Nient'altro che aria

Intanto che faceva scorrere il dito sul display passando in rassegna i commenti social degli ascoltatori, Jordan diede una rapida sbirciata al disopra dello schermo del Tablet, giusto in tempo per sentire la parte finale dell'intervento del vescovo Moore. Nonostante non fosse riuscito a coglierne la maggior parte il moderatore decise di fare buon viso a cattivo gioco, e sfoggiando una chiostra scintillante si rivolse al prelato.

''Grazie mille per la sua risposta, eccellenza'' disse deferente, ''e ora passiamo al prossimo punto della scaletta''.

Tornò a concentrarsi sul Tablet, finché non ebbe recuperato la pagina di suo interesse.

''Oh, un argomento spinoso. Teoria dell'evoluzione''

Da tre delle quattro poltrone in similpelle al centro dello studio si levarono profondi sospiri, seguiti per diversi secondi da un imbarazzato silenzio. Come era già capitato in innumerevoli occasioni durante quell'incontro, il primo ad infrangere la quiete fu l'imam Akbar.

''Apprezzo molto il fatto che sia stata citata insieme al sostantivo che le spetta''. Curvò le labbra in un sorrisetto beffardo. ''Teoria''

''Un giudizio molto netto'' commentò Jordan in tono neutro. ''Voi tutti siete dello stesso avviso?''

Il sacerdote Singh, un uomo dalla pelle scura, la lunga barba bianca e il turbante, si schiarì la gola prima di rispondere.

''Io ritengo che sia una faccenda di secondaria importanza rispetto ad altri aspetti ben più cruciali'' confessò con semplicità. ''Perché perdere tempo a dibatterne se le prove forniteci ne suffragano la validità?''

''Ecco, questo, questo è il punto della questione'' si intromise Akbar indicando più volte il pavimento col dito. ''Dobbiamo accettare tale teoria aprioristicamente, oppure non sarebbe più opportuno far fronte comune per opporci ad una simile deriva scientista?''

Prima che qualcun altro potesse rispondere al posto suo, il vescovo Moore si sporse dalla poltrona per rivolgersi ad Akbar.

''Se riapriamo una diatriba affinché si rinneghi la teoria dell'evoluzione, un terzo del paese aggrotterà le sopracciglia, e la restante parte ci riderà dietro''

''Il nostro compito è diffondere la verità o costruire consenso?'' lo incalzò Akbar.

''Non possiamo diffondere la verità se manca il rispetto'' ribatté Moore tranquillo, ''e per averlo a volte si rende necessario prendere atto del mutare delle circostanze''

''È questo atteggiamento che non condivido con te, Daniel'' disse Akbar, accennando un sorriso sornione. ''Tu cerchi di adeguare la verità al pensiero corrente. Io invece mi sforzo di adeguare il pensiero corrente alla verità''

''Ma a meno che non intendi salvare solo qualche decina di seguaci dalla fede adamantina, devi anche tener conto di ciò che pensa la gente, Haziz'' insistette Moore. ''E la gente ormai quando deve decidere se affidarsi alla fede o alla scienza, sceglie la seconda''

''Su questo punto credo si potrebbe aprire un dibattito''

''Prova a chiedere ad una persona che sta morendo di appendicite se preferisce un'operazione salvavita o una preghiera, e avrai la tua risposta''

Sul momento, Akbar parve spiazzato da quell'affermazione, ma già dopo qualche secondo il suo volto tornò a distendersi.

''Io non sono per un ritorno al medioevo'' premise affabile, ''l'elettricità è utile, così come l'acqua corrente, la posta elettronica e i pacemaker. Ma ho anche studiato a fondo. E grazie alle rivelazioni contenute negli hadith so a quali verità credere in accordo con la scienza, e l'evoluzione non è tra queste''

''Haziz, sai bene come la penso su questo punto'' ci tenne a precisare Moore. ''Non puoi affermare che ogni scoperta scientifica dall'ottocento in poi sia già stata riportata negli hadith solo citando qualche versetto estrapolato dal contesto. Se interpreti i versetti con sufficiente abilità essi ti riveleranno qualsiasi cosa''

''Ha qualche commento da fare in merito, Rav Hartman?'' chiese Jordan, decidendo di approfittare di quella pausa per interpellare anche l'unico dei presenti che non aveva ancora partecipato alla discussione.

