Capitolo 5

Noemi

Mi accorgo che sono già passate due ore da quando mi sono fermata al parco. Non so come il tempo sia passato così velocemente, ma lo ha fatto.
Ripensare al mio passato mi ha fatto rattristare molto, ma anche arrabbiare.
Decido di dare inizio alla mia corsa infinita. Corro, corro, corro, fino a non sentirmi più le gambe.
Percorro all'incirca 10 Km, sono le 16:00. Alle 19:00 devo farmi trovare pronta da Harry e non so cosa farebbe se io fossi ancora in accappatoio e mi dovessi ancora preparare.
Forse si, un'idea ce l'avrei, e no, non si arrabbierebbe come fa di suo solito.
Torno alla mia villetta, e mi fiondo subito in doccia; ancora le gambe devono riprendersi dallo sforzo che hanno fatto.
Esco dal bagno e mi rendo conto di avere ancora un po' di tempo a disposizione per prepararmi.
Inizio a vestirmi e dato che non ho voglia di soddisfare la richiesta di Harry e mettermi qualcosa di sexy, opto per indossare un paio di jeans coti neri, un top rosso e vans nere.
L'outfit è stato scelto, più facile del previsto. Mi dirigo in bagno per potermi truccare e asciugare i capelli. Negli occhi mi metto l'eye-liner e un po' di mascara, mentre per le labbra un rossetto rosso.

Chiariamoci, mi trucco così perché in questo modo mi piaccio da morire, non per Harry.
Decido di lasciare i miei capelli sciolti, con tutta la loro lunghezza, lisciandoli. L'umidità non è a mio favore in questo periodo.
Quando finisco di prepararmi manca davvero poco alle 19:00. Prendo le mie ultime cose, mettendole in una borsetta di Valentino, regalatami da Sofia per il mio compleanno.
Nella mia mente mi rammento di continuo di prendere le chiavi di casa, non sia mai che rimanga chiusa fuori. Dopo chi lo convince Harry a non stare con me? Io no di certo. Basta lividi.
Con una puntualità invidiabile sento bussare alla porta e un brivido mi percorre la schiena. I battiti del mio cuore aumentano all'improvviso e mi accorgo di trattenere il fiato soltanto quando apro la porta e me lo ritrovo davanti.
Arrossisco, è davvero bellissimo.

Harry

Suono al campanello; sono tranquillo, sono abituato ad uscire con le ragazze e poi chi resiste davanti a me?
Mi ricredo subito dopo, quando qualcuno apre la porta.
Noemi è semplicemente bellissima, quei jeans neri sono "abbastanza" lunghi da non farmi innervosire, ma anche abbastanza corti per farmi ammirare il suo corpino esile. Quel top rosso fiammeggiante mi attira come una calamita, intonato al rossetto, che chiede di essere tolto a suon di baci.
Smetto di fantasticare tornando alla realtà; lei sembra essersi accorta del mio piccolo cambio d'umore e mi saluta imbarazzata, un po' timorosa e le faccio largo per accompagnarla alla macchina, parcheggiata al lato opposto della strada.
Sale e si mette la cintura.

"Dove andiamo?" Mi chiede nervosamente.
"Sorpresa". Le dico, con un po' di eccitazione e arroganza nella voce. Devo ammetterlo, sono contento di passare una serata, si speri, tranquilla.

Il viaggio prosegue con la musica della radio che riempie il silenzio.
Dopo una mezz'oretta arriviamo al porto. Qui vicino non ci sono ristoranti, c'è solo un pub, quindi mi aspetto che pensi di andare lì.

"Andiamo al Molo?". Mi chiede nervosamente.
"Sbagliato cerbiatto, adesso ti porto in mezzo alle onde blu del mare". I miei occhi si illuminano per un secondo, per poi tornare ad essere neutri.
Non penso che abbia capito a cosa mi riferisco perché mi guarda accigliata. Un ghigno mi esce dalle labbra pur non volendo.
Le sue guance si colorano di rosso.
Camminiamo nel pontile del porto per poi fermarci davanti ad una nave grandissima; Cerbiatto si gira verso di me, incredula su cosa ha davanti agli occhi. Ha capito dove stiamo andando.

"Sali".
Nonostante la mia voce suoni come un'ordine dettato in modo poco gentile, stupendomi lei sale nella nave senza fiatare. I suoi occhi brillano di eccitazione, felicità, curiosità, ma anche di paura e timidezza.

Noemi

Non credo a quello che mi trovo davanti fino a che Harry non mi intima di salire.

