Capitolo 10
Harry
Se ne va, prende le sue cose e si chiude la porta alle spalle.
Anche lei come già avevo previsto ha deciso di abbandonarmi come la maggior parte delle persone, come mio padre.
Non so se mai la rivedrò, o se mai la risentirò: le ho fatto tanto male, me lo ha urlato tante di quelle volte, piangendo, tremando. Anche solo con la forza dello sguardo.
Non volevo perderla ma l'ho persa; qualsiasi cosa fossimo diventati, è sfumata via quando si è chiusa quella porta alle sue spalle.
Nonostante io non riesca a non pensarci mi impongo di dormire e magari domani starò meglio. Mi stendo nel letto pregando che il sonno arrivi il prima possibile.
Ogni minuto che passa sento il cuore un po' più fragile, o po' più debole e non ho mai provato questa sensazione.
Dopo qualche ora mi addormento.
Sento le urla di una donna, probabilmente è mia madre: c'è solo lei in casa.
Scendo per vedere cosa sta succedendo e mi ritrovo davanti diversi uomini pronti a farle del male. Riesco solo a sentire le sue grida, i miei occhi, ormai offuscati dalle lacrime, non riescono a mettere bene a fuoco ciò che sta succedendo nel nostro soggiorno di casa.
"Non è stato in grado di pagarci il debito, adesso ci pensiamo noi".
"Doveva pensarci prima".
"Sei una puttana! Smetti di urlare e stai zitta!".
"Tu ragazzino, vai via di qui!".
Queste, le uniche parole che riesco a sentire fino a che un uomo non molto alto ma grasso mi riporta in camera chiudendomici dentro.
Continuo a sentire le urla e non riesco a distrarmi. C'è mia madre laggiù con quei figli di puttana!
Odio mio padre, lo odio cazzo!
Perché proprio a noi ha dovuto fare questo?
Perché la mamma ha dovuto sposare un uomo tanto bastardo, corrotto, canaglia?
Mi accascio alla porta di camera portandomi le ginocchia al petto: ci nascondo il viso e piango. Non so per quanto tempo rimango chiuso in quelle quattro mura di camera mia, fin quando qualcuno apre la porta.
Con uno scatto mi sveglio: il mio respiro è accelerato e tento di tranquillizzarmi. Rendendomi conto di non riuscire a calmare il mio respiro corro in cucina prendere un bicchiere d'acqua: bevo, bevo, bevo ma ancora non mi passa.
Ho bisogno di trovare un valido modo per calmare i miei nervi; la boxe é sempre stata il mio punto di sfogo, gli allenamenti, la fatica, il sudore, mi hanno sempre dato la reale soddisfazione di ogni mio tentato sfogo e decido di scendere in cantina: indosso i guantoni e inizio a tirare pugni al sacco.
Perché tutti mi abbandonano?
Perché non vado mai bene per nessuno?
Perché sono così?
Esattamente, quand'é che sono diventato così?
É da tempo che non mi affeziono più a nessuno, se non a i membri della mia crew, ho innalzato un muro talmente alto e forte che difficilmente un angelo riuscirà a buttarlo giù.
Mi odio, mi odio per tutto il male che ho provocato a Noemi, perché lei non se lo meritava. Non é mai stata come tutte le altre fin dal primo momento: non ha tentato di sedurmi per poi usarmi e buttarmi via e mi dispiace di non essere stato in grado di apprezzarla quando potevo, anche solo come amica.
Lei si è aperta con me e io le ho tirato calci in faccia la maggior parte delle volte.
Non riuscirò mai a cambiare carattere e forse stasera ha fatto bene ad andarsene e lasciarmi solo.
Dopo quale ora di boxe sono già le sei del mattino. Non ho sonno e quindi non vado a dormire bensì a farmi una doccia rigenerante.
Sto meglio rispetto a stanotte, ma gli incubi che ogni notte mi ricordano del passato e di ciò che non ho fatto per aiutare mia mamma, mi distruggono ogni volta di più.
Mi sento un fallito.
Quando apro la porta un profumo di fiori selvatici inonda le mie narici: eccolo, il suo profumo.
