Capitolo 2
Saliamo di corsa sul treno e cerco di asciugarmi come posso, sono completamente zuppa e sto morendo di freddo, penso e ripenso a quelle urla, non riesco a levarmele dalla testa e per circa cinque minuti mi perdo tra i miei pensieri. Chi stava gridando? E perché? Tutto questo mi rende nervosa. Il treno finalmente parte e il sussulto mi fa sollevare la testa, noto immediatamente che non è il solito treno che vedo passare vicino casa ma sembra più uno di quelli deputati al trasporto merci. So bene come è il treno che passa in città, amo trascorrere le giornate a leggere libri seduta accanto la finestra della mia camera perché la luce del sole è perfetta per leggere e da lì lo vedo ogni giorno mentre osservo accuratamente chiunque salga o scenda alla fermata. È un bel treno bianco a strisce rosse, non ci sono mai salita ma potrei giurare di aver intravisto attraverso i finestrini dei sedili blu e invece questi sono rossi.
Di nuovo percepisco quella strana sensazione, qualcosa non va, il treno è sempre stato lo stesso in questi anni, come è possibile che proprio oggi sia diverso? E dov'è tutta quella gente che lo prende di solito? Le stesse facce ormai conosciute che osservo dalla finestra non sono presenti. Oggi non riesco a identificare nessuno, stanno tutti col viso coperto e rivolto verso il basso come se volessero nascondersi, quella sensazione, un misto tra angoscia, ansia e terrore cresce dentro me, e prende il sopravvento quando mi accorgo di un dettaglio:
<<Sono tutti vestiti allo stesso modo>>-dico-<<Si.>>-mi rispondono in coro. Percepisco la loro ansia. Ognuna delle persone sedute sul nostro treno indossa una salopette di jeans e un cappello verde, come se fosse una divisa, una divisa che non riesco ad identificare. Chi sono?
Non sono tranquilla, la stazione, le luci, la pioggia, le urla, il treno, queste persone.
Esclamo: - <<Non vedo l'ora di arrivare a casa, sono esausta! Manca poco per fortuna..>>. Vedo casa in lontananza, inizio a prevedere il sollievo che proverò una volta entrata, la sensazione di benessere una volta che mi sarò buttata nel letto dopo aver mangiato una fetta di torta che sicuramente mamma avrà lasciato sul tavolo apposta per me. Arriviamo alla fermata ma il treno prosegue imperterrito nella sua corsa, quei dolci pensieri vengono distrutti all'istante. Tutti e tre abbiamo la stessa orrenda sensazione ma nessuno di noi ha il coraggio di parlare, sappiamo bene che la cosa migliore da fare in questo momento è trovare il modo per scendere. Lincoln si alza in piedi facendo segno di seguirlo e così facciamo, nel frattempo cerco di osservare meglio gli altri passeggeri, la loro faccia si vede appena, riesco solo a vedere una parte del mento e ai lati gli zigomi. Lou mi guarda e nei suoi occhi leggo "aiuto", cerco di assumere un'espressione rassicurante per tranquillizzarla ma il meglio che riesco a fare è una smorfia con cui ottengo l'effetto opposto. Nella mia testa ho troppe domande: dove stiamo andando? Dove ci porterà questo maledetto treno? Inizio a perdere la calma, guardo Lincoln che si dirige velocemente verso l'uscita d'emergenza, quella che porta allo spazio compreso fra i due vagoni e lo invito a prestare la massima attenzione. Non riesce ad aprire la porta, è bloccata -<<Fateci uscire bastardi!>>-urla come non l'ho mai sentito urlare, ha perso totalmente il controllo e capisco che la situazione sta degenerando, cerco di chiedere a qualcuno dei presenti se sappia dove siamo diretti ma è come se non avessi detto nulla. Restano tutti immobili a fissare il vuoto senza degnarmi di una risposta. Perdo totalmente la pazienza -<<Siete vivi o no?!>>- corro verso la porta e cerco di aprirla insieme ai miei due amici, se l'unione fa la forza questo è il momento di dimostrarlo. Ci riusciamo, la porta si apre e nonostante la paura di farci male, tutti e tre non vediamo l'ora di saltare giù, siamo sfiniti.
Ci prendiamo per mano -<<uno, due e...>>- sto per lanciarmi quando sento qualcuno afferrarmi un piede tirandomi nuovamente sul treno, cado e sbatto forte a terra facendomi male ad una gamba. È stato uno di loro, uno dei passeggeri, "allora sono vivi" penso.
Perché diamine non vogliono farci scendere? Siamo loro prigionieri? Cosa abbiamo fatto per meritarci questo? Inizio di nuovo a farmi un sacco di domande, provo a convincermi che sia solo un brutto sogno, che tutto finirà presto e che potrò finalmente rilassarmi nel mio amato letto, ma non appena riesco a trovare le forze per rimettermi in piedi, scopro di avere davanti un esercito di persone in salopette, tutti uguali come dei robot, incutono terrore come fossero zombie, il loro sguardo gelido puntato addosso mi fa salire il panico, non capisco chi siano, o meglio cosa siano. In lacrime per la paura e per il forte dolore alla gamba dico esasperata:
<<Ma cosa volete?!>>
E in coro rispondono:
<<Voi.>>
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Ciao a tutti e grazie di aver letto il secondo capitolo! Lasciate un voto e un commento, aggiungete la mia storia alla biblioteca per essere al corrente di ogni aggiornamento.
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