XIII
Dopo la questione dell'allarme le cose sono proseguite in ottimo modo. Ho spiegato in modo semplice e sincero alla preside quello che era successo, escludendo Marcus. Se avessi detto che qualcuno mi stava inseguendo avrebbe voluto sapere il nome del bullo e sarei finito in guai peggiori. Ho detto perciò che stavo portando il registro alla professoressa, ma che sono scivolato e per errore ho sbattuto contro il vetrino dell'allarme. Per fortuna non ci sono state conseguenze, né con gli studenti né con le forze dell'ordine. Non mi ha messo note disciplinari o sospensioni, però mi ha comunque messo in punizione.
Penso lo abbia fatto solo per dare il buon esempio agli altri, non a me. Nonostante ciò, direi di essermela cavata abbastanza bene.
Henry, al contrario, ha cominciato a pensare – presumo - che mi comporti come un piccolo delinquente solo per farmi accettare dagli altri, se non da Logan stesso. Non mi ha ficcato la testa nel freezer, per lo meno, ma ho potuto dire addio per sempre alla mia vita sociale.
L'amicizia con Logan è diventata più reale di quanto avessi immaginato nei miei sogni: mi saluta in corridoio, ci scambiamo qualche parola, di tanto in tanto e la parte migliore è osservare le facce strabiliate degli altri ragazzi, compresi Colin e Hailey.
Ho dovuto stare più attento a Marcus e a qualunque cosa stesse facendo, perché anche con il sospetto in vena, lui e Logan mantennero una salda amicizia. Non ne ho parlato mai con lui. Dopo i primi giorni, fatti soprattutto dalle occhiate lugubri di Marcus, ha smesso di interessarsi alla questione, ritenendosi al sicuro.
Per questo mi sono rivolto a Nick.
«Sei diventato scemo? Hai sbattuto di nuovo la testa senza che me ne rendessi conto?» mi attacca e io corrugo la fronte, palesemente offeso dai suoi continui dubbi. «Va bene, okay, mettiamo in conto che hai ragione, dopo cosa vorresti fare? Chiamare la polizia, dirlo a Logan o a chi?»
«Nick, per favore, non dico che Marcus stia trafficando armi o droga, voglio solo sapere cosa fa» gli spiego paziente mentre lui sbatte gli occhi.
«E se non facesse proprio niente, cosa faresti in quel caso?»
«Lascio perdere. Ti giuro che se non trovo niente lascio perdere tutto» gli prometto.
«Cosa?»
«Hai sentito. Niente più complotti o teorie, nulla. Basta. Sarò solo un normale adolescente che si dedica alla scuola e ai suoi amici, va bene, ci stai?»
Lui mugugna qualcosa, ma è davvero difficile dirmi di no, soprattutto da quando mi deve un favore per la notte che mi ha lasciato bere come un alcolista (sono in punizione anche a causa sua e, infatti, devo sempre appartarlo a scuola per parlargli perché dopo la fine delle lezioni devo sempre tornare direttamente a casa a studiare, o come Henry lo vuole chiamare) e perché so sempre prendere il suo punto debole.
In ogni caso, il primo indizio che posso avere si trova all'El Diablo e non potevo naturalmente sperare che mi facessero entrare in mattinata senza nessuna autorizzazione. Henry tre volte a settimana, dipende dai turni, fa il pomeriggio al lavoro e, seppure mi telefoni, non può sospettare che io non sia a casa.
Nick oggi è libero e ha acconsentito, dopo vari giri di parole, di accompagnarmi all'El Diablo e di far finire questa storia una volta per tutte.
Il buttafuori e alcuni ragazzi volontari al locale stanno disponendo alcune cose per la serata e preparando un programma per l'arrivo repentino di halloween così ci hanno fatto entrare a patto di non intralciare i lavori.
Il locale ha un che di diverso, ma mi pare normale abbastanza dato che senza luci ed effetti strani sia un edificio comune agli altri. Nell'aria aleggia un vago odore di detersivo.