Quel profumo era l'essenza della nostra satira indefinibile,
quel maledetto profumo che sapeva d'amore...
Ricordo ancora la prima volta che l'ho sentito, in quella casa a quella festa.
Da quel momento non me lo sono mai tolto dalla testa neanche per mezzo secondo e ancora per oggi, i miei pensieri resteranno vivi su di lei.
É successo chissà quante volte che un profumo vi ricordasse casa, vi trasmettesse sicurezza, purezza e amore; almeno una volta é successo a chiunque e quando succede questo, beh, siamo un po' tutti fottuti.
Noemi
Mi rendo conto che sono le sei del mattino quando un raggio di luce entra nella mia stanza, non ho chiuso occhio tutta la notte e non penso che lo farò ora con il sole che sta nascendo per regalarci un giorno nuovo.
Un giorno nuovo, un giorno in cui posso tornare ad essere me stessa, quella che ero prima di incontrare Harry senza avere perennemente paura di ciò che dico o di ciò che faccio.
Un altro giorno, un nuovo giorno, in cui però rientro al lavoro: sarà per le prossime due settimane si, ma non mi ci voleva per niente dopo una serata come quella di ieri.
Mi alzo del letto per farmi una bella doccia, che spero riesca a resettare tutte le mie emozioni.
Non appena entro in bagno e mi guado allo specchio, mi rendo conto di indossare una maglietta che non è la mia ma di nuovo quella di Harry.
Credo che questo ragazzo mi perseguiterà sempre e un pezzetto di lui, in qualche modo, rimarrà con me.
Provo a scacciare i miei pensieri e qualsiasi cosa riguardi il ricciolo dalla mia mente e mi infilo sotto il getto dell'acqua.
Alle 7:30 sono pronta e scendo in cucina a bere un caffè; Sofia ancora dorme e decido di non svegliarla.
Con tutta la calma di questo mondo faccio colazione, anche se in realtà non ho fame: alle 9 entro al lavoro e torno in camera per darmi una sistemata.
Le mie occhiaie e i miei occhi gonfi sono la spia perfetta del mio stato d'animo quindi, anche se non sono una maga con il trucco riesco con un po' di correttore è un po' di fondotinta a mascherare la mia faccia distrutta.
Il look di oggi é molto semplice, un paio di jeans blu, una maglietta nera e le mie solite vans completano lo stile da "depressa insonne".
Nel tragitto casa-lavoro indosso le cuffie per staccare un po' la mente e ricaricarmi di energie; passano varie canzoni, tutte tristi e tutte d'amore.
Sto per spegnere il telefono perché anche lui oggi vuole ricordarmi il dolore provato in questo primo mese d'estate, quando parte una canzone che ho amato molto, Portami via di Fabrizio Moro.
Le parole mi cullano nella tristezza di una delle prime giornate di luglio, sto per piangere quando mi ricompongo arrivando davanti alla libreria.
Il turno oggi è più lungo del previsto dal momento che quasi tutte le dipendenti sono al mare; riuscirò ad essere a casa per la fine di questo pomeriggio.
La giornata scorre abbastanza lentamente e contando che molte persone sono a godersi il caldo estivo le vendite non schizzano alle stelle.
A metà pomeriggio stacco il turno cedendo il posto ad un'altra ragazza; quando esco dal locale e mi dirigo verso casa sempre con le cuffiette nelle orecchie, riconosco la macchina di Harry non troppo lontano da dove lavoro io.
Se non sbaglio da quelle parti c'è una piscina comunale.
Provo a non curarmi della sua presenza tornando ai miei pensieri interrotti dalla vista della sua auto; passo davanti alla piscina e non riesco a non dare uno sguardo dentro.
Non c'è, magari è semplicemente un auto uguale alla sua: non é di certo l'unico ragazzo in possesso di una Range Rover santo cielo!
Nel momento in cui arrivo a casa mi rendo conto che camminare e ascoltare la musica mi ha aiutato a rilassarmi.
Stasera io e le mie amiche facciamo la serata cinema e sono elettrizzata, era da tanto che non succedeva. Spero di guardare Nuvole così tutte insieme piangiamo e le mie lacrime che prima erano dedicate ad una persona possono essere accompagnate nella loro danza fino al collo per un motivo più valido.
