non so realmente cosa devo fare, entro in casa e afferrata la scatolina rossa, simbolo delle mie più intime paure, cammino fino alla porta di camera nostra.
Quando apro, la stanza é illuminata solo dal chiarore della luna che é ormai alta nel cielo, e prego tra me e me che la mia brunetta non si sia già addormentata.
"Bimba...", provo a chiamarla, "Bimba dormi?", chiedo.
Segue alla mia frase un silenzio prolungato, quindi decido di sedermi nel letto accanto a lei.
"Piccola scusami, davvero", ritento. "Lo sai quanto mi costa ammettere le mie paure, e questa cosa mi terrorizza terribilmente", provo a dirle.
So che non sta dormendo e so che non mi sta rispondendo apposta.
Mentre aspetto almeno un piccolo segno da parte sua, mi ricordo che non ho cenato, e nemmeno lei, dato che mi stava aspettando; e in questo stato, essendo incinta, non può saltare i pasti.
Dovrà pur mangiare questa povera creatura, no?
"Piccola non hai nemmeno mangiato nulla, ti prego rispondimi. Parliamone. Anzi, ascoltami e basta, ti prego. Scendi con me e aspettami mentre ti preparo da mettere qualcosa sotto i denti, adesso devi mangiare per due", le ricordo. Magari mettere in mezzo la storia del bambino la convince ad ascoltarmi.
Come previsto si siede sul letto e accende la luce, che rivela occhi gonfi e bagnati dal pianto.
"Piccola ascoltami, non piangere".
In nemmeno un minuto pare che si sia trasformata da una piccola bimba indifesa e ferita, al lupo più cattivo e feroce di questo mondo.
"Ti rendi conto di come cazzo mi hai trattata Harry, eh?", urla.
"Ti rendi minimamente conto di come mi hai fatta sentire? Lasciandomi la, senza una risposta, e andando ad ubriacarti con quella cazzo di vodka? Mi ricordi mio padre cazzo!", mi urla ancora.
La faccio sfogare tentando di non innervosirmi ad ogni parola sbagliata che esce dalla sua bocca; la sua rabbia me la merito tutta, alla fine sono la causa di ciò che sta crescendo dentro la sua pancia, e avrei dovuto reagire ed agire diversamente.
Afferra un cuscino accanto a lei e inizia a tirarmelo addosso, probabilmente per cercare di ferirmi, ma l'unica cosa che ottiene sono risate strozzate e solletico.
Mentre mi prende a cuscinate dalla sua bocca esce solo: "stronzo", "stronzo", "stronzo".
L'ultima botta mi arriva dritto in faccia e un silenzio assordante si fa spazio all'interno della stanza; il mio sguardo affilato é arrabbiato probabilmente le incute timore, ma appena percepisco una risata che sta per uscire dalle mie labbra la travolgo con il mio corpo e inizio a farle il solletico.
Infinite risate escono dalla sua bocca e sembra, dopo un po', tranquillizzarsi.
"Smettila Harry ti prego", mi sussurra tra una risata e l'altra.
"La smetterò solo quando deciderai di scendere con me e mangiare qualcosa", le dico.
Quando accetta, scendiamo al piano di sotto e inizio a prepararle la cena.
"Avocado toast?", le chiedo complice delle sue voglie.
Dallo sguardo capisco che non vede l'ora di addentare il panino e quindi inizio a prepararlo.
Non saprei dire esattamente come mi sento, so che la paura non mi abbandonerà mai, che l'ansia di sbagliare e di essere un padre non all'altezza resterà per sempre parte di me, ma non posso privarmi e non posso privare la mia ragazza di un'esperienza simile. Non si tratta di provare qualche gioco folle oppure di prendere e trasferirci dall'altra parte del mondo, si tratta di creare una nuova vita, proteggerla, insegnarle cose nuove.
Tutto questo mi fa paura, ma non voglio rinunciarci.
Nel frattempo Noemi mi parla della giornata, della visita dalla dottoressa e delle sue paure che aveva nel dirmi che aspettavamo un bambino. Mi dispiace che si sia dovuta sentire in questo modo, forse però é solo colpa mia, perché non le ho dato tante possibilità con i miei comportamenti passati, e le mie paure che ormai conosce fin troppo bene.
"Credi che sia un maschio oppure una femmina?", infine chiedo.
"Non saprei", mi risponde. "Spero tanto che sia un maschietto".
"Beh, almeno su questo siamo d'accordo", le rispondo a mia volta. "Speriamo di esserlo anche per quanto riguarda il nome", le dico.
Non credevo di poter arrivare a fare questi discorsi: il me di qualche anno fa non si sarebbe visto in cucina, a preparare la cena per la sua futura moglie, incinta del proprio bambino.
Quant'è strana la vita, a volte.
Alcune cose ti vengono a cercare,
cose che non sapevi nemmeno stessi cercando.
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