Nick va a parlare con il buttafuori per capire cosa ci possa essere stato di strano in quella serata all'El Diablo dove tutto è iniziato mentre io, con cura, senza rompere niente e dar fastidio agli elettricisti, frugo vicino al divanetto dove Marcus e Zackary si sono incontrati. Come temo non c'è niente, oltre per le pulizie fatte, altri si saranno seduti qui.
Vado nei bagni, ma tutto anche lì splende immacolato e, seppure a carponi a terra e ripercorrendo i giri dei miei passi, della chiavetta non c'è traccia. Se Marcus l'ha persa qui, ora non c'è più e sfuma come tutte le mie speranze.
Nick torna e aspetta che mi alzi. Oramai non c'è niente che io possa fare.
«Hai trovato niente?» domanda con malizia e io gli faccio una smorfia.
«Divertente, davvero tanto» lo sfotto.
«Bene. È quello che mi aspettavo, sai quante persone lavorano o passano qui ogni giorno?Oggi non salverai il mondo, Reggi.»
«Non sto cercando di salvare proprio nessuno, speravo solo che ci fosse qualcosa...»
«Per cosa?» mi interrompe bruscamente lui. «Per fare l'eroe o per avere qualcosa che incolpi Marcus?»
Alzo gli occhi e mi allontano da lui, non ammettendo la sconfitta.
Faccio per uscire quando il buttafuori mi mette una mano davanti costringendomi a fermarmi. «Anche tu cerchi quella chiavetta?» fa e io lo guardo insistentemente.
«Anche io?» ripeto e lui annuisce.
Nick viene e scuote la testa. «Bob, non dargli corda.»
«Nessuna corda. Il tuo amico Zackary è venuto qui un paio di giorni fa e mi ha chiesto se avessi trovato una chiavetta USB. Mi sembrava nervoso a guardarlo» ammette.
«E non ti è sembrato strano nemmeno un po'?» lo accusa Nick e l'altro sbatte le mani.
«Attento al tono, Nicklaus. Puoi sempre essere un DJ ben accetto qui, ma resti sempre un ragazzino, perciò bada a come parli ai grandi. Zackary è solo un ragazzino, non mi interessa cosa gli passi per la testa, né se si perde qualcosa in giro.»
Nick apre la bocca per ribattere, ma lo fermo in tempo, prima che possa farci sbattere fuori. «Scusalo. Ha per caso trovato quello che cercava?»
«Oh, no. Qui gira molta gente e una cosa così piccola quando è persa è persa. Molti rubano e non possiamo tenere d'occhio tutti. Zack è uscito correndo. Spero che stia bene perché sembrava importante. Ah, appena lo trovi digli che ha lasciato qui il capello. Dio mi scampi dal suo carattere di merda.»
Annuisco e, senza dire granché, ringrazio tutti per la pazienza ed esco, seguito subito da Nick. Lui mi guarda e io mi arrendo, alzando le mani al cielo.
Prima di riportarmi a casa, Nick mi porta in un posto "speciale", quasi un premio di consolazione. Lui mi dice che il Smiley Smile è il posto migliore per prendersi un gelato in compagnia, ancorché ho pensato che prendersi un gelato in pieno autunno sia una cosa da masochisti, mi sono davvero ricreduto quando ho bevuto un milkshake al cioccolato. È davvero ottimo, questo posto.
Nick mi ha accompagnato a casa mia a piedi. Ho provato a farlo ricredere sulla scelta perché a quanto mi ha detto la sua casa è vicino alla National Bank, cioè dall'altra parte della città, tuttavia mi ha informato che ha lasciato il pick-up con cui ha portato le attrezzature al Midnight da un suo amico e che deve per forza riprenderlo.
Apro la porta dell'appartamento e lo faccio entrare.
«Permesso» dice cordialmente prima di entrare, pulendosi le scarpe nello zerbino d'ingresso.