In un batter d'occhio arriva il momento di accendere il film e come non avevo sperato le ragazze optano per un horror: The Grudge
Inizia il film e subito mi copro il viso, l'ho sempre odiato quel genere.
In men che non si dica, inaspettatamente però crollo sulle spalle di Kalilah; ho bisogno di recuperare un po' di ore di sonno perse.
Noemi
Il mattino seguente
Un altra giornata inizia e il sole splende nel cielo: ieri sera sono crollata in un batter d'occhio date le ore di sonno perse.
Oggi il turno al lavoro mi inizia subito dopo pranzo, quindi ho tutto il tempo per rimettermi in forma.
Dato che é ancora metà mattina mi vesto per andare andare a correre e svuotare la mente: percorro tantissimi chilometri in un'ora e mezza di corsa e me ne rendo conto quando le gambe iniziano a tremarmi.
Oggi un taxi mi riporta davanti alla porta di casa data la poca forza che mi era rimasta nelle gambe.
Mi preparo per affrontare un'altra giornata di lavoro, mi metto dei vestiti comodi, un filo di trucco e torno al piano di sotto.
Non ho fame e in questi due giorni ho mangiato pochissimo, ma cerco comunque di costringermi a mettere tra i denti almeno qualcosa.
Mi faccio un bel piatto di pasta fredda, cibo che Sofia adora.
Mangiamo insieme e poi lei scappa a lavoro.
Come mio solito in ritardo, esco di casa e quasi non faccio le scale con la faccia. Devo imparare a spartire meglio il tempo e i miei impegni.
Che poi possiamo pure chiamarli impegni, ma ero stravaccata sul divano a leggermi uno dei miei romanzi preferiti.
Mentre cammino per andare in libreria i miei pensieri mi portano per un secondo in uno stato di trance non rendendomi conto ne del tragitto che sto percorrendo ne dell'ombra proiettata dal sole che sembra seguirmi da diversi minuti, ma quando mi giro non vedo nessuno.
Penso che magari io mi stia facendo troppi film mentali ed è stato tutto frutto di un mia immaginazione, o magari sto diventando pazza, chissà.
Riesco ad arrivare in libreria in orario e mi sistemo subito per iniziare il mio turno.
Nel mentre sistemo dei libri nei loro appositi scaffali inizio a pensare: penso al fatto che non mi sento tranquilla perché io sono sicura di averla vista quell'ombra dietro di me, ma in una frazione di secondo, chiunque ci fosse era come se fosse sparito.
Poteva forse essere una persona che ha cambiato strada semplicemente perché la sua destinazione era un'altra e non seguire una ragazzina insignificante di Londra.
Cerco di tranquillizzarmi e mi distraggo alla vista della porta che si apre: una bambina mi saluta.
"Buongiorno signorina, posso chiederle dove posso trovare La solitudine dei numeri primi?"
"Si certo, vieni con me. Lo puoi trovare in quello scaffale laggiù in fondo". Le dico indicando il punto.
Per essere una bambina di 10 anni circa, è molto avanti in fatto di lettura; amo i bambini e amo la lettura, forse un po' di più quest'ultima.
La bimba mi paga ed esce dal negozio.
Durante tutto il pomeriggio entrano diverse persone, tutte di età compresa tra i 10 e i 17 anni: probabilmente cercano liberi da leggere assegnati per le vacanze estive.
Nel tardo pomeriggio chiudo il negozio, stasera ho dovuto tenere più aperto del previsto data la quantità di persone.
Mentre torno a casa, sempre a piedi, mi sento intimidita al pensiero della misteriosa ombra di qualche ora prima e decido quindi di non mettere le cuffiette ma di ascoltare con attenzione ciò che succede intorno a me.
Sentendomi particolarmente osservata un brivido mi percorre la schiena, devo ammettere che questa cosa un po' mi spaventa.
I giorni passano e tutte le volte che esco, per la minima cosa, mi sento seguita, osservata.