Il rabbino si sistemò gli occhiali rettangolari sul naso e dopo una breve riflessione ruppe il silenzio.

''Ciò che Dio ha detto non può che esser vero'' esordì pacato. ''Tuttavia, è sempre possibile per l'uomo che ascolta incappare nell'errore. L'interpretazione è da sempre un'arte sottile''

''Interpretazione, certo, ma quanto più vicino possibile al significato letterale'' si premurò di precisare Akbar. ''D'altronde, quando il solo e unico parla, noi non possiamo che tacere e ascoltare''

''Purtroppo, temo che la vostra ostilità preconcetta nei confronti della molteplicità del divino, costituisca un ostacolo pressoché insormontabile da questo punto di vista'' notò Singh tra il serio e il faceto.

''Signor Singh, le posso assicurare che da parte mia non provo qualsivoglia forma di ostilità verso nessuna fede'' disse Moore rivolgendogli un sorriso conciliante. ''Come ci ha ben insegnato la santa Madre Teresa, la Chiesa nutre un profondo rispetto per la cultura indù''

''Daniel ha ragione'' confermò Akbar, ''in fondo, i cristiani hanno da sempre un approccio molto libertario alla faccenda''

Moore chiuse gli occhi, mentre un sommesso sospiro gli sfuggiva dalle labbra.

''Ancora una volta Haziz, la dottrina trinitaria non costituisce in alcun modo una forma di politeismo'' ribadì paziente. ''Tre in uno. Uno in tre. Si tratta di tre aspetti del medesimo divino, non tre divini affiancati l'uno all'altro''

''Un po' come i tre moschettieri'' commentò Hartman accennando un sorrisetto.

Il vescovo parve scandalizzato, ma Jordan si affrettò ad intervenire prima ancora che potesse riprendersi dallo shock.

''Credo ci stiamo allontanando dal fulcro della discussione'' disse sbrigativo, sollevando il Tablet a mezz'aria. ''Perché non torniamo a concentrarci sull'argomento della scaletta?''

Akbar sbuffò.

''Ancora con quella scemenza delle scimmie che imparano a camminare?''

''Davvero non riesco a comprendere l'ossessione che hanno le fedi abramitiche per il corpo fisico'' sbottò Singh sinceramente stupito. ''Che senso ha preoccuparsi di come si è giunti alla forma attuale, se tanto nella prossima vita dovremo spogliarcene per indossarne un'altra?''

''Perché noi siamo convinti che il nostro corpo rappresenti ben più di un vestito comprato al bazar'' ribatté asciutto Akbar. ''Un giorno Dio richiamerà i giusti a sé, e allora ci servirà''

''Considerati i tempi con cui agisce, vi converrebbe mummificare i morti anziché seppellirli'' gli fece notare Singh. ''Pensate forse che tra due o tre millenni le vostre ossa saranno ancora lì?''

''Ciò che conta è il tentativo di assecondare la volontà divina'' insistette Akbar, ''noi fedeli ubbidiamo, non discutiamo gli ordini dell'Altissimo''

Un largo sorriso increspò le labbra del sacerdote indù.

''L'uomo è saggio finché cerca la saggezza, ma quando crede di averla trovata perde la testa'' recitò con una punta di solennità.

Akbar alzò un sopracciglio.

''Chi l'ha detto, il vostro Budda?''

Per un secondo una sorta di strano tic deformò i lineamenti di Singh, che però seppe riprendersi con sorprendente rapidità.

''Siete stati voi in effetti'' rispose sornione, ''si tratta di un detto arabo precedente all'avvento dell'Islam. Già all'epoca vi eravate capiti''

''Stai insinuando che noi musulmani abbiamo perso la testa?'' sibilò Akbar aggrottando la fronte.

''Sto solo facendo notare il cambio di approccio'' replicò Singh in tono pratico. ''La vera conoscenza è irraggiungibile, ma nonostante ciò io mi ostino a perseguirla è diventato Ho capito tutto. Mi è bastato leggere un libro''

''Non accetto lezioni da qualcuno che venera elefanti e vacche'' sbottò Akbar rivolgendogli un'occhiataccia sprezzante.