Do un'occhiata all'appartamento adiacente al mio, dove la signora Cliffson, una vecchia bisbetica che non fa altro che spettegolare, abita, assicurandomi che non ci sia nessuno che ci spii.
Entro e mi tolgo le scarpe e le nascondo bene, la terra con queste.
Appena torno in soggiorno, scorgo Nick che guarda incuriosito tutti i soprammobili della casa, specialmente le vecchie foto di famiglia. Ingora di non conoscere affatto la mia storia, che i miei genitori sono morti quando io ero ancora piccolo e che, dopo anni passati in una casa-famiglia, Henry mi ha tirato fuori.
«Erano mia madre e mio padre» gli dico e lui non cambia espressione.
Capisce il tempo passato, mi dedica un'occhiata veloce e non dice cose ovvie come "mi dispiace" o "di sicuro adesso sono felici", si limita a guardarmi e ad annuire. Molte persone credono che io esiga la pietà o la tristezza altui. Anche il suo silenzio è adatto.
«Tua madre ti assomigliava tantissimo. Questo chi è?» Indica Henry, in una foto di quando ancora andava al liceo e portava l'apparecchio.
«È mio fratello Henry. Lavora in banca» gli faccio sapere e lui alza un sopracciglio.
«Nella National?»
«Ehm, penso di sì.» Non ne sono certo. Non mi piace parlare di lavoro con Henry. Abbiamo molto altro da dirci.
Rotea gli occhi, girovagando per la stanza, curioso, fermandosi a guardare anche gli oggetti più comuni, come la lampada vicino al divano o la coperta arancione e verde. Lo guardo e mi domando istintivamente se posso aver lasciato qualche cosa in giro.
Non so che cosa dire, eppure a farmi sobbalzare non è lui, è porta del pianerottolo inferiore che sbatte.
«Cazzo!» Mi muovo, preso alla sprovvista. «Oh, cazzo, oh, cazzo!» impreco e Nick non sa che fare.
Alza le braccia. «Che c'è?»
«Mio fratello è tornato. Mi ero dimenticato del suo turno.»
«Oh, bene» esclama contento e io lo fulmino.
«No se dovrei essere in punizione, genio. Vai a nasconderti, svelto. Se scopre che ho portato qualcuno a casa mi ammazza!» scoppio, trascinandolo verso il corridoio e spingendolo via non appena i passi giungono al corretto piano. «Nasconditi, muoviti!»
«Dove?»
«Scegli una stanza e barricati dentro, chissene frega!»
Non spreco tempo a vedere dove va che mi fiondo in salotto appena Henry apre la porta, accogliendolo con un sorriso più fasullo che tirato. Lui chiude la porta, si sfila la giacca e la appende prima di scorgermi con quell'espressione malefica in faccia.
«Vuoi per caso ammazzarmi, Reginald?» mi domanda frivolo.
Sbatto gli occhi, diventando paonazzo. «Oh, ehm, no, è solo che... No.»
Lui fa una vaga smorfia, mi scarmiglia i capelli e lo vedo dirigersi in cucina. Provo ad andare nella mia stanza e a cercare Nick per farlo uscire di nascosto, ma Henry mi richiama di fretta e io sobbalzo, colto nel segno. Mi calmo e respiro per non far suonare graffiante la mia voce.
«Come è andata a scuola?»
Da dietro il muro gli mostro i denti, adirato. Non è un buon momento per pensare alla scuola, gli vorrei dire.
«Bene, bene.»
Muovo un passo e Henry esce dalla cuscina. Mi guarda e si appoggia allo stipite con disinvoltura. Prego perché non sia così intelligente da andare a controllare, per il mio misterioso comportamento, la casa, o che Nick non sia così stupido da restarci.
Henry mi fissa per un momento e, giuro, quando Henry fissa qualcuno con sospetto lui fissa davvero qualcuno con sospetto. Non c'è cosa peggiore di essere guardati così da lui.