La nave ha due piani. Salgo nella passerella, arrivando ad appoggiare i piedi nella poppa. Il pavimento è di un legno grezzo, chiaro. E' bellissimo. Davanti a me giace un tavolo grande, bianco, con sopra un vaso di rose del medesimo colore. Ai lati ha due sedie, dello stesso colore del pavimento. Una vetrata lunga ci accoglie all'interno della barca.
Rimango senza fiato.
Tutto è in tinta con tutto, le pareti, i mobili, i divanetti hanno una sfumatura tra il bianco e il beige. Il soffitto è anch'esso beige come gran parte dell'arredamento.
Questa nave è un sogno.
Infondo alla stanza una scalinata a chiocciola ci porta al piano di sopra, dove presuppongo ci siano le camere e i bagni. Ristorante, bar, pub, invece, sono al piano terra.
La voce di Harry mi riporta alla realtà mettendo fine al mio trottolare di pensieri.

"Ti piace?". Nel suo sguardo noto speranza; la sua voce è un miscuglio di eccitazione e divertimento.

Arrossisco. "Si. E' davvero bellissima. E' tua?". Gli chiedo.

Per un momento i suoi occhi diventano più scuri, i muscoli della sua schiena si irrigidiscono, come la mascella. Poi torna Harry. Forse questa domanda non era da fare, anche se non capisco il perché.
Sento la barca muoversi, mi irrigidisco.
Harry mi tranquillizza dicendomi che avremmo navigato fino in mezzo al mare e che poi avremmo concluso lì la nostra serata. Mi rilasso un po'.
Mi sento imbarazzata e impaurita allo stesso tempo. Non so quanto sia raccomandabile ritrovarmi in una nave al largo del porto con uno sconosciuto.
Ma cosa mi è mai passato per la mente quando gli ho detto di sì? Sono forse stupida?
Se Sofia avesse saputo tutto, fin dal principio e la mia decisione di uscirci stasera mi avrebbe sicuramente dato della pazza e impedito di uscire. Ahimè purtroppo adesso lei si trova in Spagna e non può venire a salvarmi.

Mentre la nave esce dal porto e percorre il suo tragitto, il ricciolo mi intima di seguirlo. La nave ha tre piani. Non mi ero accorta del terzo fino a che non metto il piede sopra l'ultimo gradino.
Il "tetto" della nave, non è un tetto. Il pavimento è lo stesso della poppa e della prua, l'unica differenza è che, per la maggior parte della sua grandezza, è coperto da una piscina, contornata da divanetti beige e tavolini bianchi.
Harry sogghigna, divertito dalla mia reazione mentre un barman si avvicina a noi.
"Buonasera signor Styles, signorina; posso portarvi qualcosa da bere?". Chiede gentilmente.

Harry! Ma che servizio! Penso nella mia mente, mentre arrossisco; mi metto in imbarazzo da sola.

"Signor Starn buonasera anche a lei. Si grazie, a me un Gin tonic, mentre alla signorina..". Mi guarda per farmi parare, dato che non sa cosa preferisco bere.

"Per me una coca-cola, grazie.". Sorrido al cameriere e lui si allontana.

"Una coca-cola?".Ridacchia Harry.
Mi sta prendendo in giro?

"Uhm, si. Non mi piace bere alcol, e poi non penso sia il caso. Non sono abituata e potrei fare cose di cui domani mi vergognerei talmente tanto da sparire". Rispondo sinceramente, mordendomi il labbro.
Questo ragazzo mi imbarazza sempre.

"Beh, secondo me, dovresti provare. Il massimo che può succedere è, o che io ti porti a letto, o che tu cada in mare". Mi risponde con un sorriso arrogante.
Stranamente è particolarmente rilassato stasera.
Possibile che passeremo del tempo senza discutere? Mh, io non credo, ma come si suol dire, la speranza è l'ultima a morire.

Harry

La cena si svolge alquanto tranquillamente parlando del più e del meno.
Vedo la mia Noemi che si limita nell'esprimersi, ogni tanto arrossisce, ogni tanto distoglie lo sguardo e ogni tanto si morde il labbro. Nonostante stasera io ancora non abbia fatto nulla, percepisco la sua paura.
Dopo aver fatto una cena squisita a base di pesce entriamo nella nave e scendiamo al piano di sotto, dove ci aspetta un pub con la musica.
Dopo diversi drink bevuti, ho bisogno di uscire a prendere un po' d'aria.
L'unico alcol che la brunetta ha toccato è stato quel poco di vino per la cena.
Torniamo quindi all'ultimo piano e ci sediamo suoi divanetti comodi; ho bisogno di parlarle, ho bisogno di raccontarle. Maledetto alcol. Non penso di potermi tener dentro tutto ancora per molto.
Un silenzio imbarazzante è calato tra di noi, quindi, senza riuscire a tenere a freno la lingua, inizio a parlare:

