IV
"Colei che candida ride
poc'anzi si disperava incerta,
inciampando sanguinava stanca
colla vita protesa a ghermirla
le bianche spalle scoperte al freddo della sera.
Un fiore vidi scender per un rivo
era bianco e giovane
aveva le vene bagnate dalla linfa della vita
Annegò tra l'acque,
scomparve inghiottito dal vortice scuro.
Or esso poggia sulla riva dischiuso
al pallido meriggio si distende
più bello che mai
Ha vinto la prova della morte
Le sue radici affondano nella riva
Foglie tenere
appaion tra il fango delle sponde."
Quella sera Margherita pianse.
Poi rise.
E poi mi diede un bacio, che non scorderò mai.
Un solo bacio sulla guancia, con le sue calde labbra rese salmastre dalle lacrime, tanto piccole e delicate.
Che fossi matto?
Cosa stavo lì a fare, a consolare con i miei miseri versi nati più dalla troppa solitudine che da un vero e proprio genio poetico una ragazza senza futuro e senza certezze?
La mia mente è così, strana, e mentre lei m'imprimeva sulla guancia tutta la sua commozione io così andavo pensando.
- Si - mi dissi - e così mi piaceva.
Parlammo a lungo quella sera.
Della sua famiglia, della sua infanzia, di tutti i sogni che ormai aveva stracciati, pestati sotto ai piedi e rinchiusi in un cassetto. Le parole si susseguivano in un rivo interrotto da qualche singhiozzo e talvolta spezzate da una risata incerta.
La nota di amarezza che sentivo nella sua voce dava vita a tutte le mie paure: come poteva una ragazza così giovane, così piccola e gentile avere carica l'anima di tutto quel dolore? La vita non era forse quella che mi raccontavano Claudio e Christian, con le parole biascicate dall'alcol; non era forse allegria, risate che puzzavano di fumo e baci rubati?
Tutto questo, di fronte a Margherita, cadeva nel vuoto.
I loro comportamenti, il desiderio che avevano quelli della mia età di ridere e dimenticare mi sembravano sforzati, innaturali. Non vedevo bellezza attorno a me, e il dolore di Margherita era una prova a favore di tutti questi miei ragionamenti.
'Neppure tu mi ascolti?' chiese inclinando il capo, ed io raccolsi solo le sue ultime parole, riscuotendomi dai miei pensieri.
Le risposi sorridendo che mi conosceva e che, uno strano come me, poteva permettersele certe cose. Accogliendo con un sorriso assente le mie parole annuì.
Fuori era notte fonda da un pezzo, probabilmente l'alba non avrebbe tardato ad arrivare.
Cercai di spezzare il clima che s'era creato, un clima di confessioni gravose e tristi, menando per l'aria un braccio e gettando uno sguardo fuori, sul tetto della città.
'Da qui c'è una bella vista' dissi quasi meccanicamente, poggiandomi alla credenza.
Da un cassetto sporgevano vari oggetti; uno straccio biancastro e dei guanti sporchi. Feci per guardare meglio ma lei fu più veloce di me e chiuse il cassetto prima che io potei vederne meglio il contenuto.
Mi sembrò fosse pieno di siringhe, ma mi trattenni dal chiedere spiegazioni. Ero imbarazzato per aver guardato dove non dovevo ma per la prima volta la guardai con uno sguardo nuovo, indagatore.
Mi nascondeva qualcosa?
Lei era tesa, ma era subito tornata a sedere dopo aver gettato uno sguardo inquieto alla finestra.
Le luci della città, ormai ridotte ai lampioni e ai pochi riquadri dorati delle finestre di uomini e donne soli, che come noi trascorrevano le notti svegli, a guardare la città aprirsi come un mistero davanti a loro, splendevano come stelline lontane.
'No, Stefano.'
Avrei voluto che cambiasse tono, che ridesse, che mi dicesse che in fondo stava bene e che non toccava a me portare sulla schiena il peso della sua storia; ma lei mi rispondeva in modo assente, con uno sguardo incerto e ferito.
'A molti può piacere, ma io non vedo che una città vuota. Gli edifici sono pieni di persone, le stazioni, ricolme. I bar, i negozi, colmi di gente.
Ma tutti hanno un buco nel cuore. Ogni cosa qui è vuota, e tutti sono ciechi.'
Per al prima volta le parole di Margherita, così dure, sprezzanti e venate d'un amarezza più sordida dello smog che si attaccava anche alle vesti, mi colpirono come un pugno allo stomaco.
I suoi pensieri così duri eguagliavano i miei, ma io, davanti a lei, chi ero?
Se non un ragazzino che, malinconico di casa e forse un poco poeta, dicevo queste cose?
Ma lei sembrava vivere ogni giorno ciò che diceva.
'Questa sera mi hai portato l'unica cosa bella che vedo da quando ho lasciato casa, da quando non sono più bambina…questa città è vuota, ma di bellezza. Guarda i palazzi, sì, guarda le chiese. Si ergono belle, così eleganti e sante. Ma tutto questo è passato, non fa che parte d'un passato che cade in rovina, trascinando con sé ogni forma di bellezza e originalità… davanti a me non vedo che un'immane rovina, e nessun altro la vede… questa sera il tuo dono ha aperto il mio cuore, più di quanto tu possa mai immaginare; questa sera ho capito che c'è ancora del bello, che c'è ancora un briciolo di buono in tutto questo…forse vivere può valere ancora qualcosa… '
I singhiozzi credo si sentirono oltre l'uscio dell'appartamento, ed io le rimasi accanto fino a che l'alba non illuminò la nostra miseria; Claudio e Christian malignavano di come io avessi approfittato di lei rimanendoci tutta la notte.
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