Henry finisce il suo snack e incrocia le braccia con calma, senza scomporsi. «Qualcuno è stato qui, Reggi?» mi interroga lui e il cuore mi finisce in gola, tremando senza darlo a vedere. Sento un calore strano allo stomaco mentre penso alla risposta e prego Dio di non cadere in ginocchio mentre i sensi di colpa mi divorano. «Ti avevo detto che eri in punizione. Non puoi fare quello che ti pare, mi hai capito? Io sono quello che comanda qui, io ti mantengo e io sono il maggiorenne, se ti dico di fare una cosa, tu la devi fare subito, ci siamo intesi?»
Annuisco.«Ho capito, ma non ho fatto nulla che...»
«Non mi interessa cosa hai fatto. Ti ho dato la mia fiducia una volta e guarda cosa hai combinato. Giuro, se è lo stesso Logan che...»
«No!» sbotto all'improvviso e lui mi punta l'indice contro.
«Allora chi?»
Incrocio le braccia. «Non ti serve saperlo.» Mi fa incazzare che rimugini ancora su un mio errore. Forse l'unico che ho fatto veramente fino ad adesso.
«Non mi serve saperlo? Sono tuo fratello, ragiona! È logico che mi preoccupo per te!» urla lui e quasi al sentirlo imprecare scoppio di nuovo a piangere. Henry non lo fa mai, lo fa solo quando è al limite, nemmeno quando sono tornato a casa ubriaco come una spugna ha reagito così male e io penso di sapere il perché. Pensa ancora che frequenti Logan o altri del suo giro. «Ti comporti in modo strano, boicotti le lezioni, se vuoi davvero uscire con dei ragazzi drogati o cos'altro, lo farai quando sarai uscito da questa casa, mi hai capito?»
«Non parlarmi come se fossi un bambino» lo accuso forte.
«Smetterò di farlo quando tu smetterai di esserlo e ora dimmelo, con chi eri?» Gli do le spalle e come un bambino viziato gli metto il broncio. Lui si scalda. «O mi rispondi subito altrimenti giuro che non uscirai di casa fino a quando non vedrai il nuovo millennio.»
Io persisto a non rispondere. «Cosa cambia dato che a te nemmeno serve un pretesto per mettermi in punizione? Tanto vale che segni sul calendario "sgridare Reginald", non mi stai mai a sentire.»
Lui apre la bocca indignato. «Non osare parlami in questo modo. Sai che ho sempre fatto tutto il meglio per te» protesta.
Alzo il mento e la situazione è quasi con Logan: sguardo alto. Sfida. Conflitto. «Il meglio per te, vorresti dire. Non ci sei mai quando ho più bisogno di te» mi lamento, circondandomi nelle braccia.
Lui indietreggia. «Lo sai che sono molto occupato con il lavoro» si difende.
«Tipico.»
Le sue sopracciglia sono agrottate. «Un tempo non mi avresti parlato così.»
«Indovina un po', magari è perché sono cresciuto. Non ho più sette anni, non mi serve che tu mi tenga la mano quando attraverso la strada, tra un po' di anni prenderò la patente e me ne potrò andare via! Via da te, da questa cazzo di casa e dai tuoi cazzo di problemi!» La mia voce si inclina e non posso fare a meno di trattenere di nuovo le lacrime, sentendomi bruciare gli occhi. «Sono le mie scelte, anche se sbaglio, lasciami sbagliare in pace.»
Henry chiude gli occhi, assapora e legge ogni accusa, ogni parola e ogni insulto che posso avergli dato e invece di rispondermi a tono o altro, si limita a fissarmi con delusione e a farmi stare peggio.
«È vero, sei cambiato. Scommetto che è stato quel Logan a farlo. È stato qui, vero? Dove siete stati insieme?»