"Avevo solo 13 anni. Una notte mi svegliai per delle grida femminili. Mia madre, che si era addormentata sul divano per aspettare mio padre, stava piangendo. In quel periodo mio padre non era mai in casa, e quando c'era non faceva altro che urlare dicendoci quanto eravamo stupidi e insignificanti. Usciva di continuo, beveva e tornava a casa picchiando mia madre, per sfogarsi di qualche cazzata insignificante che gli era successa. Non faceva altro che bere, i suoi debiti aumentavano. Proprio quella sera, lui era a quel cazzo di solito bar, con i suoi stronzi amici a finire tutto l'alcol che gli mettevano a disposizione. Mia madre non sapeva cosa stesse realmente succedendo, nessuno la aggiornava mai sui movimenti loschi di mio padre, quando quella maledetta sera in cui mi svegliai, due uomini, ex amici di mio padre la stavano picchiando, violentando. Io ero solo un ragazzino, non sapevo come fare.
Quel figlio di puttana di mio padre dopo quell'episodio sparì dalle nostre vite. Non si fece più sentire ne con lei, ne con me. Mia madre dovette rimboccarsi le maniche per quanto ancora stesse soffrendo, e accudire me, la casa, cercare lavoro. Io da quel giorno iniziai ad andare in palestra, costruendomi un fisico sempre più forte e muscoloso per difendere me stesso e chiunque si mettesse contro mia madre. Se un giorno quel pagliaccio figlio di puttana, si sarebbe rifatto vivo, lo avrei riempito di botte. Quel giorno, ahimè, arrivò quando facevo esattamente 19 anni. Tornò nelle nostre vite, se così possiamo dire, ma indirettamente. Per il compleanno mi regalò la barca su cui siamo seduti adesso, intestandola a me, obbligandomi ad accettarla. Ancora adesso non ho molte notizie su di lui, so solo che è tornato qui, a Londra, ed è a capo di un'azienda enorme che lavora assieme a dei architetti importanti. Per lui i soldi sono sempre stati tutto, l'unica cosa. La cosa più importante.
Oggi mia mamma non vive più qui. E' tornata nel paese in cui è nata, a Los Angeles. Mi manca, ma sono contento, perché so che li starà..."

Non faccio in tempo a finire la frase, che sento delle braccia calde cingermi il collo.
Dopo qualche minuti di silenzio, sento qualcosa bagnarmi il collo. Allontano il viso di Noemi notando gli occhi lucidi e le guance rigate dalle lacrime. Non mi ero accorto stesse piangendo fino a che non ho sentito caderne una sul mio collo.
Ci guardiamo per un istante; ho gli occhi lucidi anche io, ma le lacrime non scenderanno. Non abbiamo bisogno di dirci assolutamente nulla, perché già, ci siamo detti tutto.
Sono stato imprudente, nessuno sa la mia storia, nessuna ragazza è mai venuta a conoscenza del mio passato, e nemmeno lei avrebbe dovuto. Questa è tutta colpa dell'alcol che non reggo più di tanto, a quanto pare.
Sono sicuro che questa cosa, un giorno, mi si ritorcerà contro.

Noemi

Ascolto Harry parlare del suo passato e tutto mi aspettavo meno che questo, le nostre storie non sembrano poi così diverse. Non mi aspettavo una confessione così grande da parte sua, eppure, un po' anche grazie all'alcol, si è lasciato andare.
Mentre mi racconta della sua infanzia ,il viso mi si bagna tutti di lacrime; non riesco a credere che un bambino di 13 anni abbia dovuto vivere tutto questo, che abbia dovuto vedere, sentire e rimboccarsi le maniche per aiutare sua madre.
Per quanto io ed Harry possiamo essere diversi negli aspetti della vita, in tanti altri siamo simili.
Comprendo, anche se in parte, la sua sofferenza, comprendo la difficoltà nel parlarne. Per Harry, specialmente per uno come lui, so che non è facile aprirsi. Non so molto di lui, ma qualcosa dentro di me mi fa credere di conoscerlo già da tanto; sarà per le storie comuni, sarà che ho sempre avuto la capacità di andare oltre alle apparenze, non lo so.

"Mio padre picchiava mia madre, la chiamava puttana. Le diceva che non avrebbe dovuto farsi più vedere in quella casa, ne da me, ne da lui. Che sarebbe dovuta sparire, perché non poteva e non doveva essere mia madre. Che non era degna di avere una figlia. Tutti i giorni, quasi, il pomeriggio la sveglia non era più quella sopra il comò, bensì le urla che i miei genitori si scambiavano.
Volavano minacce, urla, coltelli, piatti e bicchieri. Io ero sempre lì, al secondo piano al limite delle scale, a vivermi queste scene come se fossi stata io la protagonista. Come se le minacce venissero fatte a me. Indietreggiavo al posto di mia madre quando lui le tirava uno schiaffo, piangevo per lei quando voleva farlo ma era troppo terrorizzata dal mostro che le stava davanti. Mio padre pagò un suo amico per spaventare e per farle del male e mia madre finì all'ospedale.
E' sempre stato bravo, lui, ad impaurire le persone. Sarà una ferita che sempre mi porterò dietro. Mi sono allontanata dai miei genitori quando, queste scene, si prolungavano per giorni, per mesi, e per anni. Mia madre non ha mai avuto il coraggio di chiedere L'affidamento totalitario, mi lasciò con lui e lei se ne andò. Esponeva entrambe quotidianamente ad un pericolo. Non ho più retto. Me ne sono andata".

