XX
«Ehi, Reginald, sveglia.»
Logan mi da dei buffetti al naso. Provo a togliermelo di dosso, ma è inutile. Affondo la faccia nel cuscino e mugugno assonnato.
«Reginald, avanti, alzati.»
«Aspetta ancora un minuto...»
«Lo hai detto anche cinque minuti fa. Sei incredibile. Io sono sveglio dalle sette. Fammi il piacere e alzati, sono le dieci di mattina e a mezzogiorno dobbiamo andare a casa dei miei, ti ricordi?»
Apro gli occhi, completamente sveglio. Ovvio che mi ricordo.
Oggi finalmente incontrerò i suoi genitori e loro vedranno me. Oggi finalmente saprò se sarò accettato per prendere il posto accanto a Logan. Non ho mai visto i suoi genitori, ma da come me ne ha parlato so che il padre è un tipo severo e la madre è molto comprensiva. Quando ha detto che avrebbe portato a casa il suo fidanzato, non so bene come i suoi abbiano reagito al genere maschile. Non me l'ha voluto dire. O vuole che sia una sorpresa per me o non vuole riferire la litigata fatta, ma dubito che mi porterebbe a casa sua se non fosse ancora ben accetto.
In base a questo incontro, decideremo il seguito. Voglio assolutamente dire a mio fratello quello che sta succedendo con Logan, anche perché sta diventando una cosa abbastanza seria e sono stufo di tenermi tutto dentro e non potergli dire niente.
Ho una paura folle. Sto per incontrare i suoi genitori, per la miseria! So che non posso contare su nessuno; Henry e Nora non lo sanno, ma saranno i prossimi sulla nostra lista. Mi chiedo come ancora le voci non siano arrivate fino a loro.
Mi sollevo e stropiccio gli occhi, mettendo a fuoco la figura di Logan accanto a me, seduta sul letto.
«Io ti aspetto giù, mi raccomando: non riaddormentarti, altrimenti passerai un bruttissimo guaio.» Mi strizza l'occhio.
Logan si allaccia le scarpe e, silenziosamente come quando è entrato, esce dalla finestra. Lo guardo attento. Vado vicino al vetro, sperando di vederlo scendere integro.
Ultimamente gli lascio sempre la finestra aperta di sera, in modo tale da farlo entrare a suo piacimento e senza rischiare di farlo restare troppo sulla scala antincendio.
Scuoto la testa e mi scrollo il sonno di dosso.
Sguscio in bagno e velocemente mi faccio una doccia, spazzolandomi i capelli. Henry è di là, in cucina, e sta preparando una delle sue nuove stranezze culinarie insapore. L'ho già avvisato, tirando la scusa che oggi io e Hailey saremmo andati al luna park insieme e che, probabilmente, saremmo rientrati la sera o il pomeriggio tardi, tanto per essere sicuri con i genitori di Logan. Non voglio far la figura di quello che ha un coprifuoco da rispettare nel bel mezzo di una conversazione.
Metto una camicia decorosa e degli skinny jeans, il primo paio che trovo non macchiato e mi infilo le scarpe, annodandole bene. Cerco ancora di pettinare i capelli elettrici di prima mattina, bagnandoli un po'.
Vado da Henry, afferrando come primo spuntino una fetta di pane con marmellata di mirtilli.
«Buongiorno, fratellino. Di buon umore, oggi?» mi domanda Henry, girandosi verso di me e sorridendo.
Io ridacchio, mangiucchiando il mio snack e infilandomi la giacca sportiva.
«Vuoi un po' di macedonia o...»
«No, no. Tra un po' io e... Hailey andiamo fuori a mangiare» gli ricordo. Guardo l'orologio. Tempo impiegato: venti minuti. Un buon record. Lo saluto e faccio per uscire di corsa. «Ehi, ehi!» mi richiama lui, afferrandomi per il cappuccio e tirandomi. «Aspetta! Tieni venti dollari, con cosa ci paghi il pranzo altrimenti?»
Sbatto gli occhi. Ah, già, la bugia.