''E io rifiuto di essere bacchettato da chi considera un adempimento sacro mettersi a girare in tondo attorno ad una pietra'' gli fece eco Singh con altrettanta ostilità.

Le sopracciglia di Akbar schizzarono subito verso l'alto.

''La Pietra Nera non è una semplice pietra!'' esclamò furioso.

''E Ganesh non è un semplice elefante!'' latrò Singh. ''Studiate un po' prima di parlare di cose che non comprendete!''

Temendo che la situazione gli stesse sfuggendo di mano, Jordan si vide costretto a intervenire.

''Signor Akbar, signor Singh, ve ne prego...''

Nessuno parve averlo sentito.

''Io comprendo ciò che vedo'' ribatté Akbar a denti stretti, ''e davanti a me non vedo altro che un pagano e un'idolatro con la testa piena di menzogne e assurdità!''

Singh sgranò gli occhi.

''Non ho intenzione di restare in questo studio a farmi insultare!''

''E allora perché non te ne vai?!'' sbraitò Akbar agitando il braccio in un gesto teatrale. ''Quella è la porta!''

Senza farselo ripetere due volte il sacerdote indù scattò in piedi, e ignorando le proteste e gli inviti a restare provenienti dagli altri invitati, lasciò lo studio attraverso il dietro le quinte.

''Signor Singh, la prego'' lo supplicò Jordan urlandogli dietro. ''Signor Singh! Signor Singh!''

L'eco di una porta che sbatteva in lontananza fu l'unica risposta che ricevette quell'ultimo appello.

''Una liberazione'' commentò soddisfatto Akbar, sprofondando nella poltrona. ''Perlomeno adesso possiamo parlare tra persone civili. Gente che non venera scimmie e ratti''

''Non ritengo sia nello spirito di questo incontro insultare le fedi altrui'' gli fece notare Jordan.

''Ma chi insulta?'' disse Akbar simulando sorpresa. ''Mi limito a riportare un semplice dato di fatto. Non sono certo stato io a consigliargli di trasformare i loro templi in caravanserragli''

Per tutta risposta Jordan scosse la testa, ma decise di non protestare.

''Procediamo col punto successivo'' soggiunse rassegnato, intanto che controllava il display del Tablet. ''Un nostro ascoltatore chiede qual è la vostra opinione sui miracoli''

''Nella storia Dio ne ha compiuti diversi'' cominciò Hartman. ''L'apertura delle acque è un esempio famoso''

''Concordo'' convenne Moore, ''ma bisogna anche tener conto di quelli attribuiti al nostro Salvatore, oltre ovviamente alle opere dei santi''

''Intendi quelle persone a cui vi rivolgete accendendo ceri e invocando favori?'' chiese Akbar con semplicità.

Per quanto fosse appena accennata, la vena di ironia nel suo tono non sfuggì al vescovo, le cui labbra si fecero di colpo estremamente sottili fin quasi a scomparire.

''Per l'ennesima volta Haziz, il culto dei santi non è equiparabile all'idolatria'' disse stizzito. ''Gli rivolgiamo la nostra devozione affinché intercedano presso il Signore, ma non rappresentano divinità a sé stanti. Ogni miracolo essi possano aver compiuto in vita lo devono solo alla grazia che Dio ha accordato loro''

''A me suona tanto di pantheon stile antica grecia'' commentò distrattamente Hartman, guardando l'orologio.

''Non è la stessa cosa!'' sbottò indignato Moore.

La croce d'oro che teneva al collo rimbalzò sul suo abito talare, mentre si voltava a fissare l'imam.

''E comunque, se proprio dobbiamo parlare di credenze immotivate, perché non discutiamo un po' anche delle vostre? Venerare San Francesco è idolatria, mentre credere che esista il genio della lampada fede sincera?''

''Noi musulmani non veneriamo gli jinn'' obiettò Akbar offeso.