Quando vado a correre, al lavoro, in qualche pub o addirittura a fare la spesa e di conseguenza ogni giorno la paura cresce in me, ma non voglio farne parola con nessuno, non ancora.
E poi magari, mi sto solo immaginando tutto.
Ancora nel mio armadio giace in silenzio la maglia di Harry: è da un po' che non ho notizie di lui, che non lo vedo alle feste oppure semplicemente in giro e nemmeno i suoi amici.
Mi fa strano non sentirlo più come prima, non incontrarlo da qualche parte per poi pentirmene la sera stessa, non avere una conversazione per quanto strana e spaventosa, con lui.
Questa sera però, io e le mie amiche andiamo ad una festa in spiaggia, magari avrò l'opportunità di vederlo lì.
Verso le 19 inizio a prepararmi insieme a Sofia: ha davvero un fisico bellissimo, curve al punto giusto, gambe perfette anche se di carnagione è molto più chiara della mia.
I suoi occhi splendono alla luce del sole e i suoi capelli creano un bellissimo contrasto con tutto il suo corpo chiaro.
Dobbiamo metterci il costume e ovviamente sopra un vestito o un qualsiasi indumento, purché sia bianco.
"Festa in bianco" è il nome della serata, quindi insomma, è chiaro ciò che bisogna fare.
Il mio costume è a due pezzi, la fantasia pitonata è la moda che preferisco di quest'estate e non posso fare a meno di indossarlo.
Sofia invece indossa un bellissimo costume intero bianco e nero. La parte sopra di colore bianco, si divide sulla pancia per poi ricongiungersi al nero nel suo fianco destro.
Il gioco della fantasia del suo costume mi ricorda lo "yin yang", concetto ha origine dall'antica filosofia cinese ed esprime la modalità giorno-notte. La metà bianca rappresenta il bene, la positività, rappresenta la parte di luce presente in ognuna delle nostre vite; la parte nera, invece rappresenta il male, il dolore, il buio che fa parte delle nostre vite: il passato, il presente, il futuro. Il nostro essere, il nostro carattere, e ogni nostra piccola particolarità.
Ecco, Sofia è quella parte. Sofia è il giorno, il bene, la positività, la mia parte di luce.
Io sono la notte, il passato, il mio essere, il buio. Una piccola parte della mia oscurità vivrà sempre in lei, ma altrettanto una piccola parte della sua luce brillerà sempre in me.
Siamo come lo yin yang, due parti perfette, che se incastrate, originano il senso della vita.
Finiamo di truccarci, scendiamo a mangiare qualcosa e poi ci dirigiamo alla festa.
Stasera sono più tranquilla ad uscire essendo con le mie quattro amiche.
Arriviamo in spiaggia e ci incontriamo con le ragazze, tutte bellissime, stupende.
Hanno tutte dei fisici da modelle e mi fanno impazzire: i loro costumi sono maculati, fluorescenti, in tinta unita. Sono davvero splendide.
Tutte e cinque indossiamo qualcosa di bianco sopra al costume, io per esempio, un vestito lungo fino alle caviglie, sbracciato e un paio di sandali colore beige. E' fresco, si, un po' trasparente, ma siamo in spiaggia!
La musica ci trascina al centro della pista da ballo improvvisata mentre le mie amiche prendono da bere e io per stasera mi prendo una pausa.
Nonostante io abbia ciò che considero la mia famiglia qui con me, ho l'impressione che un pezzo manchi dentro di me e la paura che qualcuno mi osservi e mi segui non mi fa passare un momento in spensieratezza.
Aspetto un po' e mentre sono in pista mi guardo intorno.
Nessuna traccia di Harry e del suo gruppo.
Ho pensato tante volte di chiedere a Sofia che fine avessero fatto i ragazzi perché lei dovrebbe esserne al corrente dato il rapporto che ha costruito con Niall, ma non voglio dare troppo nell'occhio, farle sorgere domande alle quali non so dare una risposta e alle quali non voglio rispondere.
La posizione di Harry rimarrà un mistero finché magari un giorno, passeggiando tra le strade di Londra o magari lungo la spiaggia, riuscirò a scorgerlo in lontananza.
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