Lo ringrazio, ficcandomi i soldi in tasca, salutandolo di nuovo e correndo giù per le scale, rischiando di rompermi l'osso del collo almeno tre o quattro volte in due rampe. Percorro due isolati per sicurezza prima di incontrare Logan, seduto ad aspettarmi su un muretto. Vedendomi arrivare, lui salta giù, sistemandosi i pantaloni grigi della tuta sui fianchi.
«Sei pronto?»
«Mh, più o meno...» mormoro, alzando una spalla.
«Ripensamenti?»
«E se non gli piaccio?» sputo ferocemente.
Logan scuote la testa, come per farmi segno che non ne vuole parlare o che non è abbastanza. «Ascolta, se non gli dovessi piacere, li manderei a fanculo e basta. I miei genitori non devono mettersi in mezzo nelle mie relazioni. Se non accetteranno la persona che amo non mi importa e non deve importare nemmeno a te. Ti amerò anche se i miei genitori ti odieranno.»
Gli tiro un debole pugno sul torace, guardandolo truce. «Bel conforto.»
«Suvvia. Ci siamo baciati davanti a tutta la scuola, hai quasi fatto a pugni con Marcus e vieni a dirmi che hai paura di due persone normali?» ride. Mi stringo nelle spalle. A volte le sue idee sono davvero stupide. «Te la senti ancora?»
Annuisco, arrivati a questo punto non posso fare dietro front e disdire tutto.
«Hai tutto ciò che ti serve?»
Coraggio, brividi e nausea a posto.
Mi indica la sua macchina e ci salgo sopra. Stranamente è più pulita.
Non vedo l'ora che questa storia giunga alla conclusione. Sono passati già quasi cinque mesi e questa è una cosa incredibile. Non avrei mai sperato di raggiungere un traguardo del genere, non con lui.
In auto, mi mangiucchio le dita a disagio. Logan se ne accorge, ma non mi dice niente. Anche lui ha i suoi tic di nervosismo e forse vuole lasciare che mi sfoghi in questo modo, piuttosto che cominciare a dare di matto: per fortuna si è reso conto che presentarsi a casa con un ragazzo per mano e palesare tutto non deve essere affatto semplice. Il pensiero che dovremmo rifarlo altre due volte mi fa storcere le budella dalla preoccupazione.
Guardo Logan. Chissà a cosa pensa. Non me la sento di chiederglielo. Non mi piacerebbe la risposta. Gli poso una mano sopra la sua, sulla gamba.
«Non pensarci» lo imploro.
«A cosa?» Alzo un sopracciglio e lui rotea gli occhi, annuendo. «Non posso nasconderti niente, eh, ragazzino?»
«Non pensarci e basta, okay?»
«Okay.»
Mi stringe un momento le dita, tentando di farmi un sorrisetto.
Prima di rischiare di svenire, prendo delle boccate profonde di aria pulita, meditando.
Sto per incontrare i suoi genitori.
Sto per incontrare i suoi genitori!
Amo Logan e anche se gli altri non lo accetteranno, l'unico che lo deve accettare sono io.
Richwoord è una località che sembra uscita da un catalogo di case da sogno e l'unica cosa che manca è il mare e un proprio prefisso telefonico.
Abbasso il finestrino e sporgo fuori la testa per osservare la casa. Anche da lontano la magnificenza e i dettagli non vengono oscurati e, alla luce, la muratura rifinita in intonaco bianco sembra rilucere. Mi aspettavo qualcosa in stile vittoriano o rinascimentale, invece la casa ha un effetto moderno e incredibilmente nuovo, a partire dall'enorme giardino curato che ci accoglie. Logan apre il cancello con piccolo telecomando portatile. Rimango affascinato da subito.
Logan ferma la macchina in prossimità della porta di casa e tira il freno a mano.
«Sei pronto?» Gli scocco la mia miglior occhiataccia, facendolo sorridere. «Oramai è tardi per rimpiangere la scelta.»
«Continualo a ripetere, magari finisco per crederci.»
Lui si sporge e mi bacia. Scendo per prima, sperando già che sua madre o suo padre non siano appostati dietro delle tende per spiarci, come farebbe mio fratello.
Logan bussa al portone e, immediatamente, una donna elegante, racchiusa in un abito aderente azzurro fino alle ginocchia ci apre, facendoci un gran sorriso. Non avrei mai detto che questa donna dai capelli biondi, raccolti in una crocchia elegante, sia la madre di Logan. Non ci somiglia, nemmeno alla figlia maggiore, eppure hanno preso entrambi una caratteristica unica da lei: il sorriso perfetto.