Racconto questa storia ad Harry con un peso talmente forte al petto, che non so come abbia fatto a rimanere calma e a non svenire.
Era giusto però, che anche io condividessi con lui un pezzo di me; non so se per ringraziarlo o per farlo sentire meno solo, ma il bisogno di dirgli "Ehi, guarda che in questo mondo si soffre di meno se siamo in due" era forte.
A volte non mi capivo nemmeno io, non lo volevo attorno, nemmeno lo conoscevo, mi aveva fatto del male, eppure qualcosa mi faceva desistere da chiudere totalmente il rapporto che piano piano, in modo del tutto strano, stavamo costruendo.
Io ad Harry ci guardiamo intensamente, non c'era bisogno di nulla. Tutto era scritto nei nostri occhi.

Una folata di vento mi porta i capelli, che prima tenevo davanti, dietro al corpo, appoggiati alla schiena. Il cielo, sebbene sia buio ed è difficile distinguere le forme presenti in esso, minaccia un temporale.
Rabbrividisco per la temperatura che, inaspettatamente, si abbassa e decidiamo di entrare.
Sono ancora assorta dai miei pensieri, devo metabolizzare tutto, quando una voce che chiama il mio nome mi porta alla realtà.

"Cerbiatto, stasera dovremmo rimanere qua, non è consigliato spostarsi con questo tempo. La marea inizierà ad alzarsi e le onde diventeranno sempre più violenti. Dormiremo qui per stanotte". Harry minaccia un sorrisetto compiaciuto in volto, che quasi vorrei tirargli uno schiaffo.

"Oh no Harry. Tu mi riporterai a casa stasera. Già non volevo uscire con te, e adesso mi dici che devo rimanere pure a dormire con te, in mezzo al mare?!". Rischio un esaurimento nervoso. Non posso rimanere a dormire con Harry, qui, in mezzo al nulla.

"A meno che tu non voglia ribaltarti insieme a tutta la nave, in acqua, penso proprio che dovrai dormire qui, con me". Il sorrisetto arrogante di Harry prende posto nel suo viso.
Mi arrendo.

"Mi arrendo. Dimmi quale stanza posso usare". Con uno sguardo abbattuto, lo seguo fino ad arrivare ad una camera da letto spettacolare.

"H-Harry. C'è un problema". Mi vergogno di me stessa. Era logico che qualcosa mi dovessi dimenticare. Lo zaino, maledetta me. Sono troppo distratta.

Harry mi guarda divertito. Si diverte davvero tanto a vedermi in difficoltà.

"Ho lasciato lo zaino con il cambio a casa". Gli dico, arrossendo.

Un sorriso si allarga nel suo volto. Apre l'armadio e mi tira una maglia bianca a maniche corte. Vado in bagno per cambiarmi e, quando esco, lo trovo senza maglietta, con un paio di pantaloni della tuta, sdraiato sul letto.

No, no, no. Non dormirà qui.
Quando mi vede, con la sua maglietta bianca che mi arriva a metà coscia, nel suo viso appaiono due fossette. Mai viste prima.
Sono diventate una della mie parti preferite del corpo di Harry. Lo ammiro, ma un colpo di tosse mi fa tornare alla realtà facendomi mordere il labbro dall'imbarazzo.

"Cerbiatto, non fare così, quel tuo sguardo su di me potrebbe rendere difficile non saltarti addosso per l'intera nottata. Piuttosto, vieni a sistemarti sotto le coperte. Senti quando è comodo il mio letto". Il sorriso non abbandona la sua faccia. Lo prenderei a schiaffi.

"No Harry. Non dormirò con te. Vado a cercare un'altra stanza. Buonanotte". Inizia a farmi arrabbiare.

Non faccio in tempo ad appoggiare la mano sulla maniglia della porta che è appoggiato a me, con tutto il suo peso, bloccandomi al muro.
Chiude la porta a chiave e la lancia dalla finestra al lato destro della stanza.
Mi ha chiuso dentro la sua camera dal letto.
Sono chiusa a chiave in una stanza con Harry; una notte intera.
E domani? Come faremo ad uscire da qui?
Sto per avere una crisi di nervi.

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