«Cosa?» balbetto. Se Logan fosse stato insieme a me, qui, me ne sarei di certo accorto, in ogni caso non so come Henry sappia che non sono tornato a casa subito. Lui rotea gli occhi, adirato, alzando e mostrandomi tra le dita un mazzo di chiavi che ovviamente non sono sue. Riconosco dal portachiavi giallo che si tratta delle chiavi di casa di Nick. Deve averle lasciate all'ingresso.
Scuoto la testa e allungo la mano. «Dammele.» Avrei voluto aggiungere "non voglio discutere", fatto sta che non mi sento in grado di fronteggiare Henry davvero.
«Dove siete andati? Siete andati a comprare erba o cose simili?» tuona e io non so che dire.
«Ma ti senti? No, non faccio queste cose!» Prendo fiato e prima che parli accusando Logan a caso, urlo di nuovo. «Logan non era qui e non era con me!»
«Ti ha portato da qualche parte? Ti ha costretto a prendere qualcosa o...»
«Smettila!» strillo come un ossesso alla fine.
Henry mi guarda preoccupato, meno arrabbiato dell'inizio. «Perché lo difendi?» mi domanda ad un certo punto e io alzo i miei occhi su di lui, rispondendo così semplicemente: «Perché tu lo attacchi.»
«Reginald.» Mi volto verso il corridoio e anche io fratello, trasalendo.
«Nick» dico e osservo il volto di mio fratello indurirsi.
Henry si concentra su di lui. «E tu chi sei?»
«Nick» si presenta lui come se nulla fosse, poi, dato che si accorge bene che non può rivolgersi a una persona adulta così, si riformula, apparendo più rispettoso. «Sono Nicklaus Andrei, un compagno di scuola di Reginald.»
Sono sollevato che Nick non sia sfacciato come Logan, poiché mio fratello odia altamente quel tipo di ragazzi inaffidabili e irresponsabili, anche se vorrei specificare che Logan non è tra loro. Nick e Henry si guardano a vicenda per un momento. Temo dentro di me che Henry stia per commettere un omicidio, tuttavia sul suo viso compare una nota di sicurezza, dovuto al fatto che non è Logan. Nick è sempre più grande di me, ma almeno i vestiti che porta adesso, al contrario di quando lavora nei pub, non gli danno un'aria da "faccio-drogare-tuo-fratello-quando-non-ci-sei" o cose simili.
«Tu sei Henry?» domanda Nick con coraggio e l'altro si sorprende, guardandomi e io arrossisco. Lui afferma con il capo e Nick gli aggancia il sorriso più figo del mondo, tendendogli la mano e incominciando a dire tutte le cose giuste al posto giusto. «Reginald mi ha parlato molto di te, sono felice di conoscerti personalmente.»
Henry gli sorride cauto. «Grazie, Andrei» evidenzia nel suo soluito tono formale.
«Henry, si chiama Nick» lo ammonisco ed entrambi si voltano a guardarmi.
Sbuffo, decidendo che per ora è meglio tacere e voltandomi per dedicare le mie attenzioni al solito quadro appeso sopra al mobiletto vicino alla porta, al solito paesaggio.
«Nick» ripete mio fratello, accompagnandolo con un gesto del capo. «Vuoi sederti?»
Lui alza velocemente le braccia e improvvisamente vedo il suo lato insicuro. «Oh, no, meglio di no. Non voglio mettere nei guai Reginald e in più ho molte altre cose da fare, io l'ho solo accompagnato a casa dopo che mi ha aiutato a montare delle apparecchiature a scuola.»
Alzo un sopracciglio e mi affretto a non far scorgere il mio dubbio da Henry. «Reginald?» ripete.
Nick si passa una o due volte le mani nei capelli, di solito lo fa quando è nervoso. «Sì. Ero in ritardo con delle lezioni e si è offerto di aiutarmi, ma quando abbiamo finito era passata da un pezzo l'ora di pranzo così gli ho offerto per sdebitarmi un passaggio. Mi spiace per... per prima. Non volevo intromettermi, anzi. Dovevo andare in bagno e forse mi sono trattenuto troppo.»