«Oh, Logan, bentornato!» canticchia la donna, abbracciandolo. Io sto dietro il ragazzo, in imbarazzo, mordicchiandomi un labbro. La donna scosta il figlio, inquadrandomi. «Oh, e tu devi essere Reginald.»
Sono già pronto a stringerle la mano quando lei mi abbraccia. Altro che espansività. È totalmente diversa da Logan. Io guardo il ragazzo alla mia destra con sguardo dubbioso e lui alza una spalla, sorridendomi con impaccio.
«Io sono Agatha» mi dice lei, stringendomi la mano e guardandomi fisso per un po'. «È un piacere conoscerti finalmente. Da quando Logan ha detto che avrebbe portato qui il suo nuovo ragazzo ero veramente ansiosa. Oh, ehm...»
Ha notato la mia espressione.
Logan alza gli occhi e, delicatamente, le afferra le spalle, trascinandola in casa. Mi aveva avvisato che sua madre era invadente, ma io la definirei "peperino". Non per nulla è stata lei a ideare i migliori programmi messi a disposizione dalle più grandi agenzie informatiche. Il tema "riservatezza" non è tra i suoi standard quotidiani.
«È così bello averti a casa, Logan. Tra Jim e Trev non ho respiro in casa, quei due proprio non sanno cosa vuol dire "tempo libero". Ultimamente sono sempre così impegnata con il lavoro che almeno oggi posso starmene tranquilla con voi, ragazzi miei. Ah, dimenticavo, la mia Nora come sta?» domanda la donna. «Oh, Reginald, non fare il timido, entra!»
Chiudo la porta dietro di me, limitandomi a seguirli a sguardo basso. Un uomo ci si piazza davanti e io lo guardo, stranito. Non ho mai visto un vero domestico in vita mia.
«Si chiama Alfred?» mormoro silenziosamente a Logan, il quale sghignazza.
L'uomo in divisa si volta verso di me. «Spiacente di deluderla, ma il mio nome non è Alfred, ma Sebastian.»
Be', era la mia seconda ipotesi.
Il mio viso diventa paonazzo per la vergogna. Mi metto le mani in tasca. Che pessima figura.
«Mi scusi.»
Agatha mi viene vicino, posandomi una mano sulla spalla, quasi fosse una carezza. «Sebastian, puoi andare a chiamare mio marito nel suo studio?»
L'uomo annuisce e sale le scale a inizio corridoio, procedendo al piano superiore. Devo ammettere che quel domestico trasuda finezza da tutti i pori.
«Dov'è mio padre?» chiede Logan, sfilandosi la giacca e buttandola nella prima poltrona libera che trova. Sia io che sua madre lo guardiamo male.
«È nel suo studio, come sempre. Quell'uomo non smette mai di lavorare» si lamenta. «Oh, ma... Logan!» La donna scuote la testa nel vedere il figlio correre di sopra senza darle retta.
È proprio da lui.
«Reginald?» Trasalisco. Il bastardo mi ha abbandonato! «Be', come ti senti?»
«Ehm... bene.» Presumo.
«Davvero?»
Alzo una spalla. «Sono solo nervoso» le confido e lei annuisce.
Non penso nemmeno per un secondo che i suoi sorrisi siano falsi, anche perché li ho potuti studiare da mesi con Logan. Sono anche i suoi sorrisi, quelli che mi rivolge quando prendo un bel voto o come quando per la prima volta ho fatto un canestro da tre punti senza toccare il tabellone.
«Stai tranquillo, con me puoi parlare. È la prima volta che il mio Logan... porta a casa qualcuno. Né io né mio marito abbiamo mai visto una delle sue ragazze. Be', dopo la sua chiamata, siamo rimasti un po' basiti, soprattutto io, ma alla fine mi sono detta che sono decisioni sue. Qualunque cosa lui decida di fare, o di amare, io devo solo supportarlo. Ecco, questo finché non decide di fare altre sciocchezze, tra i tatuaggi e i piercing. Quello che ha sulla spalla è veramente orrendo» gracchia, facendo una smorfia, giocherellando con la sua collana di brillanti.