''Se per questo noi cristiani nemmeno crediamo alla loro esistenza'' ribadì Moore quasi con orgoglio. ''Creature del folklore preislamico talmente radicate nell'immaginario popolare, che guarda caso sono riuscite a sopravvivere anche dopo l'arrivo del profeta''. Sogghignò divertito. ''Le coincidenze a volte sono davvero stupefacenti''

''Devo forse farti la lista di tutte le forzature a cui vi siete piegati pur di convertire i miscredenti, Daniel?'' gli chiese Akbar, gli occhi ridotti a fessure. ''Sei proprio sicuro di voler battere quella strada?''

''So bene a cosa ti riferisci, e sappi che non sono assolutamente dello stesso avviso'' replicò Moore spazientito. ''Non si può impedire alla superstizione di esistere, ma almeno noi cerchiamo di combatterla, e non permettiamo a culti defunti di sopravvivere in versione modificata. Quando il cristianesimo si è imposto a Roma, la chiesa non è certo andata in giro a dire che Diana la cacciatrice correva ancora in mezzo ai boschi''

Dando qualche leggero colpetto di tosse, Hartman si intromise nella conversazione.

''Non saprei'' disse sovrappensiero, mentre si lisciava la lunga barba bianca. ''Sbaglio o il 25 dicembre coincideva già con qualcos'altro. Un certo sol invict...''

''È una data! Solo una stupida data!'' lo interruppe Moore con foga. ''I Vangeli non ci dicono quando il nostro Salvatore è venuto al mondo, perciò siamo stati costretti ad improvvisare. Era più semplice far accettare ai pagani una festa nuova sovrapponendola ad una già esistente, piuttosto che inventarsela di sana pianta''

''Se l'obiettivo è semplicemente quello di convincere più gente possibile, perché allora non mettere tutto nello stesso calderone?'' propose Akbar sogghignando beffardo. ''Un pizzico di animismo qui, un po' di spiritismo là, e il piatto è servito. Dopotutto, anche il pane stantio va giù meglio se abbinato ad una salsa gustosa''

Moore lo guardò torvo.

''Queste sono palesi forzature'' sentenziò asciutto. ''Ove mai fossero avvenuti degli episodi di sincretismo, essi sono stati motivati da ragioni squisitamente pratiche. Come pretendi che ci facessimo capire dai papuani quando gli dicevamo che Gesù Cristo è l'agnello di Dio? Nel Pacifico le pecore mica ci sono!''

''Forse avreste dovuto permettere a qualcun altro di prendere il vostro posto'' disse Akbar con semplicità.

''Invitare predicatori islamici per convincerli a non mangiare l'unico animale d'allevamento che conoscevano?'' lo incalzò Moore fissandolo in tralice. ''Ad obbligare donne da sempre abituate a correre seminude nella foresta a mettersi lo chador?''.

Tornò ad adagiarsi contro lo schienale della poltrona, mentre un largo sorriso gli arricciava le labbra.

''Ma sicuro, sono certo che avreste convertito l'intero paese in men che non si dica''

A giudicare dall'occhiata che gli rivolse, Akbar sembrava fortemente tentato dalla prospettiva di saltargli addosso, ma Jordan intervenne nel dibattito prima che potesse degenerare.

''Prossimo punto'' annunciò frettolosamente mettendosi a scrutare il Tablet. ''No, questo era più per il signor Singh...ah, ecco''. Rialzò gli occhi dallo schermo per osservare i presenti. ''Come conciliare la figura del Messia attraverso le varie fedi?''

Dato che Akbar si stava ancora riprendendo dalla frecciatina precedente, e Hartman dopo aver sentito la domanda aveva l'aria di qualcuno che si fosse appena scolato un bicchiere di chinino, Moore fu il primo a prendere la parola.