«Oh, no, sono io che mi scuso con te, Nick. Pensavo...» esclama mio fratello e mi viene abbastanza da ridere perché suona così strano detto da lui, almeno non per il trambusto di prima. «Perdonami, da quando quel Logan Steel ha portato fuori mio fratello a bere, sono diventato più schettico, spero capirai. Tu lo frequenti?»
Nick fa un sogghigno veloce, seguito da una smorfia. «Per la verità, io e Reginald cerchiamo di stare ben lontani da lui. Non mi piace molto come persona.» Io lo guardo e, da questo punto in poi, posso davvero intiure dove vuole andare a parare. «In ogni caso, mi scuso ancora, non avevo idea che Reginald fosse...»
«In punizione?» borbotta Henry incrociando le braccia, facendo ridere Nick. Ho come l'impressione che questa "coalizzazione" che hanno, anche se costretta un po' da Nick al momento, non mi piace. «Già, adesso tende a fare un po' quel che gli pare.»
Nick ride e solleva una spalla e mentre Henry è girato verso di me, cambia espressione. Il suo viso racchiude tutta la stanchezza per aver dovuto mentire per me, ma anche un'altra cosa.
«Se avessi saputo dell'orario non lo avrei fatto rimanere, il tempo ci è sfuggito di mano a scuola. Be', io dovrei andare, ho del lavoro che mi aspetta al Papuna&Co. Devo ancora finire di aiutare mio nonno a saldare un carburadore e devo finire due temi.»
«È il carrozziere vicino all'Indipendece Town?» chiede mio fratello, improvvisamente attento.
«Sì, è di mio nonno la baracca. Io gli do solo una mano dopo il lavoro. Se ci porta la macchina posso dirgli di farti uno sconto» propone Nick e posso davvero vedere le guance di Henry che si tingono e gli occhi che sprizzano ammirazione.
Henry e quella vecchia carcassa della sua auto sono le stesse da anni e dato che non possiamo comprarne una nuova, quel ferrovecchio è sempre che esce da qualche varia manutenzione.
«Bene, io vado» afferma Nick, dando una sbirciata allo schermo del suo telefono.
«Grazie per aver riaccompagnato mio fratello a casa» medita Henry e io roteo gli occhi.
«Di nulla. In caso... Se mi servisse di nuovo l'aiuto di Reginald lo posso chiamare, vero? I miei amici sono fuori città per un corso di studi e non potranno darmi una mano per montare della roba all'El Diablo, domani. Capisco se non può» fa, incamminandosi verso la porta d'uscita.
Invece di aver fatto un passo falso, Henry lo trova curioso. «Tu lavori all'El Diablo?»
Ho come l'impressione che Henry non sappia nemmeno cosa e dove sia l'El Diablo, tuttavia ritrovarsi con questo ragazzo rumeno e dal carattere aperto temo gli faccia credere che possa davvero avere una buona infulenza su di me.
Nick sorride. «Sì, faccio il DJ. Ho cominciato al secondo anno della Formey per uno degli stage che propone. Ovviamente all'inizio mi dedicavo solo ai crediti, però alla fine è diventato un vero hobby e un lavoro part-time dopo le lezioni scolastiche. Mi hanno fatto restare fisso.» Henry si scioglie e giuro che è davvero spaventoso. Non l'ho mai visto così. Le prime parole che mi salgono in mente è "ipnotizzato" o "compiacente". «Ovviamente lo terrò d'occhio io. I crediti che il locale dà non sono molti, ma può sempre aggiungere l'esperienza lavorativa al curriculm personale per il college. Che ne dici? Il proprietario firmerà l'autorizzazione se accetti e non fa mai male darsi da fare.»
Henry tace e io alzo le spalle, tagliando corto. «Ti chiamo io poi, okay?»
«Va bene. È stato un piacere conoscerti, Henry. Spero di rivederti in giro.» Nick si gira per andarsene, apre la porta ed esce.