Io rido, come per darle ragione. Quel teschio che sputa fuoco è decisamente orrendo. Preferisco il drago che ha sul petto, di gran lunga.
«Comunque...» dice entusiasta. «Eleanore cosa ha detto?»
«Di cosa?»
«Di voi» sottolinea dolcemente.
«Di noi?» ripeto. «Ah...» Ah. «Non gliel'abbiamo ancora detto, in verità. Aspettavamo oggi per decidere il seguito. Dovremmo parlare anche con mio fratello, dopo» le confido.
«Tesoro, non l'hai ancora detto ai tuoi genitori?» domanda, congiungendo le mani.
«Io non ho i genitori. Vivo con mio fratello da quando ero piccolo» specifico e so di aver fatto un errore. Logan non le ha detto nulla sulla mia famiglia e forse con la mia ultima frase l'ho messa a disagio, anche perché le ho fatto capire di essere stata invadente. Chino la testa. «Mi spiace» dico.
«Reginald, perché ti spiace?» mormora, mentre lei mi prende la mano. Alzo una spalla. Non so che dire. «Vieni, voglio farti vedere...»
«Che pezzo di somaro!»
Logan scende impettito le scale, sbattendo i piedi con furia. La stretta della madre abbandona la mia mano, andando verso il figlio che la evita, alzando le braccia.
«Parlaci tu con mio padre» abbaia con la faccia rossa.
«Che succede?» Sua madre pare allarmata.
Alzo lo sguardo e vedo un uomo in cima alle scale. Faccio un passo indietro, avvicinandomi a Logan. Lui stringe le labbra e alza gli occhi al cielo, adirato.
Maxwell Steel è la fotocopia di Logan e Nora. I duri occhi verdi del padre mi osservano come se non vedessero altro. Io non accenno a lasciarlo vincere. Sono stanco di fare la parte della preda, ma il mio tremolio mi smentisce.
«Maxwell, posso parlarti un momento?» sussurra duramente la moglie, stringendo i denti.
L'uomo in cima alle scale rimane in silenzio, ma annuisce. Agatha Steel sale in fretta la scalinata, andandogli incontro con sguardo mesto. Io rimango lì, a fissare il pavimento lucido della casa.
«Dimmi ora che è tutto a posto» sfido Logan.
Il ragazzo si mette le mani sul volto, strofinandolo con furia, dopodiché mi rivolge uno sguardo indulgente.
«Non è colpa tua. Mio padre è solo un gran idiota. Lo è sempre stato. Si aspettava che portassi Elly, o un'altra ragazza. A quanto pare un'azionista come lui non conosce la differenza tra il pronome maschile e femminile» ringhia, corrugando la fronte. Io scuoto la testa. «Non è colpa tua, Doppia R.»
«Forse era troppo presto» commento.
«Non dire sciocchezze, tanto prima o poi sarebbe comunque successo, no? Sono felice di essere qui con te.»
Ridacchio. «Va bene» gli do corda. Lo guardo, alzando un sopracciglio. «Davvero non hai mai portato una ragazza qui dai tuoi?» chiedo.
Lui mi rivolge un'occhiata che sembra un'accusa, poi si rilassa, capendo da che fonte io l'abbia scoperto. «Mai.»
«Però col cavolo che sei vergine» lo prendo in giro.
«E chiudi il becco» taglia corto lui.
Tempo in cui gli ridò la giacca e gli ordino di non buttarla per terra o in altri posti, i suoi genitori scendono nuovamente le scale, questa volta mano nella mano. Agatha ha un'espressione sorridente, forse un po' tirata, mentre il padre non si sforza minimamente di fare un cenno felice.
Una copia spiaccicata di Logan, penso tra me e me, ma non posso biasimarlo.
«Il pranzo è pronto» annuncia la madre, precedendoci nella sala da pranzo. Sono curioso di vedere questa "sala" perché io di solito mi accontento di mangiare in cucina o seduto sul divano.
Prima che possa decidere di muovermi, il padre di Logan mi tende la mano, rigido. Rimango immobile, per poi stringergliela con freddezza. Ha una stretta davvero portentosa. O lo fa apposta. Io non sono da meno.