''Non credo ci sia bisogno di ribadire quella che è la posizione ufficiale della Chiesa, dato che l'ho già fatto in diverse occasioni durante questo dibattito'' premise pacato sistemandosi meglio lo zucchetto sulla testa. ''Tuttavia, per amore di verità, mi limito a ripetere il fulcro del nostro messaggio. Gesù Cristo è il salvatore dell'umanità, il figlio di Dio, e il messia che aspettavamo da tempo''

''Mi dispiace, ma ancora una volta sono costretto a contraddirti, Daniel'' obiettò Akbar con aria di bonaria condiscendenza. ''Secondo quanto rivelato dal Profeta, pace e benedizioni su di lui, Isa era un profeta di grande importanza, però non vantava alcun rapporto di parentela con il Supremo, e di certo non rappresentava il messia di cui parlavano i testi antichi. In verità, l'intera faccenda del messia è un concetto ormai obsoleto da quando Muhammad ci ha mostrato la via dell'Islam. Si trattava di un semplice errore di interpretazione compiuto dai giudei''

Destandosi improvvisamente dall'assorto silenzio in cui era caduto, Hartman si voltò a fissare Akbar, la bocca deformata da una strana smorfia.

''Un errore di interpretazione?'' sibilò trasudando fiele. ''Sappi che se non fosse stato per i nostri errori di interpretazione, il tuo caro Islam nemmeno esisterebbe''

''Che assurdità è mai questa?!'' sbottò Akbar sconvolto.

''Non fare il finto tonto, lo sai benissimo di che parlo'' insistette Hartman in tono accusatorio. ''Avete rubato la nostra religione. Ve ne siete appropriati in maniera del tutto arbitraria e poi l'avete distorta a vostro uso e consumo''. Scoccò a Moore un'occhiataccia. ''Voi cristiani più di tutti''

''Questo è una bugia!'' tuonò indignato il vescovo.

''È la verità invece!'' ribadì Hartman appassionato. ''Dio si era sempre rivolto soltanto a noi''. Si batté il petto con foga. ''Il suo popolo, l'unico popolo eletto tra tutti gli altri, finché un bel giorno qualcuno che afferma di essere qualcosa che non è, inizia ad adescare seguaci e corre in giro a dire che ciò che era valso per migliaia di anni ora non contava più''. Agitò le braccia in aria con fare teatrale. ''Chissenefrega della legge. Dio è amore. Tutto è amore. L'Altissimo è sceso sulla terra per redimervi facendosi ammazzare al posto vostro. Deliri!''

Divertito dalla scenetta Akbar sghignazzò, ma non appena l'ebbe sentito Hartman smise immediatamente di guardare il vescovo per concentrarsi unicamente su di lui.

''Hai poco da ridere tu'' disse sprezzante. ''Secondo te noi tutti nasciamo musulmani e l'umanità fin da Adamo ed Eva è sempre stata musulmana''. Sogghignò con aria strafottente. ''Pensa un po'. Pure Salomone e David erano musulmani e non lo sapevano. A quanto pare Dio si era dimenticato di avvertirli, e allora ha contattato un mercante alla Mecca per correggere l'errore. Con solo quattromilatrecento anni di ritardo. Ops''

''Blasfemia!'' latrò Akbar diventando paonazzo.

''Qui nessuno intende insultare nessuno'' disse Jordan, cercando di ristabilire la calma.

''Io insulto chi mi pare!'' ringhiò Hartman ignorando l'assist.

''Per caso hai bevuto prima di venire qui?'' ribatté Akbar esponendo una chiostra giallastra. ''Kafir dalla mente annebbiata!''. Distolse lo sguardo dal rabbino e fissò Moore. ''E tu perché non dici niente? A te sta bene che ti dileggi purché attacchi me?''

Prima che Moore potesse rispondere, Hartman tornò all'attacco.

''Sì, certo, tutti contro di voi, poveretti'' lo canzonò lui, ''ovviamente colpa del grande complotto giudaico-cristiano. Semmai sono io che dovrei dire il contrario! L'ultima volta che ci siamo affidati alla protezione di un papa cattolico, la mia gente è finita dentro ai forni''. Puntò l'indice contro Akbar. ''E voi eravate d'accordo!''

''Non mi risulta che il Terzo Reich fosse un califfato'' si difese Akbar puntando a sua volta il dito contro il vescovo. ''Chiedi a lui perché non hanno scomunicato un loro fedele''

''Hitler non era un cristiano, e men che meno cattolico'' protestò indignato Moore. ''Era un ateo, imbevuto di deliranti teorie sulla predestinazione e la provvidenza. A parte il folle convincimento di essere stato scelto dall'universo per far trionfare la razza ariana, non c'era neppure un grammo di fede in lui''

''Poco importa. Figlio della stessa cultura'' sbottò Hartman con impazienza. ''L'ebreo è il male del mondo. Abbasso Israele! A morte i sionisti! Slogan vuoti ripetuti a pappagallo. Sono duemila anni che state cercando di sterminarci''

''Non puoi equiparare il decreto di Granada con uno sterminio'' ribatté Moore.

''Certo, perché essere sbattuti fuori dal proprio paese a calci nel di dietro è una passeggiata di salute''

''Con i palestinesi invece quest'approccio va bene, eh?'' lo incalzò Akbar. ''Sloggia da casa mia anche se ci hai sempre abitato tu, solo perché un pezzo di carta compilato da qualche scribacchino prezzolato afferma il contrario!''

''Ti ricordo che per convincere quegli scribacchini prezzolati a darci ciò che ci spettava, abbiamo prima dovuto subire l'olocausto!''

''Ammesso che sia avvenuto'' sbuffò Akbar distogliendo lo sguardo.

In un istante il volto del rabbino si fece violaceo, mentre un sinistro tremore cominciava a scuotergli ogni fibra muscolare. Alla fine, come una pentola a pressione priva di valvole di sicurezza, la tensione raggiunse il culmine ed Hartman esplose.

''Come?!!!''

La sua voce non aveva ancora smesso di rimbombare, quando Jordan si affrettò ad intervenire.

''L'olocausto è un fatto storico comprovato da una corposa mole di documentazione, oltre ovviamente ad innumerevoli testimonianze dirette''. Rivolse un'occhiata eloquente ad Akbar. ''Voglio sperare che nessuno in questo studio sia convinto del contrario''

''A quanto pare il fan di Husseini, l'avvelenatore di pozzi, la pensa diversamente!'' urlò Hartman furioso.

''Se ha avuto quell'idea è solo perché voi l'avete costretto!'' ribatté Akbar tornando ad incrociare il suo sguardo.

Gli occhi di Hartman si accesero di una strana luce, come se fossero ormai pronti a scoccare saette.

''Puttanate!'' sbraitò fuori di sé.

''Signori, vi prego'' li supplicò Jordan disperato, ''moderate il linguaggio''

''Si fotta il linguaggio!'' latrò Hartman agitando il braccio in un gesto sprezzante. ''Sto pazzo nega la shoah solo perché è invidioso di non averla fatta prima lui!''

''Itamar, basta così!'' tuonò Moore nel tentativo di farlo calmare. ''Adesso stai esagerando''

''Ecco, visto?!'' strillò istrico Hartman, mentre puntava di nuovo il dito contro i due vicini di poltrona. ''Di nuovo a complottare!''

''Non ho mai detto che bisognerebbe sterminare gli ebrei'' affermò Akbar fingendo di ignorarlo. ''Dico solo che se Israele non fosse mai nato, avreste risparmiato al mondo un sacco di problemi. Nel caso qualche migliaio di voi avesse voluto trasferirsi in Terra Santa, noi non avremmo avuto niente da obiettare. Sotto l'impero ottomano i popoli del libro potevano vivere in pace grazie alla protezione offerta dai musulmani. A Istambul esistevano chiese e sinagoghe''.

Lanciò un'occhiata eloquente a Moore.

''Quante moschee c'erano nell'Europa medievale?''

''Sono trascorsi molti secoli, Haziz. Il mondo cambia'' gli ricordò il vescovo. ''Oggi a Roma sorge quella che è stata per molti anni la moschea più grande d'Europa. Quante chiese ci sono alla Mecca?''

Akbar aggrottò le sopracciglia.

''Sarebbe sacrilego costruire una chiesa nella città santa'' tagliò corto lui, come se si trattasse di una proposta indecente.

''Ti faccio notare che anche Roma è città santa''

''Si vede che abbiamo modi diversi di interpretare la sacralità'' disse Akbar scrollando le spalle.

Le guance di Moore si tinsero di rosso.

''Credo ti abbia appena insultato'' notò Hartman con perfido compiacimento.

''Oh, sta zitto!'' sbottò Moore perdendo la pazienza. ''State zitti tutti e due!''

''Signori, vi prego...''

Il debole tentativo di Jordan, fu subito silenziato dal vescovo.

''E zitto pure tu!'' aggiunse fissandolo storto. ''Senza Dio impenitente''

''Non ho mai detto di essere ateo'' pigolò sulla difensiva il moderatore.

'''Di sicuro sarà agnostico'' commentò beffardo Hartman, ''la versione vigliacca dell'ateismo''

''Parole pesanti per uno che crede sia giusto ammazzare donne e bambini usando un joystick'' si intromise Akbar tornando alla carica. ''Parli di vigliaccheria e poi correte a nascondervi dietro le sottane di mamma America ogni volta che vi trovate in difficoltà. Come un moccioso viziato e pisciasotto''. E spiazzando tutti, si diede alla puerile imitazione di un bambino capriccioso. ''Aiutami mamma, lui mi ha lanciato un sasso. Voglio altre bombe!''

''Forse potremmo colmare il gap di coraggio imitando voi musulmani'' propose Hartman simulando ammirazione. ''Anzi, domani chiamo il ministro della difesa e gli propongo un'idea. Convinceremo l'esercito affinché inizi subito ad addestrare ragazzini in età di liceo a farsi saltare in aria in mezzo a mercati affollati, promettendogli che se lo fanno andranno dritti dritti in paradiso. Ho già il nome dell'iniziativa''.

Tracciò una linea immaginaria a mezz'aria.

''La chiameremo protocollo demente''

Non riuscendo più a trattenere la rabbia Akbar scattò in piedi, e stendendo il braccio verso i suoi due vicini di poltrona, si mise ad apostrofarli in tono minaccioso.

''Arriverà il giorno in cui ci rincontreremo nell'altra vita, e a quel punto mi farò tante risate guardandovi bruciare!''

Quasi fossero stati punti da un'ape, Moore e Hartman scattarono in piedi pressoché in simultanea, gli occhi iniettati di sangue intrisi di istinto omicida.

Approfittando del totale spaesamento in cui sembrava essere caduto Jordan il vescovo parlò per primo, facendo rimbombare per lo studio la sua voce tonante.

''Mentre ovviamente tu, mente illuminata, te ne starai ben pasciuto in quel giardino fatato che chiami paradiso ad ingozzarti e a fare sesso dalla mattina alla sera, eh?''

''Puoi ben dirlo'' rispose Akbar sogghignando compiaciuto.

''Certo, con fiumi di vino e puttane a profusione'' confermò Moore sprizzando ironia. ''Avete popolato il vostro Janna buttandoci dentro tutto ciò che non potevate avere in vita. Sogni da ragazzini in preda agli ormoni, altro che paradiso!''.

Ignorando l'espressione esterrefatta dell'imam, il vescovo si portò la mano al petto e sfiorò con le dita il crocifisso d'oro che teneva al collo.

''Quello di noi cristiani è un luogo di pace per lo spirito dove l'appagamento si ottiene ammirando Dio. Il vostro assomiglia ad un bordello!''

''Come osi?!'' latrò furente Akbar. ''Politeista blasfemo!''

''Eretico imbecille!'' urlò Moore con altrettanta enfasi.

Quasi non stessero aspettando altro, i due religiosi si scagliarono l'uno addosso all'altro e presero a tirarsi per il colletto a vicenda.

Jordan mollò il Tablet e tentò di separare i litiganti, mentre Hartman veniva spinto via dopo essere per sbaglio rimasto coinvolto nella colluttazione. L'urto gli fece cadere il cappello a terra, costringendo il rabbino a chinarsi per raccoglierlo. Se l'era appena rimesso in testa, quando qualcosa di molto strano spinse il quartetto a fermarsi di colpo.

Non si trattò di una scossa di terremoto, e neppure di un alito di vento. Fu come se l'aria attorno a loro avesse vibrato in maniera pressoché impercettibile, tanto che le luci nello studio sfarfallarono un paio di volte. Nessuno seppe spiegarsi il motivo di quel fenomeno all'apparenza inspiegabile, ma per diversi secondi all'interno dello studio tutti quanti i presenti trattennero il respiro.

Intanto che un silenzio spettrale calava su di loro, i quattro uomini restarono immobili dove si trovavano, i muscoli tesi come corde di violino e le schiene percorse da un brivido freddo.

''Cos'è stato?'' chiese Jordan preoccupato. ''Una scossa?''

''Credo...''. Hartman deglutì. ''C-credo di sì''

''Sembrava più un alito di vento'' obiettò Akbar in un sussurro.

Riprendendosi dallo shock con sorprendente rapidità, Moore si voltò verso di lui e curvò le labbra in un sorrisetto beffardo.

''Magari uno jinn ti è passato accanto'' ipotizzò sarcastico.

Gettando al vento ogni precauzione Akbar incrociò lo sguardo col vescovo, e senza nemmeno dare a Jordan il tempo di impedirglielo gli saltò di nuovo addosso.

''Rimangiatelo!''

Intanto che lo scontro tra i due riprendeva, ben al disopra delle loro teste, qualcosa era appena accaduto.

Oltre gli spessi banchi di nubi in cielo, all'esterno della sfera di roccia e acqua chiamata Terra, il gelido spazio siderale si estendeva all'infinito in ogni direzione.

Pianeti, stelle, asteroidi, nebulose, galassie e supernove. Ogni sfaccettatura della materia alla deriva dentro quell'immenso oceano nero.

Il cosmo in tutta la sua terrificante vastità.

Al di là di tutto questo, persino più lontano dei pulsar più remoti o dei quasar più inaccessibili, quelli che rappresentavano i confini stessi dell'esistenza avevano raggiunto la loro massima estensione.

Dopo quasi quattordici miliardi di anni dalla sua nascita, l'universo aveva smesso di espandersi.

***

Una volta che fu pieno fino al massimo della sua capacità, il globo perlaceo vibrò leggermente, permettendo così al flusso d'aria di scivolargli addosso.

Minuscole particelle cariche di energia ne accarezzarono la superficie lattiginosa, mentre i recettori presenti sulle pareti interne della mucosa le attiravano a sé, servendosi della sfera e delle sue simili come catalizzatore.

Presto quel prezioso nutrimento gli sarebbe servito. Serviva sempre. Non ce n'era mai abbastanza.

Per questo bisognava farne scorta. Farne scorta e resistere.

Fino al prossimo flusso d'aria.

***

Rialzata la testa dal terreno sotto i suoi zoccoli, la creatura si guardò cautamente attorno.

Nonostante la brezza che faceva ondeggiare gli steli delle piante, il lago che copriva quasi due terzi della vallata si presentava placido, con solo qualche leggera increspatura a turbarne la superficie bronzea.

Un alito di vento soffiò sul muso della bestia, che però non ne parve affatto indispettita, ma anzi si limitò a socchiudere gli occhi come per godersi appieno il momento. Mentre si protendeva verso il cielo color lillà inarcando il collo possente, le sue lunghe corna brillarono al sole.

A quel punto la brezza cessò, la creatura riaprì gli occhi, e dopo aver rivolto nuovamente il capo verso terra, riprese a brucare come niente fosse.

Gli spessi steli che aveva in bocca scrocchiavano sotto i suoi denti, emettendo un suono sorprendentemente piacevole. Come una sorta di bizzarra melodia.

Nel frattempo, il tempo passava, e mentre un singolo istante trascorreva in questo mondo, per altri organismi invisibili e sconosciuti, una vita, un millennio, un'epoca intera, scivolavano via come foglie in balia della corrente.

All'oscuro di questo ed altri paradossi, la creatura continuò imperterrita a masticare.

Uno scrocchio, un'era. Ogni colpo di mascella, un eone.

L'eterno ciclo dell'universo condensato in un respiro.

Espandersi, contrarsi. Espandersi, contrarsi.

L'infinita complessità del reale ridotta ad un banale riflesso involontario.

L'esistenza stessa tradotta in gesto.

Perché così era sempre stato.

Da ben prima che l'uomo iniziasse a dibattere. 

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