Io incrocio le braccia sul petto e guardo di scherno mio fratello, il quale abbassa le spalle.
La porta di casa si apre di nuovo e Nick entra dicendo che ha dimenticato le chiavi di casa e Henry, sbadato per averle tenute anche dopo l'interrogatorio finito male, gliele lancia.
«Ti accompagno» dico e facco un cenno a mio fratello che acconsente.
Chiudo la porta e Nick scende una rampa di scale, sistemandosi la giacca sulle spalle.
«Quindi... adesso mi dai ragione?» Nick si volta e io scendo gli scalini rimanenti per portarmi alla sua medesima altezza. «Sei convinto che Marcus stia tramando qualcosa?»
Nick scuote la testa, esasperato. «No, avevamo un patto, Reginald. Io non ho trovato niente in quello stabile e nemmeno tu, guai a parte. Non mi avevi detto minimamente che tuo fratello ti voleva a casa entro una determinata ora, o quando tornasse lui, altrimenti non me la sarei presa comoda. Mi hai fatto fare la figura dell'idiota.»
«Mio fratello stava per saltarti alla gamba quando gli hai proposto uno sconto» gli faccio notare.
«Ora basta queste fantasie da film con Marcus e Zack, va bene? Concentrati sulla scuola.»
«Va bene» gli dico.
«Davvero?»
«Sì» sbuffo. «Quindi... devo di nuovo lavorare per te?»
Nick ride, spingendomi piano. «Ti chiamo più tardi. Non cacciarti nei guai.»
Io annuisco, anche se, a pensarci, ultimamente sono i guai che cercano me, specialmente se ho le dita incrociate dietro la schiena.
Rimango un po' fuori dall'appartamento, giusto il tempo per riprendere una boccata d'aria fresca e lasciare che il freddo mi pizzichi le guance e le raffreddi dal pianto. Sono incerto sul tornare immediatamente da Henry e affrontarlo a mente aperta perché, per come stanno le cose adesso, vorrei solo farlo felice. So bene che nell'ultimo periodo non sono stato un fratello modello e che anche la minima preoccupazione da parte sua è troppo per me, tuttavia capisco che quello che ho fatto è stato sbagliato.
Mi piacerebbe provare a fare qualcosa, così mi alzo e rientro in casa. Mio fratello è seduto sul divano. Provo a parlargli.
«Non ho fatto nulla di male e lo sai.»
Lui non mi guarda e dai suoi sospiri c'è un che di diverso nel suo spirito. Quasi mi spaventa.
«Non ora, Reginald. Non ho voglia di litigare di nuovo.»
«Litigare? Mi hai urlato contro senza motivo, senza lasciarmi spiegare!» Alzo un braccio.
«Tu lo avresti fatto, invece?» parafrasa lui, massaggiandosi una tempia con il pollice.
«Certo. Sei mio fratello» gli dico e lui finalmente mi guarda, gli occhi rossi. «Cosa c'è che non va?»
«Non capiresti. Sei troppo piccolo» mi liquida subito.
«Be', sta di fatto che almeno io ci provo a farlo, al contrario di te che mi urli sempre contro. Credi davvero che mi sia divertito a schiacciare il pulsante dell'allarme o a tornare a casa così ubriaco che niente stava fermo un attimo? Mi sono fatto schifo, lo so! So che ne faccio pure a te, ma non voglio che continui a rinfacciarmelo contro!»
A questo punto sbatto i piedi a terra, deciso. Non voglio nuovamente discutere perché quando lo facciamo stiamo male entrambi, perciò per non farlo sentire peggio faccio per andarmene in camera mia e iniziare Il giovene Holden che la professoressa di letteratura mi ha dato da leggere e su cui la settimana prossima dovrò scrivere un saggio.
È a questo punto che lui mi abbraccia. Non fa nulla in particolare, solamente mi stringe a sé e mi trattiene dall'andare via. Io lo guardo e non passa molto prima di scusarmi.
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