«Sono lieto di conoscerti, Reginald.» Il suo tono ha un che di rimprovero.
«Lo stesso vale per me» rispondo, giocando con il suo stesso tono piatto.
Si sorprende, alzando un sopracciglio scuro e socchiudendo le palpebre verso di me. Non mi sorride, ma in compenso non fa nemmeno una smorfia di disgusto. Lo considero già un passo avanti: so che chiedere di piacere ad entrambi i genitori è troppo per il primo incontro, anche perché si è praticamente dichiarato gay dopo anni di sviste con altre ragazze.
Max si alliscia la cravatta. Allinea le braccia lungo i fianchi e mi da una veloce occhiata prima di oltrepassarmi in silenzio e raggiungere la moglie.
Logan si avvicina. «Come ti sembra?»
«Ora capisco molte cose» lo apostrofo.
Lascio Logan con un'espressione di confusione nel volto, dirigendomi nella sala da pranzo con passo sicuro.
Sicurezza Reginald!
La sala da pranzo è maestosa, arredata con gusto vivace e le ampie finestre trifore massimizzano l'effetto della luce riflessa sul bianco perlaceo dei muri. Non uno dei quadri o degli effetti personali mi ricordano il sobrio stile in cui abitano Nora e Logan nella vera Chicago. Mi sembra quasi incredibile che un tipo viziato come Logan possa aver deciso di testa propria di abbandonare le comodità dei genitori per dare una mano a sua sorella.
Logan mi spinge scherzosamente avanti per proseguire e andarmi a sedere nella lunga tavola di legno scuro per noi preparata. Sollevo la testa per inquadrare il lampadario a bracci, riccamente decorato pendente dal soffitto. Magnifico.
«Hai fame, Reginald?» mi domanda Agatha, sorridendomi felicemente.
C'è un sottofondo di affetto nelle sue parole che mi fa piacere dentro.
«Puoi chiamarmi Reggi, per favore» le chiedo gentilmente.
Lei annuisce. Mi siedo accanto a Logan per non essere in una scomoda posizione per tutto il pranzo. Mi stringo il tessuto della camicia sotto le mani, teso.
Maxwell è a capo tavola mentre Agatha e Logan sono ai suoi lati, come i bracci di un trono. La tovaglia è di lino, elegantemente elaborata e i bicchieri sono in cristallo. Se ne rompessi uno non mi farei mai più vedere qui.
«Qualcosa da bere, Reggi?» chiede nuovamente Agatha, congiungendo le mani sotto il mento.
Io annuisco, anche se ho la gola secca, non ho sete. Non voglio rifiutare. La donna fa un cenno verso l'alto e immediatamente una ragazza compare dalla porta con una brocca in mano. Prende il mio bicchiere e lo riempie con un liquido ambrato. Succo?
Me lo porge e lo prendo, guardando il resto della famiglia fare lo stesso. Penso ad un brindisi. Logan si scola il bicchiere in fretta, annuendo. Faccio lo stesso. Altro che succo; è birra. Tossisco, riprendendomi e cercando di non sputare.
Agatha ridacchia mentre il padre mi osserva con fare curioso, come se non se avesse affatto previsto una simile reazione. Logan soffoca una risata. Il fatto che non mi piace la birra gioca a mio favore, conoscendo le abitudini di Logan. Forse Agatha e Max si aspettavano un tipo sbandato, tatuato o con i capelli di un colore strano.
«Mi spiace...» Metto giù il bicchiere.
«Non preoccuparti, tesoro, il pranzo è quasi pronto. Ti piace il pollo, Reggi?»
Annuisco. «Oh, certo» dico, troppo entusiasta.
«Mallory» chiama Agatha e al suo ordine la cameriera di prima e un'altra, vestite con la medesima divisa, entrano con due piatti ognuna. «Mal, Martha, lasciate pure i piatti e andate. Come procedono i contorni?»
«È tutto pronto, quando avete finito» specifica la ragazza bruna con un'alta coda di cavallo.
Mentre serve i piatti ai due genitori, i suoi occhi cadono ripetutamente su di me e su Logan. Max la guarda immobile, ammonendola e lei, sotto le lunghe ciglia, si